Codice Penale art. 289 ter - Sequestro di persona a scopo di coazione 1Sequestro di persona a scopo di coazione1 [I]. Chiunque, fuori dei casi indicati negli articoli 289-bis e 630, sequestra una persona o la tiene in suo potere minacciando di ucciderla, di ferirla o di continuare a tenerla sequestrata al fine di costringere un terzo, sia questi uno Stato, una organizzazione internazionale tra più governi, una persona fisica o giuridica o una collettività di persone fisiche, a compiere un qualsiasi atto o ad astenersene, subordinando la liberazione della persona sequestrata a tale azione od omissione, è punito con la reclusione da venticinque a trenta anni. [II]. Si applicano i commi secondo, terzo, quarto e quinto dell'articolo 289-bis. [III]. Se il fatto è di lieve entità si applicano le pene previste dall'articolo 605 aumentate dalla metà a due terzi.
Competenza: Corte d’Assise ( 1° e 2°comma); v. art. 605 (3° comma) Arresto: obbligatorio (1° e 2° comma); v. art. 605 (3° comma) Fermo: consentito (1° e 2° comma); v. art. 605 (3° comma) Custodia cautelare in carcere: consentita Altre misure cautelari personali: consentite Procedibilità: d’ufficio [1] Articolo inserito dall'art. 2, comma 1, lett. a) d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21. Inquadramento
Delitto compreso nel Capo Secondo del Titolo Primo del Libro Secondo del Codice (Titolo intitolato “Dei delitti contro la personalità dello Stato”), tra i delitti contro la personalità interna dello Stato. È stato inserito nell'ordinamento ad opera dell'art. 2 comma 1 lett. a) d.lgs. n. 21/2018, in G.U. n. 68 del 22 marzo 2018 (Disposizioni di attuazione del principio della riserva di codice nella materia penale a norma dell'art. 1, comma 85, lett. q) l. n. 103/2017). La norma pare finalizzata ad apprestare tutela giuridica ad una duplicità di beni. Essa infatti anzitutto tutela il diritto individuale del singolo, contro attacchi alla libertà personale; appresta inoltre una tutela congrua rispetto all'interesse pubblico – statale in particolare - a vedersi protetto da attacchi che abbiano la finalità di minare la libertà di autodeterminazione di persone fisiche o organizzazioni statali o internazionali. Trattasi di un modello legale che riproduce il testo dell'art. 3 l. n. 718/1985 (legge di ratifica della Convenzione di New York, in tema di cattura di ostaggi). Ricordiamo che – in maniera molto similare - l'art. 184-bis c.p.mil.g., come introdotto dall'art. 2, comma 1 lett. e) l. n. 6/2002, sanziona penalmente la cattura di ostaggi in tempo di guerra. I soggetti
Soggetto attivo Si è qui in presenza di un modello legale delineato come reato comune, dal momento che dello stesso si può rendere autore chiunque; sarebbe a dire, tanto un cittadino, quanto uno straniero. Soggetto passivo Il bersaglio diretto e immediato dell’azione tipica è qui la persona che si trovi ad essere privata della libertà personale; il fatto può poi vedere come vittima qualunque persona. Trattasi infatti di una figura delittuosa connotata dalla direzione finalistica dell’agire, tanto che restano estranei al fuoco della tipicità le eventuali peculiarità della persona sequestrata. Il soggetto passivo mediato del fatto tipico è però il destinatario della costrizione (testualmente descritto dalla norma – in via alternativa - come uno Stato, oppure una organizzazione internazionale fra più governi, o una persona fisica o giuridica, o infine una collettività di soggetti). Paiono agevolmente comprensibili le prime due specificazioni del lemma «un terzo», risultando chiara la definizione tanto di Stato (uno Stato quale che sia, dunque non necessariamente lo Stato italiano), quanto di organizzazione internazionale tra più governi. Attendendo magari le prime applicazioni giurisprudenziali di tale paradigma normativo, anticipiamo a prima lettura come le ulteriori descrizioni dei possibili soggetti passivi («una persona fisica o giuridica o una collettività di persone fisiche»), possano verosimilmente rivelarsi foriere di qualche dubbio interpretativo. La collocazione sistematica della norma e la sua stessa finalità aiuteranno forse nell’opera esegetica. Verosimilmente dunque, nonostante l’ampio ventaglio previsionale consentito dal dettato normativo, si giungerà a restringere il campo dei possibili soggetti passivi. La norma pare infatti finalizzata alla tutela di un macro bene giuridico e quindi pensata in relazione a quelle persone fisiche, giuridiche o a quelle collettività di soggetti che comunque siano dotate di una certa capacità rappresentativa; che possano insomma assumere decisioni di vasta portata, presumibilmente rilevanti in campo politico, sociale, economico, militare o altro. Il dato testuale, però, non esclude che la norma possa trovare applicazione in relazione ad ipotesi che interessino magari solo una ristretta cerchia di soggetti. Anche perché – giova sottolinearlo – il nuovo articolo ha un carattere residuale, visto che si applica fuori dei casi indicati negli articoli 289-bis e 630 (il che equivale a dire che esso postula che il sequestro di persona non sia sorretto da un fine terroristico o eversivo dell’ordine democratico e nemmeno estorsivo). La struttura del reatoTrattasi innanzitutto di un reato permanente, stante la ordinaria protrazione nel tempo dell’antigiuridicità della condotta; è inoltre un reato plurioffensivo, visto che vengono contestualmente aggrediti diversi beni giuridici. Per quanto attiene alla struttura del reato, questo è costruito secondo due schemi fra loro alternativi: l’agente può infatti sequestrare il soggetto passivo (id est: privare della libertà di locomozione per un lasso di tempo almeno concretamente apprezzabile), così realizzando il fatto tipico; oppure può tenere in suo potere la vittima stessa. Nel primo caso, l’archetipo normativo pare configurare un reato a forma libera, in quanto non sono dettate modalità esecutive precostituite. La seconda modalità realizzativa sembra al contrario conformarsi allo schema dogmatico dei reati a condotta vincolata: occorre infatti che il soggetto non solo tenga in suo potere il soggetto passivo, ma anche che ne minacci l’uccisione o il ferimento, o anche che prospetti la possibile prosecuzione dell’attività di privazione della libertà. Il delitto de quo può poi sicuramente essere definito come un reato di evento. Il paradigma legislativo in commento assorbe inoltre in sé – sulla base del noto principio dettato dall’art. 15 – la fattispecie semplice di cui all’art. 605, rispetto al quale assume quindi la veste di figura speciale. Sempre per quanto inerisce alle categorie dogmatiche richiamabili, il sequestro a scopo di coazione pare ascrivibile all’ampio ventaglio dei reati complessi in senso stretto. Esso si compone infatti – in maniera indefettibile – della figura delittuosa meno grave del sequestro di persona (destinato come detto a restare in questo assorbito); la connotazione teleologica dell’azione – ossia la finalità di coazione - invece, laddove autonomamente esaminata, potrebbe astrattamente integrare il reato di violenza privata. Non vi è poi chi non rilevi la presenza – all’interno del dettato normativo – di una clausola di riserva, atteso che il reato in commento è – come sopra già accennato - applicabile solo quando la condotta non appaia sussumibile entro l’alveo normativo degli artt. 289 bis e 630. Trattasi pertanto di fattispecie delittuosa definibile come norma sussidiaria. Materialità
La condotta punita L’azione tipica basilare è in parte sostanzialmente assimilabile a quella punita nell’art. 605; qui il fatto sussunto nell’archetipo normativo consiste – sul versante semplicemente naturalistico – nel fatto di togliere al soggetto passivo la libertà personale (sia pure non in modo assoluto, ma per un tempo almeno apprezzabile). Il principio di diritto che governa la materia è infatti chiarissimo: si realizza un sequestro di persona penalmente rilevante, allorquando si operi una indebita ingerenza nell’altrui spazio intangibile di autodeterminazione e, in conseguenza di tale intrusione, si verifichi in concreto una almeno apprezzabile limitazione della libertà fisica del soggetto passivo. Non assume rilevanza alcuna, pertanto, la durata dello stato di privazione o di pur parziale elisione della libertà di locomozione della vittima, essendo sufficiente che si realizzi una pur breve limitazione della sua autonoma possibilità di determinazione. La seconda forma di realizzazione del reato in commento consiste poi nel tenere in proprio potere la persona offesa. Non è difficile pronosticare un aspro dibattito interpretativo, relativamente a tale descrizione della condotta punita; questa effettivamente - già ad una prima lettura - pare generica ed anche eccessivamente ampia. Tale vaghezza contenutistica potrà forse essere colmata in sede interpretativa; dovranno però sempre tenersi ben chiari i confini esterni di tale forma realizzativa, che sono appunto rappresentati da un lato dalla vera e propria privazione della libertà e dall’altro dall’indifferente penale (che si realizzerà, evidentemente, allorquando esista una qualche forma di consenso o almeno di acquiescenza del soggetto passivo). Si può quindi immaginare che il legislatore abbia fatto ricorso (in modo non troppo felice, per la verità) al concetto di «tenere in proprio potere», come evocativo del concetto di esercitare comunque una costrizione o limitazione, o anche di poter ricattare, o di trovarsi nelle condizioni di imporre alcunché, oppure di essere in grado di esercitare pressioni per costringere taluno a tollerare qualcosa. Sembra quindi richiamato lo schema tipico della violenza privata; la condotta vessatoria non si accompagna qui ad una violenza o minaccia di ampia matrice, essendo essa invece rappresentata dalla condotta di minacciare specificamente l’uccisione, il ferimento, o la protrazione del sequestro. Quindi, una minaccia a contenuto predeterminato. Laddove la cattura dell’ostaggio presenti i connotati della lieve entità, l’ultimo capoverso della norma prevede l’applicabilità delle pene edittali previste dall’art. 605, con un aumento però dalla metà a due terzi. La specificità dell’azione La condotta tipizzata rientra, come detto, nella vasta tipologia dei fatti plurioffensivi; ciò in quanto la concretizzazione di tale condotta arreca nocumento sia al bene giuridico della libertà individuale, riconosciuto al singolo, sia ad un bene giuridico di valenza collettiva. Il fatto stesso che si realizzi un sequestro di persona, connotato dalle specifiche finalità di cui sopra – che possono peraltro anche assumere caratteri di forte diffusione e notorietà – incute instabilità nella comunità indifferenziata, nonché scetticismo nei riguardi delle istituzioni. Elemento psicologicoIl coefficiente psicologico preteso dalla norma consiste evidentemente nel dolo specifico. Questo si concretizza infatti in una molteplicità di momenti teleologici, visto che la norma postula sia la rappresentazione e la volontà di togliere la libertà di movimento alla vittima, sia la finalità caratteristica e specifica, che coincide con il perseguimento di una coazione in danno di determinati soggetti. Consumazione e tentativoIl modello legale giunge a consumazione nel momento e nel luogo in cui il soggetto passivo subisca una almeno apprezzabile privazione della libertà personale, che si protragga entro un lasso temporale che - pur se minimamente significativo - possa già essere definibile quale effettiva compressione della libertà di deambulazione o di movimento della vittima stessa. Stante la natura di reato permanente, l’antigiuridicità della condotta perdura fino al momento in cui il soggetto passivo riacquisti la libertà. Non sembrano sussistere dubbi, in ordine alla ammissibilità del tentativo; tale figura è sicuramente configurabile e ricorre in tutti i casi in cui la privazione della libertà personale del soggetto passivo non si estenda entro un arco cronologico apprezzabile e significativo. Forme di manifestazione (rinvio)Si applicano i commi secondo, terzo, quarto e quinto dell’art. 289 bis. Si rimanda quindi alla lettura dei relativi commenti. Casisticaa) Ai fini della configurabilità della figura tipica del sequestro di ostaggi ex art. 3 l. 718/85 non è richiesta la finalità di terrorismo [nella concreta fattispecie, si è ritenuta conforme alla previsione normativa la condotta tenuta da alcuni rapinatori che – asserragliatisi all'interno di un ufficio postale e sequestrati gli impiegati presenti – avevano minacciato l'uccisione di questi ultimi, laddove le forze dell'ordine non fossero andate via (Cass. II, n. 30/2004; qui la Corte ha altresì sottolineato come l'esclusione della finalità di terrorismo – quale dato caratterizzante dell'elemento soggettivo della figura tipica – sia desumibile anche dalla previsione dell'applicabilità della norma «fuori dei casi indicati dall'art. 289 bis»)]; il modello legale in commento era come detto già tipizzato ex art. 3 Legge 26 novembre 1985, n. 718 e, una volta trasfuso nel testo dell'art. 289-ter, non ha mutato la caratteristica di non richiedere una finalità di terrorismo; tale finalità resta estranea alla fattispecie legale anche nel caso in cui la coazione venga indirizzata in danno dello Stato, che altro non è, se non uno dei possibili destinatari della richiesta illecita (così Cass. 2, n. 14316/2022; nella concreta vicenda, si è ritenuto integrato il reato di sequestro di persona a scopo di coazione nella condotta di alcuni soggetti detenuti, che tenevano in ostaggio dei funzionari di una Casa circondariale, al fine di obbligare l'Amministrazione penitenziaria ad ignorare le restrizioni correlate all'emergenza epidemiologica da Covid-19). b) Si è ritenuta manifestamente infondata – trattandosi di scelte rientranti nella discrezionalità riservata al Legislatore - la questione di legittimità costituzionale dell'art. 630, per preteso contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost.; tale questione era stata fondata sul presupposto dell'irragionevolezza del trattamento sanzionatorio del sequestro di persona a scopo di estorsione, in quanto figura connotata da un minimo edittale troppo elevato e non accompagnato dalla previsione di una attenuante speciale per i casi di minore gravità, come invece previsto per il reato di sequestro di ostaggi ex art. 3 l. n. 718/1985 – ora disciplinato dall'articolo in commento - (Cass. VI, n. 8903/2010; sottolineiamo come qui i Giudici di legittimità abbiano definito – nel corpo della motivazione – il reato di sequestro di ostaggi come espressivo di «fenomeni criminosi eccezionali, spesso di portata internazionale e collegati a condotte di terrorismo, quindi con ripercussioni anche di carattere politico»). c) Secondo Cass. III, n. 29507/2019, il delitto di sequestro di persona a scopo di coazione – figura già tipizzata dall'art. 3 l. n. 718/1985 ed ora trasmigrata nell'art. 289-ter – non postula la sussistenza della finalità di terrorismo. Il fatto tipico è infatti integrato dalla condotta consistente nel sequestrare o mantenere sottoposto al proprio potere una persona, laddove tale azione sia sorretta dal dolo specifico di obbligare altri a compiere od omettere un atto, condizionando a tale fatto la liberazione dell'ostaggio. E ciò anche allorquando l'azione coattiva si indirizzi verso lo Stato, che altro non è se non uno dei potenziali soggetti destinatari della richiesta. Nella medesima pronuncia, i Giudici di legittimità hanno altresì qualificato il paradigma normativo in esame come una fattispecie speciale rispetto alla figura tipica ex art. 605 (i cui elementi costitutivi non ricomprendono né il movente, né la finalità della condotta di privazione della libertà personale altrui). L'ipotesi del fatto di lieve entità previsto dall'ultimo comma della norma rappresenta infine una circostanza attenuante ad effetto speciale e non un'autonoma ipotesi di reato; il riconoscimento della stessa resta pertanto irrilevante in sede di calcolo dei termini di prescrizione ex art. 157. Profili processualiIl reato in esame è procedibile d'ufficio e di competenza della Corte d'Assise; è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare. Per esso: a ) è possibile disporre intercettazioni; b ) l'arresto in flagranza è obbligatorio; c ) il fermo è consentito; d ) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali. La Convenzione internazionale contro la cattura degli ostaggi – firmata a New York il 18 dicembre 1979 e ratificata in Italia dalla succitata legge 26 novembre 1985 – prevede all'art. 5 l'adozione, ad opera di ciascuno Stato parte, dei provvedimenti necessari a stabilire la propria giurisdizione riguardo al reato di cattura di ostaggi che venga perpetrato: a) nel territorio dello Stato stesso o a bordo di una nave o di un aeromobile immatricolato in tale Stato; b) ad opera di qualsivoglia suo cittadino o, se detto Stato lo ritiene opportuno, dagli apolidi abitualmente residenti nel suo territorio; c) al fine di costringere detto Stato a compiere o ad astenersi dal compiere un qualunque atto; oppure; d) contro un ostaggio che è cittadino di detto Stato, qualora quest'ultimo lo ritenga opportuno. Ogni Stato parte potrà inoltre adottare i provvedimenti necessari per stabilire la propria giurisdizione, in caso di presenza del presunto autore di tale fatto nel suo territorio e nel caso di decisione di non estradizione verso altro Stato parte. FiandaneseFranco BibliografiaBERNARDI, Il nuovo principio della riserva di codice e le modifiche al Codice Penale, in Diritto Penale Contemporaneo, 9 aprile 2018; PADOVANI, Diritto Penale, Milano, 2012; PIERGALLINI e VIGANÒ, Reati contro la persona e contro il patrimonio, Trattato teorico-pratico di Diritto Penale, diretto da PALAZZO e PALIERO, Torino, 2015; RIVELLO, Lezioni di Diritto Penale Militare, Torino, 2012. |