Il reclamo avverso il provvedimento archiviativo. Natura e perimetro applicativo del nuovo art. 410-bis c.p.p.

26 Marzo 2018

È possibile in sede di reclamo ex art. 410-bis, comma 3, c.p.p. proposto avverso un provvedimento archiviativo censurare nel merito le valutazioni espresse dal Gip ...
Massima

In sede di reclamo ex art. 410-bis, comma 3, c.p.p. avverso un provvedimento archiviativo è censurabile unicamente il mancato rispetto delle regole poste a garanzia del contraddittorio e non anche la valutazione espressa dal Gip a fondamento dell'ordinanza. Difatti, il nuovo reclamo, determinando un mero spostamento della competenza a valutare l'impugnativa dalla Corte di cassazione al giudice di primo grado, mantiene inalterate le tassative ipotesi di ammissibilità dell'impugnativa, precedentemente previste dagli artt. 409 e 410 c.p.p.

Il caso

Il Gip del tribunale di Roma disponeva l'archiviazione del procedimento a carico di due imputati in relazione al reato di cui all'art. 368 c.p., respingendo l'opposizione presentata dalle parti lese in quanto infondata. Le stesse parti lese, per il tramite dei propri difensori, proponevano reclamo avverso l'ordinanza di archiviazione, lamentandone la nullità ai sensi dell'art. 410-bis, comma 1, c.p.p. in quanto il Gip avrebbe omesso di pronunciarsi sull'inammissibilità dell'opposizione, limitandosi ad affermare di condividere le argomentazioni poste dall'ufficio del p.m. a fondamento dell'archiviazione.

La I Sezione del tribunale di Roma rigettava il reclamo dichiarandolo infondato. In particolare, il tribunale ha preliminarmente affermato che la disciplina del nuovo istituto del reclamo, introdotto all'art. 410-bis, comma 3, c.p.p., va letta e interpretata in combinato disposto con gli artt. 409 e 410 c.p.p., come modificati dalla c.d. riforma Orlando, che hanno determinato uno spostamento della competenza a valutare l'impugnativa avverso il provvedimento di archiviazione dalla Corte di cassazione al giudice di primo grado, mantenendo però inalterate le tassative ipotesi di ammissibilità della impugnativa stessa. A questo presupposto il tribunale ha legato la possibilità di recepire gli approdi raggiunti in materia dalle plurime pronunce della Corte costituzionale e della Corte di cassazione, che circoscrivono l'impugnativa avverso i provvedimenti di archiviazione solo al caso di mancato rispetto delle regole poste a garanzia del contradditorio, con la conseguente esclusione della possibilità di censurare le valutazioni espresse dal giudice a fondamento della ordinanza.

La questione

La questione involge il tema della natura e dell'oggetto del reclamo al tribunale avverso il provvedimento di archiviazione.

È possibile in sede di reclamo ex art. 410-bis, comma 3, c.p.p. proposto avverso un provvedimento archiviativo censurare nel merito le valutazioni espresse dal gip a fondamento dell'ordinanza di archiviazione?

Ulteriori questioni collegate a quella principale:

Entro quali limiti contenutistici può essere proposto il reclamo al tribunale contro il provvedimento di archiviazione?

Le soluzione giuridiche

Stante la novità dell'istituto del reclamo, introdotto dall'art. 1, comma 33, l. 23 giugno 2017, n. 103, non esistono ancora precedenti specifici. Tuttavia, seguendo le indicazioni e il ragionamento del tribunale di Roma, è possibile analizzare la giurisprudenza della Corte di cassazione formatasi, su tematiche analoghe, sotto la vigenza degli artt. 409 e 410 c.p.p. nella versione originaria, prima delle modifiche apportate dalla riforma Orlando.

La disciplina risultante dal combinato disposto degli artt. 409, comma 6, e 127, comma 5, c.p.p. si occupava espressamente del ricorso per cassazione avverso l'ordinanza di archiviazione. Stante l'operatività del principio di tassatività, la Corte di cassazione ha circoscritto la possibilità di presentare ricorso ai soli casi di mancato rispetto delle regole poste a garanzia del contraddittorio camerale. In primo luogo, quindi, l'impugnativa è proponibile quando l'ordinanza di archiviazione sia stata emessa senza che alla persona offesa opponente sia stato dato avviso dell'udienza in camera di consiglio e nel caso in cui alla persona offesa regolarmente citata non sia data la concreta possibilità di partecipare all'udienza. Anche la mancata audizione dell'interessato presente in udienza è stata considerata motivo di impugnazione, ancorché nel solo caso in cui la parte, comparsa, abbia chiesto di essere ascoltata.

Conseguentemente, e in linea generale, assicurato il contradditorio, la giurisprudenza ha escluso la possibilità di ricorrere in Cassazione per censurare le valutazioni espresse dal giudice a fondamento dell'ordinanza con cui è stata disposta l'archiviazione. Sicché si è ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione proposto per motivi attinenti al merito della notitia criminis, o afferenti i presupposti di procedibilità ovvero, ancora, con i quali si censuri la mancata assunzione di prova decisiva o la mancata riapertura delle indagini.

Osservazioni

Vanno sottolineati alcuni aspetti sottesi al ragionamento del tribunale di Roma nella decisione in esame:

  • la natura del nuovo istituto del reclamo;
  • l'oggetto dell'impugnativa.

Sotto il primo profilo, va evidenziato come il Legislatore abbia introdotto un inedito rimedio previsto a favore di coloro che intendano far rilevare le nullità dei provvedimenti tassativamente indicate nei commi 1 e 2 dell'art. 410-bis c.p.p. L'obiettivo evidente era quello di sostituire con la nuova impugnativa il ricorso per cassazione, in un'ottica più generale di deflazione del carico pendente dinnanzi alla Suprema corte.

È innegabile, quindi, la natura di impugnazione del reclamo che, del resto, risponde all'esigenza di mettere a disposizione di chi lo ha subito un rimedio contro un provvedimento archiviativo ritenuto ingiusto.

Ma proprio per questa sua natura, il reclamo opera sotto l'egida del principio di tassatività di cui all'art. 568, comma 1, c.p.p. che, di conseguenza, ne disegna e ne circoscrive l'ambito di operatività. Difatti, ai sensi del combinato disposto dei primi tre commi dell'art. 410-bis c.p.p., unicamente nelle ipotesi di nullità indicate nei primi due commi dello stesso art. 410-bis c.p.p. l'interessato, entro quindici giorni dalla conoscenza del provvedimento, potrà proporre reclamo innanzi al tribunale in composizione monocratica, il quale provvederà «con ordinanza non impugnabile», all'esito di un contradditorio meramente cartolare attivato dal deposito di memorie di parte «non oltre il quinto giorno precedente l'udienza».

Ed è sempre il principio di tassatività che impone di tenere distinto il contenuto del reclamo a seconda che il provvedimento impugnato sia un decreto ovvero un'ordinanza di archiviazione.

Infatti, mentre l'ordinanza archiviativa può essere impugnata unicamente per far valere in sede di reclamo le nullità dovute alla violazione del contraddittorio camerale di cui all'art. 127, comma 5, c.p.p. (art. 410-bis, comma 2, c.p.p. richiamato dal comma 3 dello stesso articolo), più ampio è il contenuto dell'impugnativa del decreto di archiviazione. La lettura combinata dei commi 1 e 3 dell'art. 410-bis c.p.p., difatti, consente in quest'ultimo caso di esperire dinnanzi al tribunale non solo quelle doglianze che abbracciano le violazioni del contraddittorio (come ad esempio, qualora il decreto archiviativo sia stato emesso in mancanza dell'avviso della richiesta di archiviazione alla persona offesa ovvero qualora lo stesso decreto sia stato emesso prima della scadenza del termine per proporre opposizione), ma anche quando, in presenza di una opposizione, il Gup abbia omesso di «pronunciarsi sulla sua ammissibilità» ovvero la abbia dichiarata inammissibile ancorché contenga l'indicazione «della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova».

Sicché, l'esattezza delle conclusioni cui è giunto il tribunale di Roma nel provvedimento in commento, con le quali si rigetta il reclamo in quanto contenente una doglianza di merito in ordine al mancato esame dei motivi di opposizione, risiede nella corretta applicazione del principio di tassatività piuttosto che nella affermazione del mero spostamento di competenza della impugnativa de qua dalla Corte di cassazione al tribunale in composizione monocratica, con conseguente estensibilità «degli approdi raggiunti in materia dalle plurime pronunce della Corte costituzionale e della Corte di cassazione».

Del resto, la giurisprudenza di legittimità formatasi sotto la vigenza dell'art. 409 c.p.p. nella sua versione precedente le recenti modifiche, che aveva insistito in maniera granitica sulla natura dell'impugnativa, consentita rispetto ai provvedimenti di archiviazione solo per il mancato rispetto delle regole poste a garanzia del contradditorio e senza possibilità di censurare le valutazioni espresse dal giudice a fondamento della ordinanza, era rispettosa non solo del principio di tassatività ma anche delle caratteristiche proprie del giudizio innanzi la Corte di cassazione quale giudizio di mera legittimità.

Con ciò si intende dire che il reclamo al tribunale monocratico, che di per sé non escluderebbe la possibilità di rivalutare nel merito l'ordinanza di archiviazione, è, per scelta legislativa, circoscritto ai soli motivi di legittimità inerenti la violazione del contraddittorio camerale. Sicché, in una prospettiva de iure condendo, potrà essere solo il legislatore ad ampliarne il perimetro di applicazione.

Guida all'approfondimento

CAPRIOLI, L'archiviazione, Napoli, 1994;

CONTI, Archiviazione, in SPANGHER (a cura di), Trattato di procedura penale, Torino, 2009;

GIOSTRA, L'archiviazione, Torino, 1994;

KALB, La riforma in materia di archiviazione: nullità del provvedimento e controllo giurisdizionale mediante reclamo, in Dir. pen. proc., 10/2017, 1307;

SPANGHER, La riforma Orlando della Giustizia penale: prime riflessioni, in Dir. pen. cont., 1/2016.

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