Codice Penale art. 452 quaterdecies - Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti 1 2

Alessandro Trinci

Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti12

[I]. Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni.

[II]. Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.

[III]. Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30, 32-bis e 32-ter, con la limitazione di cui all'articolo 33.

[IV]. Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, ordina il ripristino dello stato dell'ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione del danno o del pericolo per l'ambiente.

[V]. E' sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca. 

 Competenza: Trib. monocratico

 Arresto: facoltativo

 Fermo: non consentito (1° comma); consentito (2° comma)

 Custodia cautelare in carcere: consentita

 Altre misure cautelari personali:  consentite

 Procedibilità: d’ufficio

[2]  In materia di intercettazioni, v. l'art. 1 d.l. 10 agosto 2023, n. 105, conv., con modif., in l. 9 ottobre 2023, n. 137.. In tema di responsabilità amministrativa degli enti, v. art. 25-undecies, comma 2 lett. f) d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231.

Inquadramento

Il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti – recentemente trasmigrato dal testo unico dell’ambiente al codice penale in attuazione della riserva di codice in materia penale introdotta dalla “riforma Orlando” – intende colpire le forme più gravi di gestione abusiva di rifiuti, ossia quelle caratterizzate da una struttura di tipo imprenditoriale caratterizzata dall’allestimento di mezzi e attività continuative e organizzate idoneo a gestire ingenti quantitativi di rifiuti. La fattispecie, nelle intenzioni del legislatore, era destinata a reprimere le attività illegali poste in essere dalle organizzazioni criminali (c.d. Ecomafie). La prassi ha tuttavia messo in evidenza come il delitto in esame sia stato spesso applicato alla criminalità d’impresa più che a quella organizzata di tipo mafioso. Del resto, il reato non è strutturato in forma associativa, potendo essere integrato anche da una sola persona.

Bene giuridico tutelato

La fattispecie in esame tutela l'ambiente messo in pericolo da attività organizzate che gestiscono abusivamente in maniera continuativa ingenti quantitativi di rifiuti. Si tratta di un reato di pericolo astratto non essendo necessari né un danno ambientale né la minaccia grave di esso, atteso che la previsione di ripristino ambientale contenuta nel comma quarto della norma in esame si riferisce alla sola eventualità in cui il pregiudizio o il pericolo si siano effettivamente verificati e, pertanto, non è idonea a mutare la natura della fattispecie da reato di pericolo presunto a reato di danno (Cass. II, n. 4503/2005; Cass. III, n. 19018/2012).

Soggetti

 

Soggetto attivo

Il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti è strutturato come un reato comune, che può essere commesso da “chiunque”. Tuttavia, nella misura in cui richiede una struttura di tipo imprenditoriale (occorrono “più operazioni, un “allestimento di mezzi”, il compimento di “attività continuative organizzate”, la gestione di “ingenti quantitativi di rifiuti”), sembra atteggiarsi nei fatti come un reato proprio dell'imprenditore, ossia di colui che si colloca al vertice della struttura imprenditoriale (Bernasconi-Guerra, 416; Cass. III, n. 42631/2021).

Il reato non ha natura necessariamente plurisoggettiva, richiedendo per la sua integrazione la predisposizione di una struttura volta a realizzare il commercio illegale dei rifiuti che può essere approntata anche da una sola persona (Cass. III, n. 36119/2016; Cass. III, n. 41583/2021).

Materialità

 

Condotta

La condotta è attiva e consiste nel cedere, ricevere, trasportare, esportare, importare o gestire ingenti quantitativi di rifiuti.

E' sufficiente che anche una sola delle fasi di gestione dei rifiuti avvenga in forma organizzata, in quanto la norma incriminatrice indica in forma alternativa le varie condotte che, nell'ambito del ciclo di gestione, possono assumere rilievo penale (Cass. III, n. 43710/2019)

Deve trattarsi di attività continuativa quindi occorre un numero di operazioni (che possono essere della stessa tipologia – ad es.: più trasporti – o di tipologie diverse – ad es.: trasporto e smaltimento) che sia necessario e sufficiente a riguardare una quantità ingente di rifiuti (Cass. III, n. 24428/2011).

Tali operazioni – come detto alternative fra loro – devono essere abusive.

Si tratta di una nota di illiceità speciale che rinvia alla sottesa disciplina amministrativa e penale dettata dalla parte quarta del d.lgs.  n. 152/2006 (Cass. III, n. 40827/2005: qualsiasi gestione dei rifiuti che si sia svolta in violazione della normativa speciale disciplinante la materia; cfr., ad esempio, Cass. III, n. 26614/2012, che ha ravvisato il reato in esame nel trasporto ordinario e continuativo di propri rifiuti non pericolosi, costituente parte integrante ed accessoria dell'organizzazione dell'impresa, effettuato in assenza di iscrizione dell'impresa all'albo nazionale dei gestori ambientali, ancorché nelle forme semplificate di cui al comma ottavo dell'art. 212 d.lgs.  n. 152/2006). Essa può consistere non soltanto nella mancanza dell’autorizzazione allo svolgimento dell'attività, ma anche nella inosservanza di prescrizioni essenziali della stessa (Cass. III, n. 33089/2021, relativa ad una fattispecie di svolgimento di attività ritenute abusive in quanto effettuate in base ad autorizzazione non rispondente alle cosiddette "Best Available Techniques", quali condizioni da adottare nel corso di un ciclo di produzione idonee ad assicurare la più alta protezione ambientale, concorrendo le stesse a definire il parametro autorizzativo la cui inosservanza è sanzionata dalla norma in oggetto).

Tuttavia, l'avverbio “abusivamente” si è prestato, in dottrina, a diverse interpretazioni. Secondo alcuni autori occorre fare riferimento a tutte le violazioni (penali o amministrative) di qualsiasi disposizione concernente la gestione dei rifiuti. Altri autori (Vergine, 624) ritengono invece necessario selezionare, nell'ampio spettro delle disposizioni concernenti la gestione dei rifiuti, le violazioni significative rispetto al bene tutelato. Secondo una terza interpretazione, di tipo restrittivo, occorre distinguere tra violazioni delle sottese disposizioni (penali o amministrative) nell'ambito di attività clandestine, da un lato, e nell'ambito di attività autorizzate, dall'altro (Bernasconi-Guerra, 420 ss.).

La giurisprudenza, dal canto suo, ritiene che, interpretando il requisito in esame in stretta connessione con gli altri elementi tipici della fattispecie, quali la reiterazione della condotta illecita e il dolo specifico d'ingiusto profitto, la mancanza delle autorizzazioni non risulti essere un requisito determinante per la configurazione del delitto. Infatti, si possono verificare situazioni nelle quali, pur in presenza di una regolare autorizzazione, la concreta gestione dei rifiuti risulti totalmente difforme dall'attività autorizzata, così come può darsi che la carenza dell'autorizzazione assuma rilievo puramente formale e non sia casualmente collegata agli altri elementi costitutivi del traffico (Cass. III, n. 44449/2013).

Va detto che l'interpretazione offerta dalla Suprema Corte ha il pregio di espungere dallo spettro applicativo della norma in esame le violazioni solo formali, inidonee ad offendere il bene tutelato. Tuttavia, non sempre è agevole stabilire quando la violazione assuma tali caratteristiche. Si ritiene che siano formali le violazioni sanzionate in via amministrativa (ad es.: violazioni in tema di tenuta dei registri di carico e scarico, sanzionate in via amministrativa dall'art. 258, comma 4, d.lgs.  n. 152/2006), perlomeno laddove non si tratti di violazioni sistematiche strumentali a mascherare gestioni sostanzialmente contrarie alla legge o alle autorizzazioni (Ruga Riva, 109).

Dunque, il delitto può essere commesso anche nell'ambito di attività autorizzate, qualora le modalità o tipologie di rifiuti trattati violino in tutto o in parte le prescrizioni contenute nelle autorizzazioni o altri limiti di legge. Del resto, il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti non richiede l'esistenza di una struttura operante in modo esclusivamente illecito, ben potendo l'attività criminosa essere inserita in un contesto comprendente anche operazioni commerciali riguardanti i rifiuti svolte con modalità lecite (Cass. III, n. 47870/2011).

Per quanto riguarda il requisito dell'ingente quantitativo dei rifiuti, la stima deve riferirsi al quantitativo complessivo di rifiuti trattati attraverso la pluralità delle operazioni svolte, anche quando queste ultime, singolarmente considerate, possono essere qualificate di modesta entità (Cass. III, n. 46950/2016).

Elemento psicologico

 

Il dolo

Il dolo consiste nella coscienza e volontà di cedere, ricevere, trasportare, esportare, importare o gestire abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti.

Si tratta di dolo specifico in quanto il soggetto deve agire al fine di conseguire un ingiusto profitto, senza che sia necessario che riesca a raggiungere tale obiettivo.

In caso di concorso di persone, non è necessario che il singolo concorrente agisca al fine di conseguire un ingiusto profitto, essendo sufficiente che del profitto perseguito dai correi egli abbia consapevolezza (Cass. III, n. 2842/2022).

Il requisito dell'ingiusto profitto non deriva dall'esercizio abusivo dell'attività di gestione dei rifiuti, bensì dalla condotta continuativa ed organizzata dei rifiuti finalizzata a conseguire vantaggi (risparmi di spesa e maggiori margini di guadagno) altrimenti non dovuti (Cass. III, n. 35568/2017).

La giurisprudenza ha chiarito che il profitto non deve assumere necessariamente carattere patrimoniale, potendo essere costituito anche da vantaggi di altra natura (Cass. III, n. 53136 /2017, relativa ad una fattispecie in cui il vantaggio del trasporto illecito è stato ravvisato nello sgravare le società appaltatrici dagli oneri derivanti dalla regolarizzazione della movimentazione del materiale e nella maggiore celerità dei lavori di riqualificazione di un aeroporto internazionale; Cass. III, n. 29627/2016, che ha ravvisato il profitto ingiusto anche in un vantaggio personale, quale il rafforzamento della posizione dell'imputato all'interno dell'azienda) ed è ingiusto in quanto la condotta posta in essere abusivamente, oltre che anticoncorrenziale, può essere produttiva di conseguenze negative, in termini di pericolo o di danno, per la integrità dell'ambiente ed impedisce, comunque, il doveroso controllo, da parte dei soggetti preposti, sull'intera filiera dei rifiuti, che la legge impone dalla produzione alla destinazione finale (Cass. III, n. 16056/2019).

Consumazione e tentativo

 

Consumazione

Il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, in quanto necessariamente caratterizzato da una pluralità di condotte, alcune delle quali, se singolarmente considerate, potrebbero costituire reato, ha natura di reato abituale proprio (Cass. III, n. 44629/2015), che si perfeziona soltanto attraverso la realizzazione di più comportamenti non occasionali della stessa specie, finalizzati al conseguimento di un ingiusto profitto, con la necessaria predisposizione di una, pur rudimentale, organizzazione professionale di mezzi e capitali, che sia in grado di gestire ingenti quantitativi di rifiuti in modo continuativo (Cass. III, n. 52838/2016).

Esso si consuma nel luogo in cui le varie frazioni della condotta, per la loro reiterazione, hanno determinato il comportamento punibile (Cass. III, n. 46705/2009; Cass. III, n. 48350/2017). La consumazione cessa con la cessazione dell'attività organizzata finalizzata al traffico illecito (Cass. III, n. 44629/2015), e non in corrispondenza di ogni singola condotta, sì che, ai fini della prescrizione, deve tenersi conto delle modifiche normative, anche in peius, nelle more intervenute (Cass. III, n. 42631/2021). 

Tentativo

Il tentativo è configurabile, ad esempio quando l’attività criminosa non si sia protratta per un lasso di tempo sufficiente gestire quantitativi di rifiuti ingenti.

Forme di manifestazione

 

Circostanze

Il capoverso della norma in commento prevede una circostanza aggravante c.d. indipendente (nuova cornice edittale: da tre a otto anni di reclusione) se i rifiuti trattati sono ad alta radioattività (per la cui definizione si rinvia al commento all'art. 452-sexies).

L'art. 452-decies al cui commento si rinvia, prevede due circostanze attenuanti legate al ravvedimento operativo del soggetto agente.

Rapporti con altri reati

 In dottrina si ritiene che il delitto in esame abbia natura complessa con conseguente assorbimento dei reati contravvenzionali (gestione abusiva di rifiuti, spedizione illecita di rifiuti, ecc.) commessi nell'ambito delle attività organizzate (Bernasconi-Guerra, 428).

In base al principio di specialità ex art. 9 l. n. 689/1981, ad analoga soluzione si perviene in caso di interferenza con illeciti amministrativi.

Il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti si distingue dal reato di trasporto non autorizzato di rifiuti (art. 256 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152) in quanto quest'ultimo si configura anche in presenza di una condotta occasionale, mentre il primo sanziona la continuità dell'attività illecita (Cass. III, n. 24428/2011).

Il delitto in esame può concorrere con quello di truffa (art. 640 c.p.), differenziandosi le due fattispecie sia per le condotte contemplate che per i beni protetti, qualificandosi in particolare il secondo come reato offensivo dell'ambiente, a consumazione anticipata e dolo specifico ed, in quanto tale, configurabile indipendentemente dal conseguimento dell'ingiusto profitto con altrui danno (Cass. III, n. 9133/2017).

È configurabile il concorso tra il delitto in commento e il reato di associazione per delinquere (art. 416 c.p.), in quanto tra le rispettive fattispecie non sussiste un rapporto di specialità, trattandosi di reati che presentano oggettività giuridiche ed elementi costitutivi diversi, caratterizzandosi il secondo per una organizzazione anche minima di uomini e mezzi funzionale alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti in modo da turbare l'ordine pubblico, e il primo per l'allestimento di mezzi e attività continuative e per il compimento di più operazioni finalizzate alla gestione abusiva di rifiuti così da esporre a pericolo la pubblica incolumità e la tutela dell'ambiente (Cass. III, n. 5773/2014).

Termini di prescrizione

I termini di prescrizione per i delitti di cui al titolo VI-bis del codice penale sono raddoppiati (art. 157, comma 6). Ne consegue che per il delitto in esame la prescrizione matura in dodici anni (quindici anni in caso di atti interruttivi).

Sanzioni accessorie

Alla condanna per il delitto in esame conseguono le pene accessorie di cui agli artt. 28, 30, 32-bis e 32-ter, con la limitazione di cui all'art. 33.

Il giudice, con la sentenza di condanna e con quella di “patteggiamento” (ma non con il decreto penale di condanna: Cass. III, n. 36063/2009; né con la sentenza che accerta l'estinzione del reato per prescrizione: Cass. III, n. 41351/2008), ordina il ripristino dello stato dell'ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione del danno o del pericolo per l'ambiente.

Mentre l'ordine di ripristino è sanzione amministrativa accessoria di tipo obbligatorio (analogamente all'ordine di demolizione previsto dalla disciplina urbanistica all'art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380/2001), la concessione della sospensione condizionale subordinata all'eliminazione del danno o del pericolo per l'ambiente è beneficio rimesso alla discrezionalità del giudice (salvo che si tratti di seconda concessione perché in tal caso l'eliminazione è obbligatoria ai sensi dell'art. 165, comma 2).

Confisca

Per il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato (ad es.: i mezzi di trasporto, i macchinari utilizzati per il trattamento illecito dei rifiuti, ecc.) o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato (ad es.: i prodotti ricavati dal recupero non autorizzato dei rifiuti), salvo che appartengano a persone estranee al reato (tale non è, ad esempio, la persona giuridica nel cui ambito o nel cui interesse o vantaggio è stato commesso il reato).

Quando essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca.

Responsabilità dell’ente

L'art. 25-undecies, comma 2, lett. f), d.lgs. n. 231/2001, prevede, per la violazione dell'art. 452-quaterdecies c.p., la sanzione pecuniaria da trecento a cinquecento quote, nel caso previsto dal comma 1 e da quattrocento a ottocento quote, nel caso previsto dal comma 2.

Profili processuali

L'attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti è reato procedibile d'ufficio e di competenza della Tribunale in composizione monocratica.

Rientra tra i delitti di competenza della direzione distrettuale antimafia ai sensi dell'art. 51, comma 3-bis, c.p.p.

Al riguardo la Suprema Corte ha statuto che, allorquando fra i reati connessi ai sensi dell'art. 12 c.p.p. siano presenti reati di natura non associativa ricompresi fra quelli di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p., la deroga al principio generale - per il quale in caso di connessione fra reati la competenza spetta al giudice competente per il reato più grave - è limitata al solo trasferimento al giudice in sede distrettuale della competenza già attribuita, secondo le regole ordinarie, ad altro giudice del medesimo distretto (Cass. III, n. 52512/2014, in cui la Corte ha escluso che il procedimento per il delitto in esame, riguardante un reato a struttura non necessariamente associativa, ancorché incluso fra quelli di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p., eserciti forza attrattiva rispetto ai procedimenti connessi che riguardino reati più gravi, commessi nel territorio di altro distretto).

Per il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti:

a) è possibile disporre intercettazioni. L'art. 1 d.l. 10 agosto 2023, n. 105 ha esteso al delitto in esame, anche nella sua forma tentata, la speciale disciplina prevista per i delitti di criminalità organizzata dall'art. 13 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla l. 12 luglio 1991, n. 203 (indizi di reato sufficienti anziché gravi; intercettazioni necessarie anziché assolutamente indispensabili; operazioni che possono durare fino a quaranta giorni, anziché trenta; possibilità di proroghe di venti giorni anziché quindici). Tale disciplina si applica anche nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto legge (11 agosto 2023).

b) è consentito l'arresto facoltativo in flagranza (non il fermo);

c) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali.

Bibliografia

AMENDOLA, Attività organizzate per il traffico di rifiuti: introdotto il primo delitto contro l’ambiente, in Dir. pen. proc., 2001, 708; PAONE, Attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, in Foro it., 2006, 284; RAMACCI, Delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti: nuovi chiarimenti della Corte di Cassazione, in Riv. pen., 2006, 185; RAMACCI, Diritto penale dell’ambiente, II ed., Padova, 2007; BERNASCONI-GUERRA, Art. 260, in GIUNTA (a cura di), Codice commentato dei reati e degli illeciti ambientali, Padova, II ed., 2007, 415; VITA, Delitto di “attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”: elementi costitutivi, in Riv. pen., 2011, 475; VERGINE, Il reato di cui all’art. 260 TUA: reato abituale, permanente o complesso?, in Ambiente & Sviluppo – Consulenza e pratica per l’impresa, 2011, 621; TARZIA, Attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, in Legisl. pen., 2013, 369; RUGA RIVA, Rifiuti, in PELLISERO (a cura di), Reati contro l’ambiente e il territorio, Torino, 2013, 106.

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