Il disconoscimento della “regola del prezzo-valore” per le pertinenze dei beni immobili

26 Marzo 2018

L'acquisto delle pertinenze, congiuntamente o separatamente rispetto al bene cui accedono, può destare problematicità in ordine all'applicazione della c.d. regola del prezzo-valore, che deroga al regime ordinario dell'imposta di registro. L'articolo affronta e riassume le predette problematicità, le quali possono portare l'Amministrazione Finanziaria a disconoscere l'agevolazione e a rideterminare la base imponibile dell'imposta di registro con riferimento al valore venale in comune commercio.
La “regola del prezzo-valore”

Come noto, con la legge finanziaria 2006, in materia di imposta di registro, è stata introdotta un'importante deroga alla regola – fondata sul combinato disposto degli artt. 43, co. 1 e 51, co. 2 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 – per cui la base imponibile, per i contratti a titolo oneroso traslativi o costituitivi di diritti reali, è costituita dal valore del bene o del diritto alla data dell'atto ed in particolare, per i beni immobili, dal valore venale in comune commercio.

Difatti, ai sensi dell'art. 1, co. 497, Legge 23 dicembre 2005 n. 266, “in deroga alla disciplina di cui all'articolo 43 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, per le sole cessioni fra persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all'atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 52, commi 4 e 5, del citato testo unico di cui al d.P.R. n. 131/1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell'atto. Gli onorari notarili sono ridotti del 20 per cento”.

Dunque, per le cessioni aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo (censiti in catasto come tali) e relative pertinenze, in deroga al criterio del valore venale, la base imponibile può essere determinata sul valore catastale dell'immobile indipendentemente dal corrispettivo pattuito e indicato nell'atto: è questa la c.d. regola del prezzo-valore, chiaramente finalizzata a favorire gli acquisti dei privati.

A mezzo di tale regime agevolato l'acquirente può ottenere che l'imposta di registro (insieme a quelle ipotecaria e catastale) sia applicata al valore dell'immobile determinato su base catastale (art. 52, co. 4 e 5, d.P.R. n. 131/1986), anche se quest'ultimo sia notevolmente inferiore al prezzo indicato in atto.

Il co. 498 dell'art. 1, L. n. 266/2005 aggiunge che “i contribuenti che si avvalgono delle disposizioni di cui ai commi 496 e 497 sono esclusi dai controlli di cui al comma 495 e nei loro confronti non trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 38, terzo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 52, comma 1, del citato testo unico di cui al d.P.R. n. 131/1986”.

Ciò significa che, ove si configuri la fattispecie delineatadalla norma, l'Ufficio non può procedere alla rettifica delle dichiarazioni, né alla liquidazione della maggiore imposta.

Tuttavia è bene ricordare pure che, sempre ai sensi del comma da ultimo citato, “se viene occultato, anche in parte, il corrispettivo pattuito, le imposte sono dovute sull'intero importo di quest'ultimo e si applica la sanzione amministrativa dal cinquanta al cento per cento della differenza tra l'imposta dovuta e quella già applicata in base al corrispettivo dichiarato, detratto l'importo della sanzione eventualmente irrogata ai sensi dell'art. 71 del medesimo d.P.R. n. 131/1986” (il quale prescrive che “Se il valore definitivamente accertato dei beni o diritti di cui al terzo e al quarto comma dell'art. 51, ridotto di un quarto, supera quello dichiarato, si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della maggiore imposta dovuta. Per i beni e i diritti di cui al quarto comma dell'art. 52 la sanzione si applica anche se la differenza non è superiore al quarto del valore accertato”).

Pertanto, l'omessa indicazione del prezzo effettivamente pagato per l'immobile comporta non solo la perdita dell'agevolazione, ma anche l'applicazione di una speciale sanzione amministrativo-tributaria, che va a sommarsi alla sanzione prevista in caso di insufficiente dichiarazione di valore.

L'applicazione della regola del prezzo-valore soggiace a precise condizioni.

Essa non è invocabile da parte di società o altri enti, privati e pubblici, e nemmeno è applicabile alle cessioni nelle quali l'acquirente sia un soggetto Iva che effettua l'acquisto nell'esercizio della propria attività.

D'altra parte, la normativa in parola non si applica al trasferimento di fabbricati a destinazione non abitativa (come negozi, uffici o capannoni), né al trasferimento di terreni (a meno che si tratti di terreni pertinenziali ad abitazioni. Secondo la Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 149 dell'11 aprile 2008 si può “applicare il meccanismo del prezzo-valore alla cessione di terreni agricoli laddove – in base alle vigenti disposizioni civilistiche – detti terreni costituiscano effettivamente una pertinenza del fabbricato abitativo”.): rimangono, inoltre, esclusi gli immobili che, pur avendo i requisiti di fatto per essere destinati ad uso abitativo, sono iscritti in una categoria catastale diversa (Circolare Agenzia delle Entrate n. 6/E del 13 febbraio 2006).

Dall'atto notarile, inoltre, deve tassativamente emergere la richiesta di accedere al regime agevolativo: essa non può, infatti, intervenire in un secondo momento a mezzo di atto integrativo del primo (Risoluzione Agenzia delle Entrate 9 giugno 2009 n. 145/E. L'interpretazione dell'Amministrazione Finanziaria pare condivisibile in ragione del tenore letterale della norma nonché per il principio di certezza dei traffici giuridici).

É, infine, importante evidenziare che, per poter usufruire dell'agevolazione, il contratto deve avere ad oggetto un qualsiasi diritto reale su “immobili ad uso abitativo e relative pertinenze”.

Immobile pertinenziale e rapporto di accessorietà

Il meccanismo del prezzo-valore trova applicazione a tutte le pertinenze dell'immobile ceduto (la normativa si intende applicabile a tutte le pertinenze, senza limiti quantitativi e qualitativi), purché:

a) sia individuato in modo certo il rapporto di accessorietà che lega i beni pertinenziali ed il bene principale;

b) il bene principale cui le pertinenze accedono sia un immobile abitativo.

L'Amministrazione Finanziaria ha precisato che l'immobile pertinenziale, ai fini dell'applicazione della disposizione agevolativa, deve essere suscettibile di valutazione automatica e, quindi, dotato di propria rendita catastale (Circolare Agenzia delle Entrate n. 6/E del 13 febbraio 2006, punto 11 e Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 149 dell'11 aprile 2008) e che nell'atto di cessione deve evidenziarsi il c.d. vincolo pertinenziale, che rende il bene servente una proiezione del bene principale (Circolare Agenzia delle Entrate n. 12/E del 1° marzo 2007).

Al riguardo, si registra la tendenza dell'Agenzia delle Entrate a controllare e, eventualmente, negare l'applicazione dell'agevolazione de qua in caso di mancata sussistenza del rapporto di accessorietà tra il bene individuato in atto come pertinenza ed il bene principale.

In altri termini, l'Ufficio può rilevare l'assenza del vincolo di pertinenza tra l'immobile principale e quelli accessori e, quindi, rideterminare la base imponibile dell'imposta di registro con riferimento al valore venale in comune commercio.

La nozione di pertinenza ai fini civili e tributari

Poiché ai fini fiscali non esiste un'autonoma nozione di pertinenza, in caso di contestazione occorre fare riferimento a quella civilistica.

Come noto, ai sensi dell'art. 817 c.c. costituiscono pertinenze “le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un'altra cosa. La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima”.

Tradizionalmente la sussistenza del vincolo pertinenziale si riconosce in presenza di un elemento soggettivo, rappresentato dalla volontà effettiva di creare un vincolo di strumentalità e complementarietà funzionale tra due beni, e di un elemento oggettivo, consistente nel rapporto funzionale corrente tra la cosa principale e quelle accessorie (come riconosciuto dalla giurisprudenza, la distinzione tra cose principali e pertinenze si fonda su un criterio non economico ma funzionale - si veda, ex multis, Cass. civ., Sez. III, 19/7/1982 n. 4242).

La lettera del codice non esclude un possibile rapporto pertinenziale tra due beni immobili e la giurisprudenza lo ha da sempre ammesso allorquando sussistano i requisiti dell'accessorietà di un bene rispetto all'altro e dell'effettiva volontà di destinare uno dei due immobili al servizio dell'altro (Cass. civ., Sez. III, 5 marzo 1984 n. 1528/84 - conf. Cass. 3903/56; Cass. 1620/64).

L'art. 818 c.c., nel disciplinare il “regime delle pertinenze”, prevede che gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa principale comprendono anche le pertinenze, se non è stato diversamente disposto.

In ogni caso, le pertinenze possono formare oggetto di separati atti e rapporti giuridici. Sussiste pertanto una presunzione legale per cui, salvo prova contraria, i rapporti relativi alla cosa principale si intendono estesi alle pertinenze.

Anche ai fini tributari, in linea di principio, vale la regola per cui ai beni pertinenziali si applica il medesimo regime fiscale dettato per il bene principale (accessorium sequitur principale).

Ai fini dell'imposta di registro, invero, l'art. 22 del d.P.R. n. 634/1972, stabilisce che le pertinenze sono in ogni caso soggette alla disciplina prevista per il bene al cui servizio od ornamento sono destinate.

Inoltre, relativamente ai trasferimenti immobiliari, il Testo unico delle disposizioni in materia di imposta di registro, d.P.R. n. 131/1986, all'art. 24, dispone che le pertinenze si presumono trasferite all'acquirente dell'immobile, a meno che siano escluse espressamente dalla vendita o si provi, che appartengono a un terzo, o sono state cedute all'acquirente da un terzo.

La cessazione del vincolo pertinenziale

Il vincolo pertinenziale cessa quando il collegamento funzionale tra i due beni viene meno.

Tale circostanza si può verificare sia quale conseguenza di eventi naturali, come il perimento di uno dei beni oggetto del rapporto o la sopraggiunta inidoneità del bene accessorio a svolgere la sua funzione strumentale rispetto a quello principale [ulteriore ipotesi di cessazione del vincolo pertinenziale per eventi naturali è da alcuni rinvenuta nella trasformazione della cosa principale (come per esempio nel caso del fondo trasformato in area fabbricabile, anche se, a ben vedere, qui essa è addebitabile pur sempre ad un'azione umana)], sia per volontà del titolare il quale decida di porre fine alla destinazione del bene accessorio al servizio o all'ornamento di quello principale.

Specificatamente, poi, con riferimento ad un bene accessorio di natura immobiliare, si è ulteriormente precisato che l'interruzione del vincolo pertinenziale possa evincersi dall'atto di alienazione, qualora il proprietario nel trasferire a terzi la proprietà del bene principale, si riservi quella dell'altro bene o quando quest'ultimo compia un atto giuridico che abbia ad oggetto esclusivamente la pertinenza, determinando implicitamente la cessazione del regime giuridico unitario.

La volontà del proprietario della cosa principale, contraria ed opposta a quella della destinazione, può esplicarsi in questi soli due modi (in tal senso, su tutti, G. Tamburino, voce “Pertinenze”, in Enciclopedia del diritto, XXXIII, Milano, 1983; del principio dà atto più recentemente R. Ferorelli, “Art. 818 – Regime delle pertinenze”, in Commentario del Codice Civile, diretto da E. Gabrielli, Milano, 2012).

Tale assunto è stato condiviso dalla Suprema Corte, per la quale “costituitosi un rapporto pertinenziale tra beni a seguito della destinazione operata dal proprietario della cosa principale che ha la piena disponibilità anche della cosa accessoria (nella specie una veranda a servizio di un appartamento realizzata su area condominiale dall'originario proprietario costruttore dell'intero edificio), gli atti di disposizione aventi ad oggetto la cosa principale si estendono a quella accessoria, salvo che intervenga un atto del proprietario di cessazione della destinazione e cioè o l'esplicita esclusione della pertinenza in un atto avente ad oggetto la cosa principale o il compimento di un atto avente ad oggetto la sola pertinenza” (Cass. civ., sez. II, 12/04/1999 n. 3574; nello stesso senso anche Cass. civ., sez. II, 26 giugno 1989 n. 3103 e, da ultima Cass. civ., sez. II, 9 maggio 2005 n. 9563).

Difatti, analogamente all'atto di destinazione, quello di scioglimento è un atto giuridico che può essere effettuato dal proprietario e che si concreta nella creazione di una situazione di fatto o di diritto incompatibile con l'originaria destinazione pertinenziale.

Sul punto la Dottrina ha evidenziato che per la cessazione del rapporto di pertinenzialità, come per la costituzione, non è sufficiente un atto volitivo, anche se espresso, dovendo esso tradursi in un comportamento che dimostri senza equivoci l'interruzione del rapporto di servizio (R. Albano, voce “Pertinenze”, in Enciclopedia Giuridica, XXIII, Roma, 1990).

Con specifico riguardo all'incompatibilità di diritto, invece, essa consegue ad atti di alienazione separata del bene pertinenziale, in quanto il conseguente obbligo di consegna svincola il bene dal rapporto di servizio con la cosa principale.

Sempre Autorevole Dottrina ha giustamente osservato che non sono invece considerabili quali atti di scioglimento del rapporto pertinenziale quelli che comportano una temporanea utilizzazione del bene accessorio da parte di terzi (usufrutto, locazione, comodato, etc.) (C.M. Bianca, Diritto Civile, vol. VI, “La proprietà”, Milano, 1999).

I principi appena esposti devono orientare il consulente in ipotesi in cui l'Ufficio contesti la cessazione di un vincolo di pertinenzialità.

Si pensi al caso in cui si proceda alla vendita di un originario grande complesso immobiliare, dopo averlo diviso in alcune porzioni, a diversi soggetti acquirenti: deve ritenersi che le pertinenze (per esempio un parco) che prima servivano il complesso nella sua interezza continuino, dopo la parcellizzazione, a servire le singole porzioni.

Le cessioni di pertinenze con atto separato

In presenza di cessioni di pertinenze con atto separato si sono registrate alcune contestazioni mosse dall'Agenzia delle Entrate ai fini del disconoscimento della regola del prezzo-valore e della conseguente rettifica dell'imposta di registro.

In almeno un'occasione, infatti, l'Amministrazione Finanziaria ha sostenuto che fosse dovuta l'integrazione delle imposte sulla differenza tra il valore catastale e quello reale, a causa dell'inapplicabilità della normativa di cui all'art. 1, co. 497, L. n. 266/2005 perché la casa principale dell'acquirente era stata acquistata prima dell'entrata in vigore della predetta legge, per cui il bene acquistato in seguito come pertinenza dell'abitazione avrebbe dovuto seguire lo stesso regime impositivo (CTP Treviso, sez. IV, 13 settembre 2012 n. 74).

In un secondo caso, invece, gli organi accertatori hanno ritenuto che il rapporto di accessorietà al bene principale non fosse riscontrabile ove il ricorrente avesse già beneficiato di agevolazioni nell'acquisto della prima casa, già dotata di un giardino pertinenziale (CTP Novara, sez. VI, 1 marzo 2016 n. 48).

Invero, interrogati sul punto, in entrambi i predetti casi i Giudici tributari hanno accolto i ricorsi dei contribuenti che contestavano l'illegittima disapplicazione del regime agevolativo.

Così, piuttosto chiaramente, dapprima la CTP Treviso, con la sentenza n. 74/04/2012, ha ritenuto che il sistema agevolativo del prezzo-valore può trovare applicazione anche alle pertinenze cedute con atto separato, anche laddove il bene principale cui la pertinenza accede non abbia, a suo tempo, usufruito della medesima agevolazione.

Successivamente, la CTP Novara, con la sentenza n. 48/06/2016, ricordando il principio per cui la destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima, ha affermato che, ai fini dell'applicabilità dell'agevolazione ex art. 1, co. 497, L. n. 266/2005, non sussiste alcuna restrizione né in ordine alla tipologia, né in ordine al numero delle pertinenze, come, peraltro, a suo tempo dichiarato anche dalla stessa Agenzia delle Entrate con la circolare n. 6/E del 13 febbraio 2006 (A mente della quale “[…] Pertanto, il nuovo regime opzionale di determinazione della base imponibile ai fini delle imposte di registro, catastali ed ipotecarie, potrà essere applicato a tutti gli atti di cessione di immobili pertinenziali salvo naturalmente che tale destinazione risulti dall'atto di acquisto”).

D'altronde, l'atto di destinazione deve pur sempre sostanziarsi in un atto di natura negoziale, che ben può essere posteriore a quello di acquisto dell'immobile principale.

In conclusione

In conclusione, due sono gli scenari problematici che possono palesarsi in occasione di cessioni aventi ad oggetto pertinenze di beni immobili ad uso abitativo.

Il primo attiene all'eventuale cessazione del collegamento funzionale tra il bene principale ed il bene accessorio: in questo caso, ai fini del disconoscimento della regola del prezzo-valore, grava in capo all'Amministrazione Finanziaria l'onere di provare che il predetto collegamento sia venuto meno o per eventi naturali o per incompatibilità di diritto.

In ipotesi di cessione di pertinenze con atto separato, invece, se da una parte è stata confermata l'efficacia della disposizione agevolativa a prescindere dalla data di acquisto del bene principale, dall'altra parte è stato precisato che sussiste il vincolo di pertinenzialità anche nei casi in cui l'atto di destinazione sia contenuto nell'atto di compravendita del bene accessorio, sebbene questo segua, anche a lunga distanza di tempo, l'acquisto del bene principale.

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