I limiti temporali del sequestro preventivo tra possibili proroghe e ragionevole durata del processo

Valeria Crudo
28 Marzo 2018

Per quale periodo temporale è possibile prorogare il termine previsto dall'art. 24, comma 2, d.lgs. 159/2011? Ai fini di legittimità, assume rilievo la durata della singola proroga o il limite di durata complessivo ricavabile dalla normativa? E ancora, la proroga del termine di durata del vincolo reale provvisorio impone degli specifici oneri di accertamento in capo al giudice della prevenzione o può essere disposta sic et simpliciter?
Massima

La possibilità, prevista dall'art. 24, comma 2, del d.lgs. 159/2011, di prorogare il termine ordinario di un anno e sei mesi per l'adozione del decreto di confisca implica l'obbligo per il giudice della prevenzione di verificare le effettive necessità del prolungamento del sequestro temporaneo dei beni dell'interessato e un correlativo onere motivazionale.

Il caso

Nel mese di aprile 2014, con decreto del tribunale di Palermo, Sezione per le misure di prevenzione, veniva applicata nei confronti dei due soggetti proposti la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno e quella della confisca di beni mobili e immobili, per aver realizzato plurime condotte di usura ripetute nel periodo dal 2003 al 2008.

Quanto alla misura patrimoniale, nello specifico, il tribunale emetteva il provvedimento di confisca dopo il termine di diciotto mesi dalla data di immissione in possesso dell'amministratore giudiziario e disponeva la proroga di tale termine senza motivarne le ragioni e per un periodo pari complessivamente ad un anno.

A seguito di rituale impugnazione, la Corte di appello di Palermo, Sezione per le misure di prevenzione, riformava parzialmente il primo provvedimento, riducendo la durata della misura della sorveglianza speciale ad anni due e revocando la confisca su taluni beni: due immobili, un motociclo e oggetti preziosi.

La Corte palermitana disattendeva, invece, le doglianze difensive relative alla violazione dei termini per il deposito del provvedimento di confisca, di cui all'art. 24, comma 2, d.lgs. 159/2011.

Pur dovendo dare atto che nel verbale dell'udienza in cui la summenzionata proroga era stata adottata non v'era alcuna esplicitazione delle ragioni che l'avevano determinata, infatti, la Corte riteneva comunque legittimo l'operato del tribunale valorizzando i seguenti tre elementi:

  • l'esistenza di uno dei presupposti indicati dalla legge per determinare la proroga, cioè un compendio patrimoniale rilevante, destinato, pertanto, a rimanere immutato fino alla decisione;
  • la circostanza procedimentale che la risoluzione era stata assunta nel corso dell'udienza, nella quale le parti erano presenti (essendo, quindi, garantito il contraddittorio) e che la difesa nulla aveva eccepito, né in quella sede né nel corso della successiva udienza;
  • infine, il dato relativo al fatto che il provvedimento di proroga non aveva comunque superato il limite di un anno complessivo (come ricavabile dalla normativa), cosicché il decreto di confisca era stato disposto entro il termine prorogato di due anni e sei mesi dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell'amministratore giudiziario.

Orbene, gli interessati proponevano ricorso per cassazione lamentando, inter alia, il difetto di attualità della pericolosità sociale in relazione alla misura di prevenzione personale e la violazione dell'art. 24, comma 2, del d.lgs. 159/2011, quanto alla misura patrimoniale, per mancato rispetto dei termini per l'adozione del decreto di confisca.

I giudici della Sezione V della Corte di cassazione accoglievano ambedue le descritte censure, richiamando gli specifici oneri di accertamento gravanti sul giudice della prevenzione sia in materia di misure personali (non potendosi legittimare il ricorso a presunzioni di sorta) che patrimoniali.

Più specificamente riguardo a queste ultime misure, i giudici di legittimità, dopo un breve excursus sulla disciplina succedutasi in materia, precisavano che: «l'attuale normativa prevede esplicitamente che si possano prorogare i termini entro i quali deve essere adottato il provvedimento di confisca per non più di due volte, per periodi di sei mesi ciascuna (nella formulazione ante l. 161/2017) e indicando ogni volta le specifiche ragioni che giustificano il protrarsi del vincolo reale temporaneo sul bene del proposto: tale meccanismo implica l'obbligo per il giudice della prevenzione di verificare le effettive necessità del prolungamento del sequestro temporaneo dei beni dell'interessato».

La questione

La pronuncia in commento coglie l'occasione per fare chiarezza sulla temporaneità del vincolo reale derivante dal sequestro in materia di prevenzione, ribadendo la necessità di rispettare i tempi dettati dal Legislatore per l'adozione del successivo decreto di confisca e dei possibili provvedimenti di proroga, così rispondendo ad una serie di interrogativi sollevati in materia.

Per quale periodo temporale è possibile prorogare il termine previsto dall'art. 24, comma 2, d.lgs. 159/2011? Ai fini di legittimità, assume rilievo la durata della singola proroga o il limite di durata complessivo ricavabile dalla normativa?

E ancora, la proroga del termine di durata del vincolo reale provvisorio impone degli specifici oneri di accertamento in capo al giudice della prevenzione o può essere disposta sic et simpliciter? Sussiste in capo al giudicante un precipuo obbligo motivazionale?

Il criterio della ragionevole durata garantito dall'art. 111 della Costituzione trova applicazione anche nel procedimento di prevenzione?

Le soluzioni giuridiche

Esaminata la fattispecie oggetto di giudizio, la Sezione V ha chiaramente censurato le argomentazioni con cui la Corte di appello aveva disatteso la doglianza difensiva relativa al mancato rispetto dell'art. 24, comma 2, d.lgs. 159/2011, «in quanto finiscono per eludere o privare la norma che essi hanno applicato».

Secondo i giudici di legittimità, difatti, la normativa che ha trovato applicazione nel caso concreto prevede(va) esplicitamente la possibilità di prorogare i termini entro i quali deve essere adottato il provvedimento di confisca per non più di due volte, per periodi di sei mesi ciascuna, con l'obbligo di indicare di volta in volta le ragioni che hanno giustificato il protrarsi del vincolo reale temporaneo sui beni del proposto e, quindi, di verificare le effettive necessità del prolungamento del sequestro temporaneo sui beni dell'interessato.

Tale soluzione troverebbe conferma anche nell'interpretazione storica: la previgente normativa dettata dall'art. 2-ter, comma 3, l. 575/1965, in effetti, prevedeva che il decreto di confisca potesse intervenire entro il termine massimo di un anno dall'avvenuto sequestro, prorogabile una sola volta, con provvedimento motivato, per un altro anno; viceversa, quella applicata nel caso concreto ha esteso il termine ordinario per l'adozione del decreto di confisca ad un anno e sei mesi, per di più facendolo decorrere dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell'amministratore giudiziario (termine che, nella prassi, è spesso successivo rispetto a quello di esecuzione del sequestro) e ha lasciato immutato il periodo di possibile proroga massima, richiedendo però la adozione di due provvedimenti di proroga.

In tal modo, sarebbe stata controbilanciata la possibilità di una più lunga complessiva restrizione patrimoniale con la previsione di due provvedimenti di proroga, sì da imporre al giudice in entrambe le occasioni un conseguente obbligo di accertamento circa l'effettiva necessità del provvedimento adottato.

Siffatte considerazioni troverebbero ulteriore conferma nell'ultimo intervento normativo che ha interessato il codice antimafia.

Secondo i giudici della Corte di cassazione, infatti, poiché il novellato testo dell'art. 24, comma 2, del d.lgs. 159/2011 introduce un termine più breve prevedendo che il decreto di confisca perde efficacia se il tribunale non deposita il decreto che pronuncia la confisca entro un anno e sei mesi dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell'amministratore giudiziario, prorogabile una sola volta con decreto motivato, tale dato implicherebbe – ragionando a contrario – un più stringente obbligo motivazionale per le proroghe fino al diverso e più lungo termine di due anni e sei mesi, alla luce della disciplina applicata ratione temoporis al caso di specie.

A ciò deve aggiungersi, da un punto di vista sistematico, che «la necessità di verifica semestrale riguardo all'accertamento degli elementi di fatto che giustifichino la proroga dei termini per l'adozione della confisca di prevenzione ed il correlativo onere di motivazione imposto dal giudice, risultano funzionali al rispetto del canone costituzionale di garantire lo svolgimento di un procedimento di prevenzione che corrisponda anch'esso al criterio della ragionevole durata di cui all'art. 111 Costituzione (in tal senso, cfr. Cass. pen., Sez. I, 29 ottobre 2015, n. 43796), nonché «al rispetto dei diritti di proprietà e/o libera iniziativa economica riconosciuti dalla Costituzione ad ogni cittadino e, quindi, anche alla persona sottoposta alla procedura di prevenzione» (Cass. pen., Sez. I, 24 gennaio 2003, n. 10237).

Osseravzioni

La sentenza in commento consolida il principio della certezza temporale della durata del sequestro di prevenzione, chiarendo il significato ed i limiti della possibilità normativa di prorogare il termine ordinario di un anno e sei mesi previsto dall'art. 24, comma 2, del d.lgs. 159/2011.

In tal modo, risulta chiara la scansione temporale disegnata dal Legislatore:

  • il termine ordinario per l'adozione del decreto di confisca di un anno e sei mesi decorre dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell'amministratore giudiziario;
  • il citato articolo (nella formulazione anteriore all'intervento introdotto con l. 161/2017) prevede(va) la possibilità di prorogare tale termine per periodi di sei mesi ciascuno e per non più di due volte in caso di indagini complesse o per compendi patrimoniali rilevanti;
  • a fronte di tale possibilità sussiste in capo al giudice la necessità di verifica semestrale degli elementi di fatto che giustificano la proroga dei termini e un correlativo onere motivazionale, al fine di garantire lo svolgimento di un procedimento di prevenzione coerente con il principio di ragionevole durata di cui all'art. 111 della Costituzione;
  • il computo dei termini così delineati resta sospeso in presenza delle ipotesi tipizzate dalla seconda parte del secondo comma dell'art. 24 del d.lgs. 159/2011.

Deve riconoscersi, in effetti, che benché le misure patrimoniali di prevenzione siano destinate a incidere su di un bene, il patrimonio che, nella gerarchia dei valori costituzionali, gode di una più "elastica" tutela rispetto ai diritti inviolabili della persona, ciò non può certamente comportare la legittimazione di pratiche (rectius, procedure) “senza limiti”, in spregio ai principi costituzionali.

Da ciò l'intenzione legislativa – confermata dalla giurisprudenza qui in commento – di scandire temporalmente (anche) il procedimento di prevenzione, garantendo «la speditezza dello stesso in uno con le necessarie garanzie del proposto»(così, la Relazione illustrativa al codice delle leggi antimafia).

In tale quadro di riferimento il rispetto del fattore temporale, dunque, assume un valore fondamentale, tanto da essere assistito da una sanzione di inefficacia e da essere imposto sia per il giudizio di primo grado, ai sensi dell'art. 24, comma 2, che per quello di secondo grado, ex art. 27, comma 6, del d.lgs. 159/2011.

Ora, certamente non sfugge che la pronuncia della Sezione V della Corte di cassazione ha ad oggetto una fattispecie disciplinata, ratione temporis, dalla normativa precedente alla novella legislativa introdotta con l. 161/2017.

A seguito di tale ultimo intervento riformatore – in effetti –, il testo del secondo comma dell'art. 24 del d.lgs. 159/2011, pur confermando il termine ordinario di un anno e sei mesi per l'adozione del sequestro di prevenzione, prevede oggi la possibilità di una sola proroga di mesi sei, così restringendo il tempo complessivo dell'imposizione del vincolo reale sui beni del proposto fino a due anni.

Ciononostante sembra superfluo riconoscere che i principi dettati dalla Corte di legittimità sono destinati a trovare ragionevole applicazione anche alla luce della normativa vigente, che, nel restringere il periodo temporale di proroga, ribadisce comunque l'obbligo per il tribunale di provvedere con decreto motivato, confermando, altresì, la previsione della sanzione dell'inefficacia.

Stante la perentorietà della scansione temporale, dunque, certamente permane in capo al giudice della prevenzione l'onere di accertamento degli elementi di fatto che giustificano la proroga dei termini per l'adozione della confisca ed il consequenziale onere motivazionale (che sarà la prassi a definire in termini più o meno stringenti rispetto ai casi precedenti di duplice proroga semestrale).

Guida all'approfondimento

BALSAMO – MALTESE, Il codice antimafia, Giuffré, 2011.

GRILLO, Durata massima del sequestro di prevenzione e provvedimento di confisca dopo il D.lgs. n. 159 del 2011, su Diritto Penale Contemporaneo, 2 aprile 2012.

CISTERNA – DE SIMONE – FRATTASI – GAMBACURTA, Codice antimafia, II ed., 2013, pp. 72 ss..

MAIELLO (a cura di), La legislazione penale in materia di criminalità organizzata, misure di prevenzione ed armi, Torino, 2015, pp. 552 ss.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario