L’imprenditore fallito non può impugnare gli avvisi di accertamento

La Redazione
04 Aprile 2018

In tema di accertamenti tributari nei confronti di un imprenditore fallito, la legittimazione processuale spetta esclusivamente al curatore: se questi decide di non promuovere una controversia, il fallito non può agire in via diretta per la tutela dei propri diritti. Ad affermarlo è la Cassazione, nell'ordinanza n. 8132 del 3 aprile.

In tema di accertamenti tributari nei confronti di un imprenditore fallito, la legittimazione processuale spetta esclusivamente al curatore: se questi decide di non promuovere una controversia, il fallito non può agire in via diretta per la tutela dei propri diritti. Ad affermarlo è la Cassazione, nell'ordinanza n. 8132 del 3 aprile.

Il caso. L'Agenzia delle Entrate emetteva avvisi di accertamento per mancato versamento di contributi fiscali nei confronti di una società fallita. Il legale rappresentante proponeva ricorso, accolto dalla CTP di Milano, e la CTR respingeva l'appello proposto dall'Amministrazione finanziaria, la quale si rivolgeva quindi in Cassazione.

Con un motivo di ricorso viene denunciata violazione e falsa applicazione dell'art. 43 l. fall.: la CTR avrebbe infatti omesso di rilevare il difetto di legittimazione attiva dell'imprenditore fallito ad impugnare gli atti impositivi.

Fallimento e legittimazione processuale del curatore. La S.C. accoglie il ricorso ribadendo il principio, pacifico, per cui la dichiarazione di fallimento, pur non sottraendo al fallito la titolarità dei rapporti patrimoniali compresi nel fallimento, comporta, ex art. 43 l. fall., la perdita della sua capacità di stare in giudizio nelle relative controversie. La legittimazione processuale spetta, infatti, al curatore e solo in caso di sua inerzia, il fallito conserva, in via eccezionale, la legittimazione ad agire a tutela dei propri diritti patrimoniali (così, da ultimo: Cass. n. 13814/2016).

L'inerzia del curatore e la legittimazione attiva del fallito. Occorre, però, che l'inerzia del curatore derivi da un completo disinteresse degli organi fallimentari, e non sia invece una conseguenza di una precisa scelta, di una valutazione negativa circa la convenienza della controversia.

Nel caso di specie è emerso proprio questo, che cioè il curatore si fosse espresso negativamente rispetto all'utilità per la massa dei creditori di promuovere la lite fiscale oggetto della controversia. Non sussiste, pertanto, la legittimazione del legale rappresentante della società contribuente fallita ad impugnare gli avvisi di accertamento.

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