Archiviazione del procedimento per tenuità del fatto e iscrizione nel casellario giudiziale: un pericoloso “corto circuito”

Enrico Campoli
04 Aprile 2018

Nell'introdurre nel nostro ordinamento, con il decreto legislativo 28/2015, la speciale causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) il Legislatore non solo ha provveduto a modellarne l'intervento nelle diverse fasi del giudizio in cui essa può essere applicata – artt. 411, comma 1-bis, e 469 c.p.p. – ma ha anche parallelamente novellato le norme in materia di casellario giudiziario (d.P.R. 313/2002).
Massima

La definizione del procedimento con l'archiviazione per particolare tenuità del fatto (art. 411, comma 1-bis, c.p.p.) non rientra tra i provvedimenti che vanno iscritti al casellario giudiziale in quanto essendo sempre soggetto alla possibilità di riapertura delle indagini non può ritenersi definitivo, qualità che, invece, l'art. 3, comma 1, lett. f) del d.P.R. 313 del 2002 richiede per procedere alla stessa.

Il caso

Il giudice per le indagini preliminari archivia il procedimento accogliendo la richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto formulata dall'ufficio del pubblico ministero contestualmente rigettando l'opposizione proposta dall'indagato.

Propone ricorso per cassazione la difesa lamentando che il giudice per le indagini preliminari nel motivare il proprio provvedimento ha dato luogo ad affermazioni inerenti la colpevolezza dell'indagato, circostanza che penalizza fortemente quest'ultimo in quanto l'anticipazione di tale giudizio alla fase delle indagini preliminari comporta le medesime conseguenze connesse ad una sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto in quanto come essa andrebbe iscritta al casellario giudiziale.

La questione

Nell'introdurre nel nostro ordinamento, con il decreto legislativo 28/2015, la speciale causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) il Legislatore non solo ha provveduto a modellarne l'intervento nelle diverse fasi del giudizio in cui essa può essere applicata – artt. 411, comma 1-bis, e 469 c.p.p. – ma ha anche parallelamente novellato le norme in materia di casellario giudiziario (d.P.R. 313/2002).

Per quanto riguarda quest'ultimo, che ha abrogato la disciplina codicistica di cui agli artt. 686 - 690 c.p.p. per regolamentarla autonomamente, l'art. 2 dello stesso definisce alle lettere f) e g), rispettivamente i provvedimenti giudiziari e, in particolare, «la sentenza, il decreto penale e ogni altro provvedimento emesso dall'autorità giudiziaria», e i provvedimenti giudiziari definitivi, quest'ultimi da intendersi quelli divenuti irrevocabili, passati in giudicato o «comunque non più soggetti ad impugnazione con strumenti diversi dalla revocazione».

Ebbene, l'intervento riformatore adottato dal decreto legislativo 28/2015 nel modellare l'applicazione della causa di estinzione della particolare tenuità del fatto alla materia dell'iscrizione al casellario giudiziario, ha modificato l'art. 3, comma 1, lett. f) del d.P.R. 313/2002 stabilendo che «si iscrivono per estratto» unitamente ai provvedimenti giudiziari definitivi che hanno prosciolto l'imputato o dichiarato non luogo a procedere per difetto di imputabilità o disposto una misura di sicurezza anche «quelli che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell'articolo 131-bis del codice penale» (così, art. 4 del d.lgs. 28/2015).

Dall'interpretazione che si dà delle suddette norme discende l'iscrivibilità o meno del provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto nel casellario giudiziario, momento procedurale quest'ultimo non di poco conto attese le gravi conseguenze pratiche che ne possono discendere.

Se, difatti, da un lato, il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto non ha alcuna efficacia «nel giudizio civile o amministrativo di danno», attesa la portata tassativamente limitata dell'art. 651-bis c.p.p., è evidente, dall'altro, che la sua non iscrizione al casellario giudiziario ne limita fortemente l'applicabilità non essendovi alcuna garanzia sulla successiva valutazione in tema di abitualità della condotta.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di legittimità, con la sentenza in commento, hanno affermato i seguenti principi di diritto:

  • l'art. 2, comma 1, del d.P.R. 313 del 2002, nell'elenco delle definizioni contrappone con la lett. f) il provvedimento giudiziario al provvedimento giudiziario non definitivo di cui alla lett. g);
  • l'art. 3, comma 1, lett. f), del d.P.R. 313 del 2002, come modificato nel 2015, si riferisce ai provvedimenti giudiziari definitivi, ivi compresi quelli che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell'art. 131-bis del codice penale;
  • il provvedimento di archiviazione – anche quello per particolare tenuità del fatto – sempre soggetto alla possibilità della riapertura delle indagini ex art. 414 c.p.p., su richiesta del pubblico ministero motivata dalla necessità di nuove investigazioni, non può ritenersi definitivo e non può, quindi, essere oggetto di iscrizione al casellario giudiziale.
Osservazioni

Con la decisione oggetto del commento i giudici di legittimità hanno, con perentorietà, affermato che il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto non va iscritto nel casellario giudiziario, attesa la sua natura provvisoria.

Il ragionamento dei giudici di legittimità è di tipo formalistico in quanto partendo dalla differenza tra provvedimenti giudiziari e provvedimenti giudiziari non definitivi, dettata dall'art. 2 del d.P.R. 313/2002, ne conseguirebbe che la novella dell'art. 3, comma 1, lett. f) dello stesso decreto – introdotta dall'art. 4 del d.lgs. 28/2015 – non può che riguardare quest'ultimi e non essendo il provvedimento di archiviazione tale, in quanto sempre soggetto a riapertura delle indagini ex art. 414 c.p.p., lo stesso ne va escluso (così, anche, Cass. pen., Sez. III, n. 30685/2017).

Diretto corollario di tale impostazione, non contemplato dalla decisione in esame, è che, per le medesime ragioni, anche le sentenze di non luogo a procedere, adottate ex art. 425 c.p.p. in sede d'udienza preliminare, laddove applicano la non punibilità ex art. 131-bis c.p. – attesa la loro possibile revocabilità ex artt. 434 e ss. c.p.p. – non vanno iscritte nel casellario giudiziale.

Non v'è dubbio che l'applicazione della estinzione del procedimento per particolare tenuità del fatto nella fase delle indagini preliminari costituisce un ibrido nella corretta dinamica processuale atteso che esso, pur destinato ad affermare un colpevolezza del soggetto rispetto al fatto contestatogli, va ad innestarsi prima dell'esercizio dell'azione penale, anzi in alternativa a esso, con tutto quello che questo comporta sotto il profilo di una non piena esplicazione del diritto di difesa.

Fermo restando tale puntualizzazione, la decisione nomofilattica non convince appieno sia per il percorso interpretativo scelto e sia per le conseguenze che l'impostazione formalistica dello stesso finisce per comportare laddove, invece, una lettura sistemica pare declinare meglio la ratio degli istituti coinvolti.

Come sopra già detto, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. f) del d.P.R. 313/2002, novellato dal d.lgs. 28/2015, vanno iscritti per estratto nel casellario giudiziale: «[…] f) i provvedimenti giudiziari definitivi che hanno prosciolto l'imputato o dichiarato non luogo a procedere per difetto di imputabilità, o disposto una misura di sicurezza, nonché quelli che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell'articolo 131-bis del codice penale».

Le ragioni a sostegno dell'opzione ermeneutica favorevole all'iscrizione al casellario giudiziale anche del provvedimento di archivazione adottato ex art. 411, comma 1-bis, c.p.p. riposano, anzitutto, nella ratio dell'innovazione legislativa, tesa a mantenere traccia di un provvedimento favorevole (non punibilità) emesso non già per l'insussistenza di elementi di colpevolezza bensì per la tenuità dei fatti: e siccome la tenuità è esclusa dall'abitualità della condotta è necessario che ogni successiva valutazione del giudice possa intervenire a ragion veduta, scandagliando la storia giudiziaria dell'indagato al fine di escludere sintomi di abitualità/recidivanza per fatti che di per sé tenui, perderebbero, ope legis, tale caratteristica (art. 131-bis, comma 4, c.p. «la punibilità è esclusa quando […] il comportamento risulta non abituale»).

Uno dei parametri di valutazione per la concessione della particolare tenuità del fatto è che il comportamento posto in essere, pur configurato come penalmente rilevante, venga considerato episodico e avulso da caratterizzazioni recidivanti: difatti, sia, come visto, dal comma 1 («la punibilità è esclusa quando […] il comportamento risulta non abituale»), che dal comma 4 dell'art. 131-bis c.p. («il comportamento è abituale nel caso in cui l'autore è […] abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate»), è dato evincere la fondamentale importanza, ai fini della concessione della causa di non punibilità, che l'autorità giudiziaria sia posta nelle condizioni di potere ottenere uno spaccato completo dell'agire del soggetto in quanto la sussistenza della condizione di recidiva – sia pure in relazione ad episodi atomisticamente valutabili come di particolare tenuità –venga sostanzialmente presa in considerazione e funga da causa impeditiva di un agire reiteratamente illecito.

Svincolare l'archiviazione del procedimento per particolare tenuità del fatto – di cui l'indagato viene preventivamente posto a conoscenza a mezzo di apposita procedura garantita tanto da potervisi opporre –, dalla successiva iscrizione al casellario giudiziale legittimerebbe ulteriori condotte illecite da parte del soggetto reo avendo egli la certezza che delle stesse non venga conservata “memoria” a mezzo dell'apposita iscrizione al casellario giudiziale.

Tale lettura, del resto, ove anche si voglia ritenere che il Legislatore sia incorso in una dimenticanza, appare costituzionalmente orientata sia perché posta a tutela delle persone offese – che hanno diritto ad essere messe a conoscenza ai fini della formulazione dell'apposita opposizione – e sia in quanto impeditiva di ogni differenziazione di trattamento in forza del mero fatto che essa non discenda dall'esercizio (o meno) dell'azione penale da parte dell'ufficio del pubblico ministero: se in capo a quest'ultimo risiede la potestà punitiva dello Stato a maggior ragione non può la stessa non essere rispettosa dei canoni previsti dalla legge in tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

In alcun modo può ritenersi decisivo, in senso contrario, obiettare che il citato art. 3, comma 1, lett. f) fa riferimento ai provvedimenti giudiziari definitivi, tra i quali non potrebbe ricomprendersi il decreto di archiviazione, la cui natura, precaria, non avrebbe attitudine a passare in giudicato, a fronte dell'eventuale riapertura delle indagini: dal punto di vista sintattico/letterale l'aggiunta operata dal Legislatore (nonché quelli …) fa dubitare di ciò, poiché tale proposizione, legata alla precedente dalla congiunzione nonché, crea un distinguo fra i provvedimenti giudiziari richiamati nel primo periodo e i successivi, permettendo di sostenere che con l'espressione «quelli che hanno dichiarato la non punibilità» il Legislatore non abbia richiesto anche il carattere della “definitività”.

Ciò trova conferma in quanto disposto dal novellato art. 5 lett. d-bis), in tema di eliminazione delle iscrizioni, laddove si fa riferimento ai «provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell'articolo 131-bis del codicepenale, trascorsi dieci anni dalla pronuncia»: per quest'ultimi, significativamente, non v'è alcun riferimento alla definitività e ciò a differenza di quanto sancito nella precedente lettera c), relativamente ai provvedimenti di proscioglimento o di non luogo a procedere, per i quali è previsto che il dies a quo del termine decennale per l'eliminazione decorre «dal giorno in cui il provvedimento è divenuto irrevocabile o, nel caso di non luogo a procedere, dal giorno in cui è scaduto il termine per l'impugnazione»: è di tutta evidenza che tale specificazione è del tutto assente per i provvedimenti che hanno dichiarato la non punibilità, atteso che per essi il termine decennale trova decorrenza dalla data della pronuncia, prescindendo da ogni caratterizzazione in senso di definitività della stessa.

Ulteriore conferma sistematica di tale lettura emerge dall'art. 3, lett. i-bis) del d.lgs. cit., il quale prescrive l'iscrizione nel casellario dell'«ordinanza che ai sensi dell'articolo 464-quater del codice di procedura penale dispone la sospensione del procedimento con messa alla prova», provvedimento quest'ultimo che senza alcun dubbio rientra tra quelli non definitivi.

Guida all'approfondimento

Addante, Archiviazione per particolare tenuità del fatto, in Archivio Penale, n. 2/2017

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