Codice Civile art. 57 - Prova della morte dell'assente.Prova della morte dell'assente. [I]. Se durante il possesso temporaneo è provata la morte dell'assente, la successione si apre a vantaggio di coloro che al momento della morte erano suoi eredi o legatari [456]. [II]. Si applica anche in questo caso la disposizione del secondo comma dell'articolo precedente. InquadramentoSecondo quanto previsto dall'art. 56 c.c., la situazione di assenza, che più volte abbiamo definito «transitoria», è destinata appunto a cessare nel caso in cui l'assente faccia ritorno. Essa è destinata a venir meno – a stabilizzarsi – anche nel caso in cui sia provata la morte dell'assente, secondo quanto prescritto dalla norma in commento. Nel qual caso, si determina l'apertura della successione in favore degli eredi e legatari dell'assente, sui beni di lui. Con la prova della morte dell'assente, nella sua precisa consistenza temporale (la data della c.d. «morte naturale»), si apre, in favore degli eredi e legatari del defunto, la successione (legittima o testamentaria). E' stato sostenuto in dottrina che il momento della morte accertata rileverà ai fini dell'apertura della successione, mentre per altri effetti, quali la decorrenza del termine per l'accettazione dell'eredità (art. 480) e quello per chiedere la separazione dei beni (art. 516), sarà rilevante il momento della notizia della morte (in questi termini si esprime (Palazzo, 476). Per opinione consolidata, l'apertura della successione va fatta risalire al momento dell'accertamento della morte «naturale», pertanto gli effetti dell'apertura della successione retroagiscano al momento della morte effettiva del de cuius (Romagnoli, 310); ma per tutti gli altri effetti, quali ad es. il decorso del termine per accettare l'eredità, si deve prendere in considerazione il momento dell'acquisizione della notizia del decesso del presunto assente (Giorgianni, 51; Romagnoli, 310). Il che ovviamente si spiega con il fatto che il momento in cui ha certezza della morte del presunto assente è l'unico effettivamente rilevante nel caso di specie, poiché soltanto a partire da questa scansione temporale è possibile, da parte degli interessati, far valere le azioni che competono loro. La norma in commento richiama, a tal fine, l'art. 56, comma 2, che pone in capo ai possessori temporanei dei beni dell'assente l'obbligo di restituirli agli eredi. Ovviamente ciò vale solo per l'ipotesi in cui la successione sia aperta in favore di chiamati diversi dagli immessi, ai quali questi ultimi debbono restituire i beni nella loro disponibilità a partire dal momento della loro costituzione in mora, che può essere fatta valere anche dal chiamato (Santarcangelo, 119). Al contrario, nel caso in cui chiamati alla successione siano i soggetti che, al momento della chiamata, risultino già immessi nel possesso dei relativi beni, non può dirsi che per essi l'eredità venga acquisita automaticamente, essendo pur sempre necessaria una loro accettazione o rinuncia (Santarcangelo, 120, trattasi quindi di chiamato nel possesso dei beni ereditari – ma non ancora eredi – per i quali può discutersi se il possesso continuato a seguito della delazione vale accettazione tacita ex art. 476 c.c.; per Romagnoli, 311, troveranno comunque applicazione le regole previste in tema di possesso in buona fede e di erede apparente). Peraltro, la redazione dell'inventario ai fini dell'immissione non può comportare automaticamente accettazione beneficiata dell'eredità, poiché la finalità dell'inventario ex art. 484 c.c., sottoposta a rigide prescrizioni di forma, è ben diversa da quella qui presa in esame (Giorgianni, 46); pertanto, gli immessi potranno alternativamente o accettare, puramente e semplicemente, l'eredità loro offerta, ovvero, qualora intendano accettare con il beneficio dell'inventario, dovranno necessariamente redigere un nuovo inventario (Romagnoli, 310). In questo senso si pronuncia la dottrina assolutamente maggioritaria, che rileva non solo la diversa finalità dell'inventario dei beni dell'assente da quella dell'inventario dei beni del de cuius, ma anche l'esigenza di registrare eventuali variazioni nel patrimonio nell'arco temporale che intercorre tra la formazione dell'inventario dei beni dell'assente e la notizia della morte, ricollegabili ad atti o fatti anteriori al momento dell'apertura della successione, con la conseguenza che all'erede devono accordarsi i termini di cui agli artt. 485 e 487 c.c. (Palazzo, 476). BibliografiaBarillaro, Della dichiarazione di morte presunta, in Comm. S.B., Libro I, Delle persone e della famiglia, Bologna-Roma, 1970, 320; Bianca, Diritto Civile, I, Milano, 1978; Callegari, voce Assenza (diritto civile), in Nov. dig. it., I, 2, Torino, 1958, 1121; Carresi, La dichiarazione di morte presunta, in Riv. dir. civ. 1968; Castellani, Assenza, scomparsa e morte presunta, in Riv. dir. civ. II, 1997, 761; Giardina, Le persone fisiche, in Dir. civ.scial, I, 1, Milano, 2009; Giorgianni, La dichiarazione di morte presunta, Milano, 1943; Mazzoni - Piccinni, La persona fisica, in Tr. I.Z., Milano, 2016; Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, I, Milano, 1957; Palazzo, voce Assenza, in Dig. disc. priv., sez. civ., I, Torino, 1987, 468; Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1978; Rescigno, voce Morte, in Dig. disc. priv., sez. civ., XI, Torino, 1994, 458; Rescigno, La successione a titolo universale e particolare, in Riv. not. 1992, 6; Romagnoli, Dell’assenza, in Comm. S.B., Libro I. Delle persone e della famiglia, Bologna-Roma, 1970, 214; Romagnoli, voce Assenza (dir. civ.), in Enc. dir., III, Milano, 1958, 409; Santoro Passarelli, Dichiarazione di morte presunta, in Riv. dir. civ. 1941, 82; Santoro Sgroi, voce Morte (dir. civ.), in Enc. dir., XXVII, Milano, 1977, 103; Sgroi, voce Morte presunta (dir. civ.), in Enc. dir., XXVII, Milano, 1977, 111. |