Codice Civile art. 412 - Atti compiuti dal beneficiario o dall'amministratore di sostegno in violazione di norme di legge o delle disposizioni del giudice (1).

Roberto Masoni
aggiornato da Francesco Maria Bartolini

Atti compiuti dal beneficiario o dall'amministratore di sostegno in violazione di norme di legge o delle disposizioni del giudice (1).

[I]. Gli atti compiuti dall'amministratore di sostegno in violazione di disposizioni di legge, od in eccesso rispetto all'oggetto dell'incarico o ai poteri conferitigli dal giudice, possono essere annullati su istanza dell'amministratore di sostegno, del pubblico ministero, del beneficiario o dei suoi eredi ed aventi causa.

[II]. Possono essere parimenti annullati su istanza dell'amministratore di sostegno, del beneficiario, o dei suoi eredi ed aventi causa, gli atti compiuti personalmente dal beneficiario in violazione delle disposizioni di legge o di quelle contenute nel decreto che istituisce l'amministrazione di sostegno.

[III]. Le azioni relative si prescrivono nel termine di cinque anni. Il termine decorre dal momento in cui è cessato lo stato di sottoposizione all'amministrazione di sostegno.

(1) Articolo inserito dall'art. 3, comma 1, l. 9 gennaio 2004, n. 6, che ha inserito l'intero Capo in testa al titolo XII. Questo articolo, fino all'abrogazione ex art. 77 l. 4 maggio 1983, n. 184 era parte del titolo XI.

Inquadramento

Il beneficiario di amministrazione di sostegno per questa sua condizione non può considerarsi un « incapace». Tuttavia, proprio a causa di questa condizione personale , l ' ordinamento ha fissato un presidio di tutela giuridica in funzione, appunto, protettiva, che si estende agli atti compiuti dal beneficiario e dall' amministratore di sostegno in violazione di legge o delle prescrizioni contenute nel  decreto pronunziato a norma dell' art. 405 c.c.

A questo riguardo, il legislatore, nel solco della tradizione, ha dettato un regime di annullabilità di protezione (art. 1425 c.c.).

In particolare, la norma in commento disciplina la materia dell' invalidità degli atti compiuti dall' amministratore di sostegno e dal beneficiario disponendo che gli atti compiuti dal primo, in violazione di disposizioni di legge o in eccesso rispetto all' incarico o ai poteri conferiti dal giudice, possono essere annullati ad istanza dell' amministratore di sostegno, del beneficiario o dei suoi eredi ed aventi causa.

Procedendo all' interpretazione della prima parte del disposto, va anzitutto individuato in quali ipotesi l' amministratore di sostegno incorra in « violazioni di legge», in relazione ad atti da lui compiuti.

Tale accezione lessicale, unanimemente criticata, attesa la «preoccupante ampiezza della formula» (Bonilini, 468), al punto che la dottrina ha proposto un'operazione di contenimento interpretativo nell'ottica di «scongiurare l'indiscriminata dilatazione del rimedio dell'annullabilità» (Roma, 536), ha suscitato perplessità nell'individuazione del suo spettro applicativo.

La soluzione generalmente condivisa circoscrive il richiamo alla violazione di legge riguardante la protezione del beneficiario, ovvero alla violazione delle regole procedimentali per il compimento di atti da parte dell' amministratore di sostegno, con riferimento al regime delle autorizzazioni ex artt. 374, 375 e 376 c.c. (disposizioni richiamate dall' art. 411 c.c.) (Bonilini, 468-469; Roma , 536).

Si precisa altresì che anche la violazione del divieto di acquisto da parte dell' amministratore di sostegno di beni dell' amministrato renderebbe l' atto annullabile ex art. 378 e 412 c.c. (Roma, 538).

Data l ' indeterminatezza della formula normativa è stato altresì sostenuto che sia annullabile l' atto dell' amministratore di sostegno che abbia violato il dovere impostogli dall' art. 410 c.c., di tenere conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario (Campese, 357).

L' art. 377 c.c. (pure richiamato dall' art. 411) rende annullabili gli atti « compiuti senza osservare le norme dei precedenti articoli», una formula dotata di maggiore concretezza e specificità .

Tuttavia, se la prima disposizione normativa viene richiamata dall' art. 411 tra quelle applicabili all' amministrazione di sostegno, è stato evidenziato che l' art. 412 c.c. ne rappresenti, in realtà , una « inutile duplicazione della portata precettiva», dato che la sanzione di annullabilità sarebbe già disposta dall' art. 377 (Roma, 537).

Gli atti posti in essere dal beneficiario

Dispone il comma 2 della norma: «possono essere parimenti annullati su istanza dell'amministratore di sostegno, del beneficiario, o dei suoi eredi ed aventi causa, gli atti compiuti personalmente dal beneficiario in violazione delle disposizioni di legge o di quelle contenute nel decreto che istituisce l'amministrazione di sostegno».

Appare oscuro il riferimento all'annullabilità degli atti posti in essere dal beneficiario in violazione di «disposizioni di legge». Di più agevole significato è invece il riferimento alla violazione delle disposizioni giudiziali «contenute nel decreto» di nomina.

In tal caso, data la trasparenza del lessico legislativo, sembra corretto riferirsi, nel caso di amministrazione sostitutiva agli atti ricadenti nell'alveo dell'incapacità (Trib. Varese 4 febbraio 2012, in Giur. merito, 2013, 40, con nota di Masoni) e in caso di amministrazione di assistenza agli atti che il beneficiario può compiere solo col consenso dell'amministratore ovvero ha compiuto in difetto delle prescritte autorizzazioni (Bonilini, 472-473; Campese, 356).

Atti compiuti «in eccesso» o in difetto di poteri rispetto all'oggetto dell'incarico o ai poteri conferiti dal giudice

In forza della norma in commento, sono annullabili gli atti compiuti dall'amministratore di sostegno laddove «eccedenti rispetto all'oggetto dell'incarico o ai poteri conferiti dal giudice».

La valutazione di annullabilità di tali atti va effettuata tenendo conto del tenore del decreto di nomina il quale, ai sensi dell' art. 405, comma 5, n. 3 e 4, c.c., deve indicare l' oggetto dell' incarico e gli atti che l ' amministratore ha il potere di compiere, in nome e per conto del beneficiario, ovvero in assistenza al medesimo.

Nonostante la chiarezza del dato positivo, sin dall' entrata in vigore della legge n. 6/2004, la dottrina ha fornito una lettura correttiva del tenore lessicale del disposto normativo, ritenendo in particolare che la situazione di abuso del potere rappresentativo conferito dal giudice all' amministratore di sostegno si presenti in realtà variegata. Si è così proposto di tenere distinte due situazioni caratterizzate, alla stregua dei principi generali, da differente regime giuridico.

Da un canto, si è affermato che gli atti posti in essere dall'amministratore di sostegno in carenza di poteri rappresentativi rispetto al beneficiario, del tutto esuberanti dall'incarico ricevuto, in forza dell'art. 1398 c.c. sarebbero del tutto inefficaci; dall'altro, che gli atti, considerati espressamente dal disposto in esame, posti in essere «in eccesso rispetto all'oggetto dell'incarico o ai poteri» conferiti, sarebbero soggetti ad annullamento e pertanto allo stato efficaci, salvo convalida (Bonilini, 473; Roma, 542; Farolfi, 226).

Convalida

Nell' ipotesi di contratto invalido, i principi generali ammettono la «convalida» da parte di «colui al quale spetta l'azione di annullamento», sempre che chi la esegue sia in «condizioni di conchiudere validamente il contratto» (art. 1444 c.c.).

Di conseguenza, in termini generali (Campese, 362), si ritiene applicabile in materia la disciplina dettata in tema di «ratifica» dell'atto inefficace, da parte del beneficiario.

La ratifica è un negozio giuridico, unilaterale e recettizio, con effetti retroattivi, che diviene efficace dal momento dell'acquisita conoscenza da parte del terzo contraente.

Essa consente — mediante fattispecie soggettivamente complessa ed a formazione progressiva – di integrare il difetto di legittimazione negoziale originario e permette, al dominus che realizza la ratifica, di fare propri gli effetti del contratto stipulato dal falsus procurator (Cass. n. 4601/1983).

La capacità di ratifica da parte del beneficiario suppone la sua capacità di discernimento riguardo al significato dell' atto che egli deve compiere, come pure dei suoi effetti giuridici. In tal caso, se l ' atto invalido rientra nel novero di quelli elencati negli artt. 374 e 375 c.c., è richiesta la giudiziale autorizzazione ed in tal caso non sarebbe ammessa ratifica tacita, ma solo quella espressa prevista dal primo comma dell' art. 1444 c.c.

In difetto di capacità di agire in capo al beneficiario, per procedere a convalida sarebbe invece necessario attendere il riacquisto della sua piena capacità di agire (Roma, 553).

L'amministratore di sostegno può ratificare l'atto invalido con l'autorizzazione del giudice (Masoni, 543).

Azione di annullamento: legittimazione attiva

Sono legittimati attivi ad esercitare l'azione di annullamento per gli atti compiuti dall'amministratore di sostegno, l'amministratore di sostegno medesimo, il Pubblico Ministero ed il beneficiario o i suoi eredi ed aventi causa (art. 412, comma 1, c.c.); mentre, con riguardo all'annullamento degli atti compiuti dal beneficiario, non è prevista la legittimazione attiva in capo al P.M (art. 412, comma 2, c.c.).

La legittimazione attiva del P.M. (prevista testualmente solo per le invalidità ex primo comma) rappresenta una significativa novità normativa, rispetto alla previsione affidata all'art. 377 c.c., in materia di annullabilità degli atti compiuti dal tutore, che non prevede analoga legittimazione (Campese, 357, nota 87).

Per ciò che concerne, invece, la legittimazione attiva del beneficiario, essa riflette il principio generale più volte menzionato, ovvero, quello del mantenimento della sua capacità generale di agire (art. 409, comma 1, c.c.), salvo che per le limitazioni contenute nel decreto di nomina (Farolfi 2014, 225).

Nell'ipotesi in cui il beneficiario non risulti dotato di capacità di agire per gli atti da impugnare, per l'instaurazione del giudizio di annullamento potrebbe invece agire l'amministratore di sostegno, previamente autorizzato dal g.t. ex art. 374, n. 5, c.c. (Bonilini, 479).

Per l'annullamento degli atti compiuti dall'amministratore di sostegno o dal beneficiario, in difetto di indicazioni normative al riguardo, deve ritenersi necessaria l'instaurazione di un processo ordinario di cognizione avanti al giudice competente per valore (tribunale o giudice di pace).

Prescrizione

Con riferimento al regime di prescrizione dell' azione, l ' ultimo comma dell' art. 412 c.c. dispone: « le azioni relative si prescrivono nel termine di cinque anni. Il termine decorre dal momento in cui è cessato lo stato di sottoposizione all' amministrazione di sostegno» .

La disposizione speciale, in termini analoghi, ribadisce il principio, dettato in termini generali per l'azione di annullamento, di cui all' art. 1442, comma 2, c.c., in forza del quale – onde fornire maggiore protezione al soggetto nel cui interesse l ' azione viene esercitata – la decorrenza del termine quinquennale si ha da quando è cessato lo stato di interdizione o di inabilitazione, da quando il minore ha raggiunto la maggiore et à , ovvero da quando è stato scoperto il dolo, l' errore o è cessata la violenza.

Si rileva, invece, la differenza tra l' art. 412, ultimo comma, c.c. in tema di prescrizione, rispetto all' azione esperibile a tutela dell' incapace naturale (art. 428 c.c.); l'ultima previsione codicistica prevede la annullabilità dell' atto compiuto in stato di incapacità naturale con decorrenza della prescrizione dal giorno in cui « l' atto o il contratto è stato compiuto» .

Nel caso di amministrazione di sostegno la disciplina normativa è ispirata ad un particolare favore per la tutela del beneficiario (Campese, 360; Roma, 551).

Nonostante la persona sottoposta ad amministrazione di sostegno sia a tutti gli effetti capace di agire, o, al più, «quasi capace», il legislatore ha confezionato un regime di decorrenza della prescrizione corrispondente a quello dettato dall'art. 1442, comma 2, c.c. per gli incapaci legali (Bonilini, 480-481).

La norma speciale dispone che la prescrizione riprende a decorrere da quando la misura protettiva è cessata, ovvero a seguito di decreto di revoca della misura per sopravvenuta assenza di presupposti.

Nel caso in cui intervenga il passaggio dall'amministrazione di sostegno ai regimi di inabilitazione o interdizione, si ritiene che il dies a quo della prescrizione, secondo l'ottica più favorevole per il soggetto debole, decorra, ai sensi dell'art. 1442, 2° comma, c.c., da quando tale stato di incapacità legale di agire cessa (Bonilini, 481 Campese, 360; Roma, 552; Masoni, 544).

La scelta compiuta dal legislatore si pone nell'ottica di privilegiare l'interesse del beneficiario rispetto all'esigenza volta a garantire la sicurezza dei traffici giuridici e quindi dei terzi che con lui hanno contratto. Una soluzione normativa consentanea ai principi generali (art. 1442, 2° comma, c.c.) dettati in tema di tutela degli incapaci giudiziali.

Da ultimo, l'eccezione di annullamento del contratto è imprescrittibile, ai sensi dell'art. 1442, ultimo comma, c.c.

Effetti dell'annullamento nei confronti di terzi

Con riferimento agli effetti dell' azione di annullamento fra le parti del contratto, l' art. 1445 c.c. dispone che l' annullamento che non dipende da incapacità legale non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di annullamento.

La dottrina ha affermato che l' annullabilità del contratto concluso da un contraente sottoposto ad amministrazione di sostegno produrrebbe i suoi effetti anche in pregiudizio dei diritti acquisiti dai terzi, ancorché in buona fede ed a titolo oneroso, in applicazione di una regola valevole a tutela degli incapaci legali. Ciò si giustificherebbe in considerazione della possibilità per il terzo di venire informato dello stato di incapacità legale grazie all' annotazione nel registro dello stato civile ed in quello tenuto presso la cancelleria dell' ufficio tutelare (Campese , 362).

Altra elaborazione ritiene invece applicabile un regime giuridico diversificato, tenuto conto che il beneficiario non è tecnicamente un incapace legale.

Si ragiona in questi termini.

Se l ' atto è stato posto in essere dalla persona in modo autonomo, nell' alveo della piena capacità di agire , l' art. 1445 c.c. sarebbe applicabile nella sua interezza, cosicché l' atto annullabile non potrebbe pregiudicare i diritti acquistati dai terzi di buona fede.

Laddove l ' atto annullabile fosse stato posto in essere per le materie per le quali è prevista rappresentanza necessaria o assistenza, dato che il beneficiario ex art. 409 c.c. non conserva capacità di agire per tali atti, i diritti dei terzi non potrebbero essere fatti salvi e verrebbero travolti dall' annullamento del negozio (Bonilini , 483).  

Bibliografia

Bonilini, in Bonilini, Tommaseo, Dell'amministrazione di sostegno, Milano, 2008; Campese, Il giudice tutelare e la protezione dei soggetti deboli, Milano, 2008; Farolfi, Amministrazione di sostegno, Milano, 2014; Masoni, Il giudice tutelare, Milano, 2018; Roma, in Amministrazione di sostegno, interdizione, inabilitazione, a cura di Salito, Matera, Padova, 2013.

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