Codice Civile art. 406 - Soggetti (1).

Roberto Masoni
aggiornato da Francesco Maria Bartolini

Soggetti (1).

[I]. Il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno può essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato, ovvero da uno dei soggetti indicati nell'articolo 417.

[II]. Se il ricorso concerne persona interdetta o inabilitata il medesimo è presentato congiuntamente all'istanza di revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione davanti al giudice competente per quest'ultima.

[III]. I responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l'apertura del procedimento di amministrazione di sostegno, sono tenuti a proporre al giudice tutelare il ricorso di cui all'articolo 407 o a fornirne comunque notizia al pubblico ministero.

(1) Articolo inserito dall'art. 3, comma 1, l. 9 gennaio 2004, n. 6, che ha inserito l'intero Capo in testa al titolo XII. Questo articolo, fino all'abrogazione ex art. 77 l. 4 maggio 1983, n. 184 era parte del titolo XI.

Inquadramento

La norma dispone che: «il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno può essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato, ovvero da uno dei soggetti indicati nell'articolo 417. Se il ricorso concerne persona interdetta o inabilitata il medesimo è presentato congiuntamente all'istanza di revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione davanti al giudice competente per quest'ultima. I responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l'apertura del procedimento di amministrazione di sostegno, sono tenuti a proporre al giudice tutelare il ricorso di cui all'articolo 407 o a fornirne comunque notizia al pubblico ministero».

Gli artt. 406 e 417 c.c. (entrambi innovati dalla legge n. 6/2004) elencano i soggetti che possono proporre ricorso per la nomina di un amministratore di sostegno .

La prima disposizione introduce, innovativamente rispetto al passato, la legittimazione «dello stesso soggetto beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato» e rinvia, per l'individuazione degli ulteriori legittimati, ai «soggetti indicati nell'art. 417«.

Viene qui conservata la legittimazione congiunta di una pluralità di soggetti ad instare per la nomina dell'amministratore di sostegno a favore di soggetto bisognoso, nell'ottica già riscontrabile in materia di interdizione ed inabilitazione. La soluzione del problema della contemporanea pendenza di una pluralità di domande per la stessa persona può essere reperita in applicazione del principio della litispendenza (art. 39 c.p.c.), valorizzando il primo ricorso depositato

P.M., parenti ed affini

La legge n. 6/2004 ha considerevolmente ampliato la platea di quanti possono sollecitare l'attivazione del provvedimento di protezione, rispetto alla corrispondente disciplina (dettata per l'interdizione e) contenuta nell'art. 417 c.c. per interdizione ed inabilitazione.

A norma dell'art. 406 c.c. sono tradizionalmente legittimati ad avanzare ricorso; il coniuge, i parenti entro il quarto grado, gli affini fino al 2° grado, il tutore ed il curatore, laddove la procedura riguardi persona interdetta o inabilitata, ed infine il P.M.

Quest'ultimo soggetto persegue l'interesse pubblico a che l'infermo di mente sia salvaguardato mediante un istituto protettivo, dato che rientra tra le attribuzioni generali dell'ufficio «la tutela degli incapaci», eventualmente, «richiedendo, nei casi urgenti, i provvedimenti cautelari che ritiene necessari» (art. 73 Ord. Giud.).

Il P.M. potrà esercitare l'azione protettiva anche su sollecitazione di un soggetto, sia questo legittimato oppure no, «operando quale utile filtro di discernimento volta per volta» (Chizzini, 418).

Possono primariamente instare per la nomina di un amministratore di sostegno, le persone affettivamente più vicine all'inabile, come i membri della famiglia nucleare.

L' art. 406 c.c. legittima in primis «il coniuge», cosicché è legittimato anche il coniuge separato legalmente (Tommaseo, 172, nota 4).

Si potrebbe argomentare a contrario dalla previsione dell'art. 408, comma 1, c.c. che invece annovera, specificamente, «il coniuge che non sia separato legalmente» tra gli eligibili al ruolo di amministratore di sostegno.

D'altro canto ben differenziate appaiono le due situazioni.

Da una parte, si tratta, più limitatamente, di sollecitare l ' ufficio all' adozione della misura di protezione in presenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi di attivazione . Tale facoltà di sollecitazione, riconoscibile anche al coniuge separato legalmente, si giustifica in considerazione della comunione di vita materiale e spirituale mantenuta per anni con l ' inabile fino al momento della richiesta di separazione.

Mentre nella scelta dell' amministratore, ai sensi della previsione dell' art. 408, il g.t. ricerca una persona dotata di una buona intesa con l ' amministrato, cosa, per converso, difficilmente riscontrabile in presenza di intercorsa separazione personale .

Viceversa, venendo meno lo « status » coniugale, è da escludere la legittimazione attiva in capo al coniuge divorziato ( Napoli , 169).

Legittimati al ricorso sono pure i « parenti entro il quarto grado» .

Come per l ' interdizione, la previsione si riferisce sia ai parenti in linea collaterale che in linea retta (artt. 74 e 75 c.c.), comprendendo i genitori adottandi, i figli adottivi e loro discendenti, figli e genitori naturali (Chizzini, 417, nota 134).

Gli affini entro il secondo grado possono avanzare ricorso ex art. 404 c.c.

La legittimazione permane fino alla cessazione del rapporto di affinità .

Legittimazione del disabile

Il riconoscimento in capo al disabile della facoltà di chiedere la nomina di un amministratore di sostegno per sé stesso (art. 406, comma 1, c.c.) accoglie i suggerimenti avanzati da autorevole dottrina, e si pone in perfetta consonanza con la previsione contenuta nella c.d. bozza Cendon (art. 15, comma 2).

Tale legittimazione valorizza la persona disabile e la sua personalità, permettendole di «partecipare alla vita di relazione nella misura in cui essa è idonea a farlo», secondo il suggerimento di Bianca (op. cit., 25 ss.), oltre a rivelarsi una previsione in grado di superare vecchie diatribe, in precedenza mai sopite, con riguardo alla legittimazione attiva dell'inabile alla pronunzia dei provvedimenti previsti dagli artt. 414 e 415 c.c.

La persona, che oggi può chiedere direttamente, senza dover sollecitare, in modo un poco mortificante, l'intervento di soggetti estranei, l'adozione della misura protettiva più adatta a sopperire alla propria menomazione, fisica o mentale, è maggiormente «persona»; potendo partecipare attivamente ed in misura superiore rispetto al passato alla vita di relazione ed alle dinamiche del mondo esteriore. L'interessato può così ricevere proficui benefici e stimoli positivi, anche di natura terapeutica, favorevolmente incidenti sul suo benessere psichico e sullo sviluppo della sua personalità (art. 2 Cost.).

La nuova regola procedimentale appare poi particolarmente significativa dato che costituisce riprova che la nuova misura di protezione «non è costruita contro l'incapace, bensì a suo favore» (Tommaseo, 173).

A questo riguardo, si precisa che “l a procedura di nomina dell'amministratore di sostegno presuppone una condizione attuale d'incapacità, il che esclude la legittimazione a richiedere l'amministrazione di sostegno della persona che si trovi nella piena capacità psico-fisica, ma non esige che la stessa versi in uno stato d'incapacità d'intendere o di volere, essendo sufficiente che sia priva, in tutto o in parte, di autonomia per una qualsiasi "infermità" o "menomazione fisica", anche parziale o temporanea e non necessariamente mentale, che la ponga nell'impossibilità di provvedere ai propri interessi” (Cass. n. 12998/2019, in DFP, 2019, I, 1105).

Legittimazione della persona stabilmente convivente

La  legge n. 6/2004  ha ampliato il novero dei legittimati attivi aggiungendo nell'elencazione, tra l'altro, la «persona stabilmente convivente» (a tenore dell'art. 406, che richiama l'art. 417 c.c.).

A questo riguardo si è sottolineato che «il riferimento al convivente è manifestazione della graduale irreversibile tendenza a dare rilevanza giuridica alla famiglia di fatto nella sua accezione più vasta, comprensiva di ogni forma di stabile convivenza».

La nozione di «convivenza stabile» si trova ripetuta in molteplici luoghi della nuova legge.

Non solo nell'art. 406 in correlazione con l'art. 417, a proposito dell'individuazione dei legittimati alla richiesta di nomina, ma anche nell'elencazione degli eligibili all'ufficio di amministratore di sostegno (art. 408, comma 1, parte 2, c.c.), come pure tra quanti, in via del tutto eccezionale, possano essere chiamati a proseguire l'incarico di amministratore oltre la soglia massima dei dieci anni (art. 410, comma 3, c.c.).

Viceversa, nell'art. 407, comma 1, c.c. si precisa che il ricorso deve indicare il nominativo non solo dei parenti del disabile, ma anche dei «conviventi», utilizzandosi qui il termine nella forma plurale.

È legittimo domandarsi se la nozione di «stabile convivenza» richiami, stricto sensu, una condivisione spirituale e materiale tra i conviventi, il c.d. «compagno di vita», il convivente paraconiugale, more uxorio; ovvero, in termini più ampi, dall'elemento spirituale possa prescindersi, essendo sufficiente una «stabile» coabitazione, dovuta perciò alle più svariate motivazioni, quali il lavoro (ad es., la domestica fissa, ovvero l'infermiera o la badante), ovvero, l'amicizia, cosicché, in questa seconda accezione la nozione sarebbe più propriamente assimilabile a quella di «coabitazione».

 Questo secondo orientamento opina non necessaria la convivenza more uxorio per il riconoscimento della legittimazione attiva; affermando, in particolare, che «la formula impiegata dalle norme affidate alla legge in esame sembri presentare un significato più ampio, tale da far sì che sia nominabile amministratore di sostegno, non solo il soggetto che conviva more uxorio con l'interessato all'amministrazione di sostegno, ma anche chi abbia in atto, con lo stesso, una stabile convivenza non di tipo coniugale, com'è a dirsi, ad es., della domestica o della persona amica, la quale semplicemente coabiti con detto soggetto» (Bonilini, 290).

L' orientamento minoritario limita la legittimazione attiva alle situazioni caratterizzate dalla sussistenza « di un consortium vitae che leghi tra loro le persone che coabitano» .

In vero, sembra maggiormente conforme alla ratio legis dell' istituto, volta a far emergere situazioni di incapacità gestionale, l ' interpretazione estensiva del termine « convivenza », che, testualmente, prescinde dal riferimento all' elemento psicologico e sentimentale (Tommaseo, 176). Un' interpretazione che sembra trovare conforto nella nozione di « convivenza di fatto» fornita dalla l. 20 maggio 2016, n. 76, che disciplina le unioni civili dello stesso sesso e le convivenze.

Una volta chiarito il profilo definitorio, si pone un non secondario ulteriore problema; quello concernente la concreta individuazione della situazione di convivenza « stabile » .

La formula normativa, come è stato esattamente osservato, evidenzia « il rischio di incertezze», dato che la sua concreta individuazione resta in definitiva rimessa volta a volta all' interpretazione giudiziale.

Il riferimento alle risultanze anagrafiche comunali permetterebbe di individuare in modo sufficientemente preciso la stabile convivenza, come avviene per il riscontro del requisito della « stabile convivenza», agli effetti di quanto previsto dalla l. n. 76/2016 (secondo quanto dispone l' art. 1, comma 37, l. cit.).

Resta il fatto che l ' omissione (nel testo normativo) di riferimento alle risultanze anagrafiche potrebbe significare la non vincolatività ad alcuna gerarchia di fonti probatorie con riferimento alla verifica della legittimazione attiva.

Potrebbero ritenersi legittimati al ricorso anche i responsabili delle Case protette, sempre che convivano stabilmente col disabile (Trib. Modena 7 luglio 2014 ).

Legittimazione dei servizi socio-sanitari

Innovativamente la nuova legge n. 6 conferisce legittimazione attiva ai «responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona» (art. 406 c.c.).

Per i servizi socio-sanitari, l' obbligo di attivazione della procedura, conoscendo fatti tali da legittimarla, « costituisce un obbligo di solidarietà sociale », ai sensi dell' art. 2 Cost., trovando la sua fonte originaria nei « doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (Lavedini, 485-486).

Ai responsabili dei servizi sociali e sanitari che, per ragioni d' ufficio, abbiano contezza di una situazione giustificante l ' apertura di una procedura di amministrazione di sostegno, quale una condizione personale di abbandono civilistico, è posta un' alternativa; promuovere in via diretta la procedura, depositando il ricorso, ovvero, informare il P.M., affinché sia tale organo a decidere se e quale tipologia di misura « protettiva» sollecitare.

La legittimazione attiva compete al solo « responsabile» dei servizi sanitari e sociali, non anche ai singoli operatori (Masoni , 285; Lavedini, 488; Tommaseo , 178).

In applicazione del principio concernente la legittimazione dei soli « responsabili dei servizi sanitari» è stata respinta dalla giurisprudenza di merito l ' istanza urgente avanzata ex art. 405 c.c. da un dirigente del reparto di medicina interna area critica per la nomina di a.d.s. a beneficiario ricoverato in quel reparto (Trib. Modena 25 maggio 2017, in DFP , 2017, I, 868).

Per garantire effettiva protezione al disabile, in ipotesi di inottemperanza allo « obbligo di attivazione», la c.d. bozza Cendon espressamente prevedeva una responsabilità civilistica in capo a tali soggetti per « i danni che la persona disabile subisca per effetto della mancata o ritardata adozione del provvedimento» (art. 16, comma 2).

La previsione risarcitoria non è stata trasfusa nel testo normativo.

Da esso emerge per ò che i «responsabili » sono destinatari di un dovere giuridico di attivarsi ( « sono tenuti»), laddove vengano a conoscenza di « fatti tali da rendere opportuna l ' apertura del procedimento per nomina di amministrazione di sostegno» .

L' eliminazione dell' espressa previsione risarcitoria non significa che una responsabilità di natura aquiliana, per violazione del principio del neminem laedere , non sia egualmente configurabile, laddove l ' omissione di attivazione da parte dei servizi possa risultare foriera di danno a carico dell' inabile.

La previsione normativa in capo ai servizi di un obbligo di attivazione della misura di protezione agevolmente si spiega col ruolo da essi istituzionalmente esplicato.

Da una parte i servizi sociali, capillarmente distribuiti sul territorio, per dovere istituzionale, vengono a conoscenza di situazioni di abbandono personale, familiare e sociale, oltreché di indigenza; dall' altra i servizi sanitari vengono a conoscenza di analoghe situazioni di incapacità gestionale in ambito sanitario, soprattutto con riguardo all' incapacità dei pazienti di esprimere il consenso medico-sanitario.

Come si vede, entrambi questi organi, di comuni ed aziende u.s.l., possono ritenersi le « sentinelle» delle situazioni di disagio che, proprio per ciò, possono portare all ' attenzione del tribunale le incapacità gestionali delle persone da essi prese in carico.  

Bibliografia

Bianca, La protezione giuridica del sofferente psichico, in Rass. dir. civ. 1985, 25 e segg., ed ora in Realtà sociale ed effettività della norma, a cura di Patti, Milano, 2002, II, 649 e seg.; Chizzini, in Bonilini, Chizzini, L'amministrazione di sostegno, Padova, 2007; Lavedini, Prime brevi considerazioni sul ruolo dell'ente locale nell'amministrazione di sostegno, in Dir. fam. pers. 2007, 485-486.; Masoni, Il giudice tutelare, Milano, 2018; Masoni, Il ruolo dei servizi sociali nella procedura di amministrazione di sostegno, in Giur. it. 2006, 1612; Napoli, L'infermità di mente l'interdizione l'inabilitazione, Milano, 1995; Tommaseo, in Bonilini, Tommaseo, Dell'amministrazione di sostegno, Milano, 2008; Masoni, Il giudice tutelare, Milano, 2018.

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