Codice Civile art. 409 - Effetti dell'amministrazione di sostegno (1).Effetti dell'amministrazione di sostegno (1). [I]. Il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno. [II]. Il beneficiario dell'amministrazione di sostegno può in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana. (1) Articolo inserito dall'art. 3, comma 1, l. 9 gennaio 2004, n. 6, che ha inserito l'intero Capo in testa al titolo XII. Questo articolo, fino all'abrogazione ex art. 77 l. 4 maggio 1983, n. 184 era parte del titolo XI. InquadramentoMentre interdizione ed inabilitazione sono provvedimenti che, in misura diversa, coinvolgono l'intera rete dei rapporti negoziali del disabile, determinandone l'azzeramento o la loro limitazione generalizzata, la misura introdotta nel 2004 non opera a 360 gradi, dato che riguarda unicamente gli atti relativamente ai quali l'interessato manifesti carenza o incapacità di autonomia gestionale. L'amministrazione di sostegno, al limite, può riguardare anche un unico specifico atto negoziale, salva la sovranità del soggetto per tutto ciò che non sia ricompreso nella misura di ausilio. Tale avvertenza esprime un'esigenza assiologica che si concreta nel rispetto per la personalità del disabile e nella minore incidenza possibile del provvedimento di sostegno volta a volta modellato, ma non impone che ove in rerum natura capacità negoziale non vi sia l'amministrazione non possa essere in concreto disporsi. L'amministrazione di sostegno, in altri termini, non pone differenze quantitative rispetto ad interdizione od inabilitazione, non si presenta come un minus rispetto a questi ultimi istituti, e può riguardare anche il compimento di atti di ordinaria amministrazione, giungendo ad una sostanziale deminutio della capacità di agire del soggetto. Diversamente dall'approccio «totalizzante» dei tradizionali istituti interdittivi, l'amministrazione di sostegno può e deve rivestire contenuti ed effetti mirati, costruiti «su misura» in ogni situazione concretamente portata all'attenzione del giudice, che possono andare dalla nomina di un amministratore ad acta, al limite finalizzata al compimento di un unico atto, ai casi di maggiore gravità nei quali comunque l'interdizione non si giustifica non rappresentando per il beneficiario alcuna migliore «protezione» dello stesso ex art. 414 c.c., mentre l'amministrazione di sostegno attribuisce all'amministratore poteri di rappresentanza e cura del beneficiario assai ampi, per quanto mai totalizzanti. In quest' ottica di valorizzazione personalistica del disabile si segnala la direttrice di fondo che vieta al g.t. di limitare, in termini generali, la capacità d' agire del beneficiario a tutti gli atti di ordinaria amministrazione, ovvero di straordinaria amministrazione, pena la nullità di siffatta clausola, sussistendo uno specifico obbligo in capo al giudice di riformularla in forma specifica (Napoli, 164). Il provvedimento che nomina l'amministratore di sostegno non determina l'interruzione del procedimento in corso nel quale il soggetto era parte, neppure quando il difensore dichiara in udienza essersi verificato l'evento; l'interruzione si verifica quando il giudice ne fa dichiarazione dopo avere valutato, in base al tenore del decreto del giudice tutelare, l'effettiva capacità residua dell'amministrato e la corrispondente capacità processuale ex art. 75 c.p.c. (Cass. I, ord. n. 32845/2022). Capacità di agire del beneficiarioDispone il primo comma della norma in esame che il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno. Per quanto la formula della legge col richiamare la «conservazione» della capacità di agire non sia tecnicamente impeccabile, il senso della previsione appare chiaro. Il beneficiario di amministrazione di sostegno non è un incapace, dato che «conserva la capacità di agire» per il compimento di tutti gli atti della vita quotidiana. Dato che la capacità di agire risulta unicamente compromessa per gli atti che il giudice ha rimesso alla « competenza» dell' amministratore, il quale ne abbia la rappresentanza esclusiva o per i quali occorra assistenza necessaria (art. 409, comma 1, c.c.). Per determinare l ' esatto grado di capacità del beneficiario occorre quindi compiere una sorta di operazione matematica, sottraendo dalla piena capacità del soggetto quella porzione di atti rimessi all' amministratore di sostegno . La prospettiva di fondo introdotta dalla nuova figura di protezione, sin dalla disposizione di esordio (art. 1), è lampante. La finalità della legge è quella di tutelare i soggetti privi in tutto o in parte di autonomia « con la minor limitazione possibile della capacità di agire» . Potrebbe essere anche vero che il legislatore della l. n. 6 del 2004 abbia fatto largo uso in materia della figura retorica della litote come è stato autorevolmente rilevato (Bonilini, 337), tuttavia, la prospettiva di fondo e l'approccio legislativo risultano capovolti rispetto a quelli di interdizione ed inabilitazione (Campese, 332). Alla generale condizione di incapacità o di semicapacità, rispettivamente di interdetto ed inabilitato, si è sostituita la condizione di persona capace, salvo che per gli atti che a quest'ultimo sono espressamente sottratti in forza del decreto di nomina. Se appare corretto affermare che il soggetto sotto amministrazione di sostegno subisce una deminutio per effetto del decreto di nomina, tuttavia egli non acquisisce la qualità nè lo status di incapace (Bonilini, 340-341). Il leit-motiv della riforma è stato così sintetizzato nella formula: «non abbandonare e non mortificare» (Cendon, R. Rossi, 963). Il trasparente principio secondo cui la persona sottoposta ad amministrazione di sostegno è capace, dal momento che la misura protettiva non la rinchiude in uno status, trova preciso riscontro giurisprudenziale (Trib. Modena 14 febbraio 2017). Gli atti minimi della quotidianitàIn forza del comma 2 della norma in discorso, l'adozione della misura di protezione lascia «in ogni caso» integra la capacità del beneficiario di «compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana». Tale disposizione si coordina con la previsione affidata all'art. 405, comma 4, n. 5, c.c. da cui si evince, sia pure per implicito, che il beneficiario può conservare la disponibilità di somme attraverso un controllo di massima esplicato da parte dell'amministratore e sotto la vigilanza del giudice tutelare, ad esempio, attraverso la costituzione di un piccolo peculio. Il legislatore, introducendo la previsione, ha codificato un principio già suggerito dalla civilistica nell'ambito dell'interdizione giudiziale, laddove si ammetteva che l'interdetto potesse, comunque, svolgere una minima attività personale (c.d. microcontrattualità), che si concretava nel compimento di atti negoziali che non esponessero il soggetto a rilevante pregiudizio, ossia «gli atti relativi alle necessità della vita quotidiana» (Bianca, 259). Per quanto le «esigenze della vita quotidiana» rappresentino un concetto relativizzante, essendo mutevoli da persona a persona, tenendo conto delle sue possibilità economiche e del suo abituale tenore di vita (Bonilini, 353-354), si opina che gli atti inerenti il vivere quotidiano riguardino ad es.: i contratti di acquisto dei generi alimentari, quelli per il trasporto urbano, gli acquisti dei beni necessari a soddisfare le esigenze quotidiane d'informazione ed il bisogno culturale, come pure gli acquisti di vestiario (Bonilini, 352). Nell'innovata prospettiva personalistica sottesa alla legge n. 6 del 2004, assicurare in ogni caso la possibilità per il soggetto ammesso al sostegno di compiere atti minimi di valenza quotidiana significa necessariamente assicurare una corrispondente, seppur minima, autonomia finanziaria al beneficiario (Masoni, 538). Nell'ottica di ausilio e protezione senza mortificazione fatta propria dalle disposizioni in esame, appare evidente che riconoscere un'autonomia «della quotidianità», sia pure per il compimento di atti banali, ripetitivi, di minima rilevanza patrimoniale, assuma altresì valenza terapeutica. Infatti, proprio attraverso il riconoscimento della libertà di compiere tali atti, patrimonialmente non «pericolosi», viene assicurata al beneficiario quella possibilità di estrinsecazione della propria personalità, di realizzazione delle proprie aspirazioni e scelte individuali, che vale a scongiurare i risvolti «afflittivi» dell'interdizione ed a valorizzare i residui spazi di autonomia del soggetto e, nelle ipotesi più favorevoli, a consentirne il reinserimento sociale (Farolfi, 208). L'art. 409 c.c. opera quale limite legale incomprimibile della capacità rispetto all'intervento giudiziale, sì che anche in presenza di un'amministrazione di sostegno «incapacitante», dovrà pur sempre riconoscersi all'interessato la concorrente capacità di agire per il compimento di atti minimi, quali l'acquisto del giornale, la spesa per esigenze alimentari quotidiane, l'acquisto del biglietto per il pubblico trasporto, sino all'acquisto del piccolo regalo di modico valore ma dotato di rilevante valore affettivo e morale per la riaffermazione della soggettività personale del disabile e della capacità dello stesso; così da porsi al centro di solide e soddisfacenti relazioni umane e sentimentali (Farolfi, 208). Questa rosa di operazioni elementari «non è mai espropriabile dal sistema» ed il giudice non può ablare tale nucleo di facoltà, pena la nullità del decreto di nomina (Cendon, R. Rossi, 965). Appare trasparente che questa scelta legislativa rappresenti una forma di rispetto della persona umana, della sua dignità personale, oltreché della sua personalità. BibliografiaBianca, Diritto civile la norma giuridica i soggetti, Milano, 2002; Bonilini, in Bonilini, Tommaseo, Dell'amministrazione di sostegno, Milano, 2008; Farolfi, Amministrazione di sostegno, Milano, 2014; Giacardi, Amministrazione di sostegno, inabilitazione e interdizione, ilfamiliarista 18-24/2/2021; Napoli, L'amministrazione di sostegno, Padova, 2009; Campese, Il giudice tutelare e la protezione dei soggetti deboli, Milano, 2008; Cendon, R. Rossi, Amministrazione di sostegno, Torino, 2009; Masoni, Il giudice tutelare, Milano, 2018. |