Codice Civile art. 378 - Atti vietati al tutore e al protutore.Atti vietati al tutore e al protutore. [I]. Il tutore e il protutore non possono, neppure all'asta pubblica, rendersi acquirenti direttamente o per interposta persona dei beni e dei diritti del minore [323, 1471 n. 3]. [II]. Non possono prendere in locazione i beni del minore senza l'autorizzazione e le cautele fissate dal giudice tutelare. [III]. Gli atti compiuti in violazione di questi divieti possono essere annullati su istanza delle persone indicate nell'articolo precedente, ad eccezione del tutore e del protutore che li hanno compiuti [1425 ss.]. [IV]. Il tutore e il protutore non possono neppure diventare cessionari di alcuna ragione o credito verso il minore [323]. InquadramentoIl legislatore prevede, quale rimedio generale all'opposizione di interessi tra il tutore ed il minore, l'attribuzione del potere di rappresentanza al protutore. Sicché, in caso di opposizione di interessi tra tutore e pupillo trova applicazione l'art. 360 comma 1 c.c. in forza del quale il protutore si sostituisce automaticamente al tutore nel compimento dell'atto. Ove anche il protutore sia in conflitto di interessi il Giudice tutelare nomina un curatore speciale. Il tutore ed il protutore devono svolgere l'ufficio loro affidato nell'esclusivo interesse del pupillo. Eventuali situazioni di conflitto o di opposizione di interessi sono pertanto soggette ad una specifica disciplina al fine di evitare che le scelte del rappresentante legale vengano adottate non nel superiore interesse del minore tutelato. In questo contesto si colloca quindi l' art. 378 c.c. che costituisce un'ulteriore strumento di protezione del pupillo contro i potenziali pregiudizi che possano scaturire dall'opposizione di interessi con il tutore ed il protutore (De Cupis, 496). Il tutore, così come il protutore, infatti secondo la disposizione in commento non può rendersi acquirente direttamente o per interposta persona dei beni e dei diritti del minore sia in caso di interposizione fittizia che reale (Dell'Oro, 241; analogo divieto è previsto per i genitori ex art. 323 c.c.). Ciò che si vuole evitare è il risultato pratico derivante dal compimento dell'atto, indipendentemente dalle modalità specifiche con le quali lo si voglia realizzare. Il primo comma della disposizione in commento infatti, a differenza di quanto previsto in quello successivo, non consente di poter ovviare al divieto mediante un'autorizzazione del Giudice tutelare ovvero mediante la nomina di un curatore speciale e determina in capo al tutore (o al protutore) una incapacità giuridica relativa, o una mancanza di legittimazione, che non consente il valido compimento dell'atto (Dell'Oro, 241, De Cupis, 496). Il divieto peraltro colpisce gli atti posti in essere dal tutore e dal protutore anche se autorizzati dal Tribunale, previo parere favorevole del Giudice tutelare, atteso che il divieto si fonda su una presunzione prevista dalla legge di conflitto di interessi (in questo senso Dell'Oro, 248). Il divieto di rendersi acquirenti dei beni del minoreLa Corte di Cassazione ha specificato che il termine acquirente, di cui al primo comma dell' art. 378 c.c., deve intendersi equivalente all'espressione soggetto che acquisita beni o diritti con negozi tra vivi anche diversi dalla compravendita, come la permuta o altro contratto atipico ad essa assimilabile (Cass. II, n. 932/1970, in Giur. civ., 1970, I, 805, trattasi della fattispecie di cui all'art. 323 c.c. relativa ai genitori del minore). In una risalente decisione della Corte d'appello di Venezia, è stato affermato che il divieto esplica la sua efficacia anche se l'acquisto è stato effettuato dal protutore, previa autorizzazione del Tribunale, su parere favorevole del giudice tutelare (App. Venezia, 26 febbraio 1947, Foro. pad., 1947, I, 692). Il divieto, è stato osservato da autorevole dottrina, si fonda sulla presunzione assoluta dell'esistenza di un'opposizione di interessi tra il tutore ed il minore nel caso di alienazioni (o comunque di atti dispositivi come la permuta) dal minore al suo rappresentante legale (in merito Dell'Oro, 240; De Cupis, 495). Esso deve essere inquadrato nella complessa normativa rivolta a proteggere il minore contro i pregiudizi che possono derivargli dall'opposizione di interessi tra lui e il soggetto investito del potere di amministrare il suo patrimonio e di rappresentarlo (De Cupis, 495). L'incapacità del tutore o del protutore di cui al primo comma dell'art. 378 c.c. riguarda in particolare gli atti di alienazione, tra i quali vi rientrano non solo la compravendita ma anche altre fattispecie. Essa difatti riguarda non solo «l'acquisto per via traslativa», dei beni e dei diritti già appartenenti al minore, ma anche quello per via «derivativa-costitutiva», di diversi diritti, implicanti il godimento di beni del minore (l'espressione è di De Cupis, 496). Un atto di acquisto di diritti del minore compiuto dal tutore o dal protutore costituirebbe invero un contratto con se stesso in cui il legale rappresentante del minore agirebbe insieme per sé e per il rappresentato con implicito conflitto di interessi (De Cupis, 496; circa l'ampiezza del divieto si veda Dell'Oro, 240, 241). L'incapacità relativa In dottrina si discute in merito alla natura del divieto che colpisce il tutore o il protutore, ex art. 378 c.c. Secondo taluni si è al cospetto di una incapacità giuridica che si aggiunge a quella prevista dall'art. 350 n. 3 c.c. ed ha carattere relativo rendendo il tutore incapace di divenire titolare di diritti già appartenenti solo a un determinato soggetto sottoposto alla sua responsabilità (Jannuzzi, 194; si veda altresì Dell'oro, 241). Parte di dottrina considera l'incapacità del tutore e del protutore, prevista dalla disposizione in commento, come un'applicazione particolare del principio contenuto nell'art. 1471 n. 3 c.c., che vieta a taluni soggetti di essere «compratori» di alcuni specifici beni in quanto si tratterebbe di un'incapacità assimilabile a quella prevista per coloro i quali che per legge o per atto della pubblica autorità amministrano beni altrui (in questo senso De Cupis, 496). Diversamente, è stato osservato che la disposizione in commento ha portata ben più generale poiché al termine «acquirenti» va attribuito il significato di soggetto che acquista beni o diritti con negozi fra vivi diversi dalla compravendita, come la permuta o altro contratto atipico ad essa assimilabile senza che esso vada ristretto solo a quello di compratori (Dell'Oro, 260). Altri ritengono che si tratti di un difetto di legittimazione, altri ancora di un'applicazione del divieto del contratto con se stesso, ovvero del divieto di cui all'art. 1395 c.c. (per le varie tesi si veda Santarcangelo, 686). La diversa fattispecie del contratto di locazioneDiversamente, nel caso in cui il tutore voglia condurre in locazione o in affitto i beni del minore, sebbene in questo caso sussista un'ipotesi di opposizione di interessi e si realizzi un contratto con se stesso, il legislatore consente al Giudice tutelare di autorizzare, con le opportune cautele, tale negozio senza doversi far luogo all'intervento del protutore, pur trattandosi di un ipotesi di contratto con se stesso (in merito Dell'Oro, 242; De Cupis, 497). Tale disposizione non pone distinzioni in merito alla natura dei beni o alla durata del contratto come è invece previsto per le locazioni con persone diverse dal tutore e dal protutore nei casi previsti dall'art. 374 c.c. (Dell'Oro, 261). La minore severità prevista relativamente al contratto di locazione è da rinvenirsi nel fatto che con esso il tutore (o il protutore) non acquista lo stesso diritto dal minore né un diverso diritto reale di godimento, per tale ragione il legislatore consente di concludere l'indicato negozio giuridico subordinatamente alla sola autorizzazione giudiziale ed alla contestuale previsione di cautele (De Cupis, 497; sul punto altresì Pazè, 388). L'annullamento degli atti vietatiMentre nel codice del 1865 la sanzione prevista per l'inosservanza dei divieti era la nullità, pur se riferita esplicitamente alla sola ipotesi di vendita (ma ritenuta riferibile anche agli altri casi di acquisto), la disciplina vigente prevede, per le ipotesi in essa contemplate, la diversa sanzione dell'annullabilità (così Dell'Oro, 262). Il negozio posto in essere in violazione della norma in commento è quindi annullabile, su istanza dei soggetti indicati dall'art. 377 c.c. (minore, eredi, aventi causa), ad eccezione del tutore o del protutore che con la loro condotta hanno dato origine al negozio. La ratio legis della annullabilità del negozio, che comporta altresì che il tutore ed il protutore non siano legittimati ad impugnare il negozio, ha come esclusivo fondamento l'incapacità dei predetti (De Cupis, 498; sul punto Pazè, 388). È stato quindi osservato che mentre l'annullabilità di cui all'art. 377 c.c. trova il suo fondamento nella trascuranza delle forme abilitative richieste per il compimento dell'atto, quella di cui all' art. 378 c.c. si fonda sull'incapacità del tutore e del protutore (de Cupis, 496). Analoga disposizione avente la medesima ratio, peraltro, è prevista dall'art. 323 c.c. con riferimento agli atti compiuti dai genitori (si veda subart. 323 c.c.). L'annullamento del negozio è soggetto alla prescrizione quinquennale ed il termine è sospeso fino a che il tutore non abbia presentato il conto finale della tutela (Cass., n. 1672/1950, in Foro. it., Rep. 1950, voce tutela). Ulteriori divietiIl tutore ed il protutore, infine, non possono divenire cessionari di alcuna ragione o credito verso il minore, ciò è previsto al fine di prevenire l'opposizione di interessi che potrebbe determinarsi tra i primi ed il secondo ed in particolare al fine di evitare pregiudizi al minore che assumerebbe la veste di debitore ceduto (De Cupis, 499). Con il termine “ragione” deve intendersi ogni diritto litigioso, cioè quel diritto per il quale sia già sorta o sia possibile che sorga una controversia giudiziaria con il minore (Dell'Oro, 266). Anche in questo caso, ove l'atto venga comunque poso in essere, la sanzione prevista è quella della annullabilità ed il procedimento è quello di cui all'art. 377 c.c. BibliografiaBucciante, La potestà dei genitori, la tutela e l'emancipazione, in Rescigno (diretto da) Trattato di diritto privato, Torino, 1997; De Cupis, Della tutela dei minori, sub artt. 343-389, in Cian-Oppo Trabucchi (diretto da) Commentario al diritto italiano della famiglia, Padova, 1992; Dell'Oro, Tutela dei minori, in Comm. S.B., artt. 343-389, Bologna- Roma, 1979; Jannuzzi, in Lorefice (a cura di), Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 2000; Pazè, La tutela e la curatela dei minori, in Zatti (diretto da) Trattato di diritto di famiglia, Milano, 2012; Santarcangelo, La volontaria giurisdizione, Milano, 2003. |