Codice Civile art. 358 - Doveri del minore.

Annachiara Massafra

Doveri del minore.

[I]. Il minore deve rispetto e obbedienza al tutore [315]. Egli non può abbandonare la casa o l'istituto al quale è stato destinato, senza il permesso del tutore.

[II]. Qualora se ne allontani senza permesso, il tutore ha diritto di richiamarvelo, ricorrendo, se è necessario, al giudice tutelare [318].

Inquadramento

Il minore è tenuto rispettare coloro i quali esercitano la responsabilità genitoriale nei suoi confronti: i genitori, se sottoposto alla responsabilità genitoriale, ed il tutore, se sottoposto a tutela. La disposizione in esame non è altro che la trasposizione, nell'ambito della tutela, dei principi sanciti dall'art. 315-bis c.c. Essa presenta, tuttavia, delle significative differenze dovute all'ontologica diversità esistente tra i genitori ed il tutore. Mentre il figlio, deve rispettare, in forza del vincolo affettivo e familiare che lo lega, i genitori anche oltre il compimento del diciottesimo anno di età la stessa cosa non è ovviamente prevista nei confronti del tutore, con il quale vi è un «legame» costituito ex lege che cessa con il venir meno della tutela. Se questa è la logica della disposizione di cui al primo comma, non appare chiara la ragione per la quale il legislatore abbia previsto per il minore l'obbligo di obbedienza nei confronti del tutore e non anche verso i genitori (nei cui confronti non è previsto).

Si ritiene che la differenza tra le due disposizioni (artt. 358 e 315-bis c.c.) sia ascrivibile alla circostanza secondo la quale la tutela si riferisce solo ai minori di età, nei cui confronti è comprensibile che si faccia riferimento al dovere di obbedienza (Dell'Oro, 131).

Dovere di residenza

Il dovere gravante sul pupillo di risiedere nel luogo individuato dal tutore come sua residenza (previa deliberazione in merito del Giudice tutelare ex art. 371 c.c.) è sicuramente l'aspetto più pregnante del rapporto che attraverso la tutela si instaura tra i minore ed il tutore.

Il minore non ha il dovere di convivere con il tutore né questi a sua volta ha l'obbligo di ospitarlo, ma è previsto solo l'obbligo di risiedere nel luogo scelto dal tutore (in merito Dell'Oro, 133). Tale dovere (previsto anche dall'art 318 c.c. per il figlio minorenne) impone al pupillo di risiedere nel luogo scelto dal tutore per crescere ed essere allevato ed impone, in particolare, il dovere di non abbandonare tale abitazione senza il permesso del tutore. La violazione di tale obbligo, in caso di allontanamento ingiustificato del pupillo, legittima il tutore a ricorrere al Giudice tutelare per far rientrare il minore. L' art. 358 c.c. deve essere coordinato con l'art. 371 c.c. ed anche con le disposizioni di cui agli artt. 315 c.c. e seguenti, in quanto nella scelta del luogo dove il minore deve risiedere, ove capace di discernimento, il Giudice, e prima ancora il tutore, devono sentirlo, al fine di adottare la decisione più idonea a tutelare il suo preminente interesse morale e materiale. È difatti il Giudice tutelare che delibera in merito al luogo ove il minore deve essere allevato, da intendersi come residenza, su ricorso del tutore.

Come il genitore può permettere al minore di allontanarsi temporaneamente dalla residenza, così, peraltro, il tutore può autorizzare il minore ad allontanarsene per un tempo predeterminato. Tale permesso, secondo taluni, presuppone l'autorizzazione del giudice tutelare, secondo altri, ne sarebbe estraneo (con riferimento alla prima tesi, Pugliatti, 677, Stella Richter Sgroi, 502; per la diversa tesi, Bucciante, 714; Dell'Oro, 135). Si osserva, sul punto, che le due disposizioni che, in tema di residenza prevedono l'intervento del giudice tutelare, sono relative a due momenti specifici del procedimento: 1) quello relativo alla scelta (tendenzialmente definitiva) del luogo dove deve crescere il minore; 2) quello relativo all'allontanamento, da intendersi come non temporaneo, da tale luogo senza il permesso dal tutore. Le vicende temporanee relative alla permanenza presso l'abitazione rientrano nei poteri del tutore di cui all'art. 357 c.c., non essendo necessaria la valutazione da parte dell'autorità giudiziaria in merito (sul punto, Dell'Oro, 132).

Una volta che il Giudice abbia individuato il luogo dove il minore deve vivere, appare maggiormente confacente anche alla funzione ed ai poteri del tutore la tesi che attribuisce a quest'ultimo il potere di autorizzare il pupillo ad allontanarsi dalla residenza per brevi periodi, tanto più che la sua violazione definitiva determina la possibilità di adire il Giudice che potrà farvelo ritornare anche con l'ausilio dell'autorità di pubblica sicurezza. Tale potere, peraltro, può essere esercitato anche nel caso in cui il mancato rientro del minore nella residenza dipenda dalla condotta illecita del terzo (in merito Dell'Oro, 132; Bucciante, 714).

La predetta disposizione trova applicazione anche nei confronti dell'interdetto e non è espressamente richiamata dall'art. 411 c.c. relativo all'amministrazione di sostegno.

Con riferimento a quest'ultima fattispecie, difatti, deve rilevarsi che l'art. 371 c.c. è una delle poche disposizioni che non sono state richiamate dalla disciplina in tema di amministrazione di sostegno, il che potrebbe indurre a ritenere che l'amministratore di sostegno non possa individuare il luogo di residenza del beneficiario né quindi ricorrere al Giudice tutelare per farvi ivi rientrare lo stesso La disciplina relativa all'amministrazione, tuttavia, prevede espressamente che l'amministratore di sostegno abbia un potere/dovere di cura della persona (ex art. 405 e 408 c.c.) che non può non comprendere le decisioni in tema di residenza tra le quali rientra il collocamento protettivo in una comunità di assistenza e di cura e, anche, il mutamento di residenza (in merito Trib. Varese, 30, aprile 2012).

L'opposizione al rientro

Sorge, altresì, il problema di stabilire quali possano essere i poteri del tutore e del Giudice tutelare nel caso in cui vi sia un'opposizione motivata al rientro nel luogo di residenza da parte del minore. Se, infatti, per l'interdetto, ritenuto incapace di esprimere validamente un consenso o un valido dissenso alla permanenza, è possibile in astratto ipotizzare di disporre il rientro anche mediante l'ausilio della forza di pubblica sicurezza, diversamente, il minore, dotato di capacità di discernimento potrebbe esprimere una valida volontà in merito al rientro nel luogo di residenza stabilito dal Giudice su richiesta del tutore. In questo caso, il Giudice tutelare dovrà tenere conto della volontà del minore, ai fini della decisione in merito all'istanza presentata dal tutore. Contro la decisione del Giudice tutelare è infine ammesso reclamo al Tribunale per i minorenni, secondo quanto prevede l'art. 45 dis. att. c.c.

Bibliografia

Bisegna, Tutela e curatela, Nss. D.I., XIX, Torino, 1973; Bucciante, La potestà dei genitori, la tutela e l'emancipazione, in Rescigno (diretto da), Trattato di diritto privato, Torino, 1997; Campese, Il Giudice tutelare e la protezione dei soggetti deboli, Milano 2008; De Cupis, Della tutela dei minori, sub Art- 343-389, in Cian-Oppo Trabucchi (diretto da), Commentario al diritto italiano della famiglia, Padova, 1992; Dell'Oro, Tutela dei minori, in Comm. S.B., artt. 343-389, Bologna- Roma, 1979; Stella Richter- Sgroi, Delle persone e della famiglia, in Commentario del codice civile, Torino, 1967.

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