Decreto legislativo - 25/07/1998 - n. 286 art. 31 - Disposizioni a favore dei minori. (Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 29).Disposizioni a favore dei minori. 1. Il figlio minore dello straniero con questo convivente e regolarmente soggiornante segue la condizione giuridica del genitore con il quale convive ovvero la piu' favorevole tra quelle dei genitori con cui convive. Il minore che risulta affidato ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, segue la condizione giuridica dello straniero al quale e' affidato, se piu' favorevole. Al minore e' rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari valido fino al compimento della maggiore eta' ovvero un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo ai sensi dell'articolo 9. L'assenza occasionale e temporanea dal territorio dello Stato non esclude il requisito della convivenza 12. [2. Al compimento del quattordicesimo anno di età al minore iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno del genitore ovvero dello straniero affidatario è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari valido fino al compimento della maggiore età, ovvero una carta di soggiorno.] 3 3. Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l'ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico. L'autorizzazione è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia. I provvedimenti sono comunicati alla rappresentanza diplomatica o consolare e al questore per gli adempimenti di rispettiva competenza. 4. Qualora ai sensi del presente testo unico debba essere disposta l'espulsione di un minore straniero il provvedimento è adottato , a condizione comunque che il provvedimento stesso non comporti un rischio di danni gravi per il minore, su richiesta del questore, dal Tribunale per i minorenni. Il Tribunale per i minorenni decide tempestivamente e comunque non oltre trenta giorni 4. [1] Comma sostituito dall'articolo 10, comma 1, lettera a), della Legge 7 luglio 2016, n. 122. [2] A norma dell'articolo 10, comma 3, della Legge 7 luglio 2016, n. 122, al minore di anni quattordici, gia' iscritto nel permesso di soggiorno del genitore o dell'affidatario alla data di entrata in vigore della citata legge, il permesso di soggiorno di cui al presente comma, e' rilasciato al momento del rinnovo del permesso di soggiorno del genitore o dell'affidatario. [3] Comma abrogato dall'articolo 10, comma 1, lettera b), della Legge 7 luglio 2016, n. 122. [4] Comma modificato dall'articolo 3, comma 1, lettera b), della Legge 7 aprile 2017 n. 47. InquadramentoL'art. 31, unitamente agli altri istituti di cui agli articoli precedenti, si pone come norma di tutela del minore imposta dai principi costituzionali ed internazionali riguardanti la priorità dell'interesse del minore nelle decisioni che coinvolgono il suo sviluppo psico-fisico ed il suo futuro. La preminenza dell'interesse del minore oltre ad essere espressamente riconosciuta nell'art. 28 d.lgs n. 286/1998 come principio informatore degli istituti successivi trova una consacrazione nel diritto convenzionale internazionale ratificato dall'Italia (CEDU e Carta di Nizza) ed è imposto come criterio ordinante di tutte le decisioni riguardanti il minore senza alcuna differenziazione derivante dalla sua nazionalità. Il bilanciamento degli interessi deve tenere conto di questa assoluta priorità avendo i diritti del minore il rango di diritti umani fondamentali. È pertanto necessario valutare l'esistenza dei requisiti richiesti dall'art. 31 comma 3 alla luce di questa preminenza. L'interpretazione dei «gravi motivi» non può conseguentemente limitarsi alle situazioni eccezionali e contingenti ma deve essere collegata alla gravità del pregiudizio che in considerazione dell'età o delle condizioni di salute (non solo fisica ma anche ricollegabile al complessivo equilibrio psico-fisico) può derivare dall'allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall'ambiente in cui è cresciuto. Il comma 4 nell'attuale formulazione è stato modificato dall'art. 3 della l. 7 aprile 2017 n. 47 recante «Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati» disponendo che l'espulsione del minore non accompagnato possa essere disposta solo qualora non comporti il rischio di gravi danni per il minore stabilendo la competenza del Tribunale per i minori che decide in tempi brevi che non eccedano i trenta giorni. La condizione del minore stranieroIl figlio minore dello straniero con questo convivente e regolarmente soggiornante segue la condizione giuridica del genitore con il quale convive ovvero la più favorevole tra quelle dei genitori con cui convive. Il minore che risulta affidato ai sensi dell' articolo 4 della l. 4 maggio 1983, n. 184, segue la condizione giuridica dello straniero al quale è affidato, se più favorevole. Al minore è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari valido fino al compimento della maggiore età, ovvero un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. L'assenza occasionale e temporanea dal territorio dello Stato non esclude il requisito della convivenza. È quanto prevede all'art. 10 (in materia di permesso di soggiorno individuale per minori stranieri) la Legge Europea 2015-2016 (l. 7 luglio 2016, n. 122) pubblicata in Gazzetta Ufficiale 8 luglio 2016, n. 158. Autorizzazione del genitore all'ingresso o alla permanenza sul territorio nazionaleL'art. 31, comma 3, prevede una duplice possibilità di autorizzazione temporanea, all'ingresso ed alla permanenza del familiare sul territorio nazionale in deroga alle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione, e nel concorso di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore, tenuto conto della sua età e delle sue condizioni di salute. Detta disposizione svolge la funzione di norma di chiusura del sistema di tutela dei minori stranieri, fondato in via ordinaria sull'istituto del ricongiungimento familiare, ed apportando una eccezione alla disciplina sull'ingresso e sul soggiorno dello straniero dettata dalle norme precedenti quando ricorrano le condizioni per salvaguardarne il «preminente interesse» in situazioni nelle quali l'allontanamento suo o di un suo familiare potrebbe pregiudicarne gravemente l'integrità fisio-psichica. Essa, poi, attua, completa ed esaurisce il bilanciamento necessario ed equilibrato tra il rispetto alla vita familiare del minore, che i pubblici poteri sono tenuti a proteggere e promuovere, e l'interesse pubblico generale alla sicurezza del territorio e del controllo delle frontiere, che richiede soprattutto il rispetto delle norme sull'immigrazione da parte dei soggetti ad essa sottoposti. Si tratta di una norma di rilievo perché le è stata espressamente attribuita una natura derogatoria rispetto all'ambito di applicabilità di tutte le altre disposizioni nel caso in cui il giudice minorile riconosca la sussistenza di alcuni presupposti, che lasciano peraltro un margine di discrezionalità interpretativa molto ampio; in applicazione di essa potrà infatti essere concesso un permesso di soggiorno allo straniero irregolare anche in assenza dei requisiti previsti dalle altre disposizioni del testo unico (Domanico) La norma pone il problema giuridico relativo all'interpretazione dei « gravi motivi ». La dottrina è tendenzialmente critica con riguardo ad una interpretazione restrittiva della norma, ritenendo che dal testo dell' art. 31 d.lgs n. 286/1998 non si desuma alcun espresso richiamo alla eccezionalità e contingenza della situazione giustificativa dell'autorizzazione, anche alla luce dell'inquadramento costituzionale ed internazionale del preminente interesse del minore ritenuto ostativo al sacrificio dell'interesse del medesimo che deriva dall'applicazione dell'orientamento restrittivo. Le questioni su cui si incentra l'interpretazione della norma attengono a: 1) la necessità dei requisiti di eccezionalità ed emergenza nel pregiudizio del minore; 2) la configurabilità di «gravi motivi connessi con lo sviluppo psico-fisico del minore» che non abbiano i requisiti dell'eccezionalità e contingenza; 3) la compatibilità di tale interpretazione estensiva con la natura derogatoria della misura e con la sua temporaneità. Il dibattito dottrinale ha riguardato proprio l'ampiezza delle ragioni che possono giustificare il decreto di autorizzazione. A riguardo la dottrina ha osservato che la nozione di «sviluppo psicofisico» del minore non può essere ristretta alla mera protezione dell'incolumità psico-fisica ma deve corrispondere ad un'idea più ampia dello sviluppo del fanciullo che prenda in considerazione in modo equilibrato le conseguenze, nel periodo della sua minore età, del suo sradicamento dall'Italia al seguito dei familiari o, viceversa dell'allontanamento forzato di questi ultimi dalla sua persona sottolineandosi la necessità che la norma vada interpretata alla luce di quelle che la precedono e dei principi costituzionali ed internazionali che riconoscono la preminenza dell'interesse del minore, tenuto conto altresì della opposta natura dei principi che regolano la materia dell'immigrazione e quelli che sovraintendono al diritto minorile. La clausola di «eccezionalità» deve essere letta quindi nel senso di una concreta e percepibile gravità che trascenda l'ordinario disagio del rimpatrio del minore o del suo familiare. In conclusione, secondo la dottrina, può pervenirsi ad una seria e rigorosa valutazione della gravità dei motivi senza dover ricorrente al criterio aggiuntivo della loro eccezionalità. Analogo rilievo critico viene formulato dalla dottrina con riferimento al requisito della transitorietà o temporaneità o contingenza affermandosi che, come per l'eccezionalità si operi una trasposizione non giustificata di un requisito che attiene alla natura del provvedimento autorizzatorio, nei presupposti sostanziali delle condizioni di tutela dell'interesse del minore. Il pregiudizio per il minore tendenzialmente sarà tanto più grave quanto meno contingente e transitorio ed, in particolare, un serio scrutino di gravità dell'incidenza del mutamento traumatico di una condizione di equilibrio verso una diversa e imprevista, non può fondarsi su un criterio intrinsecamente contrastante con l''indicatore della gravità come quello della transitorietà. Né la gravità del pregiudizio può essere esclusa in tutti i casi (presumibilmente i più gravi) in cui il rischio per il minore è la insorgenza futura di una stabile o duratura condizione di grave disagio per il proprio equilibrio psico-fisico o una condizione patologica di lunga durata. È, conseguentemente erroneo ritenere che l'autorizzazione al soggiorno possa riguardare solo situazioni destinate a risolversi in tempi brevi, secondo l'opinione della dottrina, atteso che il requisito richiesto dalla norma è la determinatezza temporale non la sua brevità. Può invece, essere auspicabile, nei casi abbastanza frequenti di condizione temporanea di irregolarità del genitore convivente che venga richiesto al richiedente qual è il tempo presumibilmente necessario per ottenere un titolo di soggiorno in condizioni di legalità e che le istanze di proroga vengano esaminate con il medesimo rigore delle prime istanze, tenuto, infine, conto della non convertibilità dell'autorizzazione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Attorno al concetto di gravi motivi di cui all'art. 31, comma 3, si sono tradizionalmente registrate contrastanti interpretazioni nell'ambito della stessa giurisprudenza di legittimità. L'orientamento risalente, nella prospettiva di salvaguardare il territorio nazionale da una immigrazione non regolamentata, a sostanziale svantaggio del 'superiore interesse del fanciullo', ha interpretato restrittivamente il concetto di gravi motivi, ritenendo che questo richieda l'accertamento di situazioni di emergenza di natura eccezionale e contingente, di situazioni, cioè, che non siano normali e stabilmente ricorrenti nella crescita del minore (così Cass. n. 11624/2001; Cass. n. 3991/2002 e Cass. n. 17194/2003). In altri termini i gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore straniero presente nel territorio italiano devono essere correlati esclusivamente alla sussistenza di circostanze contingenti ed eccezionali che pongano in grave pericolo lo sviluppo normale della personalità del minore (dal punto di vista fisico e psichico), tanto da richiedere il sostegno del genitore per fronteggiarle, e non possono essere configurati in rapporto a situazioni che presentino carattere di normalità e tendenziale stabilità — quali le ordinarie esigenze di compimento del ciclo scolastico o dell'intero processo educativo-formativo del minore, di indeterminabile o lunghissima durata — come si desume inequivocamente dal rilievo che tale autorizzazione deve essere temporalmente limitata e revocata con la cessazione dei motivi che ne abbiano giustificato il rilascio. Detta autorizzazione non può, perciò, essere rilasciata al familiare, in ragione delle esigenze di salvaguardia di una situazione di integrazione del minore nel tessuto sociale che renda le sue condizioni di vita consone alle esigenze evolutive proprie dell'età e migliori rispetto a quelle godute o godibili nel Paese di origine o altrove. Diversamente, si produrrebbe il risultato di uno stabile radicamento nel territorio italiano del nucleo familiare, ovvero si configurerebbe un modo anomalo di legittimare l'inserimento di famiglie di stranieri illegalmente presenti nel territorio nazionale attraverso una forma di strumentalizzazione, e non già di tutela, dell'infanzia. In seguito alla pronuncia Cass. S.U., n. 22216/2006, ha tuttavia cominciato a farsi strada una interpretazione estensiva dei gravi motivi connessi con lo sviluppo psico-fisico del minore, non limitati dai requisiti dell'eccezionalità e contingenza, ma strettamente connessi allo sviluppo del fanciullo in modo da prendere in considerazione il preminente interesse del minore stesso in relazione alle varie circostanze del caso concreto, quali l'età, le condizioni di salute (anche psichiche) nonché il pregiudizio che potrebbe a questi derivare dall'allontanamento dei familiari. Con tale pronuncia la Corte aveva iniziato ad affermare che la presenza dei gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minorenne, ai sensi dell' art. 31, comma 3, d.lgs. n. 286/1998, deve essere puntualmente dedotta nel ricorso introduttivo soltanto nell'ipotesi di richiesta di autorizzazione all'ingresso del familiare nel territorio nazionale in deroga alla disciplina generale dell'immigrazione; allorché, invece, la richiesta autorizzazione riguardi la permanenza del familiare che diversamente dovrebbe essere espulso, la situazione eccezionale nella quale vanno ravvisati i gravi motivi può anche essere dedotta quale conseguenza dell'allontanamento improvviso del familiare sin allora presente, ossia di una situazione futura ed eventuale rimessa all'accertamento del giudice minorile (nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto irrilevante che nel ricorso rivolto al tribunale per i minorenni non fossero stati indicati i gravi motivi richiesti dalla legge, avendone quel giudice ritenuto certo l'avveramento sulla base delle conclusioni della consulenza tecnica, con la quale era stato accertato il grave pregiudizio che sarebbe derivato alla minore dalla perdita improvvisa della figura genitoriale). Nel solco di tale indirizzo interpretativo si pone anche Cass. n. 22080/2009 che statuisce che la temporanea autorizzazione all'ingresso o alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dall'art. 31, in presenza di gravi motivi connessi allo sviluppo psicofisico del minore e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del medesimo, non postula necessariamente l'esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, potendo essere connessa anche soltanto alla tenerissima età del minore, tenuto conto della grave compromissione all'equilibrio psico-fisico che determina in tale situazione l'allontanamento o la mancanza di uno dei genitori (nella fattispecie il minore aveva un'età inferiore all'anno di vita e l'autorizzazione ex art. 31 era stata richiesta dalla madre). Cass. n 5856/2010 statuisce, invece, che ai fini dell'autorizzazione temporanea all'ingresso od alla permanenza del familiare straniero del minore che si trovi nel territorio italiano, i gravi motivi connessi allo sviluppo-psico fisico del minore sono positivamente riscontrabili solo quando sia accertata l'esistenza di una situazione d'emergenza, rappresentata come conseguenza della mancanza o dell'allontanamento improvviso del genitore, a carattere eccezionale o contingente, che ponga in grave pericolo lo sviluppo normale della personalità del minore, mentre non possono essere ravvisate nelle ordinarie necessità di accompagnarne il processo d'integrazione ed il percorso educativo, formativo e scolastico, trattandosi di esigenze incompatibili con la natura temporanea ed eccezionale dell'autorizzazione. A pochi mesi di distanza Cass. n. 823/2010 ha ripreso l'orientamento interpretativo del 2009 sopra richiamato. In tale caso la Corte ritiene la necessità di distinguere il caso dell'ingresso in Italia del genitore che si trova all'estero dalla permanenza del genitore che si trova già in Italia, ravvisando la possibilità di una diversa valutazione dei gravi motivi nei due casi, atteso che, nel secondo caso, quale quello sub iudice nella specie, i gravi motivi — cui si ricollega l'autorizzazione dello straniero a rimanere in Italia — possono consistere sia in motivi già esistenti, e quindi attuali, sia in motivi dedotti quale possibile o probabile conseguenza dell'improvviso allontanamento del genitore. La Corte osserva che per un minore, specie se in tenerissima età, subire l'allontanamento di un genitore costituisca un sicuro danno che può porre in serio pericolo uno sviluppo psicofisico, armonico e compiuto del minore, con conseguente violazione non solo della disposizione del testo unico sull'immigrazione, ma anche dell'art. 155 c.c. e dell'art. 1l. n. 184/1983, nonché delle numerose previsioni della Carta di Nizza, che tutelano il rispetto della dignità umana, della vita familiare, del benessere dei minori e soprattutto del loro diritto a intrattenere, ove ciò corrisponda al loro interesse, regolari rapporti e contatti diretti con (entrambi) i genitori. Con Cass. S.U., n. 21799/2010, la Suprema Corte , componendo il contrasto, pur nel solco dell'indirizzo esegetico estensivo, premettendo che la tutela del diritto dei minori all'unità familiare è da considerare con riguardo ai parametri interpretativi prioritari tracciati dalla Corte Europea dei Diritti formulati dalla Corte di Giustizia, quali la durata e la stabilità dei rapporti, il radicamento del nucleo familiare e dei figli minori, le effettive necessità di reddito e di alloggio e che detta tutela, contrapposta alla tutela delle esigenze pubbliche di legalità e di sicurezza di cui al T.U. sull'immigrazione, ha affermato che la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dall'art. 31 in presenza di gravi motivi connessi al suo sviluppo psico-fisico, non richiede necessariamente l'esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, potendo comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che in considerazione dell'età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico, deriva o deriverà certamente al minore dall'allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall'ambiente in cui è cresciuto. Deve trattarsi tuttavia di situazioni non di lunga o indeterminabile durata e non caratterizzate da tendenziale stabilità che, pur non prestandosi ad essere catalogate o standardizzate, si concretino in eventi traumatici e non prevedibili che trascendano il normale disagio dovuto al proprio rimpatrio o a quello di un familiare (conf., tra le altre, Cass. n. 17739/2015, Cass. n. 25419/2015 e Cass. n. 29795/2017. Con Cass. n. 17942/2015 la stessa Suprema Corte, pur ponendosi in tale ultima prospettiva, ha chiarito che le situazioni rilevanti devono essere di non lunga o indeterminata durata e non caratterizzate dalla tendenziale stabilità e pur non prestandosi ad essere preventivamente catalogate e standardizzate, si devono comunque concretare in eventi traumatici e non prevedibili che trascendono il normale disagio dovuto al proprio rimpatrio o a quello di un familiare. (Alla stregua di tale principio la Corte rigettava il ricorso, atteso che nel caso di specie la situazione dedotta dalla ricorrente non era destinata a durare per un tempo determinato e temporaneo, con ciò risultando incompatibile con la natura dell'autorizzazione richiesta, dovendosi peraltro considerare che il danno che deriverebbe al minore non sembrava caratterizzato dai requisiti di effettività, concretezza e gravità). Cass. n. 19433/2017 statuisce che l'autorizzazione alla permanenza di cui all' art. 31 d.lgs. n. 286/1998 può essere concessa in considerazione di qualsiasi danno grave che - con giudizio anche prognostico sulle conseguenze di una modificazione delle sue condizioni di vita e della relativa incidenza sulla sua personalità - il minore potrebbe subire in conseguenza dell'allontanamento dei suoi genitori, non potendo omettersi di valutare elementi quali l'età prescolare del soggetto tutelato ed il pregiudizio che il minore dovrebbe sopportare in conseguenza dell'eventuale distacco dal luogo in cui ha il centro dei propri interessi e relazioni. (In applicazione di tale principio, la Corte di Cassazione ha cassato il provvedimento del tribunale per i minorenni che aveva negato l'autorizzazione invocata dai genitori albanesi di una minore, privi di attuale permesso di soggiorno, senza, però, valutare l'età prescolare della minore ed il suo radicamento sul territorio italiano ). L'esame che il giudice è chiamato ad effettuare a fronte dell'istanza di autorizzazione alla permanenza del familiare del minore, come chiarisce Cass. n. 17861/2017, è diretto all'accertamento della sussistenza di gravi motivi basati su una situazione oggettiva attuale o futura dedotta, attraverso un giudizio prognostico, quale conseguenza dell'allontanamento improvviso del familiare. Tale autorizzazione, concessa a tempo determinato, è revocabile ove vengano meno le sue ragioni giustificative, giacché la condizione psico-fisica del minore è una situazione suscettibile di mutare ed evolversi nel tempo. (In particolare, la Corte di Cassazione ha cassato il decreto con il quale la corte di appello aveva genericamente escluso che l'allontanamento del familiare avrebbe pregiudicato in modo irreparabile la serenità del minore, senza procedere ad un esame effettivo delle condizioni previste dalla norma). Cass. I, n. 4197/2018 , stabilisce che l'art. 31 d.lgs. n. 286 del 1998, poiché tutela il diritto del minore ad avere rapporti continuativi con entrambi i genitori anche in deroga alle altre disposizioni del decreto, non può essere interpretato in senso restrittivo, sicché la norma non richiede la ricorrenza di situazioni eccezionali o necessariamente collegate alla sua salute, ma comprende qualsiasi danno grave che potrebbe subire il minore, sulla base di un giudizio prognostico circa le conseguenze di un peggioramento delle sue condizioni di vita con incidenza sulla sua personalità, cui egli sarebbe esposto a causa dell'allontanamento dei genitori o dello sradicamento dall'ambiente in cui è nato e vissuto, qualora segua il genitore espulso nel luogo di destinazione. La pronuncia chiarisce che le situazioni che possono integrare i "gravi motivi" di cui al citato art. 31 non si prestano ad essere catalogate o standardizzate, spettando al giudice di merito valutare le circostanze del caso concreto con particolare attenzione, oltre che alle esigenze di cure mediche, all'età del minore, che assume un rilievo presuntivo decrescente con l'aumentare della stessa, e al radicamento nel territorio italiano, il cui rilievo presuntivo è, invece, crescente con l'aumentare dell'età, in considerazione della prioritaria esigenza di stabilità affettiva nel delicato periodo di crescita. Con riguardo al requisito del radicamento del minore nel territorio nazionale da esaminarsi ai fini della ricorrenza dei gravi motivi, Cass. I, n. 10930/2018 precisa che il radicamento in Italia va valutato anche nel caso in cui esso si sia determinato a seguito della permanenza sul territorio nazionale conseguente ad una pregressa autorizzazione temporanea rilasciata ai genitori, non essendo vietata la possibilità di una reiterazione di tale autorizzazione, come si evince dall'art. 29, comma 6, d.lgs. n. 286 del 1998. Cass. VI, n. 9391/2018 sottolinea che i "gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico" del minore, che consentono la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del suo familiare, devono consistere in situazioni oggettivamente gravi, comportanti una seria compromissione dell'equilibrio psicofisico del minore, non altrimenti evitabile se non attraverso il rilascio della misura autorizzativa, non potendo tale norma essere intesa come volta ad assicurare una generica tutela del diritto alla coesione familiare del minore e dei suoi genitori. La pronuncia, peraltro, sottolinea che incombe sul richiedente l'onere di allegazione della specifica situazione di grave pregiudizio che potrebbe derivare al minore dall'allontanamento del genitore. Nella specie la Corte rigettava il ricorso confermando la decisione impugnata che aveva ritenuto non valutabile alcuna situazione di radicamento nel territorio nazionale di un minore di due anni tenuto conto che la domanda era stata presentata dai genitori poche settimane dopo il suo ingresso in Italia. Nel giudizio avente ad oggetto l'autorizzazione all'ingresso o alla permanenza in Italia del familiare di minore straniero, altro profilo da valutare, come evidenziato da Cass. I, n. 14238/2018 è la sussistenza di comportamenti di questo familiare incompatibili con il soggiorno nel territorio nazionale, dovendo tale valutazione essere effettuata in concreto, con un esame complessivo della relativa condotta. Questo, per stabilire, all'esito di un attento bilanciamento, se le esigenze statuali inerenti alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza nazionale debbano prevalere su quelle derivanti da gravi motivi connessi allo sviluppo psicofisico del minore, cui la norma conferisce protezione primaria. La pronuncia sottolinea che l'art. 31 d.lgs. n. 286 del 1998 pone un parametro esterno a quello che costituisce il bene tutelato dalla norma conferendo rilievo ostativo ad attività del familiare incompatibili con la sua permanenza nel territorio nazionale sia quando tali attività siano sopravvenute sia quando siano riscontrate al momento del primo rilascio. Nella fattispecie la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata che aveva a priori negato l'autorizzazione ai genitori di tre minori, imputati e condannati per reati relativi alla tutela del diritto d'autore, ricettazione e contraffazione, ritenendo che l'istanza da loro presentata fosse del tutto strumentale e che in ogni caso, anche ove concessa, i minori sarebbero stati privati dell'assistenza dei genitori in quanto in stato di detenzione. Un limite all'esame della domanda exart. 31 del d.lgs. n. 286/1998 è costituito dall'espulsione obbligatoriamente inflitta. In tal caso, come affermato da Cass. I, n. 3916/2018, l'applicazione della misura di sicurezza dell'espulsione al cittadino straniero condannato in sede penale, ove obbligatoriamente inflitta ai sensi dell' art. 235 c. p. perché imposta da leggi speciali (nella specie dalla legge penale in materia di stupefacenti) e diversamente che nell'ipotesi di espulsione applicata facoltativamente dal giudice penale ex art. 15 d.lgs. n. 286/1998 - non consente al giudice civile, investito della richiesta di autorizzazione temporanea all'ingresso ed al soggiorno ex art. 31, comma 3 d.lgs n. 286/1998, di svolgere alcun sindacato su tale domanda. Ciò in quanto l'esecuzione della misura spetta esclusivamente, anche in riferimento ai profili attinenti alla famiglia dello straniero condannato, al complesso sistema articolato per gradi, della magistratura di sorveglianza. Cass. S.U. n. 15750/2019 , si pronuncia in ordine all'interpretazione da assegnare all'art. 31, comma 3, d.lgs. n. 286/1998 a seguito della ordinanza n. 29802/2018 con cui la Prima Sezione della Corte di Cassazione aveva richiesto la rimessione degli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite ai sensi dell' art. 374 c.p.c.. avendo sollevato il dubbio se il comportamento del familiare incompatibile con la permanenza in Italia potesse essere preso in considerazione solo ai fini della revoca dell'autorizzazione già concessa oppure anche ai fini del rigetto del rilascio dell'autorizzazione richiesta. Le Sezioni Unite, all'esito di un complesso percorso argomentativo, hanno statuito che in tema di autorizzazione all'ingresso o alla permanenza in Italia del familiare di minore straniero che si trova nel territorio italiano, ai sensi dell'art. 31, comma 3, del d.lgs. n. 286/1998, il diniego non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna per uno dei reati che lo stesso testo unico considera ostativi all'ingresso o al soggiorno dello straniero; nondimeno la detta condanna è destinata a rilevare, al pari delle attività incompatibili con la permanenza in Italia, in quanto suscettibile di costituire una minaccia concreta ed attuale per l'ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e può condurre al rigetto della istanza di autorizzazione all'esito di un esame circostanziato del caso e di un bilanciamento con l'interesse del minore, al quale la detta norma, in presenza di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico, attribuisce valore prioritario ma non assoluto. La sentenza de qua ha preso le mosse da un esame approfondito della giurisprudenza successiva a quella delle Sezioni Unite segnalando l'interpretazione “ampia” data al requisito dei gravi motivi a cui è subordinato il rilascio dell'autorizzazione da parte del Tribunale per i Minorenni. Tale requisito trova la sua ragione nell'esigenza di proteggere il diritto fondamentale del minore a vivere con i genitori e rinviene il fondamento normativo in disposizioni presenti in una pluralità di norme di origine sovranazionale, nazionale, di natura costituzionale o ordinaria. Ha segnalato la rilevanza dell' art. 8 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), della Carta fondamentale dei diritti dell'Unione Europea del 2000 (c.d. Carta di Nizza) nella versione del Trattato di Lisbona in vigore dal 1 dicembre 2009 che ha sancito il diritto al rispetto della vita privata e familiare e la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, che all' art. 3 prevede che in tutte le decisioni relative ai minori l'interesse superiore del fanciullo deve avere una considerazione preminente e all' art. 9 che gli Stati vigilano affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitori se non in casi specifici e controllati. La Corte è partita dal dato letterale dell' art. 31, comma 3, con riferimenti alla giurisprudenza costituzionale, ed in particolare a quelle decisioni che hanno ritenuto la legittimità del diniego del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno a seguito della condanna per determinati reati, purché vi sia un ragionevole bilanciamento tra l'esigenza di non discriminazione e quella di regolamentare i flussi migratori. Viene altresì richiamata la sentenza con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell' art. 1-ter, comma 13, lett. c), del d.l. 1 luglio 2009 n. 78, introdotto dalla legge di conversione 3 agosto 2009 n. 102, nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto dell'istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla pronuncia di una sentenza di condanna per uno dei reati previsti dall' art. 381 c.p.p., senza prevedere che la pubblica amministrazione accerti che lo stesso rappresenti una minaccia per l'ordine pubblico e la sicurezza dello Stato (Corte cost. n. 172/2012). Viene altresì richiamata la pronuncia Corte Cost. 202/2013 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, comma 5, d. lgs. n. 286/1998 nella parte in cui prevede che la valutazione discrezionale in esso stabilita si applichi solo allo straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare o al familiare ricongiunto, e non anche allo straniero che abbia legami familiari nel territorio dello Stato. La norma sulla quale la Corte è stata chiamata a pronunciarsi prevede la possibilità di una valutazione discrezionale sub specie di esclusione dell'automatismo espulsivo nel caso di straniero che ha esercitato il ricongiungimento familiare o del familiare ricongiunto allo scopo di potere garantire a tali soggetti, nonostante la ricorrenza dei presupposti per l'espulsione per avere commesso i reati di cui all' art. 4, comma 3, d.lgs. 286/1998, la permanenza sul territorio dello Stato. Tale possibilità è stata estesa dalla Corte anche a coloro che, possedendo i requisiti per il ricongiungimento, non hanno esercitato tale diritto, attraverso il richiamo, ancora una volta, ai propri precedenti sulla libera scelta garantita al legislatore nella determinazione delle modalità di controllo dell'ingresso degli stranieri. Le S.U. hanno preso in considerazione anche la giurisprudenza della Corte EDU con specifico riguardo all' art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo che ha costantemente affermato l'esigenza di bilanciare il diritto dello Stato di procedere all'espulsione degli stranieri puniti con pena detentiva con quello alla vita familiare del ricorrente e dei congiunti. Il giudicante ha infine operato un richiamo alla giurisprudenza della Cassazione penale che, in tema di misura di sicurezza dell'espulsione dello straniero, sia per quella prevista dall' art. 86 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 in seguito alla condanna per reati in materia di stupefacenti, sia per quella prevista dall' art. 235 c.p. e 15 d. lgs. n. 286 del 1998, ha stabilito la necessità di effettuare un esame comparativo tra la pericolosità sociale del condannato e l'interesse alla vita familiare. Nel filone interpretativo tracciato dalle Sezioni Unite si colloca altresì Cass. VI, n. 1563/2020. Affronta il diverso profilo problematico dei presupposti richiesti per l'autorizzazione ex art. 31, comma 3 del d.lgs n. 286 del 1998, Cass. n. 20645/2019. La Corte, pronunciandosi in un caso in cui era stata negata l'autorizzazione ex art. 31 ad una cittadina albanese, madre di tre minori, sull'assunto che la norma non è diretta alla scelta delle migliori condizioni di vita degli stessi bensì ad accertare l'esistenza di una situazione temporanea di grave disagio psico-fisico, ha invero statuito che va compiuto un giudizio prognostico relativo ai danni che potrebbero verificarsi per il minore a causa del rimpatrio mentre esula dal paradigma normativo e dall'elaborazione giurisprudenziale il fatto che il danno o il pericolo di danno debba essere per forza temporaneo e transeunte. Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che senza valutare la situazione dei minori in caso di rimpatrio, aveva posto in rilievo unicamente la limitatezza temporale del soggiorno in Italia e l'intento della madre di far crescere e studiare i minori in Italia. La giurisprudenza di legittimità si è altresì soffermata sul rapporto tra l'autorizzazione ex art. 31 d.lgs. n. 286/1998 ed altri istituti similari a tutela dei legami familiari. A riguardo Cass. n. 10785/2019 ha stabilito che in conformità ad un'interpretazione costituzionalmente orientata e in linea con i principi delineati dalla giurisprudenza della Corte EDU con riferimento all'art. 8 CEDU, il permesso di soggiorno per assistenza minore, previsto dall'art. 29, comma 6, del d.lgs. n. 286/1998, rilasciato al familiare autorizzato all'ingresso ovvero alla permanenza sul territorio nazionale, ai sensi dell'art. 31, comma 3, dello stesso decreto, può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi familiari, ai sensi dell'art. 30, comma 1, lett. c), d.lgs. 286/1998. Ritiene la Corte che la concessione del permesso di soggiorno per assistenza a minore evidenzi la sussistenza di un legame familiare significativo che costituisce una valida ratio giustificativa, a differenza di quanto stabilito per il permesso per motivi di lavoro, per l'eventuale conversione del permesso per assistenza a minore in permesso di soggiorno per motivi familiari, ai sensi dell'art. 30, comma 1, lett. c) d.lgs. n. 286/1998. E tuttavia, vertendosi in materia di rilascio di un titolo abilitativo alla permanenza sul territorio italiano, che involge altri interessi di rilievo pubblicistico, è necessario che il giudice di merito accerti caso per caso, dandone conto nella motivazione della decisione emessa, che il richiedente sia in possesso dei requisiti per il ricongiungimento familiare, previsti dall'art. 29 del d.lgs. n. 286/1998. Cass. n. 20645/2019 sottolinea che nel procedimento avente ad oggetto l'autorizzazione all'ingresso o alla permanenza in Italia del familiare di minore straniero mentre va compiuto un giudizio prognostico relativo ai danni che potrebbero verificarsi per il minore a causa del rimpatrio esula dal paradigma normativo nonché dall'elaborazione giurisprudenziale il fatto che il danno o il pericolo di danno debba essere per forza temporaneo e transeunte. Nella specie la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata che aveva negato l'autorizzazione ad una cittadina albanese madre di tre minori, con lavoro precario, coadiuvata solo dalla madre affetta da patologia ingravescente, senza valutare la situazione dei minori in caso di rimpatrio, ma soltanto la limitatezza temporale del soggiorno in Italia e l'intento della madre di far crescere e studiare i minori in Italia. Delinea la valutazione dei presupposti legittimanti il permesso ex art. 31, Cass. n. 773/2020 secondo cui I "gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico" del minore devono consistere in situazioni oggettivamente gravi, comportanti una seria compromissione dell'equilibrio psicofisico del minore, non altrimenti evitabile se non attraverso il rilascio della misura autorizzativa sicché la norma de qua non può quindi essere intesa come volta ad assicurare una generica tutela del diritto alla coesione familiare del minore e dei suoi genitori. Ne deriva pertanto che sul richiedente l'autorizzazione incombe l'onere di allegazione della specifica situazione di grave pregiudizio che potrebbe derivare al minore dall'allontanamento del genitore. Cass. I, n. 5938/2020 evidenzia che nella valutazione del danno grave per lo sviluppo psico-fisico di minori, ai fini del rilascio dello speciale permesso di soggiorno temporaneo in favore degli stranieri che siano genitori di figli minori, il tribunale per i minorenni non può omettere di tenere in considerazione, unitamente a tutti gli altri requisiti previsti dall' art. 31 anche l'età prescolare dei minori e la disponibilità del genitore richiedente ad occuparsi della loro cura, in ausilio della madre soggiornante impedita temporaneamente a farlo. Cass. VI, n. 15642/2020 , muovendo dalla premessa secondo cui l'autorizzazione all'ingresso o alla permanenza in territorio italiano in favore del familiare del minore straniero che si trovi in Italia, si fonda sul presupposto che, ai sensi dell' art. 19, comma 2, lett. a), d.lgs. 286/1998, quest'ultimo non può essere espulso, statuisce che la valutazione delle condizioni per il rilascio di detta autorizzazione non può esaurirsi in un giudizio sul radicamento del minore sul territorio italiano, il quale si risolverebbe in una grave violazione del divieto di espulsione. Tale valutazione può costituire solo un elemento integrativo, che concorre alla formulazione del giudizio prognostico, il quale deve fondarsi, indefettibilmente, sull'accertamento, secondo un giudizio probabilistico, del nesso causale tra l'allontanamento coattivo del genitore e i verosimili effetti pregiudizievoli sull'equilibrio psico-fisico del minore. Nella specie, la Corte di Cassazione ha cassato la decisione di merito, che aveva negato la richiesta autorizzazione esclusivamente in base alla ritenuta mancanza di radicamento del minore nel territorio italiano in ragione della tenera età dello stesso. Cass. I, n. 18188/2020 chiarisce altresì che la vulnerabilità di minori nati in Italia ed integrati nel tessuto socio-territoriale e nei percorsi scolastici, deve essere presunta, in applicazione dei criteri di rilevanza decrescente dell'età, per i minori in età prescolare, e di rilevanza crescente del grado di integrazione, per i minori in età scolare. Ne consegue che la condizione di vulnerabilità di tali minori deve essere ritenuta prevalente, sino a prova contraria, rispetto alle norme regolanti il diritto di ingresso e soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale, dovendosi dare primario rilievo al danno che deriverebbe loro per effetto del rimpatrio in un contesto socio-territoriale con il quale il minore stesso non abbia alcun concreto rapporto. Cass. n. 27238/2020 chiarisce che la valutazione prognostica deve avere ad oggetto l'accertamento della sussistenza di "gravi motivi" connessi allo sviluppo psico-fisico del minore, valutati caso per caso, senza che possa assumere rilievo esclusivo o preminente una prognosi negativa circa le prospettive di integrazione dei genitori in Italia, dato che in tal modo si sposterebbe l'oggetto del giudizio dalle esigenze esistenziali ed educative dei figli, che costituiscono la ratio della norma, alla condizione dei genitori. La Corte nella specie cassava il provvedimento del tribunale per i minorenni che, senza avere considerato il radicamento in Italia dei due figli minori di nove e quattro anni, nati e sempre vissuti nel nostro Paese, aveva rigettato l'istanza di concessione del permesso di soggiorno, limitandosi a sottolineare la situazione di irregolarità dei genitori, perdurante da circa sei anni e la situazione di detenzione del padre. Con riguardo alla valutazione dei gravi motivi, Cass. n. 27237/2020ha precisato che il tribunale per i minorenni nell'effettuare il giudizio prognostico circa le conseguenze alle quali il minore sarebbe esposto a seguito dell'allontanamento dei genitori o dello sradicamento dall'ambiente in cui il minore è nato o vissuto, qualora segua il genitore espulso nel luogo di destinazione, deve considerare anche le ricadute negative che deriverebbero al minore dal mutamento della situazione economica della famiglia conseguente alla perdita del lavoro da parte dei genitori. Ha ritenuto infatti la Corte che il deterioramento di tali condizioni è idoneo ad incidere non solo sul piano economico, ma anche sul piano relazionale ed affettivo del minore. Con riguardo ai presupposti dell'art. 31, Cass. n. 33360/2019 premesso che i "gravi motivi" connessi con lo sviluppo psico-fisico del minore costituiscono il presupposto legittimante il rilascio dello speciale permesso di soggiorno, mentre l'età e le condizioni di salute del minore sono i parametri di giudizio per valutare se quel presupposto sussista o meno, chiarisce che è sindacabile in sede di legittimità soltanto la pronuncia che abbia totalmente trascurato di considerare l'età o le condizioni di salute del minore, non anche quella che abbia preso in considerazione i detti parametri per trarne, però, conclusioni contestate dal ricorrente, ovvero abbia negato o affermato la sussistenza dei "gravi motivi", trattandosi di un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito e insindacabile in cassazione, salvi i casi-limite della motivazione apparente, insanabilmente contraddittoria o mancante, ossia tale da non attingere la soglia del "minimo costituzionale" che la motivazione di qualsiasi provvedimento giurisdizionale deve garantire. Nell'ipotesi di diniego dell'autorizzazione all'ingresso o alla permanenza nel territorio italiano del familiare di minore di nazionalità straniera, ai sensi dell' art. 31, Cass. n. 280/2020 chiarisce che nel caso di impugnazione di detto provvedimento nel relativo giudizio legittimato passivo è il solo pubblico ministero presso il giudice che procede. Nella specie, la Corte di Cassazione ha cassato senza rinvio il decreto impugnato, rilevando che l'azione non andava proposta nei confronti del ministero dell'Interno, bensì del procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni. Cass. n. 10849/2021 pone l'accento sul giudizio di bilanciamento tra l'interesse del minore e quello di rilievo pubblicistico alla sicurezza nazionale, chiarendo che tale giudizio può essere effettuato solo una volta che sia stata valutata la situazione attuale del minore, verificando se sussista il pericolo di un suo grave disagio psico-fisico derivante dal rimpatrio suo o del familiare, potendosi denegare l'autorizzazione solo nel caso in cui l'interesse del minore, pur prioritario nella considerazione della norma sia nel caso concreto recessivo, non avendo esso carattere assoluto come chiarito dalla CEDU nell'interpretazione dell'art. 8 della Convenzione. Nel caso esaminato la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza di merito che aveva rigettato l'autorizzazione, motivandola con considerazioni generali relative alla sicurezza pubblica e alle politiche migratorie, estrinseche alla valutazione del pregiudizio che il minore avrebbe potuto subire a seguito del rimpatrio proprio o dei genitori, limitandosi a negare l'esistenza di siffatto pregiudizio perché il nucleo familiare sarebbe comunque rimasto unito. Cass. n. 18604/2021 ha sottolineato che la valutazione prognostica della sussistenza dei "gravi motivi" connessi con lo sviluppo psicofisico del medesimo non può essere basata esclusivamente sulla valutazione di circostanze riguardanti il richiedente, dovendo, invece, tali elementi essere necessariamente bilanciati con la prognosi sugli effetti derivanti dall'allontanamento del genitore. Nella specie, la S.C. ha accolto il ricorso proposto dal padre di quattro minori avverso il provvedimento di rigetto della domanda di rilascio del permesso di soggiorno ex art. 31 del d.lgs. n. 286/1998, nel quale era stata presa in considerazione soltanto la sua situazione, avuto riguardo alle condanne subite per alcuni reati ed alla possibilità di una sua futura detenzione, senza avere bilanciato il ritenuto pericolo per l'ordine pubblico con la valutazione circa gli effetti che il suo allontanamento avrebbe avuto sui figli, nati in Italia e qui sempre vissuti con entrambi i genitori. In punto di prova del pregiudizio, Cass. n. 24039/2021 ha precisato che l'autorizzazione ai sensi dell'art. 31, comma 3, del d.lgs. n. 286/ 1998, è subordinata alla puntuale allegazione e dimostrazione della sussistenza dei gravi motivi per lo sviluppo psico-fisico del minore richiesti dalla norma soltanto quando la famiglia non sia ancora presente nel territorio nazionale, mentre quando è già presente opera la presunzione di radicamento del minore nel suo ambiente nativo, salvo prova contraria; in quest'ultimo caso, i gravi motivi idonei a giustificare l'autorizzazione temporanea possono perciò essere collegati all'alterazione di tale ambiente conseguente alla perdita della vicinanza con la figura genitoriale ovvero al repentino trasferimento in un altro contesto territoriale e sociale. Nella specie, la Corte di Cassazione ha cassato il decreto impugnato, che aveva negato l'autorizzazione alla permanenza dei genitori in Italia senza valutare le conseguenze negative che potevano derivare alla prole in caso di rimpatrio insieme ai genitori, non avendo tenuto conto che la vulnerabilità del minore è oggetto di presunzione tanto con riferimento al minore in età prescolare, quanto con riguardo al minore radicato in Italia. Cass. n. 29996/2020 ha specificato che l' autorizzazione all'ingresso o alla permanenza del familiare per un periodo di tempo determinato, non esclude la possibilità di un rinnovo dell'autorizzazione, tenuto conto del prioritario interesse del minore e sempre che ricorrano i presupposti previsti dalla norma e sia compiuto in termini favorevoli un nuovo giudizio prognostico all'attualità (si esprime in tal senso anche Cass. n. 10849/2021). Ha invece escluso la proroga dell'autorizzazione, da intendersi come mero differimento del termine di scadenza dell'autorizzazione già riconosciuta, meccanismo che risulterebbe del tutto sganciato dalla ricorrenza dei presupposti indicati. Con riguardo ai rapporti con l'espulsione, Cass. n. 9445/2021 ha stabilito che In sede di convalida del decreto del questore di trattenimento dello straniero presso il C.P.R. (Centro di permanenza per i rimpatri) ai fini dell'esecuzione del provvedimento di espulsione, la mera presentazione da parte dello straniero della richiesta di coesione familiare, ai sensi dell'art. 31 d.lgs. n. 286/1998, non può impedire la convalida della misura del trattenimento in questione, né è idonea a sospenderne l'efficacia trattandosi di effetto che resta riconnesso al rilascio della menzionata autorizzazione Con riguardo al procedimento, Cass. n. 20301/2021 ha stabilito che Io stesso non è soggetto al rinvio d'ufficio di tutte le udienze disposto dall'art. 1, comma 1, del d.l. n. 11 /2020 e dall'art. 83, comma 1, del d.l. n. 18/2020, conv. con modif. dalla l. n. 27/2020, trattandosi di giudizio sottratto al differimento ai sensi dell'art. 2, comma 2, lett. g), n. 1), del d.l. n. 11/2020 e dell'art. 83, comma 3, lett. a), del d.l. n. 18 /2020, in quanto rientrante tra le cause di competenza del tribunale per i minorenni relative a "situazioni di grave pregiudizio" per il minore. La più recente giurisprudenza ha avuto modo di ribadire che la speciale autorizzazione resa dal Tribunale per i minorenni all'ingresso o alla permanenza in Italia di un familiare del minore, ai sensi dell'art. 31 d.lgs. n. 286/1998, è volta a tutelare l'interesse di quest'ultimo e si fonda sul giudizio prognostico circa il pericolo di grave danno al benessere ed allo sviluppo psicofisico del minore medesimo in ipotesi di allontanamento del familiare, dovendosi a tal fine tenere conto del radicamento della famiglia nel territorio nazionale, dello sforzo di inserimento sociale del familiare, del disagio psicofisico cui il minore sarebbe esposto in caso di distacco dal luogo in cui si trova il centro dei suoi interessi e relazioni, nonché della tenera età del minore (Cass. n. 22027/2023). Cass. n. 15304/2023 ha chiarito che l'art. 8 CEDU, così come interpretato dalla Corte Europea dei diritti dell'Uomo, costituisce un insostituibile parametro normativo che il giudice del merito è tenuto a seguire per accertare, in ossequio ai principi di bilanciamento e proporzionalità, se l'ingerenza sul diritto al rispetto della vita familiare della prole possa dirsi legittimamente imposta alla stregua dell'art. 8 CEDU. (In applicazione di tale principio, la Corte di Cassazione ha cassato la decisione della corte territoriale che aveva respinto l'autorizzazione alla permanenza del padre di un minore dell'età di tre anni, in ragione dell'astratta esistenza di tre precedenti penali, omettendo di considerare la tipologia delle fattispecie incriminatrici, alcune di natura contravvenzionale, l'epoca nella quale i reati erano stati commessi e la loro concreta incidenza sullo stretto legame affettivo esistente con il minore, attestato dai servizi sociali e confermato dalla madre). Dello stesso avviso sono anche Cass. n. 5527/2023e Cass n. 7086/2022. I gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico ex art. 31, comma 3, d.lgs. 286/1998, sono rappresentati da situazioni oggettivamente gravi comportanti una seria compromissione dell'equilibrio psicofisico del minore, non altrimenti evitabile se non attraverso il rilascio della predetta misura autorizzativa (Cass. n. 355/2023). Infine Cass. 25662/2022 ha ribadito che il giudizio prognostico relativo al grave disagio psico-fisico determinato allo stesso dal trasferimento fuori del territorio italiano deve essere svolto sulla base di una concreta ed effettiva indagine riguardante l'interesse del minore alla permanenza in Italia e l'eventuale correlato pregiudizio determinato dall'allontanamento in relazione al radicamento da valutarsi sulla base di allegati fattori d'integrazione quali quella familiare, scolastica, relazionale ed ambientale. Ammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 111 CostLa Suprema Corte ha considerato ammissibile pur nel silenzio della legge il ricorso per cassazione avverso il decreto camerale pronunciato in sede di reclamo dalla Corte d'Appello, aderendo espressamente all'indirizzo delle sezioni unite (Cass. S.U., n. 22216/2006) che sembra aver risolto il contrasto giurisprudenziale in materia. Parte della giurisprudenza di legittimità ha negato l'ammissibilità del ricorso ordinario e straordinario per Cassazione contro i provvedimenti del Tribunale per i minorenni sulla base della constatazione che le decisioni dequibus sono sprovviste dei requisiti della decisorietà e della definitività, ex artt. 739-742-bis c.p.c. Secondo tale orientamento, il provvedimento emesso dai giudici di merito difetterebbe di decisorietà, poiché tale provvedimento è finalizzato esclusivamente a regolare gli interessi del solo minore, essendo impossibile identificare un qualunque altro soggetto portatore di un contrapposto diritto o interesse sulla cui attribuzione sia sorta controversia; sarebbe, altresì, esclusa la definitività poiché l'autorizzazione è revocabile “ad nutum”, qualora vengano meno i gravi motivi che ne abbiano giustificato il rilascio. L'indirizzo interpretativo contrario, ribadito più volte dalla prima sezione della Corte di Cassazione, e definitivamente consacrato dalle sezioni unite (Cass. S.U., n. 10136/2007; Cass. S.U., n. 22216/2006; Cass. S.U., n. 396/2006) ritiene sussistenti entrambi i requisiti. La decisorietà è ravvisata nella circostanza che il procedimento di cui all'art. 31, comma 3, è diretto ad attribuire un bene della vita, rappresentato dall'unità familiare e dall'assistenza reciproca tra i suoi membri, pur nell'interesse del minore; dunque, il provvedimento emesso dalla Corte di Appello tutela non l'interesse unilaterale del minore bensì un diritto soggettivo a titolarità multipla, facente capo al minore ma anche ai suoi familiari. Sussisterebbe, altresì, la decisorietà, in quanto il provvedimento passa in giudicato rebus sic stantibus, non è revocabile ad nutum, secondo la generica disposizione dell'art. 742 c.p.c., ma solo in ipotesi verificabili dopo la sua pronuncia e cioè per il venir meno dei gravi motivi che ne avevano giustificato il rilascio o per attività del familiare incompatibile con le esigenze del minore o con la sua permanenza in Italia. Per completezza di esposizione, è opportuno evidenziare che la Cassazione in più decisioni, tutte precedenti all'interpretazione delle sezioni unite, sent. Cass. S.U., n. 22216/2006, ha implicitamente ammesso ricorso straordinario per Cassazione pronunciando insubiecta materia (Cass. n. 17194/2003; Cass. n. 11951/2003; Cass. n. 9088/2002; Cass. n. 3991/2002; Cass. n. 11624/2001). 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