Codice Civile art. 82 - Matrimonio celebrato davanti a ministri del culto cattolico (1).

Giuseppe Buffone

Matrimonio celebrato davanti a ministri del culto cattolico (1).

[I]. Il matrimonio celebrato davanti a un ministro del culto cattolico è regolato in conformità del Concordato con la Santa Sede e delle leggi speciali sulla materia [107].

(1) V. art. 34 Concordato 11 febbraio 1929 reso esecutivo con l. 27 maggio 1929, n. 810; l. 27 maggio 1929, n. 847; art. 8 Accordo 18 febbraio 1984 che apporta modifiche al Concordato ratificato e reso esecutivo con l. 25 marzo 1985, n. 121.

Inquadramento

Il matrimonio è il negozio solenne mediante il quale un uomo e una donna assumono l'impegno di stabile convivenza e di reciproco aiuto come marito e moglie (Bianca C. M.). Strutturalmente, il matrimonio è un negozio giuridico bilaterale che si perfeziona con la volontà espressa dagli sposi nelle forme di legge. Si tratta di un atto avente natura personalissima, contrassegnato da tipicità ed insuscettibile di ricevere condizioni o termini (Perlingieri, 806). Il vincolo matrimoniale è il più importante veicolo di costituzione di una famiglia, tant'è che l'art. 29 della Costituzione «riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio». Il matrimonio ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare (art. 29 comma 2, Cost.). L'articolo 29 Cost., pertanto, garantisce una eguaglianza fondata sui vincoli della responsabilità e della solidarietà: il principio di eguaglianza tra i coniugi costituisce mera specificazione del principio generale di eguaglianza dettato dall'articolo 3 Cost., e comporta il riconoscimento di uguali responsabilità dei coniugi nello svolgimento dei rapporti familiari e pari diritti di sviluppo e di arricchimento della loro personalità sia all'interno del nucleo che nella vita di relazione. Peraltro, costituisce acquisizione da tempo condivisa dalla giurisprudenza e dalla dottrina che nel sistema delineato dal legislatore del 1975 il modello di famiglia-istituzione, al quale il codice civile del 1942 era rimasto ancorato, è stato superato da quello di famiglia-comunità, i cui interessi non si pongono su un piano sovraordinato, ma si identificano con quelli solidali dei suoi componenti.

La famiglia si configura ora come il luogo di incontro e di vita comune dei suoi membri, tra i quali si stabiliscono relazioni di affetto e di solidarietà riferibili a ciascuno di essi (Cass. n. 9801/2005). Sussiste famiglia, anche senza matrimonio (v. famiglia non fondata sul matrimonio). Il codice civile, integrato dalle normative speciali, regola diverse forme matrimoniali: tra le principali, si segnalano quello civile, concordatario, di culto acattolico. L'art. 82 riguarda il matrimonio celebrato davanti a ministri di culto cattolico.

Matrimonio canonico, matrimonio concordatario

Per la Dottrina della Chiesa, l'istituzione matrimoniale è una realtà di diritto naturale che ha come autore Dio, il quale ha dotato il matrimonio di leggi proprie (Aa.Vv., 38). Il matrimonio celebrato tout court secondo il culto cattolico non produce effetti civili. A seguito del Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929, lo Stato italiano ha, però, riconosciuto effetti giuridici al matrimonio celebrato dinanzi a un ministero del culto cattolico (matrimonio canonico), quando tale matrimonio venga trascritto nei registri dello Stato Civile (matrimonio cd. concordatario). La disciplina è stata successivamente modificata dall'accordo di revisione del Concordato del 18 febbraio 1984, ratificato ed eseguito con l. 121 del 1985. La Santa Sede, nel 2015, ha novellato il processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio (lettera apostolica in forma di «motu proprio» del Pontefice). Per il «matrimonio — atto», dunque, esistono diversi regolamenti; ma il «matrimonio — rapporto» è unicamente regolato dal diritto civile (Cian, Trabucchi, 171). L' art. 82 c.c., con riguardo al matrimonio del culto cattolico, riserva al diritto canonico la regolamentazione della costituzione e della validità del vincolo mentre restano riservati allo Stato gli aspetti relativi al rapporto matrimoniale, la separazione, il divorzio. Per effetto della disciplina pattizia stipulata tra Stato Italiano e Santa Sede, il riconoscimento civile del matrimonio canonico non è ammesso quando, nelle stesse condizioni, risulti preclusa la celebrazione del matrimonio civile; inoltre, nessun matrimonio religioso può acquistare effetti nell'ordinamento civile se non ha alla base una corrispondente volontà dei nubendi indirizzata a tali effetti (Moneta, 42). Presupposto del riconoscimento resta la trascrizione dell'atto matrimoniale nei registri dello Stato Civile a cui, in genere, provvede il parroco del luogo ove il matrimonio è stato celebrato entro cinque giorni. È ammessa anche una trascrizione tardiva ma su richiesta di entrambi i coniugi o su istanza di uno solo ma senza opposizione dell'altro. Posto che, nel rito concordatario, il matrimonio nasce con cerimonia religiosa e produce effetti civili, il giudice civile adito da uno o entrambi i coniugi non può «sciogliere» il vincolo matrimoniale come potrebbe fare per i matrimoni civili attesa la indissolubilità dell'unione religiosa. A mente della legge sul divorzio (l. n. 898/1970) può, pertanto, pronunciare la «cessazione degli effetti civili del matrimonio»; per le unioni civili, invece, può pronunciare lo «scioglimento».

Giova ricordare, sul piano processuale, che la distinzione tra scioglimento e cessazione degli effetti civili del matrimonio è meramente terminologica in quanto la regolamentazione delle due forme è assolutamente identica nei presupposti e negli effetti. Pertanto, non rileva se la domanda di divorzio sia presentata nell'una o nell'altra forma, dovendo il giudice far riferimento al petitum e alla causa petendi sostanziali ed effettivi (Cass. n. 9236/ 2012).

Sentenze ecclesiastiche di nullità del matrimonio

I tribunali ecclesiastici sono competenti per sindacare la validità dei matrimoni canonici: le sentenze ecclesiastiche, tuttavia, non producono effetti nell'Ordinamento italiano se non a seguito di delibazione: la materia è regolata esclusivamente dall'Accordo e dal suo Protocollo addizionale del 18 febbraio 1984, resi esecutivi dalla legge n. 121 del 1985: in particolare dall'art. 8, paragrafo 2, dell'Accordo e dal punto 4 del Protocollo, nonché dalle disposizioni della legge italiana cui essi rinviano, specificamente (rinvio «materiale» agli artt. 796 e 797 c.p.c., del 1940, di cui al punto 4, lett. b, del Protocollo) o genericamente (come fanno, ad esempio, l'art. 8, paragrafo 2, lett. b e c, dell'Accordo, e il punto 4, lett. b, n. 1, del Protocollo).

L' art. 82 c.c. costituisce una conferma di questa conclusione, in merito alla legge applicabile. Tuttavia, sulle controversie aventi ad oggetto la nullità del matrimonio concordatario, regolarmente trascritto nei registri dello stato civile italiani, promosse dinanzi sia al giudice ecclesiastico sia al giudice civile, «concorrono» autonomamente la giurisdizione italiana e la giurisdizione ecclesiastica, determinandosi il rapporto tra l'una e l'altra in base al criterio della giurisdizione preventivamente adita. Il giudizio di nullità reso dal tribunale ecclesiastico non è sempre suscettibile di delibazione in Italia. La convivenza «come coniugi», protrattasi per almeno tre anni dalla data di celebrazione del matrimonio «concordatario» regolarmente trascritto, connotando nell'essenziale l'istituto del matrimonio nell'ordinamento italiano, è costitutiva di una situazione giuridica disciplinata da norme costituzionali, convenzionali ed ordinarie, di «ordine pubblico italiano» e, pertanto, anche in applicazione dell'art. 7, comma 1, Cost., e del principio supremo di laicità dello Stato, è ostativa — ai sensi dell'Accordo, con Protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modificazioni al Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, reso esecutivo dalla l. 25 marzo 1985, n. 121, (in particolare, dell'art. 8, n. 2, lett. c, dell'Accordo e del punto 4, lett. b, del Protocollo addizionale), e dell'art. 797 c.p.c., comma 1, n. 7, — alla dichiarazione di efficacia nella Repubblica Italiana delle sentenze definitive di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici, per qualsiasi vizio genetico del matrimonio accertato e dichiarato dal giudice ecclesiastico nell'«ordine canonico» nonostante la sussistenza di detta convivenza coniugale (Cass.S.U., n. 16379/2014).

Il matrimonio tra persone dello stesso sesso

La nozione di matrimonio che si è offerta predica la diversità dei sessi («uomo» e «donna»). Il costume giurisprudenziale italiano, in materia di matrimonio — e, quindi, famiglia —, è stato tradizionalmente orientato a postulare la diversità dei sessi quale requisito implicito imprescindibile per assegnare a una unione l'importante aggettivazione: «familiare» (Buffone, 2009, 9, 911).

La sempre più consistente circolazione di unioni tra persone dello stesso sesso e l'amplificarsi di una tradizione europea di segno contrario hanno, però, infine condotto a un intervento «correttivo» della Corte Costituzionale italiana (Corte cost. n. 138/ 2010) nel senso di ricondurre l'unione omosessuale alle formazioni sociali tutelate dall'art. 2 della Costituzione; in sintonia con questa rinnovata lettura del concetto di unione familiare, la Corte europea dei Diritti dell'Uomo, con la sentenza 24 giugno 2010 (caso Schalk e Kopf contro Austria), ha mutato indirizzo (overruling) proprio in materia di coppia omosessuale statuendo che, la coppia formata da persone dello stesso sesso, convivente con una stabile relazione di fatto, «rientra nella nozione di vita familiare, proprio come vi rientrerebbe la relazione di una coppia eterosessuale nella stessa situazione». Per effetto del rinnovato quadro di principi governanti la materia, la giurisprudenza italiana di legittimità ha mutato indirizzo in merito alla validità ed esistenza del matrimonio celebrato tra persone dello stesso sesso, qualificandolo come negozio non contrastante con l'ordine pubblico, giuridicamente esistente, ma inidoneo a produrre effetti nell'ordinamento giuridico italiano perché non previsto tra le ipotesi legislative di unione coniugale (Cass. n. 4184/2012; Cass. n. 2400/2015).

Nel complesso, ciò che si verifica, è una erosione della visione “etero-centrica” del matrimonio, anche nel tentativo di eliminare le discriminazioni verso le cd. “famiglie arcobaleno”. In tal senso, invero, è anche la giurisprudenza dell'Unione che, ad esempio, in tema di libertà di circolazione (art. 21 TFUE) ha affermato che la nozione di «coniuge» è neutra dal punto di vista del genere e può comprendere quindi il coniuge dello stesso sesso del cittadino dell'Unione interessato (Corte Giust., Grande Sez., 5 giugno 2018, C-673/16; cd. sentenza Coman). Ultimo, recente, tassello di questa impronta europea è la comunicazione della Commissione europea, del 12 novembre 2020, “Unione dell'uguaglianza: strategia per l'uguaglianza lgbtiq 2020-2025”. In questo testo di soft law, tra l'altro, Commissione avvisa che continuerà a garantire la corretta applicazione della normativa in materia di libera circolazione, anche per affrontare le difficoltà specifiche che impediscono alle persone LGBTIQ e alle loro famiglie di godere dei propri diritti. Ciò comprende “dialoghi specifici con gli Stati membri in relazione all'esecuzione della sentenza Coman” (prima citata), “in cui la CGUE ha chiarito che il termine "coniuge" utilizzato nella direttiva sulla libera circolazione si applica anche ai partner dello stesso sesso”.

 Sul tema delle unioni tra persone dello stesso sesso, particolare importanza ha segnato la sentenza della Corte EDU 21 luglio 2015 (caso Oliari c/Italia) con cui la Corte Edu ha condannato l'Italia per non avere offerto una forma di riconoscimento alla famiglia formata da persone dello stesso sesso. Il Parlamento è intervenuto con una nuova normativa per porre riparo a questa lacuna (la legge cd. Cirinnà, n. 76/2016), corredata di decreti legislativi attuativi (dlgs nn. 5, 6 e 7 del 2017) con l'introduzione, in favore delle coppie omoaffettive, di una forma di riconoscimento autonoma e distinta dal matrimonio ossia «l'unione civile».

L'unione civile

L'unione civile è il vincolo giuridico che lega due persone dello stesso sesso e rappresenta una nuova forma familiare (Trib. Minorenni Bologna, 6 luglio 2017). In particolare, secondo la Dottrina, l'atto con cui le parti dichiarano di costituire una unione civile determina un rapporto di natura familiare definito dalla legge quale «unione civile fra persone dello stesso sesso», con il quale viene dato riconoscimento e veste giuridica alla famiglia costituita da persone dello stesso sesso. All'unione civile si applicano le sole norme del codice civile espressamente richiamate. La disciplina è contenuta nella l. n. 76/ 2016 e, tramite rinvio, in tutte le discipline matrimoniali applicabili. Lo statuto complessivo dell'istituto si ricava, anche, dai tre decreti attuativi: i decreti legislativi del 2017, numeri 5 (ordinamento civile), 6 (materia penale) e 7 (diritto internazionale privato).

Regimi patrimoniali

In tempi recenti, il Legislatore europeo è intervenuto introducendo delle regole eurounitarie in materia di regimi patrimoniali, prevedendo due nuovi strumenti. In primo è il Regolamento (UE) 2016/1103 del Consiglio, del 24 giugno 2016, che attua la cooperazione rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell'esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi. Il secondo è il Regolamento (UE) 2016/1104 del Consiglio, del 24 giugno 2016, che attua la cooperazione rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell'esecuzione delle decisioni in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate. I nuovi regolamenti si applicano agli Stati Membri con decorrenza dal 29 gennaio 2019.

Diritto internazionale privato

Le regole in tema di giurisdizione e legge applicabile sono enucleate nella legge sul diritto internazionale privato, di cui alla l. n. 218/1995: sono, però, regole recessive rispetto a quelle europee, in punto di giurisdizione (Regolamento n. 2201 del 2003, dall'1 agosto 2022: Reg. 1111/2019) ) e di legge applicabile (Regolamento n. 1259 del 2010).

In linea di principio, una pronuncia in materia di status circola liberamente in Italia, con il solo limite dell'ordine pubblico. Su questo dato ostativo, in tempi recenti, ha fatto chiarezza la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 15343/2016. In questa decisione, la Suprema Corte ha osservato che il matrimonio contratto all'estero alla presenza di uno solo dei nubendi e con la partecipazione in via telematica dell'altro non è contraria all'ordine pubblico italiano a condizione che lo stesso sia stato validamente celebrato secondo la legge del Paese straniero, dovendosi avere riguardo, in sede di delibazione, unicamente agli effetti dell'atto straniero, senza possibilità di sottoporlo ad un sindacato di tipo contenutistico, tanto più che neppure per il legislatore italiano la forma di cui all'art. 107 c.c. ha valore inderogabile.

I matrimoni contratti all'estero da un cittadino italiano e uno straniero non possono essere trascritti e riconosciuti come matrimoni, ma come unioni civili ai sensi della legge 76/2016, in virtù della nuova norma di diritto internazionale privato di cui all'art. 32-bis legge 218/1995, introdotto dal dlgs n. 7 del 2017 (v. Cass. n. 11696/2018).

Regimi Unitari

Il decreto legislativo n. 149 del 2022 (cd. Riforma Cartabia) ha modificato il codice di procedura civile prevedendo, in particolare, nuove disposizioni nel libro II, titolo VI-bis ove sono state introdotte: «Norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie», cd. pPMF).  Quanto al campo di applicazione del nuovo rito unitario – che non è più un procedimento  speciale – l'art. 473- bis c.p.c. prevede che le disposizioni contenute nel nuovo titolo IV- bis si applichino a tutti i procedimenti (di natura contenziosa) relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie di competenza del tribunale ordinario, di quello per i minorenni e del giudice tutelare, salvo che non sia diversamente stabilito e salve le esclusioni espressamente indicate dallo stesso articolo. Queste riguardano, in particolare, sia i procedimenti che in questa materia siano espressamente sottoposti dal legislatore ad altra disciplina processuale, sia i procedimenti volti alla dichiarazione dello stato di adottabilità, dei procedimenti di adozione dei minori, sia, infine, i procedimenti (di diversa natura e oggetto) attribuiti alla competenza delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea. La clausola generale di esclusione del rito unitario poggia le basi su due circostanze: 1) che il procedimento “non sia contenzioso”; 2) che sia “diversamente stabilito”. In virtù della cd. Riforma Cartabia, il procedimento che abbia ad oggetto questioni relative alla validità del matrimonio è regolato dagli artt. 473- bis e ss c.p.c.

Bibliografia

Aa.Vv., Matrimonio canonico e culture, Roma, 2015; Bianca C. M., Istituzioni di diritto privato, Milano, 2014; Buffone, Gattuso, Winkler, Unione Civile e convivenza, Milano, 2016; Buffone, L'insolubile paradosso delle famiglie omoaffettive, in Guida dir. 2015, 5, 26; Buffone, Riconoscibilità del diritto delle persone omosessuali di contrarre matrimonio con persone del proprio sesso in Nuova Giurisprudenza Civile Commentata 2009, 9, 911; Cian, Trabucchi - a cura di -, Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Moneta, Del matrimonio celebrato davanti a ministri del culto cattolico in Comm. Dir. it. Fam., Cian, Oppo, Trabucchi, II, Padova, 1992; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Sesta - a cura di -, Codice della famiglia, Milano, 2015.

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