Legge - 31/05/1995 - n. 218 art. 29 - Rapporti personali tra coniugi.Rapporti personali tra coniugi. 1. I rapporti personali tra coniugi sono regolati dalla legge nazionale comune. 2. I rapporti personali tra coniugi aventi diverse cittadinanze o più cittadinanze comuni sono regolati dalla legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata. InquadramentoIl criterio di collegamento principale dettato dal comma 1 della norma in esame è costituito dalla legge nazionale comune dei coniugi, come già da parte dell'abrogato art. 18 disp. prel. c.c. che, invero, solo nell'ipotesi di mancanza di una cittadinanza comune attribuiva prevalenza alla legge della nazionalità del marito. Per l'ipotesi nella quale i coniugi abbiano diverse cittadinanze ovvero più cittadinanze comuni, il comma 2 dello stesso art. 29 della l. n. 218/1995, individua quale criterio sussidiario quello del luogo nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata. Tale criterio, assolutamente innovativo nell'ordinamento italiano, costituisce espressione del principio di prossimità (sul quale cfr. Lagarde, 9 ss.). In dottrina è controverso l'ambito applicativo della legge che disciplina i rapporti personali tra i coniugi disciplinati dalla legge determinata in virtù della disposizione in commento. Secondo alcuni, infatti, la stessa regola non soltanto i rapporti personali tra i coniugi ma anche il regime patrimoniale c.d. primario (Clerici, 1062 ss.), ossia gli obblighi di contribuzione ai bisogni della famiglia e di mantenimento dei figli (Mosconi-Campiglio, I, 115). Per altri, invece, la legge determinata dall'art. 29 regola l'insieme di diritti e doveri di contenuto non patrimoniale che sussistono tra i coniugi, come, ad esempio, i doveri di fedeltà, di coabitazione, di assistenza morale (Ballarino 2016, 188). PremessaLa riforma generale del diritto internazionale privato, realizzata dalla l. n. 218/1995, ha origine proprio nei rapporti di famiglia, stante l'inadeguatezza, specialmente per gli stessi, a seguito del riconoscimento costituzionale dell'eguaglianza tra i coniugi, della disciplina dettata dalle disposizioni preliminari al codice civile che attribuiva, anche in ordine all'individuazione della legge applicabile, prevalenza a quella nazionale del marito o padre. Peraltro, si era creato un vero e proprio vuoto normativo a fronte di una sentenza della Corte Costituzionale che aveva dichiarato illegittimo, per violazione degli artt. 3, comma 1, e 29, comma 2, Cost., l'art. 18 disp. sulla legge in generale, nella parte in cui stabilisce l'applicazione della legge nazionale del marito al tempo della celebrazione del matrimonio ai rapporti personali tra i coniugi di diversa cittadinanza (Corte cost., 5 marzo 1987, n. 71, in Giust. Civ., 1987, I, 1365). Era pertanto necessario introdurre nuovi criteri conformi al principio, sancito dall'art. 29 Cost., ed attuato dalla riforma del diritto di famiglia di cui alla l. n. 171/1975, della parità morale e giuridica tra i coniugi. Legge nazionale comuneIl criterio di collegamento principale dettato dal comma 1 della norma in esame è costituito dalla legge nazionale comune dei coniugi, come prevedeva già l'abrogato art. 18 disp. prel. c.c. che, invero, solo nell'ipotesi di mancanza di una cittadinanza comune attribuiva prevalenza alla legge della nazionalità del marito. Questa scelta del legislatore è stata criticata da parte di alcuni Autori, in ragione del declino del canone della nazionalità rispetto a quello della residenza nei rapporti internazionali e considerata l'inversione dei flussi migratori alla luce della quale sarebbe stato opportuno consentire a stranieri desiderosi di integrarsi in Italia applicando la legge italiana avendo riguardo al luogo di residenza (Picone 1990, 666). Si è peraltro osservato che la possibilità ammessa dall'art. 13 della stessa l. n. 218/1995 di tenere conto del rinvio che la legge applicabile faccia alla legge di un altro Stato può condurre comunque all'applicazione della legge italiana, ove la legge nazionale comune rinvii alla legge di residenza dei coniugi e questi vivano stabilmente in Italia (Villani, 448). Stato nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzataPer l'ipotesi nella quale i coniugi abbiano diverse cittadinanze ovvero più cittadinanze comuni, il comma 2 dello stesso art. 29 della l. n. 218/1995 in esame, individua quale criterio sussidiario quello del luogo nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata. Tale criterio, assolutamente innovativo nell'ordinamento italiano, costituisce espressione del principio di prossimità (sul quale cfr. Lagarde, 9 ss.). Si è osservato che, peraltro, opera il criterio principale della legge della nazionalità comune dei coniugi anche qualora uno di essi abbia la doppia cittadinanza ma una sia comune all'altro coniuge (Clerici, 1062 ss.). Questa opinione è stata confermata in sede applicativa dalla giurisprudenza per la quale assume rilevanza la cittadinanza, anche straniera, comune (Trib. Tivoli, 4 agosto 2009, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2011, 160). Quanto all'individuazione — da effettuarsi necessariamente caso per caso da parte dell'interprete e, quindi, soprattutto dell'autorità giudiziaria — dello Stato nel quale la vita coniugale è prevalentemente localizzata, la Relazione illustrativa alla l. n. 218/1995 suggerisce di considerare comparativamente sia la natura che la durata delle connessioni idonee a determinare tale localizzazione. La S.C. ha evidenziato che, ai fini dell'accertamento della legge applicabile, del luogo della «vita matrimoniale», lo stesso va inteso in senso dinamico, come centro principale degli interessi e degli affetti dei coniugi, il quale spesso, ma non necessariamente, coincide con la residenza familiare, potendo i componenti della famiglia anche avere residenze diverse, con la conseguenza che, ancorché per lungo tempo la vita matrimoniale sia stata localizzata in uno Stato, qualora successivamente, ed anche se da un breve lasso di tempo, si verifichi un mutamento, è alla nuova localizzazione che il giudice deve fare riferimento, rilevando il concreto atteggiarsi dei rapporti familiari al momento della presentazione della domanda (Cass. I, n. 7599/2011). Anche in dottrina si è evidenziato che tra gli elementi rilevanti per individuare il luogo dove è prevalentemente localizzata la vita matrimoniale devono comprendersi l'eventuale residenza o domicilio comuni dei coniugi, la presenza e la residenza dei figli, i fattori di carattere patrimoniale (Villani, 453). Problemi interpretativi peculiari si pongono soprattutto quando non vi sia un luogo dove gli indici inducano in concreto a ritenere univocamente localizzata la vita matrimoniale. Si è suggerito di fare riferimento al luogo di localizzazione meno debole rispetto ad un determinato Stato (Mosconi-Campiglio, I, 203 ss.) ovvero al luogo di esecuzione degli obblighi coniugali c.d. primari (Vismara, 961 ss.). RinvioSia nell'ipotesi nella quale trovi applicazione il criterio di collegamento della cittadinanza comune dei coniugi sia in quello in cui operi il criterio del luogo dove è prevalentemente localizzata la vita matrimoniale, potrebbe darsi che la legge dello stato straniero che deve trovare applicazione a propria volta rinvii alla legge di altro Stato mediante le proprie norme di diritto internazionale privato (Clerici). L'art. 13 della l. n. 218/1995, infatti, accetta il meccanismo del rinvio, sia ove lo stesso costituisca un rinvio c.d. indietro alla stessa legge italiana, sia qualora sia un rinvio c.d. avanti alla legislazione di un altro Stato ove quest'ultimo accetti il rinvio. Rapporti personali tra coniugi regolati dalla legge individuata ai sensi dell'art. 29In dottrina è controverso l'ambito operativo della legge che disciplina i rapporti personali tra i coniugi disciplinati dalla legge determinata in virtù della norma in esame. Secondo alcuni, infatti, la stessa regola non soltanto i rapporti personali tra i coniugi ma anche il regime patrimoniale c.d. primario (Clerici, 1062 ss.), ossia gli obblighi di contribuzione ai bisogni della famiglia e di mantenimento dei figli (Mosconi-Campiglio, I, 115). Per altri, invece, la legge determinata dall'art. 29 regola l'insieme di diritti e doveri di contenuto non patrimoniale che sussistono tra i coniugi, come, ad esempio, i doveri di fedeltà, di coabitazione, di assistenza morale (Ballarino 2016, 188). Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno invece chiarito che l'art. 29, comma 2, della l. n. 218, cit., relativo alla legge applicabile ai rapporti personali tra i coniugi, non regola la giurisdizione (Cass.S.U., n. 9884/2001). Per altro verso, occorre interrogarsi sulla possibilità di dare applicazione in Italia a legislazioni straniere cui potrebbe rinviare l'art. 29 che disciplinano i rapporti personali tra coniugi secondo principi non paritari, come il diritto islamico nel quale la moglie è assoggettata alla potestà maritale. L'opinione prevalente è che queste disposizioni non possono trovare applicazione nel nostro ordinamento perché contrastanti con l'ordine pubblico (v. anche Commento all'art. 65), in quanto gli artt. 3 e 29 Cost. sanciscono la piena parità tra i coniugi, attuata con la riforma del diritto di famiglia del 1975 (Ballarino 2016, 188-189). Tuttavia, si è precisato che se ciò impedisce, quindi, l'applicazione del criterio della comune cittadinanza dei coniugi, nulla osta all'operare del criterio sussidiario del luogo dove la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata, atteso che il ricorso nella l. n. 218/1995 alla lex fori è configurato quale extrema ratio e che, peraltro, il criterio della localizzazione della vita matrimoniale è conforme al criterio di prossimità (Villani, 452). BibliografiaBadiali, Coniugi, II) rapporti personali e patrimoniali tra coniugi - Diritto internazionale privato e processuale, in Enc. giur., VIII, Roma, 1993, 3 ss.; Ballarino, Diritto internazionale privato italiano, Padova, 2016; Ballarino, Il nuovo diritto internazionale privato della famiglia, in Fam. e dir. 1995, n. 5, 487; Ballarino, Le norme di diritto internazionale privato davanti alla Corte costituzionale. 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