Codice Civile art. 107 - Forma della celebrazione (1).

Giuseppe Buffone

Forma della celebrazione (1).

[I]. Nel giorno indicato dalle parti l'ufficiale dello stato civile, alla presenza di due testimoni [137 2], anche se parenti, dà lettura agli sposi degli articoli 143, 144 e 147; riceve da ciascuna delle parti personalmente [111], l'una dopo l'altra, la dichiarazione che esse si vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie, e di seguito dichiara che esse sono unite in matrimonio [137, 138].

[II]. L'atto di matrimonio deve essere compilato immediatamente dopo la celebrazione [130].

(1) Articolo così sostituito dall'art. 10 l. 19 maggio 1975, n. 151. V. d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.

Inquadramento

L'art. 107 del codice civile regola la forma della celebrazione con una serie di disposizioni integrate da quanto previsto dal d.P.R. n. 396/2000 (v. artt. 64,66,70 d.P.R. n. 396/2000). In primo luogo, indica il tempo della celebrazione; in secondo luogo, ne esplicita in modo dettagliato i contenuti; infine, indica gli adempimenti che deve porre in essere l'ufficiale di Stato Civile.

Tempo della celebrazione

Perché il matrimonio abbia luogo, gli sposi devo presentare all'ufficiale di Stato Civile richiesta di celebrazione. Nessun requisito di forma è previsto e, pertanto, la richiesta può essere presentata oralmente. Ove ciò avvenga, nel caso di rifiuto dell'ufficiale di Stato Civile, questi — nel provvedimento motivato di rigetto — avrà cura di dare atto della data della richiesta e dei suoi contenuti per l'eventualità in cui il rifiuto stesso sia oggetto di impugnazione. A diverse conclusioni può pervenirsi ove gli sposi abbiano presentato la richiesta in forma scritta (richiesta che gli sposi stessi possono produrre unitamente alla impugnazione del rifiuto). Il matrimonio viene celebrato nella data indicata dagli sposi ma l'ufficiale di Stato Civile conserva il potere di rifiutare la celebrazione nella data indicata (art. 112 c.c.) spiegandone le ragioni. Le ipotesi possono essere le più svariate: si pensi al caso in cui, nella data indicata dagli sposi, siano già stati programmati altri matrimonio oppure siano programmate delle consultazioni elettorali che impegnano il personale dell'ente locale. Le ragioni ostative, insomma, possono essere anche di tipo organizzativo purché si distinguano per la loro idoneità oggettiva a collidere con la volontà degli sposi. Per queste ragioni, in genere, nella prassi, gli sposi concordano la data del matrimonio con l'ufficiale di Stato Civile il quale annota in calendario le celebrazioni man mano programmate in modo da procedere in modo ordinato. L'art. 107 rimette, comunque, agli sposi di decidere solo il «giorno» della celebrazione ma non anche l'ora che, pertanto, appartiene alla discrezionalità dell'ufficio pubblico, secondo le dotazioni organiche e la struttura organizzativa. Ovviamente, deve trattarsi di un orario che, secondo i costumi, non pregiudichi il buon esito della celebrazione stessa.

Modalità della celebrazione

La cerimonia viene presieduta dall'ufficiale di Stato Civile che, per tutto il rito, indossa la fascia tricolore (art. 70 d.P.R. n. 396/2000) poiché in veste di rappresentante dello Stato. La serietà del vincolo viene ricordata agli sposi mediante lettura agli stessi degli articoli 143,144 e 147 c.c.. L'art. 143 c.c. indica i diritti e i doveri reciproci dei coniugi; l'art. 144 c.c. riguarda l'indirizzo della vita familiare e la residenza della famiglia; l'art. 147 c.c. (nella versione ritoccata dal d.lgs. n. 154/ 2013) fa riferimento ai doveri verso i figli. Nella ipotesi in cui uno degli sposi non conosca la lingua italiana nonché in quelle in cui sia sordo, muto, o comunque impedito a comunicare, l'ufficiale dello stato civile celebra il matrimonio o con l'ausilio di un interprete o avvalendosi di mezzi idonei per rivolgere a questi le domande, riceverne le risposte e dargli comunicazione delle disposizioni contenute negli articoli 143,144 e 147 c.c. e della dichiarazione di unione degli sposi in matrimonio (art. 66 d.P.R. n. 396/2000). Dopo la lettura degli articoli su indicati, l'Ufficiale di Stato Civile deve ricevere dagli sposi la loro dichiarazione di volersi prendere rispettivamente in marito e in moglie: in altri termini, deve accertare la presenza del mutuo consenso che deve essere manifestato in modo consapevole e libero oltre che «attuale». Ciò vuol dire che fino al momento della cerimonia, ciascuno degli sposi ben può revocare il consenso all'unione matrimoniale. Durante il rito gli sposi possono anche dichiarare la volontà di riconoscere figli. Raccolto il mutuo consenso degli sposi al matrimonio, l'ufficiale dichiara che sono uniti in matrimonio. In Dottrina si discute se il vincolo nasca con la dichiarazione degli sposi di volersi come marito e moglie o, piuttosto, con la dichiarazione dell'ufficiale di Stato Civile. Vi è, invero, che la questione va risolta secondo i principi generali regolativi del negozio giuridico. Al lume di questi principi, è lo scambio del consenso, nel luogo e nel tempo indicato dalla Legge, a far nascere il vincolo: la dichiarazione dell'ufficiale è, quindi meramente dichiarativa di un negozio perfezionatosi e non assume, dunque, valenza costituiva. Ne consegue che se uno degli sposi morisse dopo lo scambio del consenso, comunque l'ufficiale di Stato Civile dovrebbe procedere a completare le formalità di legge.

Vizi della celebrazione

La maggior parte delle prescrizioni di celebrazione fa capo a un ventaglio di regole non invalidanti in caso di violazione: così la lettura degli articoli del codice ai nubendi o le menzioni di legge nell'atto di matrimonio. In particolare, l'inosservanza della norma relativa alla presenza dei testimoni al matrimonio civile non produce la nullità del matrimonio, ma solo la sanzione dell'ammenda a carico dell'ufficiale di stato civile celebrante (Cass. n. 2634/ 1969). Nemmeno ha rilevanza la riserva mentale degli sposi al momento della celebrazione del rito, avendo valore costitutivo del vincolo la dichiarazione di mutuo consenso resa all'ufficiale di Stato Civile (Cass. n. 684/ 1964); si è ritenuto, peraltro, che il matrimonio è insuscettibile di simulazione (Cass. n. 1566/ 1962) se non nei casi di cui all'art. 123 c.c. Nel dibattito attorno alla ammissibilità della simulazione matrimoniale, si collocano i dubbi riguardo alla validità del matrimonio celebrato ioci causa. In tempi risalenti, ma con opinione condivisa dalla Dottrina, la giurisprudenza ha affermato che la celebrazione del matrimonio non esige per la sua esistenza che i nubendi siano esattamente identificati, onde il vizio, casuale colposo, o doloso, (cioè a seguito di dichiarazione di nome falso) nell'identificazione non incide sull'elemento intrinseco dell'accertamento, da parte dell'ufficiale dello stato civile, del consenso delle persone che fisicamente si sono a lui presentate per la celebrazione, ma su un elemento meramente estrinseco, qual è quello della formazione del documento destinato a provare l'avvenuta celebrazione che ha funzione esclusivamente probatoria. Per tale sua caratteristica detto vizio non e neppure previsto dalla legge come motivo di nullità o di annullabilità del matrimonio e può essere sempre sanato, nella forma e nella sede opportuna, dimostrando la reale identità dei nubendi ed ottenendo la rettifica conseguenziale dell'atto di matrimonio (Cass. n. 3456/1971, in Foro It., 1972, I, 2174).

Incapacità naturale

L'ordinamento attribuisce importanza al matrimonio come atto di volontà che presuppone la piena consapevolezza del suo significato (Cass. n. 14794/ 2014), la quale viene a mancare in tutti i casi in cui la sfera volitiva e cognitiva del coniuge sia pregiudicata da cause di qualunque natura, temporanee o permanenti (è utile ricordare che la Corte costituzionale, con sentenza n. 32/1971, dichiarò la incostituzionalità della l. n. 847 del 1929, art. 16, recante disposizioni per l'applicazione del Concordato fra la Santa Sede e l'Italia, nella parte in cui non prevedeva l'impugnazione della trascrizione del matrimonio nel caso in cui uno degli sposi fosse in stato di incapacità naturale al momento del matrimonio in forma concordataria). Ecco perché lo stato di incapacità rileva nella formazione del vincolo matrimoniale costituendone un presupposto: anzi, il presupposto dei presupposti. La sua rilevanza emerge nella disciplina matrimoniale in diversi momenti: prima della celebrazione, dopo la celebrazione. Sotto il primo aspetto, giova rilevare come la celebrazione del matrimonio possa essere sospesa se uno degli sposi sia stato evocato in giudizio per essere dichiarato interdetto per infermità di mente (art. 85 c.c.); misura cautelativa che può essere adottata anche nell'amministrazione di sostegno (v. art. 411 c.c.). Sotto il secondo aspetto si rileva che se il matrimonio è stato celebrato con partecipazione di uno sposo incapace di intendere e volere, il vincolo può essere annullato (art. 120 c.c.). Nulla la legge invece osserva in merito alla rilevanza della incapacità «durante la celebrazione» ossia se l'ufficiale di Stato Civile possa rifiutarsi di procedere nella cerimonia, avvedutosi della mancanza di capacità di intendere e volere in capo ad uno degli sposi, là dove essa incapacità naturale sia manifesta. Se in tale situazione la cerimonia fosse inattaccabile, potrebbe risultare vulnerato il diritto della persona di effettuare la scelta di contrarre matrimonio in modo libero e consapevole, la cui importanza è riconosciuta dalla Convenzione di New York del 13 dicembre 2006, ratificata dall'Italia con l. 3 marzo 2009 n. 18 (sulla tutela delle persone con disabilità cui dev'essere assicurata «la libertà di compiere le proprie scelte», nel rispetto delle proprie volontà e preferenze «scevre da ogni conflitto di interesse e da ogni influenza indebita»), e potrebbero rimanere inattuati i principi di dignità della persona (art. 2 Cost.) e di pienezza della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) che dev'essere assicurata a tutti i cittadini (art. 3 Cost.). Ne consegue che una interpretazione costituzionalmente orientata impone di assegnare all'ufficiale di Stato Civile anche il potere di rifiutare di procedere nella cerimonia ove lo imponga lo stato di incapacità del nubendo, come se questi non rendesse la dichiarazione di voler prendere il partner come marito o come moglie.

Unione Civile

Per l'unione civile, v. D.lgs. 19 gennaio 2017 n. 5 (adeguamento delle disposizioni dell'ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni, nonché modificazioni ed integrazioni normative per la regolamentazione delle unioni civili, ai sensi dell'articolo 1, comma 28, lettere a) e c), della legge 20 maggio 2016, n. 76). All'unione civile, in punto di luogo e tempi della costituzione, non può essere riservato un trattamento deteriore rispetto a quello previsto per il matrimonio (T.A.R. Lombardia (Brescia), I, 14-29 dicembre 2016; T.A.R. Veneto I, ordinanza 7 dicembre 2016 n. 640).

Bibliografia

Benedetti, Il procedimento di formazione del matrimonio e le prove della celebrazione, in Tr. ZAT, I, Milano, 2011; Bianca C. M., Istituzioni di diritto privato, Milano, 2014; Cian, Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Ferrando, L'invalidità del matrimonio in Tr. ZAT, I, Milano 2002; Lipari, Del matrimonio celebrato davanti all'ufficiale dello stato civile in Comm. Dif., II, Padova, 1992; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015; Spallarossa, Le condizioni per contrarre matrimonio, in Tr. ZAT, I, Milano, 2011.

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