Codice Civile art. 89 - Divieto temporaneo di nuove nozze (1).Divieto temporaneo di nuove nozze (1). [I]. Non può contrarre matrimonio la donna, se non dopo trecento giorni dallo scioglimento, dall'annullamento o dalla cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio. Sono esclusi dal divieto i casi in cui lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio siano stati pronunciati in base all'articolo 3, numero 2, lettere b) ed f), della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e nei casi in cui il matrimonio sia stato dichiarato nullo per impotenza, anche soltanto di generare, di uno dei coniugi (2). [II]. Il tribunale con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio quando è inequivocabilmente escluso lo stato di gravidanza o se risulta da sentenza passata in giudicato che il marito non ha convissuto con la moglie, nei trecento giorni precedenti lo scioglimento, l'annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dell'articolo 84 e del comma quinto dell'articolo 87. [III]. Il divieto cessa dal giorno in cui la gravidanza è terminata. (1) Articolo così sostituito dall'art. 6 l. 19 maggio 1975, n. 151. (2) Comma così sostituito dall'art. 22 l. 6 marzo 1987, n. 74. InquadramentoL' art. 89 c.c. introduce l'impedimento tradizionalmente noto come «lutto vedovile» poiché viene precluso alla donna di contrarre matrimonio se non dopo trecento giorni dal divorzio o dall'annullamento del vincolo matrimoniale. La ratio viene individuata classicamente nell'esigenza di evitare la turbatio sanguinis per assicurare certezza nell'attribuzione della paternità (Cian, Trabucchi, 199). Sotto tale aspetto, l'impedimento in rassegna è finalizzato ad evitare il conflitto tra diverse presunzione di paternità (Spallarossa, 790). L' art. 89 c.c. non è coordinato con l'art. 232 c.c., in materia di presunzione di concepimento (come modificato dal d.lgs. n. 154/ 2013) ove è previsto che: a) si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell'annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio; b) la presunzione non opera decorsi trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data della comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi di annullamento / divorzio. Lutto vedovileL'impedimento scandito dall'art. 89 c.c. è dispensabile; comunque, la sua violazione non determina nullità del matrimonio. Infatti, ai sensi dell'art. 140 c.c. «la donna che contrae matrimonio contro il divieto dell'articolo 89, l'ufficiale che lo celebra e l'altro coniuge sono puniti con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 20 a € 82». Si tratta, quindi, di una mera irregolarità sanzionata con il pagamento di un'ammenda (Sesta, 335). Il divieto tipizzato nell'art. 89 c.c. non opera nel caso in cui il divorzio sia pronunciato per in consumazione oppure in virtù di separazione protrattasi per un periodo tale da escludere la possibilità di commixtio sanguinis. La norma nemmeno si applica nei casi in cui il matrimonio sia stato dichiarato nullo per impotenza, anche soltanto a generare, di uno dei coniugi. Il divieto ex art. 89 nemmeno opera là dove i coniugi siano pervenuti al divorzio a mezzo di negoziazione assistita ex art. 6 d.l. n. 132/2014 (conv. in l. n. 162/2014): come noto, la negoziazione assistita in materia di divorzio è ammessa nei casi di cui all'articolo 3, primo comma, numero 2), lettera b), della legge 1 dicembre 1970, n. 898 e, per l'effetto, si applica l'art. 89, comma 1, secondo periodo. La convenzione di negoziazione, infatti, produce gli stessi effetti del provvedimento che sostituisce. L'impedimento è dispensabile su istanza presentata al Tribunale di residenza della donna. Il Tribunale definisce il giudizio con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero: può autorizzare il matrimonio solo quando è inequivocabilmente escluso lo stato di gravidanza o se risulta da sentenza passata in giudicato che il marito non ha convissuto con la moglie nei trecento giorni precedenti lo scioglimento, l'annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Il decreto è notificato agli interessati e al pubblico ministero e contro di esso può essere proposto reclamo, con ricorso alla corte d'appello, nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione. La corte d'appello decide con ordinanza non impugnabile, emessa in camera di consiglio. Il decreto acquista efficacia quando è decorso il termine di dieci giorni, senza che sia stato proposto reclamo. Il matrimonio contratto in violazione dell'art. 89 c.c. non rientra tra quelli impugnabili ex art. 117 c.c. Cessazione del divietoIl divieto cessa dal giorno in cui la gravidanza è terminata: il tenore della norma è compatibile anche con l'interruzione della gravidanza stessa, ex lege n. 194 del 1978. Il divieto in rassegna è, comunque, superabile mediante dimostrazione che la donna interessata a contrarre nuovo matrimonio non è in stato di gravidanza (Trib. Milano, 23 marzo 2016). Morte del coniugeIl divieto temporaneo di nuove nozze, previsto dall'art. 89 c.c., vieta alla donna di contrarre nuove nozze se non decorsi «trecento giorni dallo scioglimento, dall'annullamento o dalla cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio»; la donna che contrae matrimonio contro il divieto dell'articolo 89, l'ufficiale che lo celebra e l'altro coniuge sono puniti con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 20 a € 82 (v. art. 140 c.c.). Il divieto in esame sembrerebbe dunque circoscritto al solo caso della intervenuta pronuncia divorzile (o caducatoria), non operando nell'ipotesi di decesso del coniuge; sennonché, l'art. 52 comma II del d.P.R. n. 396/ 2000, espressamente prevede che «se si tratta di vedova o di donna nei cui confronti è stato dichiarato l'annullamento, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio, l'ufficiale dello stato civile deve accertare se ricorrono le condizioni previste dall'articolo 89 del codice civile» così risultando, dal combinato disposto delle due norme, che il divieto in esame opera anche in caso di morte di uno degli sposi. L'estensione del divieto al caso della morte è coerente con la ratio della disposizione che, come noto, istituisce il cd. lutto vedovile al fine di evitare la cd. commixtio sanguinis. In tempi recenti, la giurisprudenza di merito si è pronunciata in questa direzione (Trib. Milano, 1 febbraio 2016). Il divieto in rassegna è in ogni caso superabile mediante dimostrazione che la donna interessata a contrarre nuovo matrimonio non sia in stato di gravidanza. BibliografiaBianca C. M., Istituzioni di diritto privato, Milano, 2014; Cian, Trabucchi - a cura di -, Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Ferrando, L'invalidità del matrimonio, in Tr. ZAT, I, Milano 2002; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015; Spallarossa, Le condizioni per contrarre matrimonio, in Tr. ZAT, I, Milano, 2011. |