Codice Civile art. 157 - Cessazione degli effetti della separazione (1).

Giuseppe Buffone

Cessazione degli effetti della separazione (1).

[I]. I coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza di separazione, senza che sia necessario l'intervento del giudice, con una espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione.

[II]. La separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione.

(1) Articolo così sostituito dall'art. 39 l. 19 maggio 1975, n. 151.

Inquadramento

La separazione prelude al divorzio ma non fa venir meno lo status coniugale. Il favor del Legislatore per l'unità della famiglia si esprime nelle norme che tendono a ripristinare la vitalità del vincolo, contraddistinte da un regime che assegna importanza alla spontanea riconciliazione dei coniugi, nelle diverse fasi in cui può intervenire: dopo la proposizione della domanda di separazione (che per effetto della riconciliazione è da intendersi abbandonata: v. art. 154 c.c.); dopo la sentenza di separazione (i cui effetti cessano a seguito dalla scelta riconciliativa dei coniugi: v. art. 157 c.c.). La cessazione degli effetti civili della separazione ex art. 157 c.c. si determina a seguito di riconciliazione, che non consiste nel mero ripristino della situazione «quo ante», ma nella ricostituzione del consorzio familiare attraverso la ricomposizione della comunione coniugale di vita, vale a dire la ripresa di relazioni reciproche, oggettivamente rilevanti, tali da comportare il superamento di quelle condizioni che avevano reso intollerabile la prosecuzione della convivenza e che si concretizzino in un comportamento non equivoco incompatibile con lo stato di separazione.

Riconciliazione

La riconciliazione è la ricostituzione del vincolo coniugale, inteso come ripristino della comunione di vita: la coabitazione ne rappresenta uno degli indici rivelatori più importanti ma essa in sé non è dirimente essendo necessario il rispristino della comunione di vita e d'intenti, materiale e spirituale, che costituisce il fondamento del vincolo coniugale (Cass. n. 19535/2014). In particolare, non costituisce riconciliazione la condotta posta in essere a scopo sperimentale o solidaristico senza che la comune volontà sia animata da affectio coniugalis. Nemmeno rivela necessariamente riconciliazione la persistenza di rapporti sessuali tra i coniugi dopo la separazione, poiché la sessualità, isolata dalla condivisione del progetto di vita comune, non disvela i caratteri tipici della vita matrimoniale. La giurisprudenza della Suprema Corte ha diverse volte affermato che per aversi una vera e propria riconciliazione, non basta il ripristino o il mantenimento di frequenti rapporti, anche sessuali, fra i coniugi, ma occorre la restaurazione vera e propria del nucleo familiare (Cass. n. 15481/2003). Nel caso in cui i coniugi, dopo la sentenza di separazione, si siano riconciliati, è nella loro facoltà far cessare gli effetti della sentenza di separazione, senza che sia necessario l'intervento del giudice. Una prima ipotesi è mezzo della riconciliazione espressa ossia a mezzo di una dichiarazione resa all'ufficiale dello Stato Civile che ne fa annotazione nel loro atto di matrimonio (art. 69, lett. f, d.lr. 396 del 2000): l'annotazione risponde alla finalità di rendere noto ai terzi il venire meno dello stato di separazione tra i coniugi. La riconciliazione può, però, essere anche «tacita»: in questo caso, si registra «un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione». Si tratta di un fatto giuridico suscettibile di prova che può, dunque, essere dimostrato processualmente dal terzo interessato a far valere lo stato coniugale integro piuttosto che la separazione dei coniugi.

Ove dopo la separazione sia intervenuta riconciliazione, la domanda di divorzio eventualmente proposta è improcedibile (Cass. n. 11636/2020). Bene ricordare che riconciliazione, ai fini di cui all'art. 157 c.c., implica la ricostituzione del consorzio familiare attraverso la ricomposizione della comunione coniugale di vita, ossia la ripresa di relazione reciproche oggettivamente rilevanti, che si siano concretizzate in un comportamento inequivoco, incompatibile con lo stato di separazione.

Nuova separazione

L'art. 157 comma 2, si riferisce a un nuovo giudizio di separazione dopo una precedente pronunzia di separazione seguita da riconciliazione fra i coniugi. In questo caso solo i «fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione» possono costituire il fondamento di una nuova pronunzia. E ciò perché nel giudizio conclusosi con la precedente sentenza i fatti anteriori sono stati già dedotti o comunque potevano essere dedotti; i precedenti rapporti fra i coniugi sono stati giudicati e, per così dire, assorbiti nella pronunzia di separazione. Se a questa ha fatto seguito la riconciliazione, è ragionevole che solo nuovi fatti e comportamenti possano motivare una nuova pronunzia di separazione (Corte cost. n.104/1983). In caso di successiva separazione, dopo una riconciliazione ex art. 157 c.c., occorre una nuova regolamentazione dei rapporti economici tra i coniugi, cui il giudice deve provvedere sulla base di una nuova valutazione della situazione economico-patrimoniale dei coniugi stessi, che tenga conto delle eventuali sopravvenienze e, quindi, anche delle disponibilità da loro acquisite per effetto della precedente separazione (Cass. n. 19541/2013).

Riconciliazione e comunione legale

Sussiste un vivace dibattito in ordine agli effetti della riconciliazione sul regime patrimoniale dei coniugi. L'orientamento prevalente della giurisprudenza è nel senso che la separazione personale costituisce causa di scioglimento della comunione, che è rimossa dalla riconciliazione dei coniugi, dalla quale deriva il ripristino del regime di comunione originariamente adottato; tuttavia, in difetto di alcuna segnalazione esterna dell'evento riconciliativo, secondo le norme generali che governano la pubblicità delle vicende giuridiche a tutela dei terzi ed, ora, secondo il meccanismo di annotazione specificamente predisposto per la riconciliazione, come per la separazione, dei coniugi dagli artt. 63 e 69 del d.P.R. n. 396 del 2000, l'intervenuto nuovo mutamento del regime patrimoniale della famiglia, per ripristino del regime originario di comunione con sovrapposizione a quello di separazione dei beni (conseguente alla precedente separazione personale dei coniugi), pur già operante tra i coniugi stessi, dalla data della loro riconciliazione, non può, però, essere opposto ai terzi che abbiano acquistato in buona fede diritti ignorando la riconciliazione. Una diversa interpretazione non sarebbe invero compatibile con i precetti costituzionali di tutela della buona fede dei contraenti e della correttezza del traffico giuridico (artt. 2 e 41 Cost.) che vanno, in materia, bilanciati con il valore della parità dei coniugi anche sul piano economico(artt. 3 e 29 Cost.), e non possono, quindi, essere a quello sacrificati (Cass. n. 18619/2003).

Bibliografia

Bianca, Istituzioni di diritto privato, Milano, 2014; Cian, Trabucchi - a cura di -, Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Finocchiaro, Matrimonio in Comm. S. B., artt. 84 - 158, Bologna - Roma, 1993; Jemolo, in La famiglia e il diritto, in Ann. fac. giur. Univ. Catania, Napoli, 1949, 57; Lipari, Del matrimonio celebrato davanti all'ufficiale dello stato civile in Comm. Dif., II, Padova, 1992; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Sesta - a cura di -, Codice della famiglia, Milano, 2015.

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