Codice Civile art. 154 - Riconciliazione (1).

Giuseppe Buffone

Riconciliazione (1).

[I]. La riconciliazione tra i coniugi comporta l'abbandono della domanda di separazione personale già proposta [157].

(1) Articolo così sostituito dall'art. 35 l. 19 maggio 1975, n. 151.

Inquadramento

La riconciliazione è il ripristino della comunione di vita da parte dei coniugi separati: essa produce effetti sia sostanziali che processuali, secondo le disposizioni di cui agli artt. 154 e 157 c.c., come modificate dalla l. 151 del 1975. Quanto ai profili sostanziali, la separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione; quanto ai profili processuali, la riconciliazione comporta l'abbandono della domanda di separazione personale già proposta. L'art. 154 c.c. nel testo previgente alla riforma del diritto di famiglia del 1975, stabiliva: «La riconciliazione estingue il diritto di chiedere la separazione; essa importa anche l'abbandono della domanda che sia stata proposta». Nel testo novellato stabilisce soltanto: «La riconciliazione tra i coniugi comporta l'abbandono della domanda di separazione personale già proposta». La successione cronologica dei testi normativi, coerentemente con il passaggio dalla separazione per colpa alla separazione per intollerabilità della convivenza, mette in risalto come, l'attuale disciplina sulla riconciliazione, comunque non pregiudichi affatto il diritto a richiedere, nuovamente, la pronuncia separativa purché essa tragga linfa da fatti successivi o, deve ritenersi, pregressi ma conosciuti solo in un momento successivo. La giurisprudenza della Cassazione sia sulla base del vecchio, sia sulla base del nuovo testo dell'art. 154 c.c., ha stabilito che i fatti anteriori alla riconciliazione e al giudizio di separazione, posti in essere nel periodo di convivenza o di separazione di fatto, non possono «da soli» giustificare una pronunzia di separazione, pur potendo valere a lumeggiare nuovi fatti successivi alla riconciliazione.

Riconciliazione

L'art. 154 c.c. stabilisce che la riconciliazione determina l'abbandono della domanda di separazione personale. Il successivo art. 157 c.c.ne regola gli effetti successivamente alla sentenza con la quale è stata dichiarata la separazione personale. In nessuna delle due norme la riconciliazione può essere ricondotta ad un fatto impeditivo, qualificabile come eccezione in senso stretto, trattandosi della sopravvenienza di una nuova condizione da accertarsi officiosamente dal giudice ancorché sulla base delle deduzioni e allegazioni delle parti. Il regime giuridico è nettamente diverso nel giudizio di divorzio in quanto l'art. 3, comma quinto l. 898 del 1970, così come sostituito dalla l. 74 del 1987, stabilisce espressamente che l'interruzione della separazione, in quanto fatto specificamente impeditivo alla realizzazione della condizione temporale stabilita nella medesima disposizione, deve essere eccepita dalla parte convenuta (Cass. n. 19535/2014). Ne consegue che occorre dunque distinguere tra riconciliazione nel caso di procedura divorzile pendente e riconciliazione negli altri casi: solo nella prima ipotesi, la ricostituzione della famiglia è rimessa a un impulso della parte mentre, diversamente il giudice può condurre una indagine officiosa. Riassumendo le regole sin qui esposte, lo sfoglio della giurisprudenza in considerazione consente di affermare che, nel giudizio di separazione dei coniugi, l'intervenuta riconciliazione integra una eccezione in senso lato poiché riguarda, in relazione al regime previsto dagli artt. 154 e 157c.c., non un fatto impeditivo ma la sopravvenienza di una nuova condizione, il cui accertamento può avvenire anche d'ufficio da parte del giudice, ancorché sulla base di deduzioni ed allegazioni delle parti, mentre nel procedimento di divorzio l'interruzione della separazione deve essere eccepita — ai sensi dell'art. 3, quarto comma, lett. b), della legge 1 dicembre 1970, n. 898, come sostituito dall'art. 5 della legge 6 marzo 1987, n. 74 — dal convenuto, assumendo rilievo quale fatto impeditivo della realizzazione della condizione temporale stabilita nella medesima disposizione. Perché si abbia riconciliazione non è sufficiente la mera coabitazione (Cass. n. 19535/2014) essendo necessario il rispristino della comunione di vita e d'intenti, materiale e spirituale, che costituisce il fondamento del vincolo coniugale e che comporta la ripresa dei rapporti materiali e spirituali, caratteristici della vita comune (Cass. n. 19497/2005). La Suprema Corte ha, in particolare, escluso che possa costituire «riconciliazione» il ripristino della convivenza a scopo meramente sperimentale (Cass. n. 12427/2004). La riconciliazione successiva al provvedimento di omologazione della separazione consensuale, ai sensi dell'art. 157 c.c., determina la cessazione degli effetti della precedente separazione, con caducazione del provvedimento di omologazione, a far data dal ripristino della convivenza spirituale e materiale, propria della vita coniugale; ne consegue che, in caso di successiva nuova disgregazione, deve darsi luogo a nuovo giudizio di separazione (Cass. n. 19541/2013).

Art. 154 e art. 157 c.c.

La situazione considerata dall'art. 157 non è eguale a quella considerata dall'art. 154. L'art. 157 si riferisce infatti a un nuovo giudizio di separazione dopo una precedente pronunzia di separazione seguita da riconciliazione fra i coniugi. In questo caso solo i «fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione» possono costituire il fondamento di una nuova pronunzia. E ciò perché nel giudizio conclusosi con la precedente sentenza i fatti anteriori sono stati già dedotti o comunque potevano essere dedotti; i precedenti rapporti fra i coniugi sono stati giudicati e, per così dire, assorbiti nella pronunzia di separazione. Se a questa ha fatto seguito la riconciliazione, è ragionevole che solo nuovi fatti e comportamenti possano motivare una nuova pronunzia di separazione. Pertanto la parziale diversità di rilevanza che i fatti precedenti alla riconciliazione hanno nella situazione dell'art. 154 e in quella dell'art. 157 c.c. non può essere considerata in contrasto con il principio di eguaglianza (Corte cost. n. 104/ 1983).

Bibliografia

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