Codice Civile art. 315 - Stato giuridico della filiazione (1).Stato giuridico della filiazione (1). [I]. Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico (1) Articolo così sostituito dall'art. 1, l. 10 dicembre 2012, n. 219. Il testo precedente, risultante dalle modifiche adottate dall'art. 137 l. 19 maggio 1975, n. 151, recitava: «Doveri del figlio verso i genitori - [I] Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa». InquadramentoLa filiazione è il rapporto che intercorre tra la persona fisica e i soggetti che l'hanno concepita (C.M. Bianca, 2014, 325). Con la nascita il figlio acquisisce uno specifico stato nell'ambito della società e nell'ambito della famiglia dal quale conseguono diritti e obblighi nei confronti dei genitori e che determina il riconoscimento del vincolo di parentela previsto dall'art. 74 c.c. L'attribuzione dello status di figlio determina inoltreil riconoscimento formale della titolarità del rapporto di filiazione dal quale consegue il pubblico riconoscimento della posizione filiale del soggetto (C.M. Bianca, 2014, 326). Per lungo tempo nell'ordinamento italiano è stata presente una marcata distinzione tra figli legittimi e figli illegittimi, i primi erano quelli nati in costanza di matrimonio mentre i secondi al di fuori di esso (non riconosciuti, adulterini, incestuosi): alla diversità terminologica corrispondeva una differente tutela giuridica. Il figlio legittimo era pienamente tutelato. Egli aveva diritti successori nei confronti del genitore ed in caso di rappresentazione nei confronti degli ascendenti, era riconosciuto automaticamente il vincolo di parentela di cui all'art. 74 c.c. ed il genitore era tenuto al suo mantenimento ai sensi degli artt. 147 e 148 c.c. Diversamente, la posizione del figlio illegittimo non godeva, e non ha goduto per molto tempo, della medesima tutela e dello stesso riconoscimento (si pensi alle disposizioni che regolavano il diritto successorio). Il codice del 1942, contrapponeva in modo evidente lo status di figlio legittimo, concepito quindi da genitori coniugati, a quello di figlio illegittimo, nato a seguito dell'unione di persone non coniugate (Sesta, 2013, 231). Tale diversità di trattamento nel codice civile del 1942 traeva le proprie origini nel diritto romano che distingueva tra filii iusti o legitimi e figli naturali o vulgo concepti. Quella stessa diversità era stata poi ribadita dal codice napoleonico e quindi nel codice civile italiano del 1865. La filiazione legittima, disciplinata dagli artt. 231 e s.s. del codice del 1865, difatti, riguardava coloro i quali erano nati da persone unite dal vincolo matrimoniale e prevedeva la possibilità, esclusa per i figli «naturali», di ricorrere a presunzioni per accertare la paternità del figlio. Il differente trattamento previsto per il figlio nato in costanza di matrimonio,in conclusione, era espressione del contesto sociale esistente all'epoca. Fino alla riforma del 1975 la filiazione legittima era quindi «l'unica a godere di una considerazione legale cui corrispondeva identica valutazione sociale, di piena preminenza» (così Sesta, 2013, 231). Con l'intervento dell'art. 30 della Carta Costituzionale, che assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, ove compatibile con i diritti dei componenti della famiglia legittima, in parte è stata superata la distinzione tra figli legittimi e figli nati al di fuori del matrimonio. Sono però rimaste per lungo tempo numerose limitazioni codicistiche che hanno mantenuto alcune significative diversità di tutela, a partire dalla distinzione terminologica fino a giungere al divieto di riconoscimento dei figli incestuosi. Un primo significativo passo è stato effettuato con la l. 19 maggio 1975, n. 151, con la quale il legislatore ha eliminato il divieto di riconoscimento dei figli adulterini e sono stati riconosciuti ai figli nati al di fuori del matrimonio («naturali») gli stessi diritti dei figli legittimi nei confronti dei genitori e una pari posizione successoria (in merito Bianca, 2014, 327). Con la riforma del diritto di famiglia è stato quindi recepito un modello sociale e culturale di famiglia che non individua più esclusivamente l'istituto del matrimonio quale unico modello di convivenza familiare e, insieme, unica fonte di un rapporto di filiazione pienamente riconosciuto e tutelato dalle norme dell'ordinamento (così Mantovani, 3). In particolare con la legge citata è stata conferita alla filiazione naturale la stessa dignità di quella legittima riconoscendo anche alla prima, per il solo fatto della procreazione, i diritti ed i doveri nascenti dal legame della filiazione. Sicché si sono susseguite nel tempo le pronunce della Suprema Corte con le quali è stato ribadito costantemente il principio secondo cui la sentenza dichiarativa della filiazione naturale produce gli stessi effetti del riconoscimento (art. 277 c.c.), compresi quindi tutti i doveri propri della procreazione legittima, tra i quali quello del mantenimento del minore, ex art. 148 c.c. e con la stessa decorrenza dell'assunzione dello status genitoriale, cioè a partire dalla nascita del figlio (sul punto ex multis: Cass. I, n. 15063/2000, e Cass. I, n. 8042/1998). Ne consegue, per Cass. I, n. 7960/2017 (in riferimento a fattispecie successiva alla riforma della filiazione) che ove al mantenimento vi abbia provveduto, integralmente o comunque al di là delle proprie sostanze, uno soltanto dei genitori, a lui spetta il diritto di agire in regresso, per il recupero della quota del genitore inadempiente (si vedano nello stesso senso anche Cass. I, n. 8042/1998 e Cass I, n. 15100/2005). Nei confronti del figlio naturale, parimenti, viene riconosciuto l'obbligo del genitore di mantenimento, istruzione ed educazione, in forza della nuova formulazione dell'art. 261 c.c., così come all'epoca sostituito dall'art. 110 della l. n. 151/1975; l'art. 270 c.c., in tema di legittimazione a proporre azione di dichiarazione giudiziale di paternità e maternità, affianca al discendente legittimo quello naturale ed materia successoria, al figlio naturale viene riconosciuto il medesimo diritto successorio del figlio legittimo oltre che il diritto di rappresentazione ai discendenti anche naturali del figlio legittimo o naturale del de cuius. Nello stesso periodo in cui è entrata in vigore la riforma del diritto di famiglia del 1975, peraltro, la Corte Costituzionale con diverse pronunce è intervenuta sugli artt. 577 c.c. e 575 c.c. così adeguando le norme del codice civile ai principi costituzionali di cui all' art. 30. Cost. . Corte cost. n. 79/1969 ha in particolare dichiarato l'incostituzionalità dell' art. 577 c.c. , in quanto corrispondente ad un sistema successorio contrastante con il diritto di rappresentazione del figlio naturale, oltre che dell' art. 467 c.c. , nella parte in cui esclude dalla rappresentazione il figlio naturale di chi, figlio o fratello del de cuius, non potendo o non volendo accettare, non lasci o non abbia discendenti legittimi, nonché dell' art. 468 c.c. , negli stessi limiti di cui innanzi relativi all' art. 467 c.c. La successiva Corte cost. n. 82/1974 , ha dichiarato l'incostituzionalità dell' art. 577 c.c. nella parte in cui prevede che, in mancanza di figli legittimi e del coniuge del genitore, il figlio naturale riconosciuto o dichiarato concorra con l'ascendente, nonché l'incostituzionalità dell' art. 435 c.c. , nella parte in cui non prevede l'obbligo dei figli naturali riconosciuti di prestare gli alimenti agli ascendenti legittimi del proprio genitore. Non può, peraltro, non evidenziarsi come anche la Corte europea dei diritti dell'uomo, in quello stesso periodo (e poi anche successivamente) ha accolto un'interpretazione estensiva del concetto di famiglia e fa discendere l'uguaglianza tra figli naturali e legittimi, pur non espressamente prevista dalle disposizioni della convenzione, dagli artt. 8 e 14 (sul punto si vedano Corte EDU, 13 giugno 1979, Marckx c. Belgio, serie A n. 31, in Riv. dir. int. 1980, 233, con nota di Saulle, Filiazione naturale e diritti umani; Corte EDU, 9 ottobre 1979, Airley c. Irlanda, serie A n. 32; Corte EDU, 26 marzo 1985, x E y c. Paesi Bassi, serie A. n. 91; Corte EDU, 26 maggio 1994, Keegan c. Irlanda). Tornando all'ordinamento italiano con la successiva riforma del 2006 (l. 8 febbraio 2006, n. 54) in tema di affidamento condiviso, sono state poi unificate le regole applicabili con riferimento ai figli di genitori non coniugati, così riducendosi il divario tra famiglia legittima e famiglia naturale, sebbene fossero residuate significative differenze, segnatamente sotto il profilo dei rapporti di parentela (Sesta, 2013, 231). È tuttavia solo con la l. 10 dicembre 2012, n. 219, unitamente al d.lgs. attuativo 28 dicembre 2013, n. 154, che il legislatore ha unificato la materia, non limitandosi a modificare la disciplina della filiazione ma intervenendo anche su altre disposizioni del codice civile, così ponendo in essere una riforma destinata a trasformare profondamente l'intera materia familiare (Schlesinger, 443, Sesta, 231, M. Bianca, 13). Quanto innanzi vi è verificato in un momento storico nel quale la famiglia è sempre più intesa come comunità di affetti, incentrata sui rapporti concreti che si instaurano tra i suoi componenti, Sicché, al diritto “spetta la tutela dei detti rapporti ma ricercando un equilibrio che permetta di contemperare gli interessi eventualmente in conflitto, avendo sempre riferimento, ove ricorra, al prevalente interesse dei minori” (così Cass. I, n. 19599/2016). L'unicità dello stato di figlioLa l. n. 219 del 2012, recante le «disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali» ed il relativo decreto attuativo (d.lgs. n. 154/2013) hanno introdotto significative novità nella normativa relativa allo stato giuridico di figlio, sia sotto il profilo sostanziale che sotto il profilo processuale, ed hanno soprattutto equiparato, anche sotto il solo profilo lessicale, i figli nati fuori e dentro il matrimonio (si veda in merito Ferranti, 3). Il nuovo articolo 315 c.c., così come sostituito dalla l. n. 219 del 2012, proclama difatti oggi l'esistenza di un unico stato giuridico di figlio a prescindere dalla nascita nel o fuori il matrimonio. La recisione dello status filiationis dallo status familiae, effettuata dalla riforma della filiazione del 2012-2013, rappresenta il «filo rosso» della riforma e la stigmatizzazione di una diversa prospettiva del diritto di famiglia che palesa l'abbandono della concezione pubblicistica della famiglia comportante la subordinazione del singolo al superiore interesse della famiglia (così M. Bianca, 13). Con la disposizione in commento, quindi, è sancito nel codice civile il principio di unicità dello stato di figlio, quale espressione del principio costituzionale di eguaglianza e sintetizzato dalla dottrina nella efficace formula «la legge conosce solo figli» (C.M. Bianca, 2013, 1; M. Bianca, 3). L'unificazione dello stato di figlio è stata quindi ritenuta, la risposta etica alla concezione moderna del diritto di famiglia che non tollera più discriminazioni basate sulla nascita o legate alla condizione della famiglia, in una prospettiva culturale invertita rispetto al passato che non pone più al centro del sistema la famiglia intesa come istituzione ma la persona con i suoi diritti fondamentali, anche in seno alla famiglia (così M. Bianca, 4). Non vi è più quindi il problema giuridico connesso al mancato riconoscimento di quella che era detta parentela naturale, essendovi un'unica parentela: quella prevista dall'art. 74 c.c. La costituzione di un unico stato di figlio ha, infatti, determinato la modifica di altre due disposizioni ad esso connesse: l'art. 74 c.c. e l'art. 258 c.c. La prima delle due disposizioni di cui innanzi stabilisce oggi che la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso di filiazione avvenuta all'interno del matrimonio, sia nel caso in cui essa sia avvenuta al di fuori di esso, sia ancora nel caso di figlio adottivo. L'art. 258 c.c. prevede invece che il riconoscimento produce effetti riguardo al genitore da cui fu fatto e riguardo ai parenti di esso (in merito si veda Velletti, 437). Sempre nell'ottica della completa realizzazione dell'unicità dello stato di figlio, la l. n. 219 del 2012 ha modificato anche gli artt. 250 c.c., 251 c.c., 258 c.c., 276 c.c., e 38 disp. att. c.c. ed ha introdotto gli artt. 315-bis c.c., 448-bis c.c. Il successivo decreto attuativo n. 153 del 2013 ha inoltre modificato, anche sotto il profilo lessicale, ulteriori articoli del c.c. Nel dettaglio sono stati soppressi, per quel che rileva in questa sede, dopo il termine figlio, gli aggettivi legittimo e naturale; quest'ultimo sostituito, in diverse disposizioni, dalla diversa l'espressione «figlio nato fuori del matrimonio». Sono stati, inoltre, sostituiti gli artt. 317-bis c.c., 803 c.c., 1023 c.c, e sono stati introdotti gli artt. 336-bis c.c., nonché gli artt. dal 337-bis al 337-octies c.c. e l'art. 38-bis disp. att. c.c. (si veda il testo integrale del decreto con riferimento alle ulteriori modifice degli articoli del codice civile, del codice di procedura civile e delle leggi speciali). Permangono, tuttora, significative differenze con riferimento alle modalità di acquisizione dello status di figlio, atteso che per i figli nati fuori del matrimonio persiste la necessità di una dichiarazione da parte di ciascuno dei genitori e, in caso di riconoscimento successivo, dell'instaurazione dello specifico procedimento di cui all'art. 250 c.c. Tale persistente diversità non incide però in alcun modo sulla portata innovativa della riforma. Quest'ultima infatti ha la finalità esclusiva di tutelare il figlio in quanto tale e di discplinarne lo stato, a prescindere dunque dalla sussistenza o meno di un vincolo matrimoniale tra i genitori. In particolare è stato evidenziato come la citata rifomanon abbia la pretesa o il fine di svigorire l'istituto del matrimonio, essendo invece tesa a disciplinare esclusivamente lo stato di figlio (in questo senso M. Bianca, 14). Tuttavia, anche se i modi di accertamento della filiazione restano necessariamente diversificati, una volta riconosciuto il rapporto di filiazione, lo stato giuridico di ogni figlio è identico. BibliografiaM. Bianca, L'unicità dello stato di figlio, in C.M. Bianca (a cura di), La riforma della filiazione, Padova, 2015; C.M. Bianca, Diritto civile. 2.1., La famiglia, Milano, 2014; C.M. Bianca, La legge italiana conosce solo figli, in Riv. dir. civ. 2013, I; Schlesinger, Il d.l. n. 154 completa la riforma della filiazione, in Fam e dir. 2014; Ferranti, Superamento della discriminazione formale a carico dei figli nati fuori del matrimonio, in M. Bianca (a cura di) Filiazione, commento al decreto attuativo, Milano, 2014; Mantovani, I fondamenti della filiazione, in Zatti (diretto da), Trattato di diritto di famiglia, II, Milano, 2002; Sesta, L'unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, in Fam. e dir. 2013; Sesta, La nuova disciplina dell'affidamento dei figli nei processi di separazione, divorzio, annullamento matrimoniale e nel procedimento riguardante i figli nati fuori del matrimonio , in Sesta-Arceri (a cura di), L'affidamento dei figli nella crisi della famiglia, Torino, 2012; Velletti, La nuova nozione di parentela, in Nuove leggi civ. comm., 2013. |