Codice Civile art. 447 - Inammissibilità di cessione e di compensazione.InquadramentoL'art. 447 configura il diritto alla prestazione alimentare come un diritto personalissimo che non è cedibile a terzi, e conseguentemente non è transigibile né irrinunciabile, avendo caratteri anche di ordine pubblico (Bianca, 487; Tamburrino, 456). Non è consentito il compromesso in arbitri, mentre secondo talune opinioni sarebbe ammesso l'arbitraggio, ex art. 1349 c.c. (Dogliotti, 501). La disposizione trova la sua ratio nella finalizzazione dell'assegno alimentare a sopperire allo stato di bisogno. La sua commercializzazione contraddice a questo scopo, mentre la rinuncia dimostrerebbe che lo stato di bisogno non sussiste, contro l'accertamento che ne è stato fatto. La norma citata concerne le prestazioni future, da versarsi, e non riguarda anche quelle arretrate, scadute e non percepite. È controversa l'ammissibilità della rinuncia ad ottenerle, in quanto di esse è espressamente prevista la non compensabilità, vale a dire, l'estinzione per contrapposizione di un credito. Cass. n. 10362/1997 ha affermato che la regola dettata dall'art. 447 c.c., di esclusione della facoltà di cedere il credito alimentare ovvero di opporre in compensazione, da parte dell'obbligato agli alimenti, un controcredito di diversa natura, deve ritenersi norma del tutto specifica e, come tale, inapplicabile alle obbligazioni alimentari sorte non ex lege ma in via convenzionale. In appello, la retroattività delle statuizioni della decisione deve essere contemperata con i principi di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità delle prestazioni, nel senso che chi ha ricevuto, per ogni singolo periodo, le prestazioni stabilite nella pronuncia di primo grado, non è tenuto a restituirle né può vedersi opporre in compensazione quanto ricevuto a tale titolo. Da questa premessa Cass. n. 9641/1996 ha desunto che il soggetto obbligato, ove abbia corrisposto le somme poste a suo carico nella pronuncia di primo grado, non può ripeterle sulla base delle statuizioni a lui più favorevoli della sentenza di appello né può rifiutare le prestazioni dovute in base a questa, opponendo in compensazione le maggiori somme versate in forza della pronuncia di primo grado, ostandovi i menzionati principi di irripetibilità e non compensabilità. Viceversa, ha affermato la Corte, in base al principio della retroattività della decisione d'appello, ove il soggetto obbligato non abbia corrisposto, per periodi anteriori alla decisione stessa, le somme poste a suo carico dalla pronuncia riformata, non può essere costretto ad adempiervi, essendo ormai tenuto unicamente, anche per il passato, a corrispondere quanto stabilito dalla sentenza di secondo grado. Dal carattere anche, tra le altre funzioni, alimentare dell’assegno di mantenimento in favore del coniuge e dei figli deriva il divieto di compensazione ex art. 447 e 1246 c.c., cui il beneficiario del mantenimento può derogare, ove decida di porre in compensazione tale suo credito con l‘eventuale controcredito dell'obbligato (Trib. Modena 9 maggio 2012, n. 752). Per il Trib. Pistoia 24 novembre 2011, n. 993, è inefficace l'operazione di compensazione unilateralmente eseguita da un genitore nei confronti dell'altro posta in essere in violazione dell'art. 1246 n. 5 c.c. avuto riguardo al carattere alimentare dell'assegno di mantenimento previsto in favore dei figli minori e, quindi, alla non compensabilità di detta prestazione con crediti di natura diversa, giusta previsione dell'art. 447. 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