Legge - 31/05/1995 - n. 218 art. 41 - Riconoscimento dei provvedimenti stranieri in materia di adozione.Riconoscimento dei provvedimenti stranieri in materia di adozione. 1. I provvedimenti stranieri in materia di adozione sono riconoscibili in Italia ai sensi degli articoli 64, 65 e 66. 2. Restano ferme le disposizioni delle leggi speciali in materia di adozione dei minori. InquadramentoLa ratio della norma in commento è quella di coordinare, in tema di riconoscimento degli effetti dell'adozione, la disciplina generale dettata dagli art. 64 ss. della l. n. 218/1995 con la normativa speciale ed, in particolare, quella prevista dalla l. n. 184/1983, come modificata dalla l. n. 476/1998, recante l'autorizzazione alla ratifica e esecuzione della convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, firmata all'Aja il 29 maggio 1993 (cfr. Cafari Panico, 203 ss.). La prima parte della disposizione in esame, di carattere solo apparentemente generale, per il riconoscimento dei provvedimenti stranieri in tema di adozione rinvia alle disposizioni dettate dagli artt. 64,65, e 66 della l. n. 218/1995. Tuttavia, viene al contempo precisato che «restano ferme le disposizioni delle leggi speciali in materia di adozione dei minori», sicché prevale la l. n. 184/1983 sulle adozioni dei minori, con applicazione residuale della disciplina dettata dagli artt. 64 e ss. della l. n. 218/1995 (Mori, 1247). PremessaLe norme della l. n. 184/1983 (v., più diffusamente, infra, relativo Commento) hanno un ambito di applicazione necessario rispetto alle ipotesi di abbandono di un minore che si trova in Italia in stato di abbandono e quella di adozione di un minore straniero, residente all'estero, da parte di adottanti residenti in Italia o cittadini italiani residenti all'estero da meno di due anni (cfr. Ballarino, 2016, 220). A riguardo, occorre ricordare che la legge speciale prevede la possibilità di riconoscere ad un provvedimento straniero gli effetti di un'adozione "piena" italiana purché sussistano le condizioni a tal fine stabilite dalla l. n. 184/1983, ovvero la dichiarazione di idoneità degli adottanti e la cessazione dei rapporti tra l'adottato e la famiglia di origine: tali presupposti dovranno essere valutati dal Tribunale per i minorenni nell'ambito della procedura prevista dagli artt. 35 e 36 della predetta legge. Il riconoscimento in virtù delle previsioni ordinarie di cui agli artt. 64 e ss. della legge in esame è possibile, quindi, per le sole ipotesi di adozione di persone maggiorenni, adozioni di minori pronunciate all'estero in casi particolari ai sensi dell'art. 44 della stessa l. n. 184/1983, nel caso di adozione internazionale effettuata da italiani residenti all'estero da almeno due anni e nel caso di adozione all'estero di un minore straniero da parte di adottanti stranieri (cfr. Ballarino, 2016, 220 ss.). Tuttavia, il rispettivo ambito applicativo delle due distinte discipline procedimentali richiamate dalla disposizione in commento crea tradizionalmente problematiche interpretative, specie in ragione della specificità di alcune forme di adozione, come le adozioni «in casi particolari» (in arg., tra gli altri, Franchi, 1229 ss.): le tradizionali questioni sorte a riguardo (come, ad esempio, l'adozione da parte dei single) sono divenute più complesse negli ultimi anni per il crescente fenomeno di progetti di genitorialità condivisa tra persone dello stesso sesso (Lopes Pegna, 2016, 726 ss.). Si è quindi ritenuto che il caso di minore italiano che sia adottato all'estero da genitori stranieri, non è di competenza del tribunale per i Minorenni — che deve, in caso di relativa domanda — dichiarare il difetto di giurisdizione — dovendosi applicare il combinato disposto di cui agli artt. 41-64 e 65 l. n. 218/1995, in materia di riconoscimento automatico dei provvedimenti stranieri, qualora risultino ottemperate le condizioni di cui all'art. 64, atteso che l'art. 41, comma 1, stabilisce che «i provvedimenti stranieri in materia di adozione sono riconoscibili in Italia ai sensi degli art. 64, 65 e 66» (Trib. min. Bari 16 aprile 2008, in giurisprudenzabarese.it). Tuttavia, in senso almeno in parte difforme, in sede di legittimità si è osservato che la l. n. 218/1995, nell'abrogare ), a far data dal 31 dicembre 1996, gli art. 796 ss. del codice di rito, dettati in tema di delibazione di sentenze straniere — sostituendo ad essi, con gli art. 64 ss., un riconoscimento «tendenzialmente» automatico di tale pronunce al loro passaggio in giudicato nell'ordinamento di origine, e limitando la esigenza di uno specifico accertamento dei requisiti richiesti alle sole situazioni di mancata ottemperanza o di contestazione del riconoscimento, ovvero a quella in cui sia necessario procedere ad esecuzione forzata, e delineando quindi, in via meramente eventuale, allo scopo, un procedimento innanzi alla corte d'appello — ha fatto salve, all'art. 41, le disposizioni delle leggi speciali in tema di adozioni di minori, così predicando il perdurante vigore e la prevalenza, rispetto alle previsioni di carattere generale di cui alla riforma del diritto internazionale privato, della disciplina speciale dell'adozione internazionale di minori di cui alla l. n. 184/1983, che prevede, tra l'altro, la competenza in materia del tribunale per i minorenni. Detta competenza non è derogata in caso di adozione non legittimante, per effetto della esclusione, in tale ipotesi, ai sensi dell'art. 35, comma 6, della legge citata, della possibilità di trascrizione della sentenza straniera, poiché l'art. 32, comma 3, della legge stessa prevede che, in via di eccezione, il tribunale per i minorenni possa convertire l'adozione straniera non legittimante in una adozione che produca la cessazione dei rapporti con la famiglia di origine, purché venga riconosciuta conforme alla convenzione de L'Aja (Cass. I, n. 5376/2006). Sotto un distinto profilo, in sede di merito si è evidenziato che, fermo restando che, in deroga al principio generale della riconoscibilità in Italia dei provvedimenti stranieri di adozione senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento quando siano state rispettate le condizioni previste dalla l. n. 218/1995, un procedimento è richiesto invece per la trascrizione in Italia dei provvedimenti esteri in materia di adozione qualora abbiano a riguardare minori stranieri, se uno degli adottati all'estero, era ancora minorenne alla data della sentenza straniera , ma nelle more del procedimento avanti il giudice italiano ha raggiunto la maggiore età e sia egli stesso a chiedere il riconoscimento del provvedimento adottivo estero, torna ad essere pertinente ed operante la regola generale ex art. 41, comma 1, della cit. l. n. 218/1995, con il conseguente riconoscimento automatico del provvedimento del giudice straniero (App. Roma 18 marzo 2004, in Dir. fam. 2005, 525). Sempre in tema di adozione internazionale, è stato precisato che non è necessario che vi sia coincidenza tra il paese straniero, in cui la coppia genitoriale risiede da due anni, e quello in cui la competente autorità ha pronunciato l'adozione, e ciò nell'ottica di tutelare i cittadini italiani residenti all'estero per lavoro i quali, per ciò solo, non devono attenersi alla procedura di adozione stabilita in Italia, ma possono altresì attivare quella prevista dalla normativa locale (App. Milano, sez. fam., 16 maggio 2016, in Ilfamiliarista 29 maggio 2017, con nota di Astiggiano). Ai sensi degli artt. 41,64,65,66 e 67 l. n. 218/1995, un provvedimento d'adozione straniero concernente un maggiorenne può avere efficacia in Italia a seguito di riconoscimento automatico, pur dovendosi preventivamente accertare — in sede di trascrizione, iscrizione od annotazione nei pubblici registri – che lo stesso non sia contrario al nostro ordine pubblico e che nel procedimento di adozione straniero non siano stati violati i diritti essenziali della difesa: in caso di dubbio o di contestazione, chiunque vi abbia interesse, ivi compreso l'ufficiale di stato civile, deve ricorrere alla corte d'appello, che accerterà la sussistenza dei presupposti, delle condizioni e dei requisiti di legge; qualora dubbi o contestazioni siano sollevati dall'ufficiale di stato civile, questi deve darne subito notizia al procuratore della Repubblica ed attendere, se il procuratore si è espresso in senso negativo, la decisione della Corte d'appello prima di procedere alle incombenze richiestegli (Trib. min. Roma 9 gennaio 1999, in Dir. fam. 1999, 715). Il procedimento di riconoscimento «generale»Nell'ipotesi in cui trovi applicazione il regime generale (in realtà, come evidenziato, solo residuale) previsto dalla l. n. 218/1995, il riconoscimento dei provvedimenti in tema di adozione sarà regolato dall'art. 65 che riguarda i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone nonché dell'esistenza di rapporti di famiglia o di diritti della personalità (v. anche, infra, relativo Commento). Pertanto, i provvedimenti, anche di volontaria giurisdizione, sono riconosciuti automaticamente se provengono dallo Stato la cui legge é richiamata dalle norme di conflitto italiane o vi producono effetto se pronunciate in altro Stato, con le uniche limitazioni costituite dalla violazione dei diritti della difesa e dal limite dell'ordine pubblico. Anche le sentenze, se non riconoscibili ai sensi dell'art. 65 della l. n. 218/1995, potranno essere comunque riconosciute nel nostro ordinamento, senza ricorso ad alcun procedimento, se sussistono le più rigorose condizioni poste dall'art. 64 della stessa legge. Sui rapporti tra gli artt. 64 e 65, anche in tema di riconoscimento dei provvedimenti in materia di adozione, trova applicazione l'orientamento infine espresso dalla S.C., per il quale il nuovo complesso della disciplina del riconoscimento delle sentenze straniere in Italia, così come configurato dalla legge di riforma del sistema italiano di diritto privato italiano l. n. 218/1995, non ha delineato un trattamento esclusivo e «differenziato» delle controversie in tema di rapporti di famiglia riconducendole obbligatoriamente nell'ambito operativo della disciplina di cui all'art. 65 (e perciò anche dei suoi presupposti), ma ha descritto, con l'art. 64, un meccanismo di riconoscimento di ordine generale (riservato in sé alle sole sentenze), valido per tutti tipi di controversie, ivi comprese perciò anche quelle in tema di rapporti di famiglia e presupponente il concorso di tutta una serie di requisiti descritti nelle lett. da a) a g) di questa ultima disposizione normativa. Rispetto ad un tale modello operativo di ordine generale, la legge ha affidato poi, all'art. 65, la predisposizione di un meccanismo complementare più agile di riconoscimento — allargato, di per sé e questa volta, alla più generale categoria dei «provvedimenti» — riservato all'esclusivo ambito delle materie della capacità delle persone, dei rapporti di famiglia o dei diritti della personalità — il quale, nel richiedere il concorso dei soli presupposti della «non contrarietà all'ordine pubblico» e dell'avvenuto «rispetto dei diritti essenziali della difesa», esige tuttavia il requisito aggiuntivo per cui i «provvedimenti» in questione siano stati assunti dalle autorità dello Stato la cui sia quella richiamata dalle norme di conflitto (Cass. I, n. 13078/2004). In ogni caso, la verifica della sussistenza delle condizioni del riconoscimento è affidata, in prima battuta, all'ufficiale di stato civile richiesto della trascrizione. Soltanto nell'ipotesi di rifiuto da parte dell'ufficiale di stato civile di effettuare la trascrizione, la parte interessata è tenuta ad adire, ai sensi dell'art. 67 della l. n. 218/1995, la Corte di Appello del «luogo di attuazione» della sentenza, ossia del luogo in cui si trovano i registri sui quali si vuol procedere alla relativa trascrizione. La procedura speciale di cui agli artt. 35 e 36 l. n. 184 del 1983L'art. 35 della l. n. 184/1983, come modificato dalla l. n. 476/1998 (recante l'autorizzazione alla ratifica e esecuzione della convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, firmata all'Aja il 29 maggio 1993: cfr. Pizzolante, 2008, 245 ss.), disciplina il procedimento per il riconoscimento delle adozioni pronunciate all'estero prima dell'arrivo del minore in Italia. Detta norma prevede, a riguardo, la competenza del Tribunale dei minori, che è tenuto ad accertare, oltre alla sussistenza delle condizioni previste dall'art. 4 della Convenzione, anche che l'adozione non sia contraria ai principi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori, valutati in relazione al superiore interesse del minore. Soltanto ove tale verifica abbia esito positivo, il Tribunale ordina la trascrizione del provvedimento di adozione nei registri dello stato civile. Pertanto, i provvedimenti di adozione il cui riconoscimento è assoggettato alla disciplina speciale di cui alla l. n. 184/1983 non sono immediatamente trascrivili essendo stabilito un previo vaglio da parte del Tribunale per i minorenni (in arg. L opes Pegna, 2009, 19 ss.). A riguardo, in una recente pronuncia la S.C. ha chiarito che, in materia di riconoscimento in Italia di una sentenza di adozione di un minore straniero, pronunciata all'estero in favore di adottanti stranieri (nella specie cittadini brasiliani), benché uno dei due abbia acquisito dopo la pronuncia anche la cittadinanza e la residenza italiana, è competente la Corte d'Appello e non già il tribunale per i minorenni, non trovando applicazione la disciplina relativa all'adozione internazionale, bensì quella del diritto internazionale privato di cui all'art. 41, comma 1, della l. n. 218 del 1995 (Cass. VI, n. 26882/2020 ). Più di recente, si è di poi ritenuto che, o ve ricorrano le condizioni per il riconoscimento della sentenza di adozione straniera, ex art. 41, comma 1, della l. n. 218 del 1995, la mancanza di vincolo coniugale tra gli adottandi non si traduce in una manifesta contrarietà all'ordine pubblico, ostativa al riconoscimento automatico degli effetti della sentenza straniera nel nostro ordinamento, anche a prescindere dall'accertamento in concreto della piena rispondenza del provvedimento giudiziale straniero all'interesse della minore. Di qui, la S.C. ha cassato la decisione della corte d'appello che aveva respinto il ricorso avverso il diniego di trascrizione, da parte dell'ufficiale di Stato civile, della sentenza straniera di adozione di una minore, cittadina statunitense, da parte di una coppia di cittadini italiani naturalizzati statunitensi, non uniti da vincolo coniugale (Cass. I, n. 35437/2023). Le fattispecie problematicheL'adozione da parte dei singles Talvolta nella giurisprudenza di merito si è ritenuto che possa essere dichiarato efficace in Italia come adozione piena un provvedimento di adozione legittimante, pronunciato all'estero in favore di una persona single, non sussistendo contrasto con l'ordine pubblico, in quanto l'adozione da parte di una sola persona non è preferita dalla legge italiana, ma non è al contempo esclusa dall'ordinamento, come non è escluso che possa avere effetti «legittimanti» (Trib. min. Bologna 20 luglio 2016, in Ilfamiliarista.it 4 luglio 2016). L'adozione da parte delle coppie same-sex Problematica, sotto due distinti profili, è anche la questione afferente la disciplina applicabile al riconoscimento di provvedimenti di adozione pronunciati all'estero da parte del genitore non biologico del minore, partner o coniuge in accordo con la legislazione di alcuni Stati del genitore biologico dello stesso sesso. In primo luogo, si pone la questione del procedimento applicabile, correlata alla necessità di qualificare detta procedura di riconoscimento come quella concernente un'adozione internazionale ovvero un'adozione interna «in casi particolari», stante il legame familiare tra l'adottante ed il genitore biologico del minore. Sulla questione è intervenuta anche la Corte Costituzionale la quale, sollecitata da un'ordinanza di rimessione del Tribunale per i minorenni di Bologna, evidenziando ampiamente la distinzione tra i due procedimenti disciplinati dalla disposizione in commento (distinzione che, invece, non sarebbe stata effettuata nell'ordinanza del giudice a quo) ha ritenuto che, nella fattispecie esaminata, la sentenza straniera di adozione del figlio del partner omosessuale era automaticamente efficace nell'ordinamento giuridico italiano ai sensi dell'art. 41, comma 1, l. n. 218/1995 e, quindi, ha ritenuto inammissibile la prospettata questione di legittimità costituzionale degli artt. 35 e 36 della l. n. 184/1983, nella parte in cui non consentirebbero al giudice di valutare, caso per caso, se risponda all'interesse del minore il riconoscimento di quella sentenza (Corte cost., 7 aprile 2016, n. 76, in Ilfamiliarista 18 aprile 2016, con nota di Cardaci). Invero, il dubbio di legittimità posto a fondamento dell'ordinanza di rimessione si fondava sull'assunta impossibilità di riconoscere un provvedimento di adozione ove tra i principi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori vi e` quello secondo cui l'adozione è consentita solo a coniugi uniti in matrimonio, ai sensi dell'art. 6 della l. n. 184/1983. La Corte Costituzionale ha osservato che, tuttavia, la fattispecie concreta che aveva dato origine al giudizio di legittimità costituzionale non era riconducibile alla disciplina dettata dall'art. 36 della legge sulle adozioni, non essendo rilevante a tal fine la circostanza che la ricorrente fosse cittadina italiana al momento del ricorso, considerato che, quanto era avvenuta l'adozione, la stessa era solo cittadina americana e l'adozione pronunciata negli Stati Uniti riguardava, parimenti, una minore di cittadinanza americana, sicché, in detta contesto, non poteva assumere rilevanza il disposto dell'art. 36, comma 4, l. n. 183/1984 che prevede un sindacato del Tribunale per i minori sul provvedimento di riconoscimento al fine di impedire l'elusione da parte dei soli cittadini italiani, della rigorosa disciplina nazionale in materia di adozione di minori in stato di abbandono, mediante un fittizio trasferimento della residenza all'estero. Sulla scia della pronuncia della Corte cost. n. 76/2016, il Tribunale ha quindi affermato che deve ritenersi automatico il riconoscimento dell'adozione piena avvenuta all'estero, in favore della compagna della madre biologica di un minore, con conseguente competenza dell'ufficiale di stato civile alla relativa trascrizione negli appositi registri ed, in caso di diniego, competente all'attribuzione in Italia dell'efficacia alla sentenza straniera è la Corte d'appello (Trib. min. Bologna 17 maggio 2016, in Ilfamiliarista 20 maggio 2016). Quest'ultima tesi è stata recentemente affermata anche in dottrina osservando, in senso in parte diverso, che nelle ipotesi di adozioni co-parentali, di regola, gli interessati sono tutti residenti nello stesso Stato, anche in considerazione del fatto che il presupposto di questo tipo di adozioni è un legame di tipo «familiare» sussistente tra l'adottante ed il genitore biologico del minore, sicché, anche ove venga in rilievo un'adozione da parte di cittadini stranieri emessa dai giudici dello Stato di residenza del minore e degli adottanti, si tratterebbe sempre di un'adozione «domestica» e non già internazionale. Inoltre, questo tipo di adozioni si caratterizza perché prescinde dallo stato di abbandono e, quindi, dalla dichiarazione di adottabilità del minore che costituisce presupposto dell'adozione internazionale. Ne deriva, secondo questa dottrina, che l'adozione co-parentale rientra sempre nella disciplina delle adozioni «interne» regolate, quanto al riconoscimento del provvedimento di adozione da parte del coniuge o del partner del genitore del minore adottato, dagli artt. 64 e ss. della l. n. 218/1995 (cfr. Lopes Pegna, 2016, 736). Questione oggetto di dibattito ancora più rilevante è, poi, quella afferente la compatibilità con l'ordine pubblico di siffatti provvedimenti. Specie negli ultimi anni, la giurisprudenza di merito si era orientata nel senso di affermare che non vi è alcuna ragione per ritenere, in linea generale, contrario all'ordine pubblico un provvedimento straniero che abbia statuito un rapporto di adozione piena tra una persona non coniugata e il figlio riconosciuto del partner, anche dello stesso sesso, una volta valutato in concreto che il riconoscimento dell'adozione, e quindi il riconoscimento di tutti i diritti e doveri scaturenti da tale rapporto, corrispondono all'interesse superiore del minore al mantenimento della vita familiare costruita con ambedue le figure genitoriali». (App. Milano, sez. fam., 1° dicembre 2015, n. 2543, in Guida al dir. 2016, n. 3, 22, la quale ha dichiarato l'efficacia in Italia del provvedimento con il quale una donna ha adottato in Spagna la figlia della sua compagna). Analogamente, si è ritenuto che, ai sensi degli artt. 65 e 66 della l. n. 218/1995, non è contrario all'ordine pubblico il riconoscimento del provvedimento straniero di adozione legittimante di minori da parte di una coppia omosessuale, coniugata all'estero: la valutazione dei presupposti dell'adozione appartiene al giudice straniero che ha emesso la sentenza, mentre compete al giudice italiano che quell'apprezzamento non sia contrario all'ordine pubblico (App. Napoli, sez. fam., 5 aprile 2016, in Ilfamiliarista.it 9 marzo 2017, con nota di Sapi). Ancora più di recente, si è ritenuto che, ai fini della verifica dei requisiti del riconoscimento degli effetti della pronuncia straniera che trova come unico limite esterno la contrarietà del provvedimento rispetto all'ordine pubblico (art. 65, art 64 lett. g), l. n. 218/1995), non può ricondursi all'ordine pubblico la previsione che il minore debba avere genitori di sesso diverso, posto che nel nostro ordinamento è contemplata la possibilità che il minore abbia due figure genitoriali dello stesso sesso nel caso in cui uno dei genitori abbia ottenuto la rettificazione dell'attribuzione di sesso con gli effetti di cui all'art. 4 della legge 164 del 1982 (App. Venezia, sez. III, 16 luglio 2018). Altra tesi, che ha trovato pure conferma nella giurisprudenza di legittimità, è quella che ha ritenuto operante nella specie la disciplina dettata dall'art. 44, lett. d ), della l. n. 183/1984 sull'adozione in casi particolari che consente tale adozione laddove sia constatata l'impossibilità di affidamento preadottivo, essendo sufficiente l'impossibilità di diritto e non solo di fatto di procedere a tale affidamento (cfr. Trib. min. Roma 30 luglio 2014, in Foro it. 2014, I, 2743). Invero, la S.C. ha affermato il principio in omaggio al quale, in tema di adozione in casi particolari, l'art. 44, comma 1, lett. d), della l. n. 183/1994, integra una clausola di chiusura del sistema, intesa a consentire l'adozione tutte le volte in cui è necessario salvaguardare la continuità affettiva ed educativa della relazione tra adottante ed adottando, come elemento caratterizzante del concreto interesse del minore a vedere riconosciuti i legami sviluppatisi con altri soggetti che se ne prendono cura, con l'unica previsione della «condicio legis» della «constatata impossibilità di affidamento preadottivo», che va intesa, in coerenza con lo stato dell'evoluzione del sistema della tutela dei minori e dei rapporti di filiazione biologica ed adottiva, come impossibilità «di diritto» di procedere all'affidamento preadottivo e non di impossibilità «di fatto», derivante da una situazione di abbandono (o di semi abbandono) del minore in senso tecnico-giuridico. La mancata specificazione di requisiti soggettivi di adottante ed adottando, inoltre, implica che l'accesso a tale forma di adozione non legittimante è consentito alle persone singole ed alle coppie di fatto, senza che l'esame delle condizioni e dei requisiti imposti dalla legge, sia in astratto (l'impossibilità dell'affidamento preadottivo) che in concreto l'indagine sull'interesse del minore possa svolgersi dando rilievo, anche indirettamente, all'orientamento sessuale del richiedente ed alla conseguente relazione da questo stabilita con il proprio «partner» (Cass. I, n. 12962/2016, in Foro it. 2016, I, 2342, con nota di Casaburi). Più di recente, la stessa S.C., evolvendo ulteriormente la propria giurisprudenza, ha ritenuto che il principio del superiore interesse del minore, in materia di adozione, inteso come diritto del minore a vivere stabilmente in un ambiente domestico armonioso e ad essere educato e assistito nella crescita con equilibrio e rispetto dei suoi diritti fondamentali, limita ed integra la stessa clausola dell'ordine pubblico, sicché il giudice di merito può dichiarare efficaci, disponendone la trascrizione nei registri di stato civile, le sentenze straniere (nella specie, francesi) di adozione piena di due minori, ciascuno da parte della partner della rispettiva madre biologica, in quanto: a) non contrarie all'ordine pubblico, atteso anche che, nella specie, le due donne (entrambe cittadine francesi, ma una delle due pure con cittadinanza italiana) risultano coniugate anche per il nostro ordinamento, in quanto il relativo atto di matrimonio era stato in precedenza trascritto in Italia, in forza di provvedimento definitivo; b) il relativo procedimento, non trattandosi di adozione internazionale, ai sensi della l. n. 184 del 1983, si è correttamente svolto ai sensi della l. n. 218 del 1995, art. 41 e 64 ss., in contradditorio con i sindaci che, come ufficiali di governo, hanno rifiutato la trascrizione, a loro volta legittimati, in quanto titolari di un interesse al riguardo, a ricorrere in Cassazione (Cass. I, n. 14007/2018). Da ultimo, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno chiarito che, in tema di efficacia nell'ordinamento interno di atti adottati all'estero, non contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale il riconoscimento degli effetti del provvedimento giurisdizionale straniero di adozione di minore da parte di coppia omoaffettiva maschile che attribuisca lo "status" genitoriale secondo il modello dell'adozione piena, non costituendo elemento ostativo il fatto che il nucleo familiare sia omogenitoriale, ove sia esclusa la preesistenza di un accordo di surrogazione di maternità a fondamento della filiazione (Cass. SU, n. 9006/2021). Da ultimo peraltro le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno affermato il principio per il quale può riconoscersi efficacia al provvedimento giurisdizionale straniero (nella specie, dello Stato di New York) di adozione di un minore da parte di una coppia omoaffettiva maschile (entrambi cittadini americani, uno anche cittadino italiano), che attribuisce uno status genitoriale corrispondente all'adozione piena o legittimante, atteso che tale provvedimento non produce effetti in contrasto con i principî di ordine pubblico internazionale, non ostando al riguardo l'orientamento sessuale della coppia adottante, e atteso che siffatti principî non sono integrati dalla riserva della adozione legittimante, in forza della legislazione interna, alle sole coppie coniugate, quanto piuttosto dal riconoscimento della preminenza dell'interesse di tutti i minori, senza discriminazioni, nelle determinazioni che incidono sul loro diritto alla identità e alla stabilità affettiva. Al contempo, nella medesima pronuncia, le Sezioni Unite hanno precisato che il suddetto riconoscimento presuppone, da un lato, che non vi sia un previo accordo di surrogazione di maternità, dall'altro che il provvedimento straniero, pur se pronunciato, come nella specie, dopo aver acquisito il consenso dei genitori biologici del minore, abbia valutato positivamente l'idoneità genitoriale in concreto degli adottanti (Cass., S.U., n. 9006/2021, in Giustiziacivile.com, con nota di PERRINO e in Ilprocessocivile.it, con nota di GIORDANO). L'affidamento nel diritto islamico (c.d. kafalah) Per altro verso, è oggetto di dibattito nella stessa giurisprudenza di legittimità il regime del riconoscimento del provvedimento straniero di omologazione dell'affidamento in kafalah di un minore in stato di abbandono, ossia una forma di affidamento di carattere esclusivamente privatistico, propria del diritto islamico. Invero, secondo un primo orientamento, ai fini del riconoscimento di un provvedimento straniero di omologazione della kafalah, si applica la procedura generale stabilita dagli art. 64 ss. l. n. 218/1995 e non quella prevista per le adozioni internazionali (Cass. I, n. 1843/2015). In senso difforme, si è affermato che deve essere dichiarata inammissibile la domanda, proposta ai sensi degli artt. 66 e 67 l. n. 218/1995, di riconoscimento in Italia del provvedimento di affidamento in kafalah di un minore in stato d'abbandono, ad una coppia di coniugi italiana, emessa dal Tribunale di prima istanza di Casablanca (in Marocco), atteso che l'inserimento di un minore straniero, in stato d'abbandono, in una famiglia italiana, può avvenire esclusivamente in applicazione della disciplina dell'adozione internazionale regolata dalle procedure richiamate dagli artt. 29 e 36 l. n. 184/1983 (come modificata dalla l. n. 476/1998, di ratifica ed attuazione della Convenzione dell'Aja del 29 maggio 1993), con la conseguenza che, in tale ipotesi, non possono essere applicate le norme generali di diritto internazionale privato relative al riconoscimento dei provvedimenti stranieri, ma devono essere applicate le disposizioni speciali in materia di adozione ai sensi dell'art. 41 comma 2 l. n. 218/1995 (Cass. I, n. 19450/2011). BibliografiaBallarino, Diritto internazionale privato italiano, Padova 2016; Ballarino, Il nuovo diritto internazionale privato della famiglia, in Fam. e dir. 1995, n. 5, 487; Baratta, La reconnaissance internationales des situations juridiques personelles et familiales, in Recueil des Courses 2010, 253 ss.; Baratta, La giurisdizione italiana in materia di adozione di minori, in Riv. dir. int. 1988, 48 ss.; Bonomi, La disciplina dell'adozione dopo la riforma del diritto internazionale privato, in Riv. dir. civ. 1996, 356 ss.; Cafari Panico, Articoli 38-41, in Pocar-Treves-Carbone-Giardina-Luzzatto-Mosconi-Clerici (a cura di), Commentario del nuovo diritto internazionale privato, Padova 1996, 194 ss.; Davì, Adozione del diritto internazionale privato, in Digesto 1987, 6 ss.; Franchi, Artt. 38-41, in Bariatti (a cura di), Legge 31 maggio 1995 n. 218. 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