Legge - 31/05/1995 - n. 218 art. 30 - Rapporti patrimoniali tra coniugi.

Rosaria Giordano

Rapporti patrimoniali tra coniugi.

1. I rapporti patrimoniali tra coniugi sono regolati dalla legge applicabile ai loro rapporti personali. I coniugi possono tuttavia convenire per iscritto che i loro rapporti patrimoniali sono regolati dalla legge dello Stato di cui almeno uno di essi è cittadino o nel quale almeno uno di essi risiede.

2. L'accordo dei coniugi sul diritto applicabile è valido se è considerato tale dalla legge scelta o da quella del luogo in cui l'accordo è stato stipulato.

3. Il regime dei rapporti patrimoniali fra coniugi regolato da una legge straniera è opponibile ai terzi solo se questi ne abbiano avuto conoscenza o lo abbiano ignorato per loro colpa. Relativamente ai diritti reali su beni immobili, l'opponibilità è limitata ai casi in cui siano state rispettate le forme di pubblicità prescritte dalla legge dello Stato in cui i beni si trovano.

Inquadramento

Il primo comma della disposizione in esame fa coincidere la disciplina dei rapporti patrimoniali tra coniugi con quella dei rapporti personali di cui all'art. 29.

Pertanto, in linea di principio, il criterio principale è quello della cittadinanza comune dei coniugi e, in mancanza, quello, conforme al canone di prossimità, del luogo dove la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata.

Peraltro, lo stesso comma precisa che i coniugi possono concordare per iscritto che i loro rapporti patrimoniali siano regolati dalla legge dello Stato del quale almeno uno di essi è cittadino o nel quale almeno uno di essi risiede.

 In dottrina è controverso l'ambito applicativo della legge che regola i rapporti patrimoniali tra i coniugi secondo la legge determinata in virtù della norma in esame, con riguardo al c.d. regime patrimoniale primario: la legge individuata ai sensi dell'art. 29 della legge n. 218 del 1995 disciplina non soltanto i rapporti personali tra i coniugi ma anche il regime patrimoniale c.d. primario (Clerici, 1062 ss.), ossia gli obblighi di contribuzione ai bisogni della famiglia e di mantenimento dei figli (Mosconi - Campiglio, I, 115), mentre la soluzione dovrebbe ispirarsi al criterio della separabilità degli aspetti personali e di quelli patrimoniali inerenti i rapporti tra coniugi e, ove non sia possibile effettuare una separazione, al criterio dell'aspetto personale o patrimoniale (Villani, 455 ss.).

Premessa

La riforma generale del diritto internazionale privato, realizzata dalla legge n. 218 del 1995, ha origine proprio nei rapporti di famiglia, stante l’inadeguatezza, specialmente nell’ambito degli stessi, a seguito del riconoscimento costituzionale dell’eguaglianza tra i coniugi, della disciplina dettata dalle disposizioni preliminari al codice civile che attribuiva, anche in ordine all’individuazione della legge applicabile, prevalenza a quella nazionale del marito o padre.

In particolare, quanto ai rapporti patrimoniali, l'art. 19 disp. prel. c.c. li sottoponeva alla legge nazionale del marito al tempo della celebrazione del matrimonio (Quadri, 154 ss.; Barel 179 ss.).

Tale disciplina, coerente con la concezione «monolitica» della famiglia risultante dal codice civile del 1942, nella qual il marito quale capo della famiglia, esercitava la potestà sulla moglie, si poneva ormai in contrasto con la parità dei coniugi nella famiglia sancita dall'art. 29 Cost. ed attuata, nella legislazione ordinaria, dalla legge n. 151 del 1975 (Villani, 445).

Peraltro, dopo l'emanazione della disposizione in commento da parte della legge n. 218 del 1995, è intervenuta sulla questione la Corte Costituzionale sancendo l'illegittimità costituzionale dell'art. 19 comma 1 disp. prel. c.c. (abrogato dall'art. 73 l. 31 maggio 1995 n. 218, ma applicabile ratione temporis alla causa in cui era stata sollevata questione di legittimità costituzionale), atteso che per comporre un conflitto tra le leggi nazionali diverse dei coniugi privilegiava, nell'individuazione della norma regolatrice dei rapporti patrimoniali tra questi, la legge nazionale del marito, realizzando una discriminazione nei confronti della moglie per ragioni legate esclusivamente alla diversità di sesso (Corte cost., n. 254/2006, in Giur. it., 2007, n. 11, 2432, con nota di Atripaldi).

Sulla conseguente disciplina per i rapporti non regolati ratione temporis dall'art. 30 della l. n. 218 del 1995 in esame, è intervenuta la Corte di legittimità chiarendo che, nel regime anteriore alla l. 31 maggio 1995 n. 218, sulla riforma del sistema italiano del diritto internazionale privato, la legge regolatrice dei rapporti patrimoniali tra coniugi di diversa nazionalità che non abbiano stipulato alcuna convenzione va individuata (a seguito della dichiarazione di incostituzionalità, con la sentenza n. 254 del 2006, dell'art. 19 comma 1 preleggi, il quale stabiliva che i rapporti patrimoniali tra i coniugi fossero regolati dalla legge nazionale del marito al tempo della celebrazione del matrimonio), applicando per analogia — ove le rispettive leggi nazionali dei coniugi siano insuscettibili di un'applicazione cumulativa (come nella specie, stante l'inconciliabilità della legge italiana — della moglie — prevedente la comunione dei beni, quale regime legale, e quella austriaca — del marito — stabilente invece, al riguardo, la separazione dei beni) — la disposizione, dettata in materia di rapporti personali tra coniugi, dell'art. 18 preleggi, nel testo risultante a seguito della dichiarazione di incostituzionalità della parte che stabiliva l'applicazione della legge nazionale del marito al tempo della celebrazione del matrimonio (Corte cost., sentenza n. 71 del 1987). Pertanto, in applicazione del suddetto criterio, anche i rapporti patrimoniali tra coniugi, al pari di quelli personali, devono intendersi regolati dall'ultima legge nazionale che sia stata loro comune durante il matrimonio (Cass. I, n. 1609/2007).

Rinvio alla legge applicabile ai rapporti personali tra coniugi

Il comma primo della disposizione in commento fa coincidere la disciplina dei rapporti patrimoniali tra coniugi con quella dei rapporti personali di cui all'art. 29.

Pertanto, il criterio principale è quello della cittadinanza comune dei coniugi ed, in mancanza, quello, conforme al canone di prossimità, del luogo dove la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata.

In dottrina si è osservata l'opportunità della coincidenza con la legge applicabile ai rapporti personali, attesa la difficoltà di qualificare alcuni rapporti come personali o patrimoniali (cfr. Villani, 447, il quale adduce l'esempio dell'obbligo di assistenza che, in virtù dell'art. 143, comma secondo, c.c., è allo stesso tempo morale e materiale).

In ordine all'individuazione — da effettuarsi necessariamente caso per caso da parte dell'interprete e, quindi, soprattutto dell'autorità giudiziaria — dello Stato nel quale la vita coniugale è prevalentemente localizzata, la Relazione illustrativa alla legge n. 218 del 1995 suggerisce di considerare comparativamente sia la natura che la durata delle connessioni idonee a determinare tale localizzazione.

La S.C. ha a riguardo evidenziato che, ai fini dell'accertamento della legge applicabile, del luogo della «vita matrimoniale», lo stesso deve essere inteso in senso dinamico, come centro principale degli interessi e degli affetti dei coniugi, il quale spesso, ma non necessariamente, coincide con la residenza familiare, potendo i componenti della famiglia anche avere residenze diverse, con la conseguenza che, ancorché per lungo tempo la vita matrimoniale sia stata localizzata in uno Stato, qualora successivamente, ed anche se da un breve lasso di tempo, si verifichi un mutamento, è alla nuova localizzazione che il giudice deve fare riferimento, rilevando il concreto atteggiarsi dei rapporti familiari al momento della presentazione della domanda ( Cass. I, n. 7599/2011 ).

Il primo comma della disposizione in esame comporta, peraltro, una piena identità della legge regolatrice dei rapporti patrimoniali rispetto a quella applicabile ai rapporti personali (Viarengo, 68): ciò implica, specie con riguardo al criterio della prevalente localizzazione della vita matrimoniale, che la stessa va accertata avendo riguardo agli stessi fattori di localizzazione, quale che sia il tipo di rapporti, personali o patrimoniali, in causa, senza far prevalere per gli uni fattori morali o sentimentali e per gli altri fattori di tipo economico (Villani, 447).

Sia nell'ipotesi nella quale trovi applicazione il criterio di collegamento della cittadinanza comune dei coniugi sia in quello in cui operi il criterio del luogo dove è prevalentemente localizzata la vita matrimoniale, potrebbe darsi che la legge dello Stato straniero che deve trovare applicazione a propria volta rinvii alla legge di altro Stato mediante le proprie norme di diritto internazionale privato (Clerici,1062 ss.).

L'art. 13 della legge n. 218 del 1995, infatti, accetta il meccanismo del rinvio, sia ove lo stesso costituisca un rinvio c.d. indietro alla stessa legge italiana, sia qualora sia un rinvio c.d. avanti alla legislazione di un altro Stato ove quest'ultimo accetti il rinvio.

Facoltà delle parti di scegliere la legge applicabile

Peraltro, lo stesso comma primo della disposizione in esame precisa che i coniugi possono convenire per iscritto che i loro rapporti patrimoniali siano regolati dalla legge dello Stato del quale almeno uno di essi è cittadino o nel quale almeno uno di essi risiede.

Il requisito della forma scritta è quindi necessario, sebbene non sia previsto per le convenzioni patrimoniali tra coniugi dalla legge cui gli stessi hanno fatto riferimento, legge che andrà a regolare i requisiti sostanziali di validità dell'accordo.

Ne deriva che la libertà nell'optio juris conferita ai coniugi non è assoluta perché deve trattarsi della legge di un ordinamento con il quale gli stessi hanno una connessione costituita dalla nazionalità o dalla residenza di almeno uno dei coniugi (cfr. Villani, 452).

Poiché i criteri di collegamento previsti dall'art. 30 sono «mobili», soprattutto quello della prevalente localizzazione della vita matrimoniale, l'accordo tra i coniugi può essere funzionale a stabilizzare nel tempo, scegliendo una determinata legge, il regime applicabile ai rapporti patrimoniali tra gli stessi (Mosconi, 53).

Invero, per alcuni la variabilità della legge applicabile può comportare delicati problemi rispetto ai regimi matrimoniali, ad esempio nel passaggio da un regime di comunione a quello di separazione dei beni (Salerno Cardillo; contra Villani, 453, per il quale occorre aver riguardo alla legge applicabile nel momento nel quale è stato compiuto l'atto che viene in rilievo in causa, ferma la difficoltà di individuare il momento preciso nel quale si è realizzato il passaggio dal regime di una legge all'altra a seguito del mutamento della localizzazione prevalente della vita matrimoniale).

Secondo altri, tuttavia, l'accordo sulla scelta della legge applicabile dovrebbe ritenersi caducato nell'ipotesi in cui venga successivamente meno il collegamento costituito dalla cittadinanza ovvero dalla residenza di almeno uno dei coniugi, in ragione della possibilità di applicare analogicamente l' art. 46, comma 2, della l. n. 218/1995 in esame che, dopo aver previsto che il soggetto della cui eredità si tratta può scegliere di sottoporre l'intera successione alla legge dello Stato nel quale risiede, dispone che la scelta non ha effetto se al momento della morte il dichiarante non risiedeva più in tale Stato (Salerno Cardillo).

Per altri ancora, invece, il fatto che l'art. 30, comma 2, non contenga invece una disciplina simile è espressione della volontà del legislatore di rendere irrilevante l'eventuale venir meno del collegamento costituito dalla cittadinanza ovvero dalla residenza di almeno un coniuge (Viarengo, 263 ss.).

In senso diverso ha opinato, nella recente giurisprudenza di merito, App. Catania, 24 settembre 2018, in Ilfamiliarista, 13 novembre 2018, per la quale il criterio di collegamento contemplato nell' art. 30 l. n. 218/1995 ha natura statica e non dinamica e pertanto non si possono attribuire effetti retroattivi al mutamento sopravvenuto della legge applicabile; le eventuali modifiche del regime patrimoniale applicabile in base all' art. 30 l. n. 218/1995 possano produrre effetti solo a partire dal momento in cui si verifica la modifica dei presupposti su cui si basa l'individuazione della legge applicabile. Di conseguenza, nel caso di coniugi aventi diversa cittadinanza, la cui vita matrimoniale è stata collocata dapprima in uno Stato estero e poi in un altro, e ciò ha determinato una modifica della legge applicabile ai loro rapporti, se un atto di acquisto di beni è stato stipulato nel momento in cui i coniugi vivevano in un paese la cui legge che non prevede il regime della comunione legale, i beni non entrano in comunione neppure se i coniugi si sono successivamente trasferiti in un paese la cui legge prevede il regime della comunione legale tra coniugi.

Rapporti patrimoniali tra coniugi regolati dalla legge individuata ai sensi dell'art. 30

In dottrina è controverso l'ambito operativo della legge che disciplina i rapporti patrimoniali tra i coniugi disciplinati dalla legge determinata in virtù della norma in esame, con riguardo al c.d. regime patrimoniale primario.

Secondo alcuni, infatti, la legge individuata ai sensi dell'art. 29 della legge n. 218 del 1995 disciplina non solo i rapporti personali tra i coniugi ma anche il regime patrimoniale c.d. primario (Clerici, 1062 ss.), ossia gli obblighi di contribuzione ai bisogni della famiglia e di mantenimento dei figli (Mosconi — Campiglio, I, 115).

Per altri, invece, la legge determinata dall'art. 29 regola esclusivamente l'insieme di diritti e doveri di contenuto non patrimoniale che sussistono tra i coniugi, come, ad esempio, i doveri di fedeltà, di coabitazione, di assistenza morale (Ballarino, 188).

Per altri ancora, la soluzione dovrebbe ispirarsi al criterio della separabilità degli aspetti personali e di quelli patrimoniali inerenti i rapporti tra coniugi e, ove non sia possibile effettuare una separazione, al criterio dell'aspetto personale o patrimoniale (Villani, 455 ss.).

È incontroverso, invece, che rientra nell'ambito di applicazione della disposizione in commento il regime patrimoniale c.d. secondario, ossia quello che attiene alla titolarità ed all'amministrazione dei beni dei coniugi, sia che si tratti di regime legale che convenzionale (v., diffusamente, Villani, 455).

Tutela dell'affidamento dei terzi

I terzi che hanno rapporti negoziali con uno o con entrambi i coniugi rischiano di essere pregiudicati dall'incertezza in ordine alla legge applicabile specie a questioni inerenti i poteri di amministrazione e disposizione dei loro beni o alla titolarità dei diritti su tali beni derivanti da regimi di separazione o di comunione.

Pertanto, il comma terzo della norma in esame stabilisce, innanzitutto, che il regime dei rapporti patrimoniali fra coniugi regolato da una legge straniera è opponibile ai terzi solo se questi ne abbiano avuto conoscenza o lo abbiano ignorato per loro colpa.

Nell'ipotesi di contestazione da parte dei terzi in ordine alla conoscenza del regime applicabile ovvero all'ignoranza incolpevole, spetterà ai coniugi che intendano opporre il proprio regime dei rapporti patrimoniali dimostrare la conoscenza da parte del terzo contraente di detto regime o l'ignoranza colpevole, in omaggio alle regole generali in tema di riparto dell'onere probatorio (cfr. Clerici, 1070, nt. 39).

Non sono apparse chiare le conseguenze dell'inopponibilità al terzo del regime patrimoniale che sia stato incolpevolmente ignorato dallo stesso, ovvero se debba applicarsi quello previsto dalla lex fori, stante il riferimento del comma terzo ad una legge straniera cui si contrapporrebbe quella italiana o se debba svolgersi un'indagine concreta, caso per caso, sull'oggetto dell'ignoranza incolpevole del terzo, stante la ratio della previsione che vuole tutelarne l'affidamento (cfr. Villani, 457).

La seconda parte dello stesso comma terzo della norma in commento stabilisce, quanto ai diritti reali su beni immobili, che l'opponibilità del regime patrimoniale è in detta ipotesi limitata ai casi in cui siano state rispettate le forme di pubblicità prescritte dalla legge dello Stato nel quale si trovano i beni.

La disposizione va intesa non tanto con riguardo alla pubblicità di eventuali convenzioni matrimoniali bensì in relazione al regime della pubblicità dei trasferimenti immobiliari previsto nella maggior parte degli ordinamenti e, quindi, con riguardo al sistema italiano alla normativa in tema di trascrizione nei registri immobiliari dettata dagli artt. 2643 e ss. c.c. (Salerno Cardillo).

Relativamente ai diritti reali su beni immobili, l'opponibilità è limitata ai casi in cui siano state rispettate le forme di pubblicità prescritte dalla legge dello Stato in cui i beni si trovano.

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