Regolamento - 27/11/2003 - n. 2201 art. 19 - Litispendenza e connessione 1Litispendenza e connessione1 1. Qualora dinanzi a autorità giurisdizionali di Stati membri diverse e tra le stesse parti siano state proposte domande di divorzio, separazione personale dei coniugi e annullamento del matrimonio, l'autorità giurisdizionale successivamente adita sospende d'ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza dall'autorità giurisdizionale preventivamente adita. 2. Qualora dinanzi a autorità giurisdizionali di Stati membri diversi siano state proposte domande sulla responsabilità genitoriale su uno stesso minore, aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, l'autorità giurisdizionale successivamente adita sospende d'ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza dell'autorità giurisdizionale preventivamente adita. 3. Quando la competenza dell'autorità giurisdizionale preventivamente adita è stata accertata, l'autorità giurisdizionale successivamente adita dichiara la propria incompetenza a favore dell'autorità giurisdizionale preventivamente adita. In tal caso la parte che ha proposto la domanda davanti all'autorità giurisdizionale successivamente adita può promuovere l'azione dinanzi all'autorità giurisdizionale preventivamente adita. [1] Articolo abrogato dall'articolo 104 del Regolamento del Consiglio del 25 giugno 2019, n. 1111, a decorrere dal 1° agosto 2022, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 100, paragrafo 2, del medesimo Reg. 1111/2019. InquadramentoLa disposizione in esame fonda la disciplina della litispendenza e connessione tra le azioni sul principio prior est in tempore, potior est in iure. La disciplina dettata dall'art. 19 si applica non soltanto ai casi di vera e propria litispendenza,i.e.alle ipotesi nelle quali le parti del procedimento sono le stesse e vi è un'identità di oggetto e titolo, ma anchea fattispecie propriamente riconducibili alla connessione per oggetto o per titolo costitutivo della domanda (ferma, naturalmente, l'identità soggettiva: cfr. Baratta, 2004, 177), ossia ad ipotesi di litispendenza c.d. impropria (Molé 1038). Il giudice successivamente adito sospende d'ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza dell'autorità giurisdizionale preventivamente adita ed a seguito della pronuncia positiva sulla propria competenza da parte del giudice preventivamente adito, il secondo giudice dichiara la propria incompetenza in favore dello stesso (in senso critico Baratta, 2004, 180). Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno precisato che nei casi di litispendenza e di connessione, ai sensi dell'art. 19 Regolamento CE 2201/2003, l'autorità giudiziaria adita successivamente deve dichiarare la propria incompetenza a favore dell'autorità giudiziaria già investita della stessa questione o di questione connessa, restando tuttavia ferma la possibilità di emettere ai sensi dell'art. 20 provvedimenti di urgenza (Cass.S.U., n. 22238/2009, in Dir. fam. 2010, n. 1, 26, con nota di Ruo). PremessaLa previsione di una disciplina della litispendenza comunitaria da parte dell'art. 11 del Regolamento n. 1347/2000 ed ora dell'art. 19 del Regolamento in esame costituisce una rilevante novità in quanto la Convezione dell'Aja del 1970 non regolava la questione della litispendenza internazionale ed anche in virtù dell'art. 9, secondo cui il riconoscimento poteva essere rifiutato nel caso di incompatibilità con una decisione anteriore sullo status coniugale resa nello Stato richiesto, il sistema di fatto incitava le parti all'instaurazione di procedimenti paralleli in più Stati nella speranza di ottenere una decisione ostativa al riconoscimento della sentenza emanata all'estero (cfr. Bonomi, 320). L'art. 19 ha invece proprio la finalità di prevenire o eliminare i procedimenti paralleli in una materia, come quella considerata, nella quale ciò avviene molto spesso (Lupoi, 2001, 137). La finalità, come esplicitato anche in relazione all'art. 11 del previgente Regolamento da parte della Relazione Borrás, è quella di attenuare il rischio di decisioni confliggenti anche per consentire una più efficace circolazione delle decisioni nello spazio giudiziario europeo. Principio di prevenzioneLa disposizione è fondata — analogamente all'art. 39 c.p.c. nonché all'art. 27 della Convenzione di Bruxelles del 1968 — sul principio prior est in tempore, potior estiniure in materia di litispendenza e di connessione (Baratta, 2004, 177): è quindi il giudice successivamente adito che sospende il procedimento pendente dinanzi a sé, in attesa della decisione del primo giudice sulla questione (in arg. v. Lupoi, 2001, 138). Se questi si ritiene competente, il secondo giudice dichiara d'ufficio la propria incompetenza e la domanda proposta davanti allo stesso può essere proposta al primo giudice; nel caso opposto, il giudice successivamente adito può riprendere il proprio procedimento (cfr. Molè, 1038, la quale osserva che, pertanto, ciascun giudice può decidere soltanto sulla propria competenza e non anche su quella di un altro giudice). Tenendo conto della recente giurisprudenza relativa al Regolamento n. 44/2011 (oggi sostituito dal Regolamento UE n. 1215/2012) in tema di giurisdizione e riconoscimento delle decisioni in materia civile e commerciale, deve ritenersi che non determini la pendenza della lite il deposito di un ricorso cautelare. Invero, la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha recentemente chiarito che L'art. 27, § 1, e l'art. 30, punto 1, del regolamento (Ce) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, devono essere interpretati nel senso che, in caso di litispendenza, la data di avvio di un procedimento volto a ottenere una misura istruttoria prima del processo non può costituire la data in cui «è considerato adito», ai sensi di detto art. 30, punto 1, un giudice chiamato a statuire su una domanda nel merito, presentata nello stesso Stato membro in seguito al risultato di detta misura (CGUE II, 4 maggio 2017, n. 29, in Ilprocessocivile.it con nota di D'Alessandro). Nozione di litispendenza e connessioneSi era rilevato, nella vigenza del Regolamento n. 1347/2000, che lo stesso, all'art. 11, accoglieva una nozione molto ampia di litispendenza, non limitata alle domande aventi medesimo oggetto e titolo, bensì estesa alle diverse domande di separazione, divorzio ed annullamento del matrimonio, purché proposte dalle stesse parti (Bonomi, 321). L'attuale art. 19 del Regolamento n. 2201/2003, pur prevedendo in concreto la stessa disciplina, è quindi più opportunamente rubricato «litispendenza e connessione», poiché la relativa disciplina si applica non soltanto ai casi di vera e propria litispendenza, i.e. alle ipotesi nelle quali le parti del procedimento sono le stesse e vi è un'identità di oggetto e titolo, ma anche a fattispecie più propriamente riconducibili alla connessione per oggetto o per titolo costitutivo della domanda (ferma, naturalmente, l'identità soggettiva: cfr. Baratta, 2004, 177), ossia ad ipotesi di litispendenza c.d. impropria (Molé, 1038). Più in generale, autorevole dottrina, già con riferimento alla disciplina della litispendenza nella Convenzione di Bruxelles del 1968, aveva osservato che in tale ambito deve essere posta fuori dall'indagine la teoria dell'individuazione delle azioni, poiché il criterio da assumere deve essere ravvisato nella ricerca concreta e pragmatica, valutando se l'azione straniera possa valere come ragionevole equivalente della tutela perseguibile con l'azione italiana prevenuta e se possa ravvisarsi un congruo grado di succedaneità pratica e di omologia giuridico-funzionale (Consolo, 48 ss.). Tra le ipotesi di litispendenza c.d. impropria rientrano la connessione tra la domanda di divorzio proposta da uno dei coniugi in uno Stato membro e la domanda di annullamento del medesimo matrimonio proposta dall'altro coniuge in un diverso Stato membro. Secondo una diversa prospettazione, già l'art. 11 dell'abrogato Regolamento n. 1347/2000 — e quindi ora l'art. 19 del Regolamento in esame — era applicabile anche alle ipotesi di «falsa litispendenza», neppure riconducibili alla nozione di connessione per oggetto o per titolo. Con diretto riguardo al sistema italiano si è infatti evidenziato che la giurisprudenza italiana non ritiene connesse le domande di separazione personale e di divorzio (Lupoi, 2002, 794). In senso sostanzialmente consonante con detta impostazione, in sede applicativa si è affermato che non è consentito ad un giudice dotato di competenza limitata alla conoscenza sommaria di una porzione soltanto della controversia (quale il presidente del tribunale, investito dei poteri di cui all'art. 708 c.p.c.) di definire l'intero processo con una declaratoria di litispendenza (App. Catania, 21 luglio 2011, in Dir. fam. pers. 2013, n. 3, 915, con nota di Castelli). Nella giurisprudenza di merito si è osservato che, in tema di litispendenza internazionale in materia matrimoniale, per determinare se sussista o meno una situazione di litispendenza, non è necessario che vi sia l'identità di causa e di oggetto delle domande proposte dinanzi ad autorità giurisdizionali di Stati membri diversi: infatti, le due cause, pur avendo le medesime parti, possono avere oggetto distinto, purché vertano comunque sulla separazione personale, sul divorzio o sull'annullamento del matrimonio. Pertanto, vi può essere litispendenza anche quando sono instaurati dinanzi a due autorità giurisdizionali di Stati membri diversi un procedimento di separazione personale dinanzi a una di esse e un procedimento di divorzio dinanzi all'altra (Trib. Milano, sez. IX, 24 febbraio 2017, in Ilfamiliarista.it 29 marzo 2017). Diversamente, un'altra parte della giurisprudenza di merito, ha ritenuto che non ricorre un'ipotesi di litispendenza internazionale tra il giudizio di separazione e quello di divorzio, che hanno petitum e causa petendi diversi (Trib. Messina, 16 gennaio 2016, in Ilfamiliarista 7 luglio 2016). Quanto alle cause in tema di responsabilità genitoriale le stesse devono aver riguardo al medesimo oggetto o titolo, quindi essere riconducibili allo stesso rapporto giuridico (Cass. III, n. 11185/2007). In dottrina si è quindi evidenziato che potrebbe ammettersi, sulla scorta di una nozione più restrittiva di litispendenza ai sensi della disposizione in esame, la contemporanea pendenza di giudizi in Stati diversi in materia di potestà genitoriale, purché aventi un diverso oggetto (cfr. RIMINI, 547, il quale adduce l'esempio della contemporanea pendenza di un giudizio sull'affidamento e sul diritto di visita e di un processo in materia di decadenza e di limitazione della potestà genitoriale). Sospensione del procedimento da parte del giudice successivamente aditoIl giudice successivamente adito sospende d'ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza dell'autorità giurisdizionale preventivamente adita. Poiché in caso di litispendenza internazionale la sospensione del procedimento instaurato successivamente deve essere disposta in modo obbligatorio, non è richiesta una motivazione specifica in ordine alle ragioni per le quali il giudice del merito abbia ritenuto di disporre la sospensione (Cass.S.U., n. 21108/2012). La formulazione letterale della disposizione, ovvero l'utilizzo del termine «sospende», sembra postulare si tratti di un'ipotesi di sospensione necessaria del processo (cfr. Uccella, 326). La S.C. ha ritenuto, inizialmente, che contro il provvedimento del giudice italiano di sospensione del processo ai sensi dell'art. 11 § 2 Regolamento 1347/2000, è inammissibile il regolamento di giurisdizione, mentre è esperibile il regolamento necessario di competenza ex art. 42 c.p.c. (cfr. Uccella, 326). L'accertamento della litispendenza internazionale, infatti, non pone, secondo la giurisprudenza, una questione di giurisdizione bensì concreta meramente un'ipotesi di sospensione necessaria del processo e, per questo, il relativo provvedimento è impugnabile con regolamento di competenza (Cass. n. 8748/2004), i.e. con lo strumento che, a seguito della riforma operata dalla l. n. 353/1990, è dato nel nostro ordinamento per impugnare le decisioni con le quali è sospeso il processo ex art. 295 c.p.c. Peraltro, con due più recenti ordinanze, le Sezioni Unite della Corte di cassazione, sia pure in relazione al Regolamento CE n. 44/01 del Consiglio del 22 dicembre 2000 (art. 27), hanno sancito il differente principio per il quale «nel caso di litispendenza internazionale, il giudice successivamente adito deve sospendere il processo fino a che quello adito per primo non abbia affermato la propria giurisdizione», è pur vero che, in tal modo, non si «disciplina una ipotesi di sospensione necessaria, ma una questione di giurisdizione, comportando un difetto temporaneo di quest'ultima in quanto sostanzialmente volta a privare il giudice successivamente adito della sua «potestas iudicandi» sino a che non sia compiuto l'accertamento della competenza del giudice preventivamente adito» (Cass.S.U., ord. 8 giugno 2011, n. 12410; Cass.S.U., ord. 2 agosto 2011, n. 16862). In tale contesto, un' ordinanza della I Sezione civile della S.C. ha rimesso al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione, ritenuta di massima di particolare importanza, relativa alla qualificazione della litispendenza internazionale come ipotesi di sospensione necessaria, ovvero come questione di giurisdizione (Cass. VI-1, ord. n. 8619/2016). Sulla detta questione, le Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass.S.U., n. 30877/2017) hanno chiarito che il principio per il quale il provvedimento di sospensione del giudizio a seguito del rilievo della ricorrenza di litispendenza internazionale non pone una questione di giurisdizione, essendo, viceversa, ammissibile il regolamento necessario di competenza, previsto dall'art. 42 c.p.c., quale rimedio offerto alla parte al fine di verificare la legittimità di un provvedimento che, incidendo sulla durata del processo, può pregiudicare la tutela del diritto fatto valere. In termini generali, la Corte di Giustizia ha precisato che quando l'autorità giurisdizionale adita successivamente, nonostante gli sforzi profusi per informarsi presso la parte che eccepisce la litispendenza, presso l'autorità giurisdizionale preventivamente adita e presso l'autorità centrale, non dispone di alcun elemento che permetta di determinare l'oggetto e il titolo di una domanda introdotta dinanzi ad un'altra autorità giurisdizionale e che sia diretto in particolare a dimostrare la competenza di quest'ultima conformemente al Regolamento CE 2201/2003, e, a causa di particolari circostanze, l'interesse del minore richieda l'adozione di una decisione che possa essere riconosciuta in Stati membri diversi da quello dell'autorità giurisdizionale successivamente adita, tale autorità giurisdizionale è tenuta, decorso un termine ragionevole perché sia data risposta ai suoi quesiti, a proseguire l'esame della domanda di cui è stata investita; la durata di tale periodo di tempo ragionevole deve tener conto dell'interesse superiore del minore nelle specifiche circostanze della controversia (CGUE II, 9 novembre 2010, n. 296, in Foro it. 2011, IV, 260, con nota di De Marzo). L'art. 19, § 3, stabilisce che, a seguito della pronuncia positiva sulla propria competenza da parte del giudice preventivamente adito, il secondo giudice dichiara la propria incompetenza a favore dello stesso (in senso critico Baratta, 2004, 180). La parte interessata sarà pertanto onerata di riassumere il procedimento dinanzi al primo giudice. La disposizione è considerata rivoluzionaria in dottrina, poiché consente il trasferimento della seconda azione all'interno del primo processo anche quando, in base alla lex fori, nessuna domanda potrebbe essere più presentata, per lo stato avanzato del procedimento, all'interno dello stesso (cfr. Lupoi, 2002, 795 s., il quale non trascura i problemi che possono sorgere qualora la prima causa nella quale viene trasferita la seconda sia già matura per la decisione). Tuttavia, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha chiarito che, ai sensi dell'art. 19 del regolamento n. 2201/2003, Bruxelles II bis, titolato «Litispendenza e connessione», nei casi di procedimenti di separazione personale e di divorzio instaurati tra le stesse parti in due diversi Stati membri, le condizioni affinché sussista litispendenza non sono più soddisfatte nell'ipotesi in cui il procedimento dinanzi alla prima autorità giurisdizionale si sia estinto dopo l'adizione della seconda autorità (CGUE, sez. III, 6 ottobre 2015, n. 489). Con una recentissima ordinanza, la S.C. ha rimesso alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea due quesiti pregiudiziali in ordine all'interpretazione della norma in commento, quanto alle conseguenze della violazione delle disposizioni dettate dalla stessa. In particolare, mediante tale ordinanza, la Corte di cassazione ha sottoposto alla Corte di giustizia dell'Unione Europea i seguenti quesiti: a) se la violazione delle regole sulla litispendenza, contenute nei §§ 2 e 3 dell'art. 19 del Regolamento n. 2201 del 2003, incida esclusivamente sulla determinazione della competenza giurisdizionale, con conseguente applicazione dell'art. 24 del Regolamento CE n. 2201 del 2003, o, al contrario, possa costituire motivo ostativo al riconoscimento nello Stato membro, la cui autorità giurisdizionale sia stata preventivamente adita, della pronuncia assunta nello Stato membro, la cui autorità giurisdizionale sia stata successivamente adita, sotto il profilo dell'ordine pubblico processuale, tenuto conto che l'art. 24 del Regolamento CE n. 2201 del 2003 richiama soltanto le regole determinative della competenza giurisdizionale contenute negli artt. da 3 a 14, e non il successivo art. 19; b) se l'interpretazione dell'art. 19 del Regolamento n. 2201 del 2003, inteso solo come criterio determinativo della competenza giurisdizionale, contrasti con la nozione eurounitaria della litispendenza nonché con la funzione e con la finalità della norma, volta a dettare un insieme di regole inderogabili, di ordine pubblico processuale, a garanzia della creazione di uno spazio comune caratterizzato dalla fiducia e dalla lealtà processuale reciproca tra gli Stati membri, all'interno del quale possa operare il riconoscimento automatico e la libera circolazione di decisioni (Cass. I, ord. n. 15183/2017). Conseguenze della violazione della norma Mediante un'importante ed attesa decisione, la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha recentemente chiarito che le norme sulla litispendenza di cui all'art. 27 del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e all'art. 19 del regolamento(CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, devono essere interpretate nel senso che, qualora, nell'ambito di una controversia in materia matrimoniale, di responsabilità genitoriale o di obbligazioni alimentari, l'autorità giurisdizionale successivamente adita abbia adottato, in violazione di tali norme, una decisione poi divenuta definitiva, esse ostano a che le autorità giurisdizionali dello Stato membro cui appartiene l'autorità giurisdizionale preventivamente adita neghino, per questo solo motivo, il riconoscimento di tale decisione (CGUE I, 16 gennaio 2019, in causa C-386/2017). Alla richiamata pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione europea si è subito adeguata la giurisprudenza di legittimità (v., in senso conforme, Cass., 17 maggio 2019, n. 13412). Provvedimenti cautelari e d'urgenzaNon sussiste in ogni caso litispendenza tra procedimenti che portano all'adozione di provvedimenti cautelari (Uccella, 326). Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno precisato che nei casi di litispendenza e di connessione, ai sensi dell'art. 19 Regolamento CE 2201/2003, l'autorità giudiziaria adita successivamente deve dichiarare la propria incompetenza a favore dell'autorità giudiziaria già investita della stessa questione o di questione connessa, restando tuttavia ferma la possibilità di emettere ai sensi dell'art. 20 provvedimenti di urgenza (Cass.S.U., n. 22238/2009, in Dir. fam. 2010, n. 1, 26, con nota di Ruo). Non è disciplinata l'ipotesi in cui, nel corso del procedimento di separazione o di divorzio, sorga la questione pregiudiziale della validità del matrimonio tra le parti. Si è affermato tuttavia che un'implicita attribuzione di competenza su tale questione al giudice del procedimento principale non sarebbe contraria alla disciplina complessiva posta dal Regolamento e che, per il giudice italiano, si potrebbe invocare anche l'applicazione dell'art. 6 della l. n. 218 del 1995 (Baratta, 2004, 181 s.). BibliografiaAncel-Muir Watt, La désunion europénne: le Règlement dit “Bruxelles II”, in Revue critique 2001, 403; Baratta, Scioglimento e invalidità del matrimonio nel diritto internazionale privato, Milano 2004; Baratta, Il regolamento comunitario sulla giurisdizione e sul riconoscimento di decisioni in materia matrimoniale e di potestà dei genitori sui figli, in Giust. civ. 2002, II, 455; Biagioni, Il nuovo regolamento comunitario sulla giurisdizione e sull'efficacia delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità dei genitori, in Riv. dir. internaz. 2004, 991; Bonomi, Il regolamento comunitario sulla competenza e sul riconoscimento in materia matrimoniale e di potestà dei genitori, in Riv. dir. internaz. 2001, 298; Calò, L'influenza del diritto comunitario sul diritto di famiglia, in Familia 2005, 509; Carpi-Lupoi (a cura di), Essays on transational and comparative civil procedure, Torino 2001, 105; Consolo, Profili della litispendenza internazionale, in Riv. dir. internaz. 1997, 5 ss.; Conti, Il nuovo regolamento comunitario in materia matrimoniale e di potestà parentale, in Fam. e dir. 2004, 291; Dosi, Le convenzioni internazionali sulla tutela dei minori, in Fam. e dir. 1997, 390; Gademet Tallon, Le Règlement n. 1347/2000 du Conseil du 29 mai 2000: “Compétence, reconnaissance et exécution des décisions en matière matrinomiale et en matière de responsabilité parentale des enfants communs”, in Journ. Dr. int. 2001, 381; Lupoi, Il regolamento n. 2201 del 2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale, in judicium.it; Lupoi, Conflitti transnazionali di giurisdizione, 2 tomi, Milano 2002; Lupoi, Bruxelles II: new rule for transnational matrimonial disputes, in Essays on Transnational and Comparative Civile Procedure, Torino 2001, 137; Martino, La giurisdizione italiana nelle controversie civili transnazionali, Padova 2000; McEleavy, The Comunitarization of Divorce Rules: What Impact for English and Scottish Law?, in Int. Comp. Law Quaterly 2004, 695; Molé, Il regolamento CE n. 2201/2003 (Bruxelles II bis): i criteri di riparto della giurisdizione e la disciplina della sottrazione internazionale dei minori, in Nuova giur. civ. comm. 2012, n. 4, 1036; Mosconi, Giurisdizione e riconoscimento delle decisioni in materia matrimoniale secondo il regolamento comunitario 29 maggio 2000, in Riv. dir. proc. 376; Oberto, Il regolamento del Consiglio (Ce) 29 maggio 2000, n. 1347 relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità parentale nei confronti dei figli comuni, in Contr. e impr. - Europa 2002, 361; Rimini, La responsabilità genitoriale nel regolamento CE n. 2201/2003, in Fam. per. succ. 2008, 547; Uccella, La prima pietra per la costruzione di un diritto europeo delle relazioni familiari: il regolamento n. 1347/2000 relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi, in Giust. civ. 2001, II, 313. |