Regolamento - 27/11/2003 - n. 2201 art. 8 - Competenza generale1Competenza generale1 1. Le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore, se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono aditi. 2. Il paragrafo 1 si applica fatte salve le disposizioni degli articoli 9, 10 e 12. [1] Articolo abrogato dall'articolo 104 del Regolamento del Consiglio del 25 giugno 2019, n. 1111, a decorrere dal 1° agosto 2022, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 100, paragrafo 2, del medesimo Reg. 1111/2019. InquadramentoLa più importante novità introdotta dal Regolamento n. 2201/2003 rispetto al Regolamento n. 1347/2000 è l'estensione dell'ambito di applicazione dello stesso a tutte le cause relative alla responsabilità genitoriale, a prescindere da eventuali nessi con controversie matrimoniali intercorrenti tra i genitori del minore . La norma in esame individua, in conformità del principio di vicinanza o di prossimità, come già l'art 1 della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, nella «residenza abituale» il titolo di giurisdizione che in via generale, ovvero fatta salva l'applicazione in particolari fattispecie dei criteri speciali dettati dalle disposizioni immediatamente successive, determina la giurisdizione di uno Stato membro nelle cause relative alla responsabilità genitoriale. Tale criterio si è invero progressivamente affermato nel diritto internazionale rispetto a quello pregresso della cittadinanza (Ancel-Muir Watt, 1995, 579 ss.). La Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha chiarito che la nozione di «residenza abituale», ai sensi dell'art. 8, n. 1, del Regolamento n. 2201/2003, deve essere interpretata nel senso che tale residenza non può essere determinata tenendo conto della normativa interna dei singoli Stati Membri e corrisponde al luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare: a tal fine, si deve in particolare tenere conto della durata, della regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali del minore nel detto Stato (CGUE, 2 aprile 2009, n. 523, in Riv. dir. proc. 2010, n. 2, 461, con nota di Gozzi ed in Fam. e dir. 2009, n. 10, 876, con nota di Astiggiano). PremessaLa novità più significativa del Regolamento n. 2201/2003 rispetto al previgente Regolamento n. 1347/2000 è stata l'estensione dell'ambito di applicazione dello stesso a tutte le cause relative alla responsabilità genitoriale. Il Regolamento 1347/2000 trovava infatti applicazione soltanto quando ricorrevano congiuntamente tre condizioni, ovvero i provvedimenti sulla potestà dei genitori dovevano essere adottati in occasione di una causa matrimoniale, i minori erano figli avuti in comune dalla coppia, il figlio di cui si trattava era residente in uno Stato membro (in arg. Oberto, 384). Nelle ipotesi in cui il Regolamento 1347/2000 non era applicabile, la competenza per adottare i provvedimenti relativi alla potestà dei genitori doveva pertanto essere determinata in base alle regole di diritto internazionale privato oppure ad eventuali Convenzioni internazionali in vigore nello Stato interessato (Oberto, 385). Criterio generale di collegamento della giurisdizione in materia di responsabilità genitorialeL'art. 8 individua, invece, come già l'art 1 della Convenzione dell'Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, nella «residenza abituale» il titolo di giurisdizione che in via generale, ovvero fatta salva l'applicazione in particolari fattispecie dei criteri speciali dettati dalle disposizioni immediatamente successive, determina la giurisdizione di uno Stato membro nelle cause relative alla responsabilità genitoriale. Ciò è apparso coerente con il dodicesimo considerando del Preambolo dello stesso Regolamento in esame in forza del quale le regole di competenza si informano all'interesse superiore del minore e, soprattutto al criterio di vicinanza o prossimità (Magrone353). In realtà anche storicamente si è registrata una progressiva affermazione del criterio della residenza abituale rispetto a quello della nazionalità nelle Convenzioni internazionali, al fine di individuare il giudice munito di giurisdizione nelle controversie relative alla responsabilità genitoriale sui minori (cfr. Ancel-Muir Watt, 1995, 579 ss.). La nozione di residenza abituale del minore è mutuata dall'art. 3 della Convenzione dell'Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, la quale pure non definisce tuttavia la stessa (cfr. Astiggiano, 886 ss.). È opportuno che, ferme le valutazioni ancorate alle peculiarità della casistica concreta, della nozione si dia un'interpretazione uniforme per evitare che i giudici di ciascuno Stato membro riconoscano o declinino la propria giurisdizione sulle stesse basi (Lamont, 261 ss) e che questo favorisca fenomeni di forum shopping (Salerno, 74). Sulla questione è intervenuta la Corte di Giustizia dell'Unione Europea evidenziando che la nozione di «residenza abituale», ai sensi dell'art. 8, n. 1, del regolamento n. 2201/2003, deve essere interpretata nel senso che tale residenza non può essere determinata tenendo conto della normativa interna dei singoli Stati Membri e corrisponde al luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare: a tal fine, si deve in particolare tenere conto della durata, della regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali del minore nel detto Stato. Compete al giudice nazionale stabilire la residenza abituale del minore, tenendo conto delle peculiari circostanze di fatto che caratterizzano ogni caso di specie (CGUE 2 aprile 2009, n. 523, in Riv. dir. proc. 2010, n. 2, 461, con nota di Gozzi ed in Fam. e dir. 2009, n. 10, 876, con nota di Astiggiano). Pertanto, si è ritenuto, in giurisprudenza, che la giurisdizione sulle domande relative all'affidamento dei figli, ove pure proposte congiuntamente a quella di separazione giudiziale, appartiene al giudice del luogo in cui il minore risiede abitualmente a norma dell'art. 8 del Regolamento CE n. 2201/2003 del Consiglio del 27 novembre 2003 (Trib. Palmi 28 gennaio 2013). Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno evidenziato che, in tema di riparto di giurisdizione tra autorità di Stati diversi in ambito UE, le controversie in materia di affidamento e di determinazione delle modalità di visita sono devolute al giudice del luogo di residenza abituale del minore (Cass. S.U., n. 22238/2009). Le Sezioni Unite hanno a riguardo sottolineato che l'interesse preminente del minore si realizza nella tendenziale concentrazione di tutte le azioni giudiziarie che lo riguardano, quanto meno all'interno del conflitto familiare, presso il giudice dello stato membro cui deve essere attribuita, sulla base del criterio della residenza abituale, la competenza giurisdizionale in tema di responsabilità genitoriale. Le Sezioni Unite hanno infatti sottolineato che la vicinanza o prossimità al luogo di residenza abituale del minore consentono una conoscenza "degli elementi essenziali per la valutazione della sua domanda (Cass. S.U., n. 27091/2017). Intervenendo nuovamente sulla questione, le medesime Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno statuito che qualora nel giudizio di divorzio introdotto innanzi al giudice italiano siano avanzate domande inerenti la responsabilità genitoriale (nella specie, con riferimento al diritto di visita) ed il mantenimento di figli minori non residenti abitualmente in Italia, ma in altro stato membro dell'Unione Europea (nella specie, la Germania), la giurisdizione su tali domande spetta, rispettivamente ai sensi degli artt. 8, par. 1, del Regolamento CE n. 2201 del 2003 e 3 del Regolamento CE n. 4 del 2009, all'A.G. dello Stato di residenza abituale dei minori al momento della loro proposizione, dovendosi salvaguardare l'interesse superiore e preminente dei medesimi a che i provvedimenti che li riguardano siano adottati dal giudice più vicino al luogo di residenza effettiva degli stessi, nonché realizzare la tendenziale concentrazione di tutte le azioni li riguardano, attesa la natura accessoria della domanda relativa al mantenimento rispetto a quella sulla responsabilità genitoriale (Cass. S.U., n. 30657/2018). La Corte di Giustizia dell'Unione europea, nella medesima prospettiva, ha chiarito che la giurisdizione per le controversie sul diritto di visita spettante nei confronti dei nipoti deve essere incardinata anche dai nonni nello Stato presso il quale il minore aveva la residenza abituale al momento della proposizione della domanda (CGUE, I, 31 maggio 2018, n. 335). Nella giurisprudenza nazionale e straniera prevale la posizione per la quale, ai fini dell'individuazione del luogo di residenza abituale, il dato fattuale deve prevalere su quello anagrafico, dovendosi fare sostanziale riferimento al centro di vita del minore, ai suoi effettivi legami sociali e familiari, non solo parentali, ed all'elemento temporale, stanti gli effetti del trascorrere del tempo sul consolidamento delle consuetudini di vita e sul radicamento ambientale a seguito di una stabile e continua permanenza in un determinato luogo (cfr. Salzano, 226). Invero, come precisato già in sede di interpretazione dell'art. 3 della Convenzione dell'Aja del 1980, la nozione di residenza abituale, rispetto al nostro ordinamento interno, non può coincidere né con quella di domicilio di cui all'art. 43, comma 1, c.c. né con quella formale di residenza (v., tra le altre, Cass. n. 13167/2004). Le stesse Sezioni Unite hanno più recentemente chiarito che, in tema di responsabilità genitoriale, al fine di stabilire la competenza giurisdizionale, occorre dare rilievo — per principio generale — al criterio della residenza abituale del minore al momento della domanda, intendendo come tale il luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale, e non quello risultante da un calcolo puramente aritmetico del vissuto (Cass. S.U., n. 5418/2016: nella specie, applicando l'enunciato principio, la S.C. ha ritenuto corretta la motivazione del giudice di merito, per la quale doveva considerarsi abitualmente residente in Brasile il minore che vi aveva vissuto fra i tre e i sei anni di età, periodo intensamente relazionale, con un intervallo di appena sei mesi, trascorso in Italia). Da ultimo, la S.C. ha precisato che a fronte di un trasferimento illecito, la residenza abituale del minore deve individuarsi in considerazione della condivisa fissazione della stessa da parte dei genitori fino al trasferimento, restando irrilevante il ripetuto spostamento del minore da un'abitazione all'altra all'interno della stessa area territoriale, né incidendo sulla valutazione da compiere la preminenza del ruolo di un genitore nella relazione con il minore (Cass. I, n. 13214/2021, ha annullato la pronuncia impugnata ed ha espresso il principio sopra indicato in relazione a vicenda in cui la madre aveva trasferito, senza il consenso del padre, il bambino in Italia dall'Inghilterra dove aveva prevalentemente vissuto, ancorché cambiando abitazione con una certa frequenza, e dove era stata fissata di comune accordo la residenza del minore). In sostanza, la residenza abituale corrisponde ad una situazione di fatto, dovendo per essa intendersi il luogo nel quale il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, ha il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, derivanti dallo svolgersi in detta località della sua quotidiana vita di relazione, i.e. il luogo dove il minore custodisce e coltiva i suoi più radicati e rilevanti legami affettivi ed i suoi reali interessi ed il cui accertamento è riservato all'apprezzamento del giudice di merito (Liuzzi, 887). Di conseguenza, in giurisprudenza è stata ritenuta i rrilevante l'eventuale diversa residenza anagrafica del minore (Cass. n. 19544/2003), nonché il luogo in cui lo stesso si trovi a seguito di trasferimenti di carattere contingente e transitorio o il luogo in cui abiti occasionalmente al momento della proposizione della domanda, ad esempio per un periodo di vacanza (Cass. n. 558/1982). Il parametro di riferimento è, in sostanza, quello della c.d. residenza affettiva (Corbetta), intesa come luogo dove il minore può svolgere pienamente ed accrescere la propria personalità e con il quale ha il rapporto, non solo materiale, ma anche e soprattutto affettivo, più stretto, in cui può coltivare quel supremo interesse che deve sempre essere alla base di ogni decisione che riguardi i minori (cfr. Astiggiano, 877 ss., il quale esclude che esista un parametro per valutare in assoluto la sussistenza o meno della residenza abituale, ma occorre che i giudici del merito effettuino volta per volta una valutazione unica e personalizzata sul singolo minore). In tale prospettiva, la nozione di residenza abituale assume contorni aperti e la determinazione della stessa deve avvenire di volta in volta alla luce di un'interpretazione sistematica del Regolamento ed, in particolare, tenendo conto degli obiettivi fissati dal dodicesimo considerando, per il quale le regole di competenza si informano all'interesse del minore ed, in particolare, al criterio di vicinanza (Gozzi, 462). In una recente decisione, la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha fornito peraltro importanti precisazioni in ordine all'individuazione della residenza abituale del minore ai fini della determinazione della cd. giurisdizione-competenza ai sensi della disposizione in commento. Più in particolare, la Corte di Giustizia, ribadito che la residenza abituale del minore corrisponde al luogo in cui si trova di fatto il centro della sua vita e che spetta al giudice nazionale determinare il luogo in cui si trovava tale centro al momento della proposizione della domanda concernente la responsabilità genitoriale nei confronti del minore, ha sottolineato che ciò deve avvenire sulla base di un complesso di elementi di fatto concordanti (CGUE, V, 28 giugno 2018, n. 512, la quale, rispetto alla fattispecie concreta esaminata, ha evidenziato che costituiscono, congiuntamente, circostanze determinanti: il fatto che il minore, dalla nascita fino alla separazione dei genitori, abbia generalmente abitato con questi ultimi in un determinato luogo; la circostanza che il genitore che esercita di fatto, dopo la separazione della coppia, la custodia del minore continui a vivere quotidianamente con quest'ultimo in tale luogo e ivi eserciti la sua attività professionale, la quale si inserisce nell'ambito di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed il fatto che il minore, in questo luogo, abbia contatti regolari con l'altro genitore, che continua a risiedere nel medesimo luogo. Per contro, nello stesso caso esaminato, la Corte ha ritenuto che non possono essere considerate circostanze determinanti: i soggiorni che, in passato, il genitore che esercita la custodia effettiva del minore ha effettuato con quest'ultimo nel territorio dello Stato membro di cui detto genitore è originario nell'ambito dei suoi congedi o dei periodi festivi; le origini del genitore in questione, i conseguenti legami culturali del minore con questo Stato membro e i suoi rapporti con la famiglia che risiede in detto Stato membro e l'eventuale intenzione di detto genitore di stabilirsi in futuro con il minore in questo stesso Stato membro). Tuttavia, la stessa Corte di Giustizia dell'Unione europea ha precisato che la disposizione in commento va interpretata nel senso che un minore deve essere stato fisicamente presente in uno Stato membro perché possa essere considerato come residente abitualmente in questo Stato (CGUE, sez. I, 17 ottobre 2018, n. 393, la quale ha precisato che non assumono a riguardo rilevanza, anche ove dimostrate, circostanze quali, da un lato, la coercizione esercitata dal padre sulla madre, da cui è derivato come conseguenza che la madre ha partorito la loro figlia comune in uno Stato terzo e ivi risiede con tale minore sin dalla nascita di quest'ultima, e, da un altro, la lesione dei diritti fondamentali della madre o della minore, non hanno alcuna incidenza al riguardo). Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono inoltre confrontate, nell'individuare il giudice munito di giurisdizione-competenza sulle domande accessorie relative al mantenimento dei figli minori, con le previsioni contenute nell'art. 3 del Regolamento n. 4/2009 sulle obbligazioni alimentari. In particolare, è stato a riguardo enunciato il principio in virtù del quale ai sensi dell'art. 3, lett. d), del Regolamento (CE) n. 4/2009, qualora il giudice italiano sia investito della domanda di separazione personale dei coniugi e il giudice di altro Stato membro sia investito della domanda di responsabilità genitoriale, a quest'ultimo spetta la giurisdizione anche sulla domanda relativa al mantenimento del figlio minore, trattandosi di domanda accessoria a quella di responsabilità genitoriale (Cass. S.U., n. 2276/2016, in Fam. e dir. 2016, n. 12, 1125, con nota di Bernasconi). Al contempo le Sezioni Unite hanno sollevato una questione pregiudiziale concernente l'art. 3, lett. c) e d) del Regolamento n. 4/2009 in tema di alimenti chiedendo se la domanda proposta in un giudizio di separazione coniugale, per il suo carattere accessorio, possa essere decisa in basa al criterio della prevenzione, sia dal giudice della separazione sia da quello del giudizio sulla responsabilità genitoriale, ovvero se debba essere necessariamente decisa da quest'ultimo La Corte di Giustizia dell'Unione Europea sulla questione ha chiarito che l'articolo 8 del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, e l'articolo 3 del regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari, devono essere interpretati nel senso che, in un procedimento come quello principale, i giudici dello Stato membro che hanno adottato una decisione passata in giudicato in materia di responsabilità genitoriale e di obbligazioni alimentari riguardanti un figlio minore non sono più competenti a pronunciarsi su una domanda di modifica dei provvedimenti adottati con tale decisione, qualora la residenza abituale del minore si trovi nel territorio di un altro Stato membro. In detta ipotesi, quindi, la competenza a pronunciarsi su tale domanda spetta ai giudici di quest'ultimo Stato membro (CGUE I, 15 febbraio 2017). In sostanza, nell'ambito del diritto dell'Unione Europea, per la determinazione della competenza giurisdizionale, la domanda alimentare (rectius, di mantenimento) in favore dei figli minori di una coppia può considerarsi accessoria solo all'azione relativa alla responsabilità genitoriale e non anche a quella concernente lo scioglimento del matrimonio tra i genitori contemporaneamente proposta dinnanzi ai giudici di un diverso Stato membro (Bernasconi, 1129). 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