Sì all'assegno divorzile per l'ex moglie non più giovane che non ha una stabile soluzione abitativa

06 Aprile 2018

La pronuncia del Tribunale di Milano in commento ha ad oggetto il diritto all'assegno divorzile a favore dell'ex moglie che percepisce un reddito da lavoro modesto e che non dispone di una stabile soluzione abitativa, alla luce del nuovo orientamento giurisprudenziale inaugurato da Cass. civ., 10 maggio 2017, n. 11504.
Massima

Va riconosciuto l'assegno divorzile all'ex moglie non più giovane che percepisce un reddito lavorativo assai modesto e che non dispone stabilmente di una casa di abitazione.

Il caso

La ricorrente chiedeva al Tribunale di Milano di dichiarare lo scioglimento del matrimonio contratto con il convenuto, ponendo a carico di quest'ultimo un assegno mensile di € 504,00 a titolo di mantenimento della medesima.

La ricorrente precisava di essersi separata dal marito con sentenza del Tribunale nella quale si disponeva l'obbligo del marito di corrisponderle, a titolo di assegno di mantenimento, la somma mensile di € 500,00 rivalutabile annualmente secondo l'indice ISTAT.

Deduceva inoltre che, mentre il marito aveva continuato con successo la propria attività, quest'ultima non aveva reperito alcuna altra occupazione lavorativa, ad eccezione di collaborazioni occasionali di consulenza in ambito amministrativo.

Il Presidente del Tribunale, in via provvisoria, riduceva a € 250,00 mensili il contributo per il mantenimento della moglie.

Acquisita la documentazione bancaria della quale era stato ordinato il deposito, il Giudice Istruttore rimetteva quindi la causa al Collegio per la decisione.

La questione

Alla luce del nuovo orientamento giurisprudenziale inaugurato da Cass. civ., 10 maggio 2017, n. 11504, ha diritto all'assegno divorzile l'ex moglie che percepisce un reddito da lavoro modesto e che non dispone di una stabile soluzione abitativa?

Le soluzioni giuridiche

Il Collegio accoglie il ricorso ritenendo che l'attrice abbia dimostrato, conformemente ai principi in materia di onere probatorio, di non possedere mezzi adeguati al suo mantenimento e di non poterseli procurare per ragioni oggettive, pur valutando tali mezzi con esclusivo riguardo alla sua indipendenza o autosufficienza economica (senza considerare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio). In particolare, valorizzando nel caso concreto proprio gli indici suggeriti dalla più recente giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione (Cass. civ., 10 maggio 2017, n. 11504, cit., seguita da Cass. civ., 28 novembre 2017, n. 28326) il Tribunale ha evidenziato che la ricorrente risulta titolare di un reddito lavorativo di ammontare modesto (€ 990,00 netti mensili circa), con il quale deve far fronte alle utenze, alle spese condominiali, alla rata del finanziamento dell'auto, al vitto e alle spese di vita quotidiana; che ha ricevuto l'importo di € 133.369,31 quale residuo del corrispettivo ottenuto dalla vendita della casa familiare, al netto di tutte le spese sostenute per la vendita e per l'estinzione del mutuo gravante sull'immobile. Per quanto concerne le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale e di miglioramento del reddito, il Collegio ha escluso che la ricorrente possa rinvenire nell'odierno mercato del lavoro una collocazione lavorativa maggiormente remunerativa rispetto a quella attuale sia in considerazione della sua età (58 anni), del titolo di studio (ragioniera) e della sua qualifica, sia in considerazione dell'attuale situazione dello stesso mercato del lavoro e della sua posizione di lavoratrice dipendente.

I Giudici milanesi hanno poi evidenziato come l'autosufficienza economica non possa essere riconosciuta in virtù del criterio relativo alla «stabile disponibilità di una casa di abitazione»; la ricorrente vive, infatti, in un immobile di 35 mq di proprietà della sorella concesso in comodato gratuito a termine. Tale contratto di comodato, ancorché stipulato a termine e non rientrante nell'ipotesi di comodato c.d. precario ex art. 1810 c.c. (che impone al comodatario la restituzione della cosa a semplice richiesta del comodante), non configura una stabile soluzione abitativa, potendo il rapporto cessare alla scadenza del termine annuale ove sussista una disdetta ad opera del comodante.

Parimenti, è da escludersi che l'importo di € 133.369,31 (quale residuo del corrispettivo ottenuto dalla vendita della casa familiare, al netto delle spese per la vendita e del mutuo) possa considerarsi somma idonea al reperimento di una diversa e stabile casa di abitazione, anche in considerazione del fatto che, in presenza di un reddito da lavoro di esiguo ammontare (meno di € 1.000,00 netti mensili), ella non può permettersi di investire tutti i suoi risparmi nell'acquisto di una casa, dovendo mantenere una somma liquida disponibile, per far fronte ad eventuali emergenze (malattia, spese impreviste, ecc.).

In conclusione, il Tribunale ha ritenuto che, alla stregua dei citati parametri, la ricorrente non dispone di quella indipendenza o autosufficienza economica che escluderebbero il diritto alla corresponsione dell'assegno divorzile.

Per quanto attiene alla quantificazione dell'assegno divorzile, il Collegio ha evidenziato la lunga durata del matrimonio (29 anni) tenendo conto, altresì, del miglioramento della condizione economica della ricorrente rispetto all'epoca della separazione.

In sede di separazione, il Tribunale disponeva, infatti, che il marito corrispondesse alla moglie un assegno di mantenimento del valore di € 500,00 mensili, in considerazione dello stato di disoccupazione della ricorrente. Di contro, la ricorrente risulta oggi titolare di un reddito lavorativo, ancorché esiguo, con conseguente miglioramento della sua posizione reddituale.

Il Tribunale ha, quindi, ritenuto di confermare l'importo fissato dal Presidente nei provvedimenti provvisori, posto che tale importo, unitamente al reddito da lavoro della ricorrente, consente alla stessa di provvedere adeguatamente al proprio mantenimento, considerato che non sostiene spese abitative e possiede risparmi che le consentono di far fronte con una certa tranquillità a situazioni di emergenza.

L'importo di cui sopra deve inoltre ritenersi compatibile con i redditi dei coniugi secondo quanto emerge dalla complessiva documentazione versata o acquisita in atti.

Il convenuto è risultato, infatti, socio di maggioranza di un'impresa con buona redditività e con buone potenzialità di crescita e si trova in una situazione economico-reddituale migliore di quella della moglie ed è, perciò, in grado di versare l'assegno divorzile come sopra determinato.

Osservazioni

La sentenza in rassegna costituisce una delle ormai sempre più frequenti applicazioni da parte della giurisprudenza di merito del nuovo orientamento sull'assegno divorzile inaugurato dalla Suprema Corte.

Come è noto, il precedente indirizzo, formatosi prima e dopo le fondamentali sentenze delle Sezioni Unite (Cass. civ., S.U., 29 novembre 1990, n. 11490 e Cass. civ., S.U., 29 novembre 1990, n. 11492) assumeva a parametro di riferimento, al quale rapportare l'adeguatezza-inadeguatezza dei mezzi del richiedente, il «tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio stesso, fissate al momento del divorzio» (cfr. Cass. civ. n. 11490/1990).

La Suprema Corte, con il recente revirement, ha ritenuto non più attuale tale orientamento, per una serie molteplice di ragioni, prima fra tutte quella per cui il parametro del tenore di vita finisce per conferire una “indebita ultrattività” al vincolo matrimoniale, estintosi per effetto della sentenza di divorzio. Il nuovo parametro di riferimento, cui rapportare il giudizio sull'adeguatezza-inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge richiedente l'assegno di divorzio e sulla possibilità-impossibilità per ragioni oggettive dello stesso di procurarseli, è stato individuato dal Giudici di legittimità nel raggiungimento dell'"indipendenza economica" del richiedente: se è accertato che quest'ultimo è economicamente indipendente o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto il relativo diritto. I principali indici per accertare, nella fase di giudizio sull'an debeatur, la sussistenza o meno dell'indipendenza economica dell'ex coniuge richiedente l'assegno di divorzio (e, quindi, l'adeguatezza o meno, dei mezzi nonché la possibilità o meno per ragioni oggettive dello stesso di procurarseli) sono stati individuati dalla Cassazione:

- nel possesso di redditi di qualsiasi specie;

- nel possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari; nelle capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all'età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo;

- nella stabile disponibilità di una casa di abitazione.

Pertanto, la Suprema Corte, pur condividendo pienamente la bifasicità del giudizio per l'accertamento dell'assegno divorzile, non dà più rilievo al tenore di vita pregresso. Il Giudice del divorzio, in relazione alle statuizioni sull'assegno, dovrà informarsi al principio di autoresponsabilità economica dei coniugi e fare riferimento alla loro indipendenza. Solo quando emerga che effettivamente il coniuge richiedente non è persona economicamente autosufficiente, potrà operare la solidarietà post-coniugale, alla luce dei criteri di cui all'art. 5 comma 6, l. div. tra i quali rientra anche il tenore di vita matrimoniale.

Non mancano in dottrina e in giurisprudenza opinioni di dissenso rispetto al nuovo orientamento interpretativo sull'assegno divorzile.

È, pertanto, auspicabile un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite, che stabilisca quale sia il rilievo da attribuire al tenore di vita matrimoniale ed in che termini debba essere valutata l'adeguatezza dei mezzi di cui all'art. 5, comma 6, l. n. 898/1970.

Guida all'approfondimento

B.M. Colangelo, Assegno divorzile: la vexata quaestio del rilievo da attribuire al tenore di vita matrimoniale, in Fam. e Dir., 2018, 3, 274;

M. Fortino, Il divorzio, l'“autoresponsabilità” degli ex coniugi e il nuovo volto della donna e della famiglia, in Nuova Giur. Civ., 2017, 9, 1254;

E. Quadri, L'assegno di divorzio tra conservazione del “tenore di vita” e “autoresponsabilità”: gli ex coniugi “persone singole” di fronte al loro passato comune, in Nuova Giur. Civ., 2017, 9, 1261

C. Rimini, Verso una nuova stagione per l'assegno divorzile dopo il crepuscolo del fondamento assistenziale, in Nuova Giur. Civ., 2017, 9, 1274

A. Vesto, Matrimonio - revisione dell'assegno post-matrimoniale: dal dogma del “tenore di vita” all'“autosufficienza e autoresponsabilità economica, in Nuova Giur. Civ, 2017, 11, 1473.

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