I confini della privata dimora ai fini della legittima difesa domiciliare

17 Aprile 2018

In tema di legittima difesa domiciliare rientra nella nozione di appartenenza alla privata dimora anche la soglia dell'abitazione con la conseguenza che, sussistendo gli altri requisiti previsti dall'art. 52, comma 2, lett.b) c.p., la proporzionalità tra offesa e ...
Massima

In tema di legittima difesa domiciliare rientra nella nozione di appartenenza alla privata dimora anche la soglia dell'abitazione con la conseguenza che, sussistendo gli altri requisiti previsti dall'art. 52, comma 2, lett.b) c.p., la proporzionalità tra offesa e difesa è presunta.

Il caso

La Corte di assise di Frosinone aveva condannato l'imputato alla pena di anni 15 di reclusione per il delitto di omicidio volontario per aver ucciso il compagno della figlia con un colpo di pistola mentre questi, sulla soglia dell'abitazione, litigava con la stessa.

Nello specifico una sera, a seguito dell'ennesima discussione, la figlia dell'imputato era ritornata a casa dei genitori riferendo della situazione insostenibile in cui viveva; poco dopo era sopraggiunto il compagno.

La donna aveva chiesto al compagno di non salire ma questi l'aveva comunque raggiunta e i due avevano iniziato a litigare davanti alla porta dell'abitazione dell'imputato.

Durante l'alterco, la vittima richiedeva con veemenza la consegna delle chiavi dell'auto di proprietà della compagna e intervenivano, a difesa della giovane, il padre, la madre e la sorella. In una fase concitata del litigio, la vittima brandiva l'ombrello, dapprima contro la madre della compagna con l'intento di infilzarla e poi anche verso il padre. L'imputato, poiché il compagno della figlia si mostrava sordo ai continui inviti a lasciare l'appartamento, iniziando a temere per la propria incolumità e per quella dei familiari, dopo essere salito in camera da letto per prendere la pistola legalmente detenuta, spara verso la vittima che moriva sul colpo.

Avverso la sentenza di primo grado la difesa dell'imputato aveva proposto appello sostenendo la ricorrenza della legittima difesa domiciliare, almeno putativa, poiché la vittima si era introdotta nell'abitazione dell'imputato senza il suo consenso ponendo in essere una condotta aggressiva per la sua incolumità e quella dei familiari.

A seguito di gravame, la Corte di assise di appello di Roma, riconosciuta l'attenuante dello stato d'ira di cui all'art. 62 n. 2 c.p., aveva ridotto la pena ad anni 10 di reclusione escludendo, tuttavia, la legittima difesa.

L'imputato ha proposto ricorso per Cassazione.

La questione

Il punto rilevante nella pronuncia in commento riguarda la ricorrenza o meno della scriminante della legittima difesa domiciliare ex art. 52, comma 2, c.p.

E invero, secondo la censurata sentenza della Corte di assise d'appello non sussistevano le condizioni per il riconoscimento della causa di giustificazione poiché la vittima si era mantenuta durante tutta la discussione sulla soglia della porta di ingresso senza mai entrare nell'appartamento in quanto validamente fronteggiato dall'imputato, dalla moglie e dalle sue figlie; non aveva danneggiato alcun bene della famiglia a eccezione dell'ombrello, né era venuto alle mani con un componente della famiglia, limitandosi a reclamare la consegna delle chiavi dell'autovettura di proprietà della compagna entrandone poi in possesso in un secondo momento.

La Corte d'assise d'appello non aveva, pertanto, ravvisato il pericolo attuale di un'offesa ingiusta da parte della vittima e aveva escluso la presunzione di proporzionalità tra offesa e difesa in quanto la soglia dell'abitazione non rientrava nella nozione di appartenenza alla privata dimora di cui all'art. 614 c.p.

Secondo la Suprema Corte, tuttavia, la sentenza d'appello aveva smentito la ricostruzione fattuale operata dal giudice di I grado la quale nella motivazione dava atto di come ricorresse la violazione di domicilio da parte della vittima, desumibile dalla posizione del corpo come rinvenuto dalla P.G.

Con il ricorso per Cassazione l'imputato prospettava una diversa dinamica della vicenda, chiarendo come l'imputato, fin dal suo primo interrogatorio, avesse sempre riferito di essersi munito della pistola esclusivamente per intimorire la vittima che minacciava di infilzare la moglie con l'ombrello e non desisteva in alcun modo dal proprio comportamento aggressivo e minaccioso nei confronti della compagna e dei suoi familiari.

La Suprema Corte ha ritenuto astrattamente condivisibile tale versione in quanto l'arma aveva esploso un solo colpo, con il rischio di colpire anche i familiari dell'imputato, sintomo che l'imputato avesse agito nella convinzione della sussistenza di un pericolo imminente per la propria incolumità nonché dei propri familiari. La vittima, inoltre, cercando di impossessarsi delle chiavi dell'auto della compagna, aveva posto in essere un tentativo di rapina.

Ebbene, secondo quanto previsto dall' art. 52, comma 2,lett.b) c.p. sussiste il rapporto di proporzione tra difesa legittima ed offesa quando, nei luoghi indicati dall'art. 614 c.p., l'arma venga adoperata per proteggere i beni propri o altrui, non vi sia desistenza e vi sia pericolo di aggressione.

Nel caso di specie, la condotta posta in essere dalla vittima integrava il pericolo di un'offesa ingiusta posta in essere sia nei confronti dell'incolumità del coniuge dell'imputato che verso il bene altrui atteso il tentativo di impossessarsi delle chiavi dell'auto, integrante tentativo di rapina.

Le soluzioni giuridiche

Con la pronuncia in commento la Cassazione, dando atto di aver affrontato il merito della vicenda al solo fine di evidenziarne il vizio logico motivazionale della sentenza impugnata, fornisce quale indicazione vincolante di diritto «la qualificazione degli spazi condominiali (e, quindi, anche il pianerottolo antistante l'appartamento), come facenti parte dei luoghi indicati dall'art. 614 c.p. comma 1», rimettendo al Giudice del rinvio un riesame della vicenda per decidere se applicare o meno la scriminante della legittima difesa.

Come noto, la legge 59 del 13 febbraio 2006 ha arricchito l'art. 52 c.p. di due ulteriori commi.

E invero, mentre il primo comma richiede un accertamento in concreto della proporzione tra la difesa e l'offesa ingiusta, il comma 2 la ritiene sussistente secondo un rapporto di presunzione assoluta nelle ipotesi di cui all'art. 614, commi 1 e 2, c.p. ,che contempla la violazione di domicilio, qualora un soggetto si introduca nell'abitazione altrui, o in altro luogo di privata dimora o nelle appartenenze di essi. In tali ipotesi,sarà scriminata la condotta di chi utilizzi un'arma legittimamente detenuta, al fine di difendere:

a) la propria o altrui incolumità;

b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione.

Giova rilevare come l'art. 59, ultimo comma, c.p. estenda l'applicazione delle circostanze di esclusione della pena anche quando l'agente ritenga per errore che le stesse sussistano (c.d. legittima difesa putativa).

Al riguardo si è statuito che: «la presunzione di proporzionalità della reazione difensiva armata in caso di violazione di domicilio, prevista dal comma 2 dell'art. 52 c.p., opera anche nell'ipotesi di legittima difesa putativa incolpevole» (Cassazione penale, Sez. I, 9 febbraio 2011,n. 11610).

Pertanto, qualora un soggetto si trovi nel proprio domicilio e ritenga in maniera incolpevole che ricorra un pericolo di aggressione in realtà inesistente è legittimato all'uso delle armi dovendosi ritenere presunto il rapporto di proporzionalità.

La l. 59/2006, introducendo il comma 2 dell'art. 52 c.p., ha, pertanto, stabilito la presunzione della sussistenza del requisito della proporzione tra offesa e difesa, quando sia configurabile la violazione del domicilio dell'aggressore, ossia l'effettiva introduzione del soggetto nel domicilio altrui, contro la volontà di colui che è legittimato a escluderne la presenza, ferma restando la necessità del concorso dei presupposti dell'attualità dell'offesa e della inevitabilità dell'uso delle armi come mezzo di difesa della propria o altrui incolumità (Cassazione penale, Sez. I, 07/10/2014,n. 50909).

Osservazioni

Le considerazioni ricavabili dalla pronuncia in commento sono duplici.

Innanzitutto, è oramai pacifico che il c.d. pianerottolo rientri nella nozione di appartenenza di privata dimora di cui all'art. 614 c.p. con la conseguenza che, laddove l'aggressione si consumi in tali spazi, sussiste il rapporto di proporzionalità ex art. 52, comma 2, c.p.

Parimenti, la legittima difesa putativa di cui all'art. 59, ultimo comma, c.p., in presenza degli altri requisiti di cui all'art. 52, comma 2, c.p., opera da scriminante impedendo l'applicazione dell'eccesso colposo di cui all'art. 55 c.p., poiché se la reazione è ritenuta adeguata all'offesa non si saranno ecceduti i limiti della colpa.

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