Necessaria una CTU per valutare la capacità educativa dei parenti prima dell'adottabilità

19 Aprile 2018

La questione affrontata nella sentenza in esame attiene alla valutazione della capacità genitoriale dei parenti stretti, che abbiano rapporti significativi col minore, una volta accertata l'incapacità o la mancanza dei genitori.
Massima

Quando nel procedimento di adottabilità si accerta che i genitori sono privi della capacità genitoriale, la valutazione sull'idoneità genitoriale dei parenti stretti, con rapporti significativi col minore, deve fondarsi su dati oggettivi quali la disponibilità rilevata dal Servizio sociale, l'osservazione da parte dei servizi che hanno avuto contatti col bambino e monitorato il suo ambiente familiare. La valutazione della personalità e della capacità educativa e direttiva dei parenti, se del caso, deve avvenire per il tramite di un CTU esperto della materia, in considerazione dei diritti personalissimi coinvolti nell'esito finale del giudizio.

Il caso

La Corte di appello di L'Aquila confermava, nel 2006, la sentenza di adottabilità di un minore di cinque anni rilevando che il padre era ignoto e la madre era inidonea. Quanto ai parenti prossimi, uno zio e i nonni materni, con i quali il minore aveva convissuto fino al collocamento in comunità della madre, veniva espresso un giudizio di inidoneità al ruolo genitoriale sostitutivo. I nonni e lo zio ricorrevano dunque per cassazione.

La questione

La questione affrontata nella sentenza in esame attiene alla valutazione della capacità genitoriale dei parenti stretti, che abbiano rapporti significativi col minore, una volta accertata l'incapacità o la mancanza dei genitori. Trattasi di problema cruciale perché implica la determinazione della residuale possibilità di lasciar crescere il minore nella propria famiglia, come stabilito dall'art. 1, l. n. 184/1983, piuttosto che procedere all'adozione.

Le soluzioni giuridiche

La sentenza della Corte di appello di L'Aquila viene cassata solo con riferimento al ricorso dello zio mentre quello proposto dai nonni viene respinto in quanto infondato.

A parere della Suprema Corte, quest'ultimi hanno chiesto, in sostanza, un riesame nel merito delle valutazioni e degli accertamenti compiuti dai Giudici di merito, ma il giudizio negativo circa la loro idoneità genitoriale si fonda su ampia documentazione e congrua motivazione, oltre che sull'esito negativo dell'attività di sostegno promossa dai Servizi sociali nonché sulla prognosi di acquisizione di idoneità genitoriale in rapporto ai tempi evolutivi e di crescita del minore.

Diversa, invece, la posizione dello zio, la cui inidoneità ad assumere il ruolo di genitore si fonda non «su fatti oggettivamente osservati e a profili certi» ma sulla circostanza che egli è «immaturo ed impegnato nel lavoro», e per questo finirebbe per delegare la funzione di cura ai familiari conviventi già considerati inidonei.

I rilievi operati dalla Cassazione nella sentenza in commento sono stringenti: il giudizio di immaturità formulato dal CTU è generico e non fondato su elementi oggettivi, così che il Giudice li possa sottoporre a vaglio critico; la valutazione dell'idoneità non può fondarsi sulla condizione di lavoratore dipendente (è interessante notare, peraltro, che tra gli elementi rilevati per affermare l'inidoneità dei nonni vi era quello dell'assenza di occupazione!); infine, osserva la Cassazione, manca la considerazione di un possibile intervento di sostegno del Servizio sociale, anche nelle ore in cui lo zio lavora, che consenta allo stesso di essere la figura di riferimento ora mancante, assicurando al bambino cure e protezione adeguate.

Osservazioni

La Cassazione, dopo numerose pronunce in tema di adottabilità sul rigore necessario nella valutazione della capacità genitoriale, interviene ora sul passaggio successivo, previsto dalla legge, in caso di valutazione negativa: l'esame dell'idoneità dei parenti prossimi che hanno col minore rapporti significativi richiamando una serie di pronunce della Corte EDU che collocano la materia nell'ambito del diritto fondamentale di cui all'art. 8 CEDU (diritto alla vita familiare).

La sentenza in commento non utilizza la locuzione «diritti fondamentali», ma parla di «delicatissima materia dei diritti personalissimi»; l'atteggiamento con cui la Suprema Corte si confronta con la Corte EDU sarebbe materia di una specifica ricerca e riflessione; nel nostro caso si può rilevare, comunque, che la Cassazione richiama una serie di pronunce di condanna dell'Italia per giustificare l'affermazione secondo cui la «valutazione delle acquisizioni sia relative alla personalità dei genitori e sia quelle riguardanti i parenti più stretti» è tema da considerare con particolare rilievo.

Se volessimo provare a “tradurre” questa affermazione nel linguaggio della CEDU, con più incisività dovremmo dire: anche nel valutare l'idoneità dei parenti al ruolo vicario è necessario che lo Stato rispetti il criterio di proporzionalità dell'ingerenza nella vita familiare e ponga in corretto bilanciamento il diritto del minore e dei parenti stretti al rispetto della loro vita familiare dovendosi contemperare anche il diritto del minore ad avere una famiglia in grado di educarlo ed istruirlo.

Sia pure con un linguaggio “timido”, la Cassazione inquadra il tema nell'ambito dei diritti fondamentali, con un richiamo al «particolare rilievo» delle valutazioni sui soggetti coinvolti e ponendo sullo stesso piano quelle da operare sui genitori e quelle da svolgere sui parenti stretti. Riguardo a questi ultimi è necessario, accertata l'esistenza di un rapporto significativo col minore, rilevare la loro disponibilità e svolgere accertamenti rigorosi sull'idoneità, anche con i necessari interventi del Servizio sociale, con eventuale valutazione prognostica sul raggiungimento dell'idoneità compatibilmente con i tempi di crescita del minore.

Se una volta accertata l'inidoneità dei genitori si procedesse, invece, ad una valutazione comparativa tra i parenti prossimi e una famiglia aspirante all'adozione, magari sotto l'egida del principio dell'interesse superiore del minore inteso come quello ad avere la migliore famiglia possibile, il principio dell'adozione quale extrema ratio, strettamente legato al diritto al rispetto della vita familiare, sarebbe violato.

D'altra parte, i soli requisiti del rapporto significativo e della disponibilità non possono essere sufficienti; si veda, ad esempio, Cass. civ., n. 16280/2014, secondo cui «la disponibilità non è sufficiente se non suffragata da un progetto specifico e concreto».

Un altro tema di grande interesse, che fa da sfondo alla pronuncia ma non viene sviluppato, è quello del rapporto tra servizi e CTU psicologica da un lato e processo dall'altro.

La pronuncia in commento ribadisce la particolare rilevanza della valutazione«delle acquisizioni ottenute per mezzo dei servizi sociali; della loro elaborazione, se del caso valutata con CTU dagli uffici giudiziari minorili, forti della loro rilevantissima esperienza e capacità di discernimento».

Sul ruolo della CTU la Cassazione ha chiarito che quando il Giudice non intenda disporre la CTU richiesta dalle parti, debba fornire una specifica motivazione sulla ritenuta superfluità (Cass. civ., n. 6136/2015, che richiama anch'essa la materia dei diritti personalissimi e la giurisprudenza della Corte EDU).

Successivamente, con la sentenza Cass. civ., n. 17442/2016 ha ritenuto non applicabile questo principio al «caso in cui il giudizio di inidoneità relativo ai tempi di intervento su un minore problematico, dopo oltre un bienno di esperimenti e sostegno, non risulta minimamente smentito dai dati e dalle valutazioni raccolte».

Ricostruendo l'insegnamento della Cassazione in materia di adottabilità possiamo dire:

a) si può pervenire a dichiarare l'adottabilità senza espletamento di CTU;

b) se, però, viene richiesta, la CTU deve essere espletata o il diniego deve avere una specifica motivazione;

c) tuttavia in certe situazioni il Giudice di merito è dispensato dall'onere di motivare il diniego. Non si può dire, alla luce dell'ultimo punto, che il quadro sia chiarissimo.

Sempre in tema di acquisizioni ottenute per mezzo del Servizio sociale o di consulenza tecnica, la sentenza in commento è interessante per il richiamo «alla necessità di acquisire dati oggettivi».

Il che significa vagliare criticamente i contributi al patrimonio conoscitivo del Giudice e delle parti (provenienti dal servizio sociale e dai CTU) per depurarli di tutti gli elementi valutativi e prognostici connotati da soggettività, di cui non si esplicita la fondatezza scientifica sulla base di fatti oggettivi e di dati conosciuti in letteratura o senza rifermento a teorie ed ipotesi scientifiche accreditamento nella comunità scientifica, o senza indicare il tasso di errore rilevato da ricerche indipendenti.

La pronuncia in esame, pur non sviluppando esplicitamente questo tema, è un richiamo ad un atteggiamento critico rispetto a valutazioni apodittiche, che non danno conto né dei fatti oggettivi su cui si fondano né del loro carattere di scientificità.

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