La legittimazione a proporre il reclamo avverso i provvedimenti di archiviazione in materia ambientale

Cristina Ingrao
23 Aprile 2018

Avverso il decreto che dispone l'archiviazione, le associazioni ambientaliste, in persona del loro rappresentante pro tempore, sono soggetti legittimati a proporre reclamo innanzi al competente tribunale in composizione monocratica al fine di ottenerne la nullità?
Massima

In caso di impugnazione del decreto di archiviazione, il reclamo può essere proposto dalla sola persona offesa, che oggi, in materia ambientale, alla luce delle numerose modifiche normative che hanno riguardato il settore, risulta essere solo lo Stato, titolare del bene giuridico protetto, residuando in capo alle associazioni ambientaliste solo la facoltà di esercitare l'azione civile nel processo penale, in qualità di danneggiato dal reato.

Il caso

La vicenda in esame trae origine da un reclamo avverso un decreto di archiviazione proposto da due associazioni ambientaliste, Amici della Terra e Aria nuova, in persona del loro legale rappresentante pro tempore, diretto a ottenere l'annullamento del suddetto decreto, emesso dal Gip del tribunale di Gela, nell'aprile 2017, per violazione dell'art. 408, comma 2, c.p.p., con riguardo al reato di cui all'art. 452-quinquies c.p., relativo ai Delitti colposi contro l'ambiente.

La questione

La recente riforma Orlando è intervenuta in materia di impugnazione dei provvedimenti di archiviazione, attraverso l'introduzione dell'art. 410-bis c.p.p., Nullità del provvedimento di archiviazione.

In particolare, tale nuova disposizione prevede espressamente che avverso il decreto di archiviazione non comunicato alla persona offesa, la quale aveva chiesto di essere avvisata, e avverso l'ordinanza di archiviazione, nel caso specifico di violazione delle regole del contraddittorio, di cui all'art. 127, comma 5, c.p.p., è previsto il reclamo, da parte dell'interessato, dinanzi al tribunale in composizione monocratica, entro 15 giorni dalla conoscenza del provvedimento. Per tali atti in passato era, invece, previsto il ricorso alla Corte di cassazione. In relazione al caso di specie, ci si chiede: avverso il decreto che dispone l'archiviazione, le associazioni ambientaliste, in persona del loro rappresentante pro tempore, sono soggetti legittimati a proporre reclamo innanzi al competente tribunale in composizione monocratica al fine di ottenerne la nullità?

Le soluzioni giuridiche

Il tribunale monocratico competente in relazione al caso di specie preliminarmente procede alla ricostruzione e alla disamina della disciplina vigente in materia di legittimazione delle associazioni ambientaliste all'intervento nei procedimenti penali ed all'azione per il risarcimento dei danni nei processi per danno ambientale.

In primo luogo, nell'ordinanza in esame viene richiamato il disposto dell'art. 91 c.p.p., rubricato Diritti e facoltà degli enti e delle associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato, in virtù del quale «Gli enti e le associazioni senza scopo di lucro ai quali, anteriormente alla commissione del fatto per cui si procede, sono state riconosciute, in forza di legge, finalità di tutela degli interessi lesi dal reato, possono esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato».

In passato, tale norma veniva letta congiuntamente con il disposto dell'art. 18 l. 349/1986, il quale attribuiva, entro determinati limiti normativamente individuati, alle formazioni sociali ambientaliste, portatrici, in virtù del loro statuto, di interessi superindividuali, la legittimazione all'azione di risarcimento per il danno ambientale, anche in sede penale.

A seguito dell'abrogazione della norma citata, il nuovo art. 311 d.lgs. 152/2006 ha attribuito la competenza esclusiva all'esercizio delle azioni civili, anche in sede penale, per il risarcimento del danno ambientale al Ministero dell'Ambiente.

Tale principio normativo è stato ribadito anche dalla giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione, la quale ha costantemente affermato che, alla luce della normativa attualmente in vigore, spetta solo allo Stato, e precisamente al Ministro dell'Ambiente, la legittimazione alla costituzione di parte civile nel procedimento penale per reati ambientali, al fine di ottenere il risarcimento del danno ambientale di natura pubblica, in sé considerato come lesione dell'interesse pubblico e generale all'ambiente (Cass., pen., Sez. III, n. 19437/2012).

In forza di questo nuovo quadro normativo, le regioni e gli enti locali, nonché le persone fisiche o giuridiche suscettibili di essere colpite dal danno ambientale, oggi hanno diritto di presentare denunce e osservazioni nell'ambito di procedimenti finalizzati all'adozione di misure di prevenzione, precauzione e ripristino oppure di sollecitare l'intervento statale a tutela dell'ambiente, mentre non hanno più il potere di agire iure proprio per il risarcimento del danno ambientale tout court.

A riprova di ciò, la giurisprudenza della Suprema Corte, successiva al mutamento legislativo esposto, ha chiarito che sebbene la legittimazione a costituirsi parte civile nei processi per reati ambientali spetti solo al Ministro dell'Ambiente, non si esclude, tuttavia, la costituzione di parte civile anche degli enti pubblici territoriali e dei soggetti privati che, per effetto della condotta illecita, abbiano subito un danno ulteriore e diverso da quello ambientale, risarcibile ex art. 2043 c.c.

Pertanto, alla luce del mutato quadro normativo e dei principi espressi dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, titolare esclusivo del bene giuridico ambiente, inteso come interesse pubblico costituzionalmente garantito, è esclusivamente lo Stato (Ministero dell'Ambiente), il quale è l'unico che può assumere la qualità di persona offesa dal reato.

Diversamente, agli enti pubblici territoriali e alle associazioni ambientaliste può essere riconosciuta la facoltà di costituirsi parte civile nel processo penale, nel caso in cui essi abbiano subito un danno specifico e concreto, ulteriore e diverso da quello ambientale, in tal modo assumendo la qualità di soggetto danneggiato dalla condotta illecita ma non anche quella di persona offesa dal reato. Infatti, anche se è vero che la qualità di persona offesa tende a combaciare con quella di danneggiato dal reato, non sempre si assiste a una coincidenza fra le due qualifiche, come emerge, appunto, dalla disciplina sulla legittimazione alla costituzione di parte civile in materia ambientale, che, come chiarito, consente, seppure entro determinati limiti, la costituzione di parte civile nel processo penale anche alle associazioni ambientaliste, come soggetti danneggiati dal reato, pur non essendo esse qualificabili come persone offese, titolari del bene giuridico ambiente, titolarità riservata in via esclusiva allo Stato.

In tale contesto normativo, vengono in rilievo anche l'art. 92 c.p.p., rubricato Consenso della persona offesa, il quale stabilisce proprio che l'esercizio dei diritti e delle facoltà spettanti agli enti e alle associazioni rappresentative di interessi lesi dal reato è subordinato al consenso della persona offesa, e l'art. 93 c.p.p., rubricato Intervento degli enti e delle associazioni, che richiede, ai fini dell'esercizio delle facoltà spettanti alle persone offese, l'ulteriore ed indefettibile condizione della proposizione, da parte dell'ente interessato, di un formale atto di intervento nel procedimento penale, che deve avere, a pena di inammissibilità, i requisiti espressamente elencati nella medesima disposizione normativa.

Pertanto, chiarisce il tribunale, alla luce delle norme citate, una associazione ambientalista può essere considerata persona offesa dal reato in presenza di alcuni specifici presupposti. In particolare:

  1. l'ente deve aver previsto nel proprio statuto o atto costitutivo, quale oggetto sociale, la tutela degli interessi lesi dal reato, in epoca antecedente alla commissione dei fatti per cui si procede;
  2. le finalità di tutela di tali interessi devono essere riconosciute in forza di legge;
  3. le facoltà previste dal codice di rito possono essere esercitate solo con il consenso della persona offesa;
  4. l'associazione deve essere ritualmente intervenuta nel procedimento penale con un atto contenente i requisiti di cui all'art. 93 c.p.p.

Con riguardo al secondo requisito indicato, devono considerarsi enti con finalità di protezione ambientale riconosciuti dalla legge tutte le associazioni contenute nell'elenco istituito dal Ministero dell'Ambiente, ex art. 13 della l. 349/1986, come modificato dalla l. 93/2001. Di conseguenza, le finalità di tutela di interessi ambientali perseguite da associazioni che non risultano inserite nell'elenco predetto non possono considerarsi come riconosciute dalla legge (Cass. pen., Sez. III, n. 34220/2010).

Quanto al terzo requisito, cioè il consenso della persona offesa, assume rilievo il disposto dell'art. 318 d.lgs. 152/2006, il quale, abrogando l'art. 18 l. 349/1986 e riservando la competenza esclusiva ad esercitare le azioni civili (anche in sede penale) per il risarcimento del danno ambientale al Ministero dell'Ambiente, attraverso l'art. 311 d.lgs. 152/2006, ha riconosciuto in via esclusiva allo Stato la qualità di persona offesa, titolare del bene giuridico ambiente protetto dalle fattispecie incriminatrici dettate a tutela dell'ambiente, e alle associazioni ambientaliste la qualifica di soggetti danneggiati dal reato, legittimati ad esercitare l'azione civile anche nel processo penale, se pur in presenza di determinati presupposti.

Una volta chiarito il quadro normativo di riferimento, il tribunale sposta la sua attenzione sul caso di specie, affermando che le associazioni ambientaliste reclamanti, sebbene legittimate a proporre reclamo avverso il provvedimento di archiviazione del Gip del tribunale di Gela, ai sensi dell'art. 410-bis, comma 3, c.p.p., il quale attribuisce tale potere a qualunque soggetto “interessato”, risultano prive della qualifica di persona offesa dal reato, necessaria per l'avviso di cui all'art. 408, comma 2, c.p.p.

Invero, con riferimento all'associazione Amici della Terra, il suo inserimento nell'elenco di cui all'art. 13 l. 349/1986 risulta soltanto affermato in seno al reclamo, ma in alcun modo documentato dalla reclamante, né altrimenti evincibile dagli atti. Inoltre, la reclamante non ha fornito alcuna prova della sussistenza del requisito del consenso della persona offesa, ex art. 92 c.p.p., requisito che, come sopra detto, non può ritenersi, alla luce del mutato quadro normativo, sussistente in re ipsa in capo alle associazioni ambientaliste, le quali assumono piuttosto la qualità di “danneggiato” dal reato ambientale, e non di persona offesa. Né risulta prodotta agli atti apposita delega per l'esercizio del potere di rappresentanza in capo al soggetto che si è qualificato come rappresentante dell'associazione nell'ambito del procedimento penale ovvero formalizzato uno specifico atto di intervento nel procedimento penale, come richiesto dall'art. 93 c.p.p. Requisito anch'esso meramente affermato ed in alcun modo comprovato.

Analoghe considerazioni possono essere svolte con riferimento all'associazione Aria Nuova, rispetto alla quale, peraltro, non viene neanche meramente rappresentata la sussistenza del requisito dell'inserimento nell'elenco di cui all'art. 13 citato. Allo stesso modo non risultano dagli atti acquisiti né la manifestazione del consenso della persona offesa, ai sensi dell'art. 92 c.p.p., né la formalizzazione di uno specifico atto di intervento nel procedimento penale, ex art. 93 c.p.p., né tantomeno apposita delega in capo al soggetto che si è qualificato rappresentante dell'ente nel procedimento penale.

In assenza di produzioni di parte e alla luce degli atti acquisiti, i requisiti suindicati, previsti dalla legge per poter qualificare le associazioni ambientaliste come persone offese dal reato, devono, pertanto, ritenersi insussistenti, considerato che le reclamanti ed il relativo difensore ben avrebbero potuto sia all'atto della presentazione del reclamo, sia nel termine fissato dall'art. 410-bis, comma 3, c.p.p., presentare memorie e allegare documentazione idonea a comprovare la sussistenza dei requisiti richiesti.

Osservazioni

Ricostruito il quadro normativo di riferimento, il tribunale monocratico di Gela, dopo aver accertato l'assenza dei presupposti richiesti dalla normativa di settore per proporre reclamo e considerato che in materia ambientale la qualifica di persona offesa dal reato oggi spetta in via esclusiva allo Stato, titolare del bene giuridico protetto, residuando in capo alle associazioni ambientaliste solo la facoltà di esercitare l'azione civile nel processo penale, quali soggetti danneggiati dal reato, conclude nel senso che le reclamanti non possono, in relazione al caso di specie, qualificarsi quali persone offese dal reato. Di conseguenza correttamente non è stato effettuato nei loro confronti l'avviso di cui all'art. 408, comma 2, c.p.p., la cui assenza è normalmente richiesta per proporre il reclamo, nonostante queste ne avessero fatto richiesto in seno alla denuncia presentata.

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