Parti comuni e condominio parziale: un ossimoro?

03 Maggio 2018

Il condominio parziale rappresenta una delle figure più “sofferte” della teorica del condominio: l'assenza di dati normativi certi ha infatti determinato un proliferare di decisioni “del caso concreto”, frutto dello scrupoloso lavoro interpretativo del giudice di merito, cui è devoluta l'indagine - in fatto - circa l'assenza dei presupposti per qualificare un bene o servizio quale “comune a tutti i condomini”.
Massima

In tema di condominio, il presupposto per l'attribuzione della proprietà comune viene meno se le cose, gli impianti, i servizi di uso comune, per oggettivi caratteri strutturali e funzionali, siano destinati all'uso o al servizio di alcuni soltanto dei piani o delle porzioni dell'edificio; ne deriva che il condomino la cui unità immobiliare non sia servita, per ragioni di conformazione strutturale dell'edificio, dall'ascensore non può legittimamente vantare alcun diritto sull'impianto medesimo, perché questo non è legato alla detta unità immobiliare da una relazione di accessorietà.

Il caso

Il Condominio Alfa propone ricorso per denuncia di nuova opera, ex art. 1171 c.c., lamentando l'illegittima esecuzione di lavori all'impianto ascensore ad opera della Società Beta, finalizzati a creare una nuova fermata al primo piano ammezzato, ove detta società è titolare di un'unità immobiliare: in particolare, a sostegno della domanda il condominio deduce, tra l'altro, che la Società Beta non sarebbe comproprietaria dell'ascensore in questione, non figurando l'unità immobiliare di proprietà della stessa nelle tabelle millesimali relative al riparto delle relative spese.

Costituitasi in giudizio, la Società Beta deduce di essere comproprietaria dell'ascensore ai sensi dell'art. 1117 c.c. e sostenendo che eventuali limitazioni dei diritti del singolo condomino sull'impianto, contenute nel regolamento condominiale, non le sarebbero opponibili, non essendo il regolamento richiamato nell'atto di acquisto dell'immobile né, tantomeno, trascritto nei registri immobiliari; sostiene, inoltre, la liceità del proprio comportamento, poiché l'estensione di un impianto ascensore già installato all'interno dello stabile non necessita della preventiva delibera di approvazione, essendo sempre consentita nei limiti di cui all'art. 1102 c.c.

La questione

La questione in esame è la seguente: quand'è che ricorrono le condizioni per l'esclusione del regime di comproprietà necessaria di tutti i condomini relativamente a beni e servizi indicati dall'art. 1117 c.c.?

Le soluzioni giuridiche

Come noto, le parti comuni di un edificio sono quelle assolutamente necessarie ed indispensabili alla sua stessa esistenza ovvero quelle stabilmente destinate all'uso comune da parte dei proprietari delle singole unità immobiliari: occorre, in altri termini, una relazione di accessorietà fra i beni, gli impianti o i servizi comuni e l'edificio in comunione, nonché un collegamento funzionale fra i primi e le unità immobiliari di proprietà esclusiva.

Ove, dunque, per le proprie caratteristiche strutturali un bene serva al godimento di tutte le parti singole dell'edificio e sia ad esse funzionalmente collegato, si presume - indipendentemente dall'utilizzazione concreta ovvero dall'entità del collegamento con le porzioni in proprietà in esclusiva - la contitolarità necessaria di tutti i condomini sul bene (Cass. civ., sez. II, 13 marzo 2009, n. 6175; Cass. civ., sez. II, 21 dicembre 2007, n. 27145); se, poi, tra le cose comuni e le unità immobiliari in proprietà esclusiva sussista, oltre a tale collegamento funzionale, anche un legame materiale di incorporazione - che rende le prime indissolubilmente legate alle seconde ed essenziali, anzi, per la stessa esistenza o per l'uso di queste ultime, dalle quali i beni comuni (muri, pilastri, travi portanti, tetti, fondazioni, facciate ecc.) non possono essere separati - il collegamento implica un vincolo di destinazione caratterizzato, altresì. dalla indivisibilità (Cass. civ., sez. II, 6 febbraio 2005, n. 3102; Cass. civ., sez. II, 18 gennaio 2005, n. 962).

Nell'ambito della più vasto concetto di “contitolarità” e sul fondamento del collegamento strumentale tra i beni e talune unità immobiliari si ammette, poi, la costituzione del c.d. condominio parziale (Cass. civ., sez. II, 2 marzo 2016, n. 4127, e, prima, Cass. civ., sez. II, 29 gennaio 2015, n. 1680; Cass. civ., sez. II, 24 novembre 2010, n. 23851; Cass. civ., sez. II, 2 febbraio 1995, n. 1255) ha infatti ribadito che l'asserto per cui la proprietà comune apparterrebbe necessariamente a tutti i partecipanti e non si frazionerebbe, neppure in casi eccezionali, se non in virtù del titolo (Cass. civ., sez. un., 7 luglio 1993, n. 7449), va adeguato di fronte alla valutazione per cui i presupposti per l'attribuzione della proprietà comune a vantaggio di tutti i partecipanti vengono meno se le cose, i servizi e gli impianti di uso comune, per oggettivi caratteri materiali e funzionali, sono necessari per l'esistenza o per l'uso, ovvero sono destinati all'uso o al servizio non di tutto l'edificio, ma di una sola parte (o di alcune parti) di esso. Sicché rappresenta ormai un principio consolidato quello per cui la presunzione posta dall'art. 1117 c.c. può essere superata se la cosa, per obbiettive caratteristiche strutturali, serve in modo esclusivo all'uso o al godimento di una parte dell'immobile, venendo meno, in questi casi, il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria, giacché la destinazione particolare del bene prevale sull'attribuzione legale, alla stessa stregua del titolo contrario.

È entro tali confini che si muove, dunque, la pronuncia del tribunale toscano, che esclude la contitolarità dell'impianto di elevazione in capo alla Società Beta (e, con essa, la legittimità delle opere sullo stesso realizzate) in base ad una serie di considerazioni “in fatto” e di alcune - conseguenti - deduzioni “in diritto”.

Quanto alle prime:

a) l'ascensore in questione, esistente fin dalla costruzione dell'edificio condominiale, non contempla, ab origine, la sosta al piano ammezzato e, anzi, a tale livello è completamente “rinchiuso” nella struttura muraria;

b) il pianerottolo condominiale del piano ammezzato risulta di dimensioni inferiori rispetto a quello dei piani sovrastanti e per la realizzazione dell'intervento in questione occorrerebbe annettere ad esso una porzione di proprietà di terzi;

c) il riparto delle spese per l'ascensore avviene, per specifica previsione regolamentare, tra tutti gli immobili, con esclusione di quelli ubicati al piano ammezzato.

Venendo alle seconde, poi, il tribunale di Firenze specularmente osserva che:

1) il condomino che, per ragioni di conformazione strutturale dell'edificio, non sia servito dall'ascensore, non può legittimamente vantare alcun diritto sull'impianto medesimo, perché questo non è legato alla detta unità immobiliare da una relazione di accessorietà, che va considerata, su base reale, in relazione a ciascun piano o porzione di piano in proprietà esclusiva, senza che a tal fine abbia rilievo il vincolo pertinenziale (Cass. civ., sez. II, 27 novembre 2015, n. 24296);

2) l'intervento programmato determina un'indebita modifica del preesistente stato di un bene altrui, attuato - peraltro - in assenza di autorizzazione, in violazione dei limiti ex artt. 1102 e 1120-1121 c.c.;

3) ove una clausola del regolamento condominiale stabilisca in favore di taluni condomini l'esenzione totale dall'onere di contribuire a qualsiasi tipo di spese (comprese quelle di conservazione), in ordine a una determinata cosa comune (come, ad esempio, l'ascensore), si ha il superamento nei riguardi della suddetta categoria di condomini della presunzione di comproprietà su quella parte del fabbricato (Cass. civ., sez. II, 14 luglio 2015, n. 14697): né rileva, ai fini dell'opponibilità di simile previsione, la mancata trascrizione del regolamento che la contiene ovvero il suo omesso richiamo negli atti di acquisto, non trattandosi di una previsione limitativa dei diritti dei singoli sulle parti di esclusiva proprietà quanto, piuttosto, di una previsione identificativa del regime proprietario (limitato solo a taluni dei condomini) di un bene astrattamente comune.

Osservazioni

Oggetto di vivace dibattito giurisprudenziale intorno alla fine del secolo scorso (in senso contrario alla sua configurabilità cfr. Cass. civ., sez. II, 22 febbraio 1996, n. 1357), il “condominio parziale” rappresenta un fenomeno giuridico ormai pacificamente riconosciuto, pur difettando ancora di una propria disciplina organica.

È dunque all'intervento pretorio che vanno ricondotte le “linee-guida” di funzionamento dell'istituto: tra gli interventi maggiormente significativi meritano menzione, Cass. civ., sez. II, 19 giugno 2000, n. 8292, la quale evidenzia che, qualora le cose, gli impianti ed i servizi comuni siano destinati a servire una parte soltanto del fabbricato, l'art. 1123, comma 3, c.c. identifica, nell'ambito della più vasta compartecipazione, in coloro che ne traggono utilità i soggetti obbligati a concorrere a tali spese; Cass. civ., sez. II, 17 febbraio 2012, n. 2363, che ha quindi chiarito come il condominio parziale sia privo di legittimazione processuale in sostituzione dell'intero condominio, a nulla rilevando che amministratore del condominio parziale sia la stessa persona fisica, investita di tale ufficio nel condominio dell'intero edificio; infine, Cass. civ., sez. II, 2 marzo 2016, n. 4127, che, occupandosi del funzionamento dell'assemblea, ha evidenziato che il quorum, costitutivo come deliberativo, dell'assemblea nel cui ordine del giorno risultino capi afferenti la comunione di determinati beni o servizi limitati solo ad alcuni condomini, va calcolato con esclusivo riferimento a costoro ed alle unità immobiliari direttamente interessate.

Guida all'approfondimento

Chiesi, Condominio parziale: questo (semi)sconosciuto…, in Immob. e proprietà, 2016, 627;

Terzago, Il condominio. Trattato teorico pratico, aggiornamento a cura di Celeste, Salciarini e Terzago, Milano, 2015, 24;

Salis, Le comunioni parziali nel condominio edilizio, in Riv. giur. edil., 1963, I, 908.

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