La Cassazione sulla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di calunnia c.d. reale o indiretta

Piera Gasparini
09 Maggio 2018

Può affermarsi la sussistenza del delitto di calunnia, in particolare sotto il profilo dell'elemento soggettivo, laddove la falsa denuncia di smarrimento o furto di un assegno bancario preceda la negoziazione truffaldina da parte del denunciante in danno di un terzo e dunque non sia ancora individuabile il destinatario dell'incolpazione?
Massima

Si può configurare il reato di calunnia cd reale o indiretta nel caso di falsa denuncia di furto o smarrimento di assegni anche quando la stessa sia precedente alla negoziazione dei titoli in danno del prenditore.

Il caso

Il giudice di primo grado del tribunale di Milano, con sentenza del 26 giugno 2014 condannava sei imputati per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una serie indefinita di reati di truffa, ricettazione, calunnia indiretta, falso in titoli di credito, in danno di gestori di esercizi commerciali, supermercati, ristoranti, alberghi, società di spedizione e assicurazione, tutti raggirati mediante l'utilizzo fraudolento di numerosissimi assegni denunciati come smarriti o rubati, ovvero contraffatti.

In particolare, in funzione della commissione delle singole truffe, alcuni imputati, inseriti in un contesto familiare unitario seppure con ruoli diversi all'interno dell'associazione, provvedevano a realizzare le attività prodromiche alla truffa costituite dalla ricettazione di assegni, dalla formazione di titoli contraffatti, anche avvalendosi di supporti informatici, e da ultimo negoziando assegni inesigibili in quanto oggetto di denunce di furto o di smarrimento da parte degli stessi associati, sì da conseguire illeciti profitti economici attraverso i numerosissimi illeciti.

La Corte d'appello di Milano con sentenza in data 20 dicembre 2016, in parziale riforma della sentenza del tribunale, assolveva alcuni imputati dai reati di falsità materiale in ragione dell'intervenuta depenalizzazione della fattispecie di cui all'art. 485 c.p.; dichiarava non diversi procedere in relazione ad altre condotte per difetto della condizione di procedibilità e confermava le condanne in ordine ai reati di calunnia.

Impugnando per cassazione la sentenza di secondo grado gli imputati denunziavano, tra gli altri motivi, violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla ritenuta configurabilità di ventidue episodi di calunnia, lamentando che la Corte d'appello si era limitata a richiamare le pronunce del Supremo Collegio n. 7490 del 7 gennaio 2009 e n. 33556 del 24 settembre 2002 secondo le quali la falsa denuncia di smarrimento di assegni presentata da un soggetto dopo averli consegnati ad altra persona in pagamento di un'obbligazione integra il delitto de quo in quanto è sufficiente che i fatti falsamente rappresentati all'autorità giudiziaria siano tali da rendere ragionevolmente prevedibile l'apertura di un procedimento penale a carico di persona determinata, non considerando che nel caso di specie non sempre le denunce erano state presentate successivamente alla consumazione del reato di truffa. Di conseguenza, le decisioni richiamate non potevano assumere rilievo nel caso concreto laddove nelle azioni degli imputati antecedenti alla negoziazione di titoli, doveva considerarsi assente l'elemento soggettivo del delitto di calunnia.

Sul punto la Corte di legittimità, nel ribadire l'orientamento consolidato secondo il quale integra il reato di calunnia la condotta del privato che denunci lo smarrimento di assegni bancari dopo averli consegnati ad un altro soggetto, simulando così il primo ai danni del prenditore del titolo le tracce del reato di furto o di ricettazione, ha ritenuto rilevante ai fini della realizzazione del predetto illecito «la negoziazione di assegno compiutasi successivamente alla falsa denuncia di smarrimento” evincendosi “che le condotte via via poste in essere […] hanno rappresentato delle vere e proprie simulazioni di tracce di reato a carico del prenditore dell'assegno, risultando certo lo stretto collegamento, oggettivo e soggettivo, tra la falsa denuncia resa e la successiva negoziazione idonea a consentire alle ricorrenti di fruire di beni e servizi senza pagare alcunché».

La questione

La questione affrontata nella specie dalla decisione in commento involge il tema della valutazione dell'elementi costitutivi del delitto di calunnia disciplinato dall'art. 368 c.p., in particolare nell'ipotesi di calunnia c.d. reale o indiretta, caratterizzata dalla simulazione a carico di un soggetto falsamente incolpato di tracce di un reato.

Si pongono, nel caso specifico, i seguenti interrogativi:

può, sul piano sostanziale, affermarsi la sussistenza del delitto di calunnia, in particolare sotto il profilo dell'elemento soggettivo, laddove la falsa denuncia di smarrimento o furto di un assegno bancario preceda la negoziazione truffaldina da parte del denunciante in danno di un terzo e dunque non sia ancora individuabile il destinatario dell'incolpazione?

Ulteriore questione collegata alla principale:

se non vi è l'attribuzione immediata e nemmeno implicita dell' illecito a carico del destinatario dell'incolpazione (non essendo ancora “negoziato” il titolo), quali elementi consentono di ritenere sussistente comunque la calunnia cd reale o indiretta e non il meno grave delitto di simulazione di reato?

Le soluzioni giuridiche

Secondo la giurisprudenza consolidata della Suprema Corte (cfr. ex plurimis Cass. pen., Sez. VI,9 gennaio 2009, n. 4537) la calunnia, sotto il profilo materiale, si configura come calunnia c.d. formale o diretta quando si incolpa di un reato taluno di cui si conosca l'innocenza con denuncia, anche se anonima o sotto falso nome, querela, richiesta o istanza rivolta all'autorità giudiziaria, e con la fattispecie alternativa di calunnia cd reale o indiretta, che consiste nel simulare a carico del soggetto falsamente incolpato le tracce di un reato.

Pur in assenza, poi, di una formulata, diretta accusa di uno specifico reato, resta affermata l'integrazione del delitto di calunnia ove sia prevedibile l'apertura di un procedimento penale per un fatto procedibile d'ufficio a carico di persona determinata (Cass. pen.,Sez. VI, 27 gennaio 2016, n. 8045).

È pacifico l'orientamento interpretativo secondo il quale l'elemento soggettivo del dolo (generico) è costituito dalla volontà dell'incolpazione unita alla consapevolezza che l'incolpato è innocente per non avere commesso il fatto falsamente attribuitogli; la consapevolezza da parte del denunciante dell'innocenza del calunniato è accertata, di norma, sulla base delle concrete circostanze e dalle modalità esecutive che definiscono l'azione criminosa; da esse, con procedimento logico deduttivo, è possibile risalire alla sfera intellettiva e volitiva del soggetto (Cass. pen., Sez. VI,22 gennaio 2014, n. 10289) .

Con riferimento alla falsa denuncia di smarrimento o furto di assegni bancari preceduta dalla negoziazione degli stessi è stata affermata la natura di calunnia c.d. formale o diretta, consumata nel momento in cui la denuncia viene resa, restando irrilevante la circostanza che non sia stato “espressamente” incolpato un soggetto determinato, giacché il destinatario dell'incolpazione non può che essere univocamente individuato nella persona cui l'assegno era stato consegnato dal denunciante; in tale ipotesi non possono esservi dubbi sulla sussistenza del dolo in capo al denunciante.

È evidente infatti che quest'ultimo si rappresenta una situazione dalla quale inevitabilmente può scaturire un'indagine penale a carico di colui che quell' assegnoaveva posto all'incasso (Cass. pen.,Sez. VI,22 gennaio 2014, n. 10289, cit.; Cass. pen., Sez. VI, 17 aprile 2013, n. 24997; Cass. pen., Sez. VI, 8 febbraio 2012, n. 12810).

Più complessa, secondo un ulteriore e più analitico orientamento è la questione legata, invece, alla negoziazione del titolo che sia successiva alla denuncia.

Con una prima specifica pronuncia sul punto la S.C. ha affermato che la negoziazione di un assegno che si compie successivamente alla falsa denuncia non integra, infatti, la calunnia formale delineata dalla prima parte dell'art. 368, comma 1, c.p., giacché non è individuato o individuabile, neppure implicitamente, un possibile incolpato.

La successiva negoziazione dell'assegno può costituire, invece, “il segmento” della condotta che configura il delitto di calunnia nella forma delineata dalla seconda parte dell'art. 368 c.p., comma 1 (calunnia reale o indiretta), «quando - esclusa la sussistenza di una consegna colposa dell'assegno (dovuta a dimenticanza della precedente denuncia per il tempo trascorso o ad errore o confusione) - possa ritenersi che la condotta dell'agente integri la simulazione di tracce di reato a carico del prenditore dell'assegno» (Cass. pen., Sez. VI 17 dicembre 2008, n. 3910).

In siffatta ipotesi «l'affermazione di sussistenza del delitto implica la prova dello stretto e intenzionale collegamento, oggettivo e soggettivo, tra la falsa denuncia resa e la successiva negoziazione, dovendosi diversamente riconoscere la fattispecie di simulazione di reato».

Adeguata e corretta è dunque la motivazione del giudice di merito che individui il predetto collegamento nelle circostanze di fatto attraverso le quali si è sviluppato l'illecito.

Nel caso di specie, la sequenza di false denunce e successive negoziazioni costituenti il costante modus operandi dell'associazione criminale, costituiscono un segno inequivocabile della piena consapevolezza e volontà di un'accusa mendace nei confronti dei successivi prenditori e della certa apertura delle indagini a carico dei detentori dei titoli, con ciò escludendosi il delitto meno grave di simulazione di reato.

Osservazioni

La decisione in commento si pone in continuità con l'orientamento nel tempo delineatosi sul tema dell'elemento soggettivo del reato di calunnia cd reale o indiretta, rispetto al quale non si registrano significativi contrasti.

È da rilevare, in ogni caso, la pregevole ricostruzione della fattispecie, dove si segnalano, in punto di valutazione della correttezza della motivazione sulla sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato di cui all'art. 368 c.p., da un lato il criterio di individuazione, nei suoi esatti termini, del soggetto “destinatario” dell'accusa, dall'altro la necessità della prova della consegna dolosa del titolo di cui in precedenza era stato denunciato lo smarrimento.

La Corte di legittimità ha in primo luogo ribadito che sebbene la denuncia di smarrimento o furto non presenti alcun carattere di individualizzazione riguardo al presunto reo, essa è idonea a "incolpare" taluno come richiesto dall'articolo 368 c.p.in quanto, benchè non sia stato denunciato alcuno nello specifico, il presunto destinatario della "falsa" accusa è agevolmente individuabile, atteso il fatto che con la denuncia si preavvisa l'autorità su possibili illeciti (furto, ricettazione) da parte di colui che girerà o porterà all'incasso il titolo falsamente smarrito. Pienamente accolto è dunque, ancora una volta, il concetto di “identificabilità” del soggetto quale possibile autore di un reato, delimitandosi i confini con il diverso delitto di cui all'art. 367 c.p.

Si raccorda a tale affermazione l'attenzione che il giudice deve porre, poi, in ordine all'accertamento del dolo generico; se questo può, infatti, ritenersi sostanzialmente in re ipsa (e di fatto documentale) tutte le volte che la falsa denuncia di smarrimento riguardi un assegno bancario già consegnato ad un terzo, nel caso inverso si impone una pregnante valutazione delle circostanze e delle modalità della condotta, le quali devono essere comunque espressione dell'atteggiamento psichico del soggetto agente in ordine, non tanto alla volontà della "denuncia", quanto della rappresentazione e della consapevolezza dell'altrui innocenza.

Assume rilievo in questo senso il dato “”di contesto” della struttura criminale associativa nella quale si riscontri una sorta di serialità delle condotte poste in essere dai partecipi-denuncianti, che può rappresentare l'elemento decisivo per escludere la sussistenza di qualsiasi dubbio in capo agli stessi sull'altrui innocenza e costituire un un sicuro parametro di riferimento per affermare la responsabilità per il delitto di calunnia.

Guida all'approfondimento

CALCAGNO-PECCIOLI-SCOPINARO, Reati contro l'amministrazione della giustizia, in Grosso-Padovani-Pagliaro, Trattato di Diritto Penale-Parte Speciale, Giuffrè, Milano, 2009;

PIFFER, I delitti contro l'amministrazione della giustizia e i delitti contro l'attività giudiziaria, Vol IV, Tomo 1, Cedam, Padova 2005.

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