Efficacia probatoria dei documenti informatici: l'intervento normativo ad opera del d.lgs. n. 217/2017

16 Maggio 2018

La disciplina della scrittura privata individua il fondamento dell'efficacia probatoria nella sottoscrizione, elemento quest'ultimo senz'altro indispensabile sia per le norme di matrice sostanziale, sia per quelle dal carattere processuale; ciò pur in mancanza di una disciplina normativa che individui la nozione di documento e quella di sottoscrizione. Non pochi problemi originano, tuttavia, dal fatto che oggi la maggior parte delle comunicazioni e, più in generale, l'attività espressiva avvengono in via informatica.
La convulsa evoluzione della disciplina normativa

Prima di esaminare l'efficacia probatoria dei documenti informatici sembra necessario delineare un breve quadro di riferimento dei principali interventi normativi che hanno convulsamente interessato tali tematiche.

Per far fronte ai nuovi bisogni della pratica è stato, difatti, introdotto nel nostro ordinamento dall'art. 15 della l. 15 marzo 1997, n. 59 il principio della cd. equiparazione dei documenti informatici e muniti di firma digitale ai documenti cartacei dotati di sottoscrizione autografa.

Poco tempo dopo, l'art. 10, comma 2, d.P.R. 10 novembre 1997, n. 51 (Regolamento recante criteri e modalità per la formazione, l'archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici), ha riconosciuto all'apposizione o all'associazione della firma digitale al documento informatico il corrispettivo della sottoscrizione autografa dei documenti scritti su supporto cartaceo, attribuendo espressamente – con l'art. 5 della medesima disposizione – al documento informatico così sottoscritto la stessa efficacia della scrittura privata ex art. 2702 c.c.. Il documento informatico privo dell'apposizione della firma digitale rimaneva invece caratterizzato dalla stessa efficacia probatoria delle riproduzioni meccaniche di cui all'art. 2712 c.c. (Cass. civ., 6 settembre 2001, n. 11445, in Corr. giur., 2002, 336).

In seguito, con il d.lgs. 23 gennaio 2002, n. 10, il legislatore ha recepito la direttiva 99/93/CE sulle firme elettroniche ed attribuito al documento informatico corredato da firma digitale o da altra tipologia di firma elettronica efficacia di piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha sottoscritto.

A ben guardare, si trattava di una scelta che contraddiceva l'impianto degli artt. 214. ss. c.p.c. perché la previsione normativa non consentiva il disconoscimento del documento informatico sottoscritto, anche con firma elettronica semplice, equiparandolo automaticamente alla scrittura privata riconosciuta, verificata od autenticata, senza bisogno di alcun riconoscimento o autenticazione.

Le norme sui documenti informatici e sulle firme elettroniche sono poi confluite nel codice dell'amministrazione digitale, introdotto dal d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (come modificato dal d.lgs. 4 aprile 2006, n. 159 e dal d.lgs. 30 dicembre 2010, n. 235) e alla loro disciplina processuale e sostanziale sono stati dedicati gli artt. 20 e 21.

Con particolare riferimento ai documenti informatici non sottoscritti va detto che l'art. 20, comma 1-bis, CAD, ha riconosciuto loro l'idoneità «a soddisfare il requisito della forma scritta», ed affermato che il valore probatorio è liberamente valutabile dal giudice, «tenuto conto delle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità».

Il principio generale contenuto in questa disposizione è meglio specificato dal successivo art. 21 che prevede una sorta di graduazione dell'efficacia probatoria del documento informatico, in base alle diverse caratteristiche dei criteri di imputazione della dichiarazione ivi contenuta ad un determinato soggetto. In particolare, il legislatore ha stabilito che il documento corredato da una firma elettronica è liberamente valutabile dal giudice che deve sempre tenere conto delle caratteristiche «oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità».

Non così per il documento informatico munito di firma elettronica avanzata, qualificata o digitale. Trattandosi di particolari tipologie di firme che assicurano «l'identificabilità dell'autore, l'integrità e immodificabilità del documento», l'art. 21, comma 2, CAD, riconosce al documento informatico che ne è provvisto l'efficacia dall'art. 2702 c.c..

Tale regime ha avuto breve durata. A distanza di pochissimi anni, l'art. 9 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in l. 17 dicembre 2012, n, 221, ha modificato l'art. 21, comma 2, CAD per stabilire che si presume riconducibile al titolare, salvo prova contraria, il solo utilizzo del dispositivo di firma elettronica qualificata o digitale e non anche quella avanzata (come invece nella precedente versione del 2010). In relazione agli effetti giuridici, il comma 2-bis dell'art. 21 si è arricchito di un ulteriore periodo a mente del quale gli atti che richiedono la forma scritta ad substantiam, soddisfano comunque il requisito della forma scritta, se corredati sia da una firma elettronica qualificata o digitale, sia con una firma elettronica avanzata. La recente riforma del codice dell'amministrazione digitale, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, attuata con il d.lgs. 26 agosto 2016, n. 179, ha (ri)novellato l'art. 21, comma 2, che riconosce al documento informatico «sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale» la medesima efficacia delle scritture di cui all'art. 2702 c.c., precisando altresì che l'utilizzo del dispositivo di firma si presume riconducibile al titolare «salvo che questi dia prova contraria», limitatamente all'ipotesi di «firma elettronica qualificata o digitale».

L'art. 21 CAD ed il riferimento all'art. 2702 c.c.

È appena il caso di segnalare che a norma dell'art. 21 soprarichiamato l'utilizzo del dispositivo di firma elettronica avanzata qualificata digitale si presume riconducibile al titolare, salvo che quest'ultimo fornisca una prova contraria. Il legislatore non ha, dunque, fornito una vera e propria disciplina della prova contraria ex art. 21, comma 2, limitandosi al riferimento all'art. 2702 c.c.. Per la giurisprudenza di merito (cfr. Trib., Roma, 23 gennaio 2017, n. 1127, e Trib., Roma 23 marzo 2016), tale regime delinea un'inversione dell'onere della prova e compete alla parte – vale a dire al titolare del dispositivo – contro cui è prodotto il documento provare di non avere apposto la firma digitale. In breve, l'onere di provare chi abbia utilizzato il dispositivo di firma digitale, con cui è stato sottoscritto il documento, compete proprio al titolare del dispositivo elettronico. Nel senso che l'e-mail priva di firma elettronica certificata ha un valore soltanto indiziario e, pertanto, può fondare il convincimento del giudice solo se supportata da altri elementi di giudizio v. Trib. Milano, 14 maggio 2014, in ilcaso.

Seppure i documenti informatici corredati di firma elettronica avanzata qualificata o digitale accedono – in forza dell'art. 21, comma secondo, CAD – all'efficacia probatoria di cui all'art. 2702 c.c., è evidente una palese deviazione rispetto al regime proprio delle scritture private con sottoscrizione autenticata, riconosciuta o verificata; per queste ultime la presunzione di provenienza da un determinato soggetto può essere superata solo con un'azione di falso civile e non con una mera prova contraria.

Va, tuttavia, tenuto presente che il documento informatico non può beneficiare del regime di cui all'art. 2702 c.c., ogni volta che rechi una firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, basata su un certificato elettronico revocato, scaduto oppure sospeso (art. 21, comma 3); in questa particolare ipotesi il documento regredisce da prova piena a prova liberamente valutabile dal giudice.

La scelta del legislatore del CAD di superare il meccanismo del disconoscimento e del conseguente giudizio di verificazione sembra dettata dal fatto che le caratteristiche peculiari della firma digitale, quale strumento impersonale di imputazione soggettiva, rendano del tutto inadatte, rispetto ad essa, quelle condizioni pensate dal legislatore del 1940 con esclusivo riferimento alla sottoscrizione tradizionale.

L'efficacia probatoria delle riproduzioni di documenti informatici

Quanto all'efficacia probatoria delle riproduzioni di documenti informatici va segnalato che l'art. 16, comma 2, lettera a), del d.lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, ha introdotto nel CAD l'art. 23-quater, dedicato alle riproduzioni informatiche. Questa norma ha – a sua volta – integrato l'art. 2712 c.c.: dopo le parole «riproduzioni fotografiche» sono state espressamente inserite anche quelle «informatiche». In questo modo il legislatore ha equiparato le riproduzioni dei documenti informatici a quelle indicate nell'art. 2712 c.c., attribuendo loro l'efficacia di piena prova in mancanza di disconoscimento della conformità.

Provando a tirare le fila del discorso, ci sembra che il legislatore abbia individuato due regimi diversi per i documenti non sottoscritti a seconda della tipologia del contenuto. Ed infatti, in seguito alla modificazione di cui all'art. 23-quater, per il documento informatico non sottoscritto che contiene riproduzioni meccaniche trova applicazione l'art. 2712 c.c.: come per le altre riproduzioni meccaniche, il documento forma «piena prova» dei fatti rappresentati (ad es. foto, video, audio), se colui contro il quale è prodotto non ne disconosce la conformità ai medesimi fatti; dall'altro l'art. 20, comma 1-bis, CAD, prevede, invece, che il documento informatico contenente delle dichiarazioni scritte è – se privo della firma – liberamente valutabile dal giudice.

Il contrasto è, a ben guardare, meramente apparente se solo si considera che l'efficacia probatoria dei documenti informatici privi di sottoscrizione è rafforzata ex art. 2702 c.c. (e quindi analoga a quella delle riproduzioni meccaniche di cui all'art. 2712 c.c.), se ed in quanto contengano riproduzioni (informatiche) di fatti e di cose.

Da un punto di vista meramente pratico applicativo, il giudice deve verificare se il documento informatico contenga una scrittura informatica soggetta ad interpretazione e in tal caso trova applicazione l'art. 20, comma 1-bis, CAD; ovvero contenga la mera riproduzione meccanica di fatti, con conseguente operatività dell'art. 23-quater e dell'art. 2712 c.c..

Resta da dire che i principi generali del CAD – come quelli relativi alla nozione di documento informatico, firma digitale ecc. – trovano applicazione anche in ambito processuale. Si aggiunga che le relative disposizioni costituiscono le norme con valore di legge ordinaria che in forza dell'art. 4 del d.l. n. 193/2009, convertito nella l. 22 febbraio 2010, n. 24, disciplinano anche gli atti del processo civile redatti in forma di documento informatico (art. 1, lett. p, e art. 20, CAD) e sottoscritti con firma digitale ex art. 1, lett. s, e art. 21 CAD (in arg. Cass. civ., 10 novembre 2015, n. 22871.) Per completezza va pure segnalato che la specialità della disciplina sul processo civile telematico è stata riconosciuta nel CAD solo recentemente, in forza delle innovazioni apportate dal d.lgs. 26 agosto 2016, n. 179 (in vigore dal 14 settembre 2016). Ed infatti l'art. 2, comma 6, CAD prevede espressamente che «Le disposizioni del presente codice si applicano altresì al processo civile e penale [...] in quanto compatibili e salvo che non sia diversamente disposto dalle disposizioni in materia di processo telematico»; inoltre, l'art. 21, comma 2, in tema di documento informatico sottoscritto con firma elettronica, prevede che «restano ferme le disposizioni concernenti il deposito degli atti e dei documenti in via telematica secondo la normativa anche regolamentare in materia di processo telematico».

Le modifiche apportate al CAD ad opera del d.lgs. 13 dicembre 2017, n. 217

Nella Gazzetta Ufficiale del 12 gennaio 2018 è stato pubblicato il d.lgs. 13 dicembre 2017, n. 217, avente ad oggetto le disposizioni integrative e correttive al d.lgs. 26 agosto 2016, n. 179, concernente modifiche ed integrazioni al CAD.

Questo recentissimo intervento normativo (entrato in vigore il 27 gennaio 2018) deve, in realtà, essere collocato nel più ampio contesto della «semplificazione amministrativa» prevista dalla legge delega n. 124/2015.

Segnatamente il nuovo art. 20 CAD stabilisce che il documento informatico ha l'efficacia di cui all'art. 2702 c.c. non solo se risulta corredato da una firma digitale, qualificata o avanzata, ma anche se sottoscritto con firme elettroniche differenti, purché rispettose degli standard tecnici specificamente individuati dall'AgID (Agenzia per l'Italia Digitale) nell'ambito delle linee guida che definiscono le condizioni richieste. Al di fuori di queste ipotesi, il valore probatorio del documento informatico è rimesso alla libera valutazione del giudice.

A ben guardare, la portata innovativa delle modifiche è al momento contenuta, poiché i parametri tecnici individuati dall'AgID, ai sensi del modificato art. 71, non sono stati ancora definiti. Il novellato quarto comma dell'art. 24 CAD, prevede, inoltre, che le linee guida regolano le modalità anche temporali di apposizione della sottoscrizione.

Le altre modifiche che hanno riguardato l'art. 21 CAD ci sembrano, stando ad una prima lettura, di mero adeguamento della disposizione alla nuova formulazione del suddetto art. 20. Per completezza si riporta di seguito la modifica che ha interessato l'art. 20 CAD e, in particolare il comma 1-bis: «Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l'efficacia prevista dall'art. 2702 c.c. quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall'AgID ai sensi dell'art. 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all'autore. In tutti gli altri casi, l'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità. La data e l'ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle Linee guida».

Dopo il comma 1-bis è stato inserito il comma 1-ter, secondo il quale «l'utilizzo del dispositivo di firma elettronica qualificata o digitale si presume riconducibile al titolare di firma elettronica, salvo che questi dia prova contraria; nonché il comma 1-quater in forza del quale «Restano ferme le disposizioni concernenti il deposito degli atti e dei documenti in via telematica secondo la normativa, anche regolamentare, in materia di processo telematico». Queste disposizioni corrispondevano, nella versione precedente del CAD, ai commi 1 e 2 dell'art. 21. Infine, al comma 3, primo periodo, dell'art. 20 le parole «ai sensi dell'articolo 71» sono sostituite dalle seguenti: «con le Linee guida» e l'ultimo periodo è soppresso.

Guida all'approfondimento
  • F. De Santis, Documento informatico, firma digitale, e dinamiche processuali, in Rass. dir. civ., 2001, 254 ss.;
  • P. Farina, La querela civile di falso, II, Roma 2018,63 ss.;
  • F. Ferrari, Il codice dell'amministrazione digitale e le norme dedicate al documento informatico, in Riv. dir. proc., 2007, 415 ss.;
  • A. Gentili, Documento informatico e tutela dell'affidamento, in Riv. dir. civ., 1998, 171 ss.;
  • A. Graziosi, Premesse per una teoria probatoria del documento informatico, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1998, 481 ss.;
  • G. Olivieri, L'efficacia probatoria del documento informatico, in www.judicium.it;
  • O. Troiano, Firma e forma elettronica: verso il superamento della forma ad substantiamriflessioni a margine del regolamento UE n. 910/2014 e delle recenti riforme del codice dell'amministrazione digitale, in Nuova giur. civ. comm., 2018, 79 ss..

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario