Avvocato legittimato ex lege a chiedere al soccombente il pagamento del rimborso forfettario spese generali

Vito Amendolagine
17 Maggio 2018

La Suprema Corte affronta la questione inerente il recupero da parte dell'avvocato del rimborso forfettario del 10% delle spese generali, in relazione a compensi professionali liquidati in suo favore.
Massima

Il procuratore distrattario è legittimato ad azionare il titolo in sede esecutiva per reclamare il pagamento del 10% ex art. 15, della tariffa forense sulla base della sentenza che contiene la condanna alle spese processuali in suo favore senza dover impugnare la sentenza; dopo di che, va altresì precisato che la somma dovuta per il 10% può essere riconosciuta in via esecutiva soltanto laddove la sentenza distingue gli esborsi dai diritti e dagli onorari, venendo altrimenti meno i requisiti della liquidità e della certezza che devono contraddistinguere il diritto di credito che costituisce l'oggetto del titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c..

Il caso

La quaestio juris esaminata dalla Cassazione trae origine dal ricorso proposto avverso la sentenza di appello da un avvocato che si era visto negare il recupero del rimborso forfettario del 10% delle spese generali, in relazione a compensi professionali liquidati in suo favore nei confronti dell'Inps.

La questione

Nel ricorso per cassazione si evidenzia da un lato l'errore nel quale era incorso il giudice del gravame nell'affermare che il rimborso delle spese generali ex art. 15, della tariffa forense fosse compreso, cioè già calcolato, nella condanna alla rifusione delle spese del giudizio, e, dall'altro, che solo in alcuni casi le spese erano state liquidate dal giudice senza distinguere gli onorari dalle altre voci, mentre in altri casi erano state liquidate distintamente le spese rispetto alle altre voci su cui si calcola la percentuale del 10% delle spese generali, e che quindi, ben poteva essere correttamente determinato il relativo importo.

Il medesimo ricorrente rilevava altresì che la sentenza impugnata dopo aver affermato che il rimborso delle spese forfettarie del 10% è dovuto anche in assenza di una specifica richiesta del difensore della parte a cui esso spetta anche automaticamente in virtù della condanna al pagamento delle spese, sosteneva che fosse onere della stessa parte e non del difensore distrattario impugnare la sentenza qualora le somme liquidate complessivamente a titolo di rimborso delle spese non fossero state adeguate.

Le soluzioni giuridiche

Il ricorso viene accolto dai Giudici di legittimità, richiamando un principio ripetutamente affermato, secondo cui il rimborso delle spese generali, richiesto ai sensi dell'art. 15, della tariffa forense approvata con d.m. 5 ottobre 1994, n. 585 spetta all'avvocato in via automatica e con determinazione ex lege, dovendosi, pertanto, ritenere compreso nella liquidazione degli onorari e diritti di procuratore nella misura del dieci per cento, anche senza un'espressa menzione nel dispositivo della sentenza, da ciò conseguendo che l'avvocato distrattario è legittimato a pretenderne il pagamento in forza della stessa sentenza da cui discende la liquidazione delle stesse voci, e, nelle quali, deve ritenersi automaticamente compresa quella in discussione, risultando priva di fondamento la tesi secondo cui deve essere la parte rappresentata a dover impugnare una sentenza all'interno della quale si ritiene già compresa ex lege la condanna al pagamento della somma a favore dell'avvocato distrattario, a nulla rilevando la sua omessa menzione nel dispositivo della sentenza.

Osservazioni

La pronuncia in commento ribadisce il più recente orientamento maggioritario emerso in seno alla giurisprudenza di legittimità, volto ad affermare che il rimborso forfetario delle spese generali, ai sensi dell'art. 15 delle disposizioni generali della tariffa professionale forense, spetta automaticamente al professionista, anche in assenza di una allegazione specifica.

In particolare, il principio della spettanza automatica del rimborso forfetario delle spese generali, senza bisogno di apposita richiesta, opera nei casi in cui il giudice, con la sentenza che chiude il processo, condanni la parte soccombente al rimborso delle spese processuali a favore dell'altra parte.

Infatti, al di fuori dei casi di condanna alle spese, non v'è spazio per una liquidazione ex officio del compenso forfetario, essendo necessaria la domanda del professionista (Cass. civ., 31 marzo 2014, n. 7511).

Invero, come affermato sin da Cass. civ., 18 giugno 2003, n. 9700, l'esistenza del presupposto costituito da una specifica domanda del legale non si desume in alcun modo dal testo dell'art. 15 della tariffa professionale forense, che prevede un meccanismo automatico di determinazione delle spese generali da rimborsare, in modo da evitarne la giustificazione, richiesta invece in via generale dall'art. 1 della stessa tariffa.

In tale occasione, i Giudici di legittimità rilevavano che la tesi della necessità della domanda di parte per ottenere il rimborso delle spese generali non precisava in quale forma tale domanda andava proposta, se cioè doveva consistere in una specifica richiesta da aggiungere alle conclusioni sull'oggetto del giudizio ovvero se poteva essere inclusa nella nota spese presentata ai sensi dell'art. 75 disp. att. c.p.c..

Infatti, ambedue le risposte avrebbero ottenuto l'effetto di rendere necessaria un'attività processuale della parte (domanda di condanna della controparte al pagamento delle spese processuali ovvero presentazione della nota spese) che, invece, non era e non è attualmente richiesta per l'esercizio dei poteri officiosi del giudice.

Le suddette considerazioni possono quindi valere per confutare l'orientamento minoritario seguito dalla Cassazione, secondo cui la domanda di rimborso delle spese generali è necessaria, ma essa deve ritenersi implicitamente contenuta nella domanda di condanna al pagamento delle spese processuali.

Infatti, come è stato osservato dagli stessi Giudici di legittimità, la suddetta domanda di condanna non era e non è tutt'ora richiesta dall'ordinamento per l'esercizio del potere-dovere del giudice, che chiude il processo davanti a sè, di decidere sulle spese processuali e, nel caso di condanna del soccombente, ai sensi dell'art. 91 c.p.c., della rifusione alla parte vittoriosa anche del suddetto rimborso.

Appare quindi arduo sostenere attualmente la tesi secondo cui il rimborso forfetario delle spese generali ai sensi dell'art. 15 delle disposizioni generali della tariffa professionale forense, non spetti automaticamente al professionista, anche in assenza di allegazione specifica e di un'espressa richiesta, dovendo quest'ultima ritenersi implicita nella domanda di condanna al pagamento degli onorari giudiziali (Cass. civ., 20 agosto 2015, n. 17046; Cass. civ., 30 ottobre 2009, n. 23053; in senso conforme, cfr. Cass. civ., 10 gennaio 2006, n. 146; Cass. civ., 20 ottobre 2005, n. 20321; Cass. civ., 6 settembre 2004, n. 17936).

Al riguardo in un precedente di legittimità si è precisato che l'espressa menzione in sentenza del rimborso forfettario spese generali riveste un'efficacia soltanto dichiarativa, proprio perché tale voce costituisce un credito che trova la sua fonte direttamente nella legge, la quale ne determina anche la misura (Cass. civ., 14 aprile 2011, n. 8512).

Al riguardo va precisato che il rimborso delle spese generali attualmente è dovuto nella misura del 12,5% per effetto del d.m. n. 55/2014 che lo ha reintrodotto dopo la sua scomparsa dal precedente d.m. n. 140/2012, spettando all'avvocato sempre in via automatica e con determinazione ex lege, dovendosi, pertanto, ritenere compreso nella liquidazione del compenso, anche senza un'espressa menzione nel dispositivo della sentenza.

Un'ultima annotazione prima di chiudere.

Nel procedimento speciale disciplinato dalla l. 13 giugno 1942, n. 794, per la determinazione del compenso spettante all'avvocato nei confronti del proprio cliente per l'attività professionale svolta, si è affermato che il rimborso forfetario delle spese generali, ai sensi della tariffa professionale forense, non può essere liquidato d'ufficio, occorrendo l'apposita domanda del professionista, in applicazione dei principi previsti dagli artt. 99 e 112 c.p.c..

Ciò in quanto, in tale procedimento non può essere utilmente richiamata la disciplina normativa relativa alla condanna del soccombente al rimborso delle spese processuali, perché mentre in quest'ultimo caso la liquidazione che il giudice effettua, anche in assenza di notula, riguarda la definizione di un giudizio contenzioso nel quale il carico delle spese è una diretta conseguenza dell'esito del giudizio, concernendo il diritto di ciascuna parte di vedersi rimborsare le spese sostenute, nel primo caso viene in diretta considerazione il rapporto tra professionista e cliente, ed il giudice, non può sostituirsi, nella determinazione del quantum dovuto, alle richieste dell'interessato, liquidando a carico del cliente una somma maggiore rispetto a quella domandata dallo stesso professionista (Cass. civ., 26 novembre 2010, n. 24081).

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