Effetti della morte dell’ex marito sul diritto di abitazione nella casa familiare della moglie assegnataria

Gerarda Russo
23 Maggio 2018

Quali conseguenze comporta la morte dell'ex coniuge che ha venduto l'immobile dopo il provvedimento giudiziale di assegnazione sul diritto di abitazione nella casa familiare del coniuge divorziato e affidatario dei figli minorenni?
Massima

Intervenuto il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario nell'esclusivo interesse della prole ed immediatamente trascritto nei pubblici registri, il terzo successivo acquirente è tenuto a rispettare il godimento del coniuge del suo dante causa quale vincolo di destinazione collegato all'interesse dei figli anche a seguito del decesso dell'ex coniuge dell'assegnatario.

Il caso

Caio, divenuto successivamente proprietario dell'intero immobile assegnato in godimento a Tizia, ex coniuge del fratello, con i provvedimenti presidenziali emessi in sede di separazione personale e confermati in sede di cessazione degli effetti civili del matrimonio, in seguito al decesso del dante causa, ha presentato ricorso presso il Tribunale de L'Aquila chiedendo la condanna di Tizia al rilascio dell'immobile. Il Giudice di primo grado ha accolto la domanda attorea sostenendo che il decesso dell'ex coniuge, quale fatto nuovo, sia causa di estinzione del diritto personale di godimento di Tizia sull'immobile.

La Corte di Appello de L'Aquila, con sentenza n. 1212/2014, in riforma della decisione del Tribunale, ha respinto la domanda proposta da Caio sostenendo che il sopraggiunto evento “morte dell'ex coniuge” non ha alcun rilievo nei rapporti tra l'ex moglie di quest'ultimo, Tizia, e il fratello dello stesso, Caio, atteso che il de cuius aveva ceduto la quota di sua spettanza dell'intero immobile dopo l'emissione del provvedimento di assegnazione, immediatamente trascritto nei pubblici registri. La Corte ha sostenuto altresì che il vincolo di destinazione della casa coniugale, opponibile al terzo acquirente con la trascrizione, non si estingue dopo la vendita dell'immobile a terzi, essendo l'assegnazione della casa coniugale collegata all'interesse superiore dei figli ed estranea alla categoria degli obblighi di mantenimento.

Caio ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a due motivi, e ha successivamente depositato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c., Tizia ha resistito con controricorso. Con i due motivi, il ricorrente deduce, ex art. 360, comma 1, n.3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 155 e 448 c.c. nonché in subordine una questione di illegittimità costituzionale per irragionevolezza e contrasto con l'art. 42 Cost.. Il ricorrente, altresì, afferma il presupposto secondo cui l'ex moglie del fratello è tenuta a esercitare il diritto di godimento dell'immobile nell'interesse del figlio solo in «correlazione all'originario obbligo di mantenimento» esistente in capo al di lui fratello, e che di conseguenza tale diritto di godimento viene meno con la morte dell'ex coniuge obbligato allorché per effetto del decesso termina l'obbligo di mantenimento.

La questione

Quando la casa coniugale viene venduta dopo la separazione, l'evento morte dell'ex coniuge dell'assegnatario della casa familiare costituisce causa di estinzione del diritto di godimento dell'immobile posto a tutela dell'interesse dei figli?

Le soluzioni giuridiche

La Corte, innanzitutto, ha rilevato che, nel caso di specie, l'emissione del provvedimento presidenziale, immediatamente trascritto nei pubblici registri, con il quale è stata assegnata la casa coniugale di comproprietà tra il resistente ed il fratello defunto e confermato con la sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, è avvenuta mesi prima che il de cuius cedesse la propria quota di spettanza del fabbricato. E quindi, il terzo acquirente, in virtù della trascrizione del provvedimento ai sensi dell'art. 2643 c.c., era a conoscenza e di conseguenza ben consapevole del vincolo esistente. Pertanto, secondo i Giudici di Cassazione, il sopra citato presupposto ribadito dal ricorrente andrebbe a vanificare l'effetto della trascrizione previsto dal legislatore ovvero quello di “tutelare” i terzi con un mezzo di pubblicità adeguato.

In particolare, la Corte richiama le proprie precedenti pronunce (Cass. n. 23591/2010; Cass. n. 15367/2015) con le quali si afferma che «l'assegnazione della casa familiare è uno strumento di protezione della prole e non può conseguire altre e diverse finalità», per evidenziare la ratio degli art. 155-quater c.c.(introdotto dalla l. n. 54/2006) e 337-sexies c.c. (introdotto dalla d.lgs. n. 154/2013) secondo cui l'assegnazione della casa risponde all'esigenza di garantire ai minori la conservazione dell'ambiente domestico nel quale sono cresciuti al fine di mantenere le consuetudini di vita e le relazioni sociali.

Secondo questa Corte, atteso che la salvaguardia dell'interesse dei figli è l'unico presupposto rilevante ai fini dell'assegnazione della casa coniugale e di ogni altro provvedimento riguardante costoro, a seguito delle innovazioni introdotte dalla l. n. 54/2006, l'assegnazione della casa coniugale non costituisce un elemento delle obbligazioni patrimoniali o un mezzo per concretizzare il mantenimento del coniuge più debole.

Quindi, il diritto di godimento della casa familiare non si estingue per effetto della morte dell'ex coniuge dell'assegnatario in quanto trattandosi di un diritto personale di godimento sui generis si estingue soltanto per il venir meno dei presupposti che hanno determinato l'assegnazione quali:

1) la morte del beneficiario dell'assegnazione;

2) il compimento della maggiore età dei figli e/o il conseguimento da parte degli stessi dell'indipendenza economica;

3) il trasferimento altrove della loro abitazione;

oppure in seguito all'accertamento delle circostanze (art. 337-sexies c.c.) che legittimano una revoca giudiziale quali il passaggio a nuove nozze o la convivenza more uxorio del genitore assegnatario, la mancata utilizzazione dell'immobile da parte dell'assegnatario, sempre previa valutazione dell'interesse prioritario dei figli.

La Suprema Corte, quindi, in virtù dei motivi sopra esposti ha rigettato il ricorso ed ha ritenuto non fondata la succitata questione di illegittimità costituzionale dell'art. 155 c.c. proposta dal ricorrente allorché «tale norma non contempla un diritto personale di godimento sine die sull'immobile costituente casa familiare di proprietà altrui». Peraltro, il ricorrente non ha minimamente neanche prospettato il venir meno dei presupposti previsti dalla legge per la sussistenza del vincolo ma «ha invocato il solo evento morte» del proprio fratello.

Osservazioni

Il d.lgs. n. 154/2013 ha modificato tutta la materia della filiazione introducendo importanti innovazioni come l'eliminazione di ogni discriminazione ancora presente nelle norme del nostro ordinamento fra “i figli nati nel matrimonio e quelli nati fuori dal matrimonio”, garantendo così una totale eguaglianza giuridica degli stessi; la modifica delle disposizioni di diritto internazionale privato contemplando norme di applicazione necessaria in attuazione del principio dell'unificazione dello stato di figlio nonché la materia relativa all'esercizio della responsabilità genitoriale (modificando anche la terminologia atteso che fin ad allora si parlava di potestà genitoriale).

Tale normativa, inoltre, ha introdotto il dispositivo che disciplina l'assegnazione della casa familiare, art. 337-sexies c.c. (avente lo stesso contenuto dell'abrogato art. 155-quater c.c. istituito dalla l. n. 54/2006) e lo ha collocato tra quelli riguardanti i provvedimenti relativi ai figli al fine di evidenziarne con maggior risultato la sua funzione ovvero quella di garantire a quest'ultimi «la conservazione del loro habitat domestico».

A tal riguardo la Suprema Corte nella sentenza n. 8580/2014 ha affermato che «il criterio di assegnazione è costituito esclusivamente dall'interesse dei figli, individuato alla luce del costante orientamento della giurisprudenza di legittimità (tra le tanti ricordiamo Cass., sent., n. 14553/2011) nel loro diritto a conservare l'habitat domestico nel quale hanno vissuto prima del conflitto coniugale che ha dato luogo alla separazione dei genitori». Pertanto, in assenza di figli minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti, non può essere disposta alcuna assegnazione in favore del coniuge finanziariamente più debole come forma di mantenimento (come ha da tempo specificato la Corte Cost., sent. n. 454/1989).

L'art. 337-sexies c.c., inoltre, dispone anche che «il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell'art. 2643 c.c.», dando origine ad una serie di dubbi in quanto quest'ultima norma stabilisce un semplice elenco dei beni immobili soggetti a trascrizione e non regolamenta quelli che sono gli effetti della trascrizione disciplinati, invece, dall'art. 2644 c.c.. Secondo tale norma «gli atti enunciati nell'articolo precedente non hanno effetto riguardo ai terzi che a qualunque titolo hanno acquistato diritti sugli immobili in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione degli atti medesimi».

Pertanto, in virtù dell'attuale enunciato prevale la tesi secondo cui per opporre un provvedimento di assegnazione ai terzi sia sempre necessaria la sua trascrizione. A tal riguardo ricordiamo la sentenza Trib. Torino, sez. II, 2 gennaio 2009, secondo la quale «Il contenuto della nuova disposizione è chiaro, essendo di tutta evidenza che, attraverso il richiamo non più all'art. 1599 c.c., bensì all'art. 2643 c.c., si è voluto aggiungere agli atti da trascrivere perché siano opponibili ai terzi specificatamente indicati in quest'ultima norma anche il provvedimento di assegnazione della casa coniugale. Ne discende che detto provvedimento, affinché possa essere opposto ai terzi anche entro il limite del novennio, deve essere trascritto».

L'assegnazione della casa familiare, quindi, viene meno:

  • in caso di morte del coniuge beneficiario dell'assegnazione;
  • quando i figli divenuti maggiori conseguono l'indipendenza economica;
  • quando questi ultimi cessano di convivere con il genitore assegnatario;
  • in seguito ad una revoca giudiziale che abbia accertato il passaggio a nuove nozze o la convivenza more uxorio del genitore assegnatario oppure la non occupazione dell'immobile da parte dell'assegnatario.

Per una corretta applicazione della disciplina dell'assegnazione della casa familiare, occorre in primo luogo, specificare la funzione di tale vincolo di destinazione.

È necessario a tal riguardo, tener presente che l'assegnazione della casa coniugale non rientra nella “categoria degli obblighi di mantenimento” ma è strettamente legata all'interesse dei figli. Pertanto, tale vincolo di destinazione non si estingue in caso di morte dell'ex coniuge obbligato per effetto del venir meno (con l'evento morte) dell'obbligo di mantenimento di quest'ultimo. Né tanto meno il terzo che ha acquistato l'immobile successivamente al provvedimento di assegnazione, immediatamente trascritto nei pubblici registri, può chiederne il rilascio.

Il vincolo di destinazione si estingue quando vengono a mancare i presupposti richiesti per l'assegnazione.

Guida all'approfondimento

A. Figone, La riforma della filiazione e della responsabilità genitoriale, Torino

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