Divorzio congiunto: sussiste un conflitto di interessi se l'avvocato rappresenta l'ex coniuge oltre a se stesso?

Gustavo Danise
24 Maggio 2018

In caso di ricorso congiunto per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, di cui una delle parti svolga la professione forense, può costui rappresentare in giudizio anche la controparte? Si ravvisa in tale ipotesi un conflitto di interessi?
Massima

È inammissibile la costituzione in giudizio di due o più parti a mezzo di uno stesso procuratore cui sia stato conferito mandato con un unico atto qualora vi sia tra le stesse un conflitto di interessi, attuale ovvero potenzialmente insito nel loro rapporto, risultando i loro interessi suscettibili di contrapposizione in astratto.

Ciò anche in ipotesi di simultaneus processus poiché il difensore non può svolgere attività difensiva in favore di soggetti portatori di istanze confliggenti essendo tale violazione rilevabile d'ufficio in quanto investe il diritto di difesa e il principio del contraddittorio, valori costituzionalmente garantiti.

Il caso

Tizio, di professione avvocato, propone ricorso congiunto per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, rappresentando in giudizio se medesimo ex art. 86 c.p.c. ed anche la controparte, Caia. Nelle condizioni del ricorso congiunto è prevista anche la corresponsione di un assegno divorzile in favore della ex moglie. Il Tribunale di Torino, che aveva riservato la decisione, ha rimesso la causa sul ruolo assegnando a Caia un termine per costituirsi in giudizio a patrocinio di un altro difensore, ritenendo sussistente un conflitto di interessi.

La questione

In caso di ricorso congiunto per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, di cui una delle parti svolga la professione forense, può costui rappresentare in giudizio anche la controparte? Si ravvisa in tale ipotesi un conflitto di interessi?

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Torino ha ritenuto sussistente un conflitto di interessi tra la parte che sia avvocato e rappresenti se stesso e l'ex moglie, assegnando a quest'ultima un termine perentorio per costituirsi in giudizio a patrocinio di un altro difensore, richiamando a supporto un orientamento consolidato della Corte di Cassazione (Cass., sent., 4 novembre 2005, n. 21350): «nel caso in cui tra due o più parti sussista conflitto di interessi, attuale, ovvero anche virtuale, nel senso che appaia potenzialmente insisto nel rapporto tra le medesime, i cui interessi risultino, in astratto, suscettibili di contrapposizione, è inammissibile la loro costituzione in giudizio a mezzo di uno stesso procuratore, al quale sia stato conferito mandato con un unico atto, e ciò anche in ipotesi di simultaneus processus, dato che il difensore non può svolgere contemporaneamente attività difensiva in favore di soggetti portatori di istanze confliggenti, essendo siffatta violazione rilevabile di ufficio, anche in sede di appello, in quanto investe il diritto di difesa ed il principio del contraddittorio, valori costituzionalmente garantiti; peraltro, il carattere dell'attualità del conflitto può anche venire meno, ma a detto fine è necessario che dalle risultanze processuali emerga che la contrapposizione di interessi è stata effettivamente superata, come accade nel caso in cui una delle parti abbia rinunciato alle proprie pretese, in conflitto con quelle vantate dalla parte rappresentata dallo stesso difensore» (cfr. Cass., sent., 10 maggio 2004, n. 8842; Cass. 28 gennaio 1997, n. 835; Cass. 27 novembre 1993, n. 11780).

Osservazioni

Il Tribunale di Torino ha prudenzialmente ritenuto di adeguarsi a un principio giurisprudenziale di legittimità oramai consolidato, peraltro condivisibilissimo in astratto. Tuttavia, il provvedimento in commento suscita delle riflessioni critiche, in considerazione delle peculiarità del caso concreto. Nella parte finale della pronuncia della Cassazione n. 21350/2005, posta a fondamento della decisione, si specifica, infatti, che «il carattere dell'attualità del conflitto può anche venire meno, ma a detto fine è necessario che dalle risultanze processuali emerga che la contrapposizione di interessi è stata effettivamente superata». Ebbene, in ispecie, non sussisteva alcun conflitto di interessi sostanziali e processuali, né potenziale, né attuale, in quanto l'avvocato ha patrocinato anche la controparte in un procedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio introdotto con ricorso congiunto ex art. 4, comma 1,l. div., destinato quindi a concludersi in una sola udienza di comparizione delle parti innanzi al Collegio il quale, una volta verificata la sussistenza dei presupposti normativi di cui all'art. 3 l. div., la congruità e legittimità delle statuizioni accessorie e la completezza della documentazione allegata, può riservare la decisione senza lo svolgimento di alcuna istruttoria. Il conflitto di interessi si è esaurito nella fase preprocessuale di trattative per la determinazione delle statuizioni accessorie alla pronuncia di divorzio ma una volta raggiunto l'accordo, trasfuso poi nel ricorso congiunto, la rappresentanza processuale in giudizio a ministero di un difensore esterno non avrebbe assicurato all'ex moglie un diritto di difesa e del contraddittorio superiore a quello che sarebbe stato garantito dal marito, proprio perché si trattava semplicemente di comparire innanzi al Collegio e chiedere la riserva della decisione con recepimento delle statuizioni dettate nel ricorso congiunto. Tra l'altro, tra le condizioni accessorie era previsto l'obbligo in capo al ricorrente di corrispondere l'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge, aspetto che consentiva di apprezzare l'insussistenza di un conflitto di interessi reale inter partes.

La decisione assunta nell'ordinanza in commento ha determinato l'inutile protrazione del procedimento, in contrasto con il principio (pure di livello costituzionale) di rapida e celere definizione del giudizio ex art. 111, comma 2, Cost.. Inoltre il provvedimento in commento ha rischiato di pregiudicare gli interessi della moglie, piuttosto di preservarli; infatti, ha differito il conseguimento della cessazione dello status di coniugata, ledendone ad es. l'aspettativa a contrarre rapidamente nuove nozze, e costringendola ad accollarsi, senza un valido motivo, i costi per il compenso di un avvocato.

In sintesi, il rispetto pedissequo di norme procedurali e di principi generali deve essere asservito alla sostanza, ossia alla definizione ottimale e legittima del procedimento, conseguendone chei diritti costituzionali di difesa e di contraddittorio devono essere ritenuti prevalenti sul diritto, pure costituzionale, alla celere definizione del giudizio, laddove siano preordinati ad assolvere alla loro finalità intrinseca, tra cui vi è anche quella di evitare il conflitto di interessi; ma ove le finalità sottese a tali diritti assoluti non sussistano nel caso concreto, così come nel procedimento scaturito da un ricorso congiunto di cessazione degli effetti civili del matrimonio ove l'interesse alla pronuncia è convergente e non confliggente e si basa su un regolamento negoziale divisato, allora i Tribunali dovrebbero accordare preferenza al principio costituzionale di celere definizione del giudizio, rischiando diversamente di arrecare nocumento alla parte che invece si vorrebbe tutelare. In una fattispecie come quella esaminata, il Tribunale avrebbe altri strumenti per tutelare adeguatamente la parte che si fa rappresentare nel giudizio dalla controparte al fine di valutare l'esistenza di un conflitto di interessi sostanziale: potrebbe nell'udienza di comparizione innanzi al collegio interrogarla liberamente cercando di indagarne la piena consapevolezza ed accettazione del contenuto delle condizioni accessorie al divorzio e quindi rinviare la causa ad altra udienza, consentendole di costituirsi a mezzo di proprio difensore, laddove percepisca titubanze e ripensamenti; diversamente, ove la parte dichiari a verbale con fermezza e decisione di condividere pienamente il contenuto dell'accordo riportato nel ricorso congiunto, può riservare la causa in decisione con la tranquillizzante sicurezza di non aver arrecato alcun vulnus del diritto di difesa, stante l'assenza di un conflitto di interessi reale.

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