Ritardata restituzione dell'immobile e prova del maggior danno

29 Maggio 2018

Il conduttore è responsabile (contrattualmente) del suo inadempimento all'obbligo di restituzione dell'immobile al locatore una volta che abbia cessato di usufruirne (per scadenza del contratto, o per sua risoluzione). Ne deriva che tale inquilino è tenuto al relativo...
Massima

Dalla morosità del conduttore nella restituzione dell'immobile discende automaticamente ex art. 1591 c.c. un'obbligazione indennitaria/risarcitoria svincolata da oneri probatori, in quanto derivante direttamente dalla legge e il cui importo corrisponde forfettariamente al canone di locazione, salvo il diritto del locatore di dimostrare il danno ulteriore. Tale diritto al maggior danno richiede che il locatore fornisca la prova di un vulnus patrimoniale di entità superiore a quella risarcibile con il pagamento di un importo corrispondente al canone e dovrà essere oggetto di idonea attività istruttoria con onere probatorio a carico del locatore.

Il caso

Una società cooperativa citava il conduttore dinanzi al Tribunale allo scopo di ottenere il risarcimento del danno a seguito di mancata restituzione dell'immobile, da quest'ultimo condotto in locazione per uso abitativo, alla scadenza del contratto e conseguente detenzione senza titolo da parte del medesimo. In accoglimento della domanda il Tribunale condannava il conduttore a corrispondere alla cooperativa la somma di euro 20.000,00. Il conduttore impugnava allora la sentenza davanti alla competente Corte di Appello lamentando l'insussistenza del danno, come riconosciuto dal giudice di prime cure, sia nell'an sia nel quantum. L'appello veniva respinto in esatta applicazione dell'articolo 1591 c.c.

La questione

Si tratta dunque di stabilire se sia configurabile e a quali condizioni il diritto al risarcimento dell'eventuale danno ulteriore rispetto a quello compensato dal canone nel caso di rapporto di locazione, e ciò anche quando a far tempo dal rilascio dell'immobile il proprietario non avrebbe avuto la possibilità o l'intenzione di locare il bene a terzi. Pertanto si chiede quale criterio dovrà seguire il giudice per la determinazione e liquidazione del danno.

Alcune valutazioni

Occorre muovere dall'art. 1591 c.c. che prevede, in primo luogo, la responsabilità contrattuale dell'ex conduttore quale conseguenza dell'inadempimento all'obbligazione di restituzione dell'immobile al locatore (quest'ultima di indubbia natura contrattuale: cfr., Cass. civ., sez. III, 7 aprile 1989, n. 1681) una volta cessato il diritto di usufruirne per qualunque causa (scadenza, risoluzione del contratto); anche se si dovrebbe preliminarmente distinguere in relazione alla condizione del locatore, se questi sia anche proprietario come di regola (ma non necessariamente) accade in quanto anche chi non è proprietario è egualmente legittimato a concedere il bene in locazione se ne ha legittima disponibilità (Cass. civ., sez. VI, 30 giugno 2015 n. 13423; Cass. civ., sez. VI, 10 luglio 2014, n. 15788; Cass. civ., sez. III, 14 luglio 2011 n. 15443). Ne consegue che il locatore, non proprietario, ha diritto al rilascio del bene ed al pagamento della indennità di occupazione, e potrà egualmente pretendere l'indennità di cui all'art. 1591 c.c. comunemente definita come di occupazione, indipendentemente dal titolo che gli abbia attribuito la legittima detenzione del bene, in quanto tale indennità ha il suo presupposto unicamente nel contratto di locazione e nella condizione di locatore se legittimo detentore del bene, mentre il proprietario non locatore e salvi eventuali accordi con il detentore locatore, avrà diritto alla restituzione del bene in attuazione del suo jus possidendi ma non all'applicazione dell'art. 1591 c.c.. Il diritto al risarcimento del danno, che in questo caso è conseguenza di responsabilità extracontrattuale (Cass. civ., sez. III, 14 febbraio 2006, n. 3183), sarà di competenza del proprietario non locatore nei confronti del soggetto responsabile della perdita di disponibilità del bene.

L'obbligo del pagamento dell'indennità prevista dal comma 1 dell'art. 1591 c.c. non è, pertanto, effetto della ultrattività dell'obbligazione di pagamento del canone per il tempo della detenzione del bene da parte dell'ex conduttore, ma è la conseguenza legale dell'inadempimento del conduttore all'obbligazione di restituire la cosa locata prevista dall'art. 1590 c.c. secondo una quantificazione legale del risarcimento dovuto in base ai principi generali in tema di inadempimento (art. 1218 c.c.).

Del risarcimento, la legge stabilisce la misura minima, ragguagliata al corrispettivo contrattuale e a prescindere dalla prova del danno subito in concreto dal locatore, e pertanto anche nel caso in cui il conduttore in mora possa dimostrare, ad esempio, che in ragione dell'andamento del mercato i canoni correnti ai quali il lucro cessante del locatore dovrebbe essere commisurato, sono inferiori a quelli contrattuali. Si tratta dunque di quello definito come danno-evento.

Un'altra questione si pone relativamente ai danni ulteriori e al relativo controllo legale. In merito a ciò, va evidenziato che quello dell'art. 1591 c.c. non è l'unico caso di forfettizzazione del danno che, tuttavia, consenta la dimostrazione del danno ulteriore: ad esempio, l'art. 1224, comma 2, c.c. la ammette quando il danno subito dal creditore in caso di mancato adempimento ad una obbligazione pecuniaria in suo favore, risulti di entità maggiore di quella risarcita dalla applicazione degli interessi legali. Invece il maggior danno non sembra dovuto nel caso di applicazione, per legge o volontà delle parti, degli interessi definiti come moratori e previsti dal d.lgs. n. 231/2002, che appare limitare il danno risarcibile alle spese recupero del credito (art. 6 nel testo di cui all'art. 1, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 192/2012). In tema di locazioni, altra forfettizzazione è quella disposta dall'art. 6, comma 6, legge n. 431/1998 ove si prevede che in determinati casi di sospensione dei procedimenti esecutivi di rilascio di immobili abitativi, sarà dovuta, con richiamo all'art. 1591 c.c. ma a titolo forfettario ed esaustivo, una somma pari al canone maggiorato del 20%, il cui pagamento libera espressamente il conduttore dall'obbligo di pagamento dell'eventuale maggior danno. E per completezza e dimostrazione che il controllo legale sui risarcimenti in tema di locazioni è sempre esistito, l'art. 2 del d.l. n. 393/1987 (convertito con legge n. 478/1987) in caso di locazioni non abitative ed in tempi assai risalenti, stabilì che per il periodo di occupazione dell'immobile intercorso fra la data di scadenza del regime transitorio di cui alla legge n. 392/1978 e la data fissata giudizialmente per il rilascio ovvero la data di stipulazione di un nuovo contratto ai sensi dell'art. 1 del d.l. n. 832/1986, il conduttore non sarebbe stato tenuto a corrispondere al locatore alcun aumento di canone, salvo quanto previsto dall'art. 2 del citato d.l. n. 832/1986, né il risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 1591 c.c.

Detta ultima norma configura pertanto ed in primo luogo un'ipotesi di danno in re ipsa predeterminato nella sua entità, del quale il canone di locazione costituisce il parametro di riferimento (Cass. civ., sez. III, 24 maggio 2003, n. 8240), il che spiega la percezione, nella pratica, di una sorta di locazione di fatto successiva alla cessazione del diritto all'uso del bene in ragione di un sinallagma attenuato del quale sopravvivono alcune obbligazioni anche a carico del locatore, come l'obbligazione di mantenere la sicurezza nell'immobile già locato (Cass. civ., sez. lav., 2 maggio 1981, n. 2672). Diversa è la situazione del possibile danno-conseguenza a seguito all'occupazione abusiva del bene e quindi del maggior danno rispetto alla misura del canone, che non è in re ipsa ma deve essere provato, anche attraverso presunzioni semplici.

In ultimo, per completezza, sempre in tema di danni per mancata restituzione dell'immobile e, specificamente, quando si tratta di occupazione abusiva di immobili (quindi senza, in origine, un contratto di locazione) è opportuno richiamare anche l'art. 11 del d.l. n. 14/2017 (convertito con legge n. 48/2017) ove si dispone che nel caso di annullamento di provvedimenti amministrativi che abbiano rinviato o rigettato da parte del prefetto l'istanza di sgombero degli immobili occupati abusivamente, sarà dovuto al proprietario esclusivamente il «risarcimento in forma specifica consistente nell'obbligo per l'amministrazione di disporre interventi necessari per assicurare la cessazione della situazione di occupazione arbitraria dell'immobile», in tal modo attribuendo effetto risarcitorio specifico all'emanazione di altro analogo provvedimento amministrativo (ma non alla sua attuazione), e soprattutto escludendo ogni risarcimento in forma generica, che pure è la regola ex art. 2058 c.c. Non è chiaro se questa esclusione dall'obbligo risarcitorio concerna anche gli occupanti, per i quali altrimenti si prospetta l'applicazione dell'art. 2043 c.c. Infine bisogna ammettere che su queste norme riduttive o addirittura impeditive del risarcimento, aleggia il sospetto di violazione dell'art. 42 Cost., tenuto conto che il diritto alla reintegrazione patrimoniale pregiudicata da comportamenti illegittimi, è elemento stesso del patrimonio del danneggiato che non può essere soppresso senza alcun indennizzo.

L'onere della prova

Al proprietario-locatore spetta di dichiarare l'inadempimento del conduttore, mentre graverà su quest'ultimo la dimostrazione della impossibilità della riconsegna per causa a lui non imputabile (ex multis, Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2007, n. 20589; Cass. civ., sez. III, 30 luglio 2004, n. 14624). In effetti la responsabilità contrattuale del conduttore in seguito al ritardo nella restituzione non sorge nel caso in cui l'inadempiente dimostri di aver fatto ai sensi dell'art. 1220 c.c., un'offerta seria e affidabile, ancorché non formale, della prestazione dovuta, liberando l'immobile locato, e il locatore abbia opposto a tale offerta un rifiuto ingiustificato sulla base del dovere di buona fede ex art. 1375 c.c., non comportandone l'accettazione alcun sacrificio di suoi diritti o legittimi interessi (Cass. civ., sez. III., 18 aprile 2016, n. 7639). Quanto alla delimitazione temporale di tale responsabilità si osserva che l'obbligazione risarcitoria sorge a partire dalla scadenza convenzionale o legale del contratto di locazione, e nell'ipotesi di risoluzione per inadempimento del conduttore, fino dal momento della proposizione della domanda introduttiva del giudizio (Cass. civ., sez. III, 30 settembre 2015, n. 19528). Oltretutto la mora del conduttore continua ad esistere anche quando il locatore sia tornato formalmente in possesso del bene ma questo risulti inutilizzabile perché occupato da beni mobili del conduttore (Cass. civ., sez. III, 24 maggio 2013, n. 12977) o perché danneggiato nella sua consistenza (Cass. civ., sez. III, 4 aprile 2017, n. 8675).

Nel caso di specie, il giudice fiorentino ha correttamente inquadrato la fattispecie evocando uno dei precedenti giurisprudenziali che conferma la sussistenza del danno da ritardo indipendentemente da qualsiasi prova fornita dal locatore (Cass. civ., sez. III, 19 giugno 2002, n. 8913), così determinando l'obbligazione del convenuto appellante in misura corrispondente all'importo dei canoni, da distinguere rispetto alla prova dell'ulteriore vulnus al patrimonio del locatore (Cass. civ., sez. III, 20 gennaio 2017, n. 1426 ; Cass. civ., sez. III, 22 novembre 2016, n. 23704) che può essere data con ogni mezzo, quindi anche con presunzioni dalle quali emerga il danno che il locatore ha subito in conseguenza del ritardato rilascio, e la relazione causale fra il ritardo nella restituzione e il prodursi di tale danno (lucro cessante).

Si va dalla perdita di determinate proposte di vendita vantaggiose alla mancata locazione ad un terzo ad un canone superiore rispetto a quello dovuto dal conduttore moroso (Cass. civ., sez. III, 29 aprile 2015, n. 8707; Cass. civ., sez. III, 14 giugno 2011, n. 12962; Cass. civ., sez. III., 7 febbraio 2006, n. 2525), al danno risultante da mancato reimpiego del bene (Cass. civ., sez. III, 6 ottobre 2016, n. 19981), mentre la prevalente giurisprudenza non ammette la rilevanza del più probabile canone locativo corrente nella zona, risultante da un'indagine di mercato mediante consulenza tecnica (Cass. civ., sez. III, 10 febbraio 1999, n. 1133).

Né si deve trascurare il punto dell'accertamento del nesso causale tra il ritardo nella restituzione e tutti i danni subiti dal proprietario, da valutarsi con un giudizio prognostico ex ante, ovvero ponendosi nella situazione del locatore al momento della produzione dell'evento dannoso ed ipotizzando se il danno si sarebbe potuto evitare nel caso in cui l'evento (prolungata occupazione dell'immobile) non si fosse verificato (Cass. civ., sez. III, 22 ottobre 2014, n. 22352).

Proprio il difetto di relazione causale potrebbe condurre ad escludere l'imputazione al conduttore del danno successivo alla restituzione dell'immobile, considerato che la forfettizzazione di cui all'art. 1591 c.c. opera nel periodo di ritardo della consegna del bene rispetto alla scadenza del rapporto locativo, ma non può coprire i danni che, pur imputabili al ritardo, si siano manifestati successivamente e che, pertanto, sono oggetto di responsabilità extracontrattuale (Cass. civ., sez. III, 14 febbraio 2006, n. 3183). Si tratta, ad esempio, della perdita dei canoni fino alla scadenza del contratto in caso di risoluzione anticipata dei contratti a causa di morosità, e l'immobile sia rimasto sfitto pur dopo la riconsegna. Si tratta dunque di maggior danno nel periodo che va dalla data del rilascio alla data di naturale scadenza del contratto di locazione (Cass. civ., sez. III, 24 aprile 2008, n. 10677), qualora il locatore non abbia avuto la possibilità di sostituire il conduttore.

Per veder riconosciuti tali danni parte attrice dovrà allegare e provare la esistenza di specifici fatti impeditivi del reimpiego del bene, determinati dal ritardato od inesatto adempimento dell'obbligo di restituzione dell'immobile (quali, ad es., la necessità di dover provvedere ai lavori di ripristino dell'immobile rilasciato dal conduttore in uno stato inidoneo a consentirne l'immediato utilizzo), tali da escludere che il mancato sfruttamento locativo dell'immobile sia dipeso da mera inerzia o da scelte volontarie riferibili allo stesso locatore, ossia da condotte che si configurano come cause efficienti idonee ad interrompere la regolarità della serie causale tra inadempimento del conduttore e danno (Cass. civ., sez. III., 6 ottobre 2016, n. 19981).

Dunque, per tornare alla sentenza in commento, va evidenziato che ha applicato i principi correnti, il fatto che pur dopo il rilascio la cooperativa appellata non abbia avuto occasione di locare il bene a terzi, ha rilevanza in sede di accertamento e riconoscimento del maggior danno, ma alla condizione che la mancata locazione non sia imputabile a negligenza, inerzia o incuria del locatore. Pertanto la sentenza di primo grado, appare correttamente confermata.

Riguardo al quantum la sentenza aderisce alla decisione di primo grado, che aveva parametrato il danno al canone legale (equo canone), seppur diminuito, al fine di tener conto della natura della cooperativa e del suo dettato statutario che le imponeva canoni sensibilmente inferiori al prezzo di mercato.

Infatti, per giurisprudenza costante (Cass. civ, sez. III, 26 settembre 1997, n. 9464) l'indennità di occupazione deve corrispondere ad un importo pari al canone (al tempo della legge n. 392/1978, quello legalmente dovuto: cfr. Cass. civ., sez. III, 18 novembre 1986, n. 6772), compresi eventuali aumenti (Cass. civ., sez. III, 16 giugno 1983, n. 4149) o adeguamenti (Cass. civ., sez. III, 20 gennaio 1984, n. 497).

Osservazioni

La sentenza si segnala per la conferma dei principi in tema di obbligazione risarcitoria di cui all'art. 1591 c.c., quanto ai limiti ed ai presupposti rispetto ai principi generali in materia di inadempimento contrattuale di cui all'art. 1223 c.c. e di prova del danno quanto all'an debeatur ed al quantum. Conclusivamente dall'art. 1591 c.c. discendono due distinte obbligazioni risarcitorie pecuniarie a carico del conduttore: di valuta quanto alla obbligazione del pagamento di somma corrispondente al canone soggetta ad interessi legali, e di valore per quanto concerne gli eventuali danni ulteriori, con possibilità di risarcimento aggiuntivo ai sensi dell'art. 1284 c.c., anche esso soggetto a dimostrazione del danno ulteriore rispetto a quello compensato dagli interessi legali.

Guida all'approfondimento

M. Gafà, Responsabilità per mancata consegna dell'immobile: la Cassazione indaga le modalità di accertamento del nesso causale, in Giurisprudenza italiana, 2015, fasc. 6, p. 1339

M. De Tilla, La prova del maggior danno per ritardato rilascio, in Archivio delle locazioni e del condominio, 2011, fasc. 6, p. 820

A. Carrato, Principali profili problematici sulla responsabilità per danni da ritardata restituzione in tema di locazioni, in Corriere giuridico, 2010, fasc. 2, p. 237

G.G. Greco, Sul risarcimento del danno da ritardato rilascio dell'immobile locato, in Responsabilità civile e previdenza, 2008, fasc. 1, p. 95

A. Pavan, Il risarcimento del danno da ritardata restituzione dell'immobile ex art. 1591 c.c, in La Responsabilità Civile, 2008, fasc. 4, p. 338

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