Efficacia del giudicato esterno e processo tributario: condizioni per l'operatività

14 Giugno 2018

La questione affrontata dalla Suprema Corte nella pronuncia in commento è: quali sono i presupposti per invocare l'operatività del giudicato esterno nel processo tributario?
Massima

L'accertamento definitivo, contenuto in una decisione resa tra l'erario ed il contribuente ha efficacia di giudicato esterno nella controversia pendente tra le stesse parti, ed avente ad oggetto annualità diverse dello stesso tributo, ovvero tributi diversi ma fondati sui medesimi presupposti di fatto.

Il caso

Una società di capitali proponeva ricorso in sede di gravame innanzi alla commissione tributaria regionale avverso un avvisto di pagamento per contributi consortili relativi all'anno 2011. Il giudice di appello rigettava il gravame.

La questione

La questione in esame è la seguente: quali sono i presupposti per invocare l'operatività del giudicato esterno nel processo tributario?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione rigettava il ricorso rilevando – contrariamente a quanto dedotto dalla società contribuente – che non si era formato alcun giudicato esterno tra le parti, atteso che la precedente vicenda giudiziaria tra le parti in causa, seppure avente ad oggetto l'anno di imposta del 2011, tuttavia non esauriva l'intero thema probandum.

La pronuncia in commento consolida il tradizionale orientamento di legittimità seguito in maniera pressoché costante ed uniforme dopo l'intervento del giudice della nomofilachia con la sentenza n. 13916/2006, a mente del quale: l'accertamento definitivo che sia già intervenuto in un precedente giudizio relativo ad un periodo d'imposta, riguardante elementi costitutivi della fattispecie tributaria permanente, quali sono le qualificazioni giuridiche, assunti dal legislatore quali elementi “preliminari” per l'applicazione di una specifica disciplina tributaria e per la determinazione in concreto dell'obbligazione per una pluralità di periodi d'imposta, valida fino a quando essa non venga meno per ragioni fattuali o normative, ha efficacia preclusiva nel giudizio relativo ad un altro periodo d'imposta, in considerazione della cosiddetta “efficacia regolamentare del giudicato” in base alla quale il primo giudicato è idoneo a condizionare ogni successivo giudizio.

Come noto, il vincolo del giudicato esterno è ordinariamente operante nel caso in cui due giudizi tra le stesse parti si riferiscano al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi costituisca la premessa logica indispensabile per la statuizione relativa all'altro, donde consegue che la situazione già accertata nel precedente giudizio non può formare oggetto di valutazione diversa, ove permangano immutati gli elementi di fatto e di diritto preesistenti, mentre non può chiedersene l'ultrattività per un'annualità diversa quando questa postula l'accertamento di ulteriori presupposti di fatto (Cass. civ., n. 854/2010).

L'orientamento inaugurato dalle Sezioni Unite – al quale l'odierna pronuncia presta ossequio – ha determinato il definitivo superamento del contrario approdo di legittimità per il quale nel sistema tributario, ogni anno fiscale mantiene la propria autonomia rispetto agli altri e comporta la costituzione, tra contribuente e fisco, di un rapporto giuridico distinto rispetto a quelli relativi agli anni precedenti e successivi onde, qualora le controversie relative a diverse annualità d'imposta del medesimo tributo, ancorché concernenti questioni in tutto o in parte analoghe, siano separatamente decise con più sentenze (anziché con una sola, previa riunione dei relativi giudizi), ciascun giudizio mantiene la sua autonomia e la decisione ad esso relativa non è suscettibile di costituire cosa giudicata rispetto ai giudizi relativi alle altre annualità (Cass. civ., n. 8709/2003).

La efficacia espansiva del giudicato esterno, quindi, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell'autonomia dei periodi d'imposta, in quanto l'indifferenza della fattispecie costitutiva dell'obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d'imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all'applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente (Cass. civ., n. 1837/2014; Cass. civ., n. 20029/2011; Cass. civ., n. 9512/2009).

Pertanto, per il Giudice di legittimità l'accertamento definitivo che sia già intervenuto in un precedente giudizio relativo ad un periodo d'imposta, riguardante elementi costitutivi della fattispecie tributaria permanente, quali sono le qualificazioni giuridiche, assunti dal legislatore quali elementi "preliminari" per l'applicazione di una specifica disciplina tributaria e per la determinazione in concreto dell'obbligazione per una pluralità di periodi d'imposta, valida fino a quando essa non venga meno per ragioni fattuali o normative, ha efficacia preclusiva nel giudizio relativo ad un altro periodo d'imposta, in considerazione della cosiddetta "efficacia regolamentare del giudicato" in base alla quale il primo giudicato è idoneo a condizionare ogni successivo giudizio.

In altri termini, se l'accertamento tributario si riferisce a singoli anni d'imposta, ogni accertamento può avere efficacia per gli altri solo ceteris paribus, ossia sulla base di un completo controllo della fattispecie generatrice dell'obbligazione tributaria.

In tale direzione, si è affermato che il giudicato relativo ad un singolo periodo di imposta non è idoneo a far stato per i successivi o i precedenti in via generalizzata ed aspecifica. Simile efficacia va infatti riconosciuta solo a quelle situazioni relative a "qualificazioni giuridiche" o ad altri eventuali "elementi preliminari" rispetto ai quali possa dirsi sussistente un interesse protetto avente carattere di durevolezza nel tempo, non estendendosi a tutti i punti che costituiscono antecedente logico della decisione ed in particolare alla valutazione delle prove ed alla ricostruzione dei fatti. E questo perché il giudicato incentra la sua potenziale capacità espansiva in funzione regolamentare solo su quegli elementi che abbiano un valore "condizionante" inderogabile sulla disciplina degli altri elementi della fattispecie esaminata, con la conseguenza che la sentenza che risolva una situazione fattuale in uno specifico periodo di imposta non può estendere i suoi effetti automaticamente ad altro ancorché siano coinvolti tratti storici comuni (Cass. civ., n. 22941/2013).

Peraltro, in materia tributaria, l'efficacia espansiva del giudicato esterno non incontra ostacolo - non solo per l'obbligazione, ma anche per l'illecito tributario - nell'autonomia dei periodi di imposta allorché, assumendo un elemento della fattispecie un carattere tendenzialmente permanente, sussista quel presupposto della "invarianza nel tempo", che ne costituisce il momento condizionante (Cass. civ., n. 25762/2014, ove si è invocata l'espansione della efficacia oggettiva del giudicato esterno, nella diversa causa, in considerazione della identità dell'accertamento, in entrambe la cause pur se relative a diversi periodi di imposta, del medesimo ed invariato presupposto necessario del rapporto sanzionatorio).

Osservazioni

Sul piano generale, va osservato che il giudicato sostanziale, la cui portata oggettiva e soggettiva si evince dal disposto dell'art. 2909 c.c., in via di principio non può che vincolare le parti con riferimento alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua formazione. E tuttavia, può talvolta accadere che l'accertamento, contenuto nella sentenza passata in giudicato, attenga ad un fatto idoneo a produrre determinati effetti destinati a durare nel tempo, nell'ambito di un rapporto giuridico unitario (rapporto cd. di durata).

Ebbene, in siffatta ipotesi, la statuizione oggetto del giudicato, pur non contenendo propriamente l'accertamento di un "diritto stipite", comprendente i singoli diritti che traggono origine dal perdurare di quegli effetti, si estende, nondimeno, all'esistenza di tutti gli elementi voluti dalla legge per la configurazione del rapporto, e la portata vincolante della decisione riguardo a tali elementi continua ad esplicare i suoi effetti sul relativo rapporto di durata. A meno che - dal momento che nei rapporti di tal fatta l'autorità della cosa giudicata ha come suo presupposto il principio rebus sic stantibus - sopravvengano successivi mutamenti della situazione fattuale e giuridica cristallizzata nel giudicato, tali da consentire una modifica della statuizione in esso consacrata.

La sentenza del giudice tributario, con la quale si accerta il contenuto e l'entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d'imposta, può fare stato — in coerenza con il principio del divieto di abuso del diritto, che induce ad una impostazione restrittiva in tema di efficacia del giudicato oltre il periodo di imposta che ne costituisce lo specifico oggetto — anche con riferimento alle imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi solo per quanto attiene le qualificazioni giuridiche o altri elementi preliminari all'applicazione di una specifica disciplina tributaria, correlati ad un interesse protetto avente il carattere della durevolezza, mentre non può avere alcuna efficacia vincolante quando l'accertamento relativo ai diversi anni d'imposta debba fondarsi su dati e ricostruzioni contabili diversi.

In tale prospettiva, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare coerente, per un verso, con l'oggetto del processo tributario, che attraverso l'impugnazione dell'atto mira all'accertamento nel merito della pretesa dell'amministrazione finanziaria, per altro verso, con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone - nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale - di valorizzare l'efficacia regolamentare del giudicato tributario nel senso suindicato.

Tuttavia, anche nella prospettiva in esame non può essere obliterata la circostanza che - in conformità al principio di autonomia dei periodi di imposta, che comporta l'indifferenza della fattispecie costitutiva dell'obbligazione tributaria, relativa ad un determinato periodo, rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso - tale capacità espansiva del giudicato è limitata agli elementi costitutivi della fattispecie, come le qualificazioni giuridiche preliminari all'applicazione di una specifica disciplina tributaria, che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumono carattere tendenzialmente permanente.

Sotto un diverso - e tutt'altro che secondario profilo - l'ordinamento tributario è ispirato altresì all'esigenza di contrastare il cd. abuso del diritto, individuato dalla giurisprudenza comunitaria come lo strumento essenziale, finalizzato a garantire la piena applicazione del sistema comunitario di imposta.

In materia tributaria, invero, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, sebbene non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un'agevolazione o un risparmio di imposta, in assenza di ragioni economiche apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici.

In tale prospettiva, dunque, è evidente il rischio che la proiezione del giudicato oltre il periodo di imposta che ne costituisce lo specifico oggetto possa, in concreto, tradursi in un impedimento alla compiuta realizzazione del contrasto all'abuso del diritto. La preclusione da giudicato finirebbe, infatti, col paralizzare l'accertamento di condotte elusive per le successive annualità di imposte, magari temporalmente distanti da quella costituente oggetto dell'accertamento consacrato nel precedente giudicato.

Tutto ciò premesso, va tenuto conto, al riguardo, del fatto che l'obbligazione di corrispondere una somma a titolo di imposta all'amministrazione finanziaria - oltre che unica o istantanea, poiché scaturente da un solo determinato evento che, la produce - ben può essere anche periodica o continuativa. Il che si verifica laddove il presupposto del tributo consiste in uno stato di fatto suscettibile di ripetersi nel tempo, in quanto trae origine da una fonte perpetua o ad esistenza poliennale, come accade per i terreni, i fabbricati urbani, l'esercizio di attività imprenditoriale, e così via.

In tale ultima ipotesi, tuttavia, la riproduzione dell'obbligazione di periodo in periodo (cd. periodo di imposta) non deve indurre a ritenere che si tratti di un'obbligazione unica, il cui adempimento sia scaglionato nel tempo. Per ciascun periodo, infatti, sorge una nuova obbligazione (cd. principio dell'autonomia dei periodi di imposta) del tutto autonoma da quella relativa ai periodi precedenti, ai quali è accomunata solo dalla fonte comune.

Sicché, una volta determinato il periodo di imposta, l'obbligazione periodica non si distingue più da quella istantanea.

Nel medesimo ordine di idee, la giurisprudenza di legittimità si è, pertanto, progressivamente attestata nel senso di distinguere, in tema di opponibilità del giudicato esterno in materia tributaria, tra l'ipotesi in cui un'unica imposta venga frazionata in più anni, talché venga in considerazione un unico periodo di imposta ed i diversi giudizi attengano ai singoli ratei scaglionati nel tempo, dalla differente ipotesi in cui - pur ricorrendo un identico rapporto giuridico di imposta - nei giudizi che lo riguardano vengano in considerazione diversi periodi di imposta.

Nel primo caso - in coerenza con i principi affermati, sul piano generale, in materia di limiti cronologici del giudicato nei rapporti cd. di durata - non può che affermarsi che il giudicato relativa ad una annualità coinvolge anche le altre, poiché la questione - concernente un unico periodo di imposta - è identica in tutti i suoi aspetti, divergendo solo le modalità temporali di imputazione. Per converso, nella seconda ipotesi, quando da un'unica fonte scaturiscano diversi periodi di imposta, sicché il presupposto dell'imposizione va calibrato in relazione alle poste attive e passive (capacità contributiva, volume di affari, spese deducibili), differenti anno per anno, il giudicato non può che coinvolgere solo quella specifica annualità che costituisce oggetto del giudizio, giacché per ciascun periodo di imposta gli elementi di fatto che originano l'imposizione si atteggiano in maniera diversa (Cass. civ., n. 4607/2008; Cass. civ., n. 14294/2007). In tale ultima fattispecie, pertanto, la sentenza dei giudice tributario emessa con riferimento ad un determinato rapporto giuridico di imposta - ad esempio, quello che avvince amministrazione e contribuente in relazione a cessioni di beni o prestazioni di servizi operate nell'esercizio di un'impresa - ed in relazione ad una specifica annualità, può fare stato anche con riferimento alle imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi, solo ed esclusivamente per quanto attiene alla risoluzione di un'identica questione di diritto comune a tutte le controversie, o alla decisione su questioni preliminari correlate ad un interesse protetto che rivesta il carattere della durevolezza. Di contro, siffatta statuizione pregressa, limitata ad una o più annualità specifiche, non può avere efficacia vincolante alcuna quando l'accertamento relativo ai diversi anni di imposta si fondi su dati e ricostruzioni contabili diversi.

In conclusione è di chiara evidenza che una sensibile restrizione dell'ambito di efficacia temporale del giudicato non può che giocare un ruolo decisivo nell'attività di contrasto delle attività elusive, volte ad ottenere - mediante un uso distorto di strumenti giuridici all'uopo predisposti - un'agevolazione o un risparmio di imposta.

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