Contratto di lavoro sportivo professionistico Lega serie AInquadramentoIl rapporto di lavoro sportivo è assoggettato ad una disciplina specifica in ragione delle peculiarità della fattispecie. La materia del lavoro sportivo è stata oggetto di una recente riforma, introdotta con il d.lgs. n. 36/2021, con la quale tra l'altro il legislatore ha per la prima volta dedicato una specifica attenzione anche al mondo del dilettantismo. FormulaScarica il contratto tipo Lega Serie A commentoLa legge n. 91/1981 e il d.lgs. n. 36/2021 Il rapporto di lavoro degli sportivi, in particolare professionisti, ha per lungo tempo trovato la propria disciplina nella legge 23 marzo 1981, n. 91, rubricata “Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti”. Detta legge ha rappresentato il primo vero intervento normativo che, a valle di un lungo iter parlamentare e sotto l'influenza di un vivace dibattito in ordine alla qualificazione giuridica del rapporto di lavoro, è intervenuto a regolamentare la materia; pur con le peculiarità proprie della fattispecie, connesse anche all'inserimento del lavoratore in un ordinamento speciale, quale quello sportivo, per rapporto di lavoro si considerava unicamente quello instaurato tra uno sportivo professionista ed una società sportiva. Prima della legge del 1981 e della introduzione, da parte della stessa, del fondamentale principio di libertà nell'esercizio dell'attività sportiva, di cui si dirà a breve (art. 1) esisteva, in capo agli enti e alle società sportive, un diritto di esclusiva sulle prestazioni agonistiche dello sportivo professionista che comportava anche l'esclusiva in ordine ad ogni decisione in merito alla valutazione dei suoi possibili trasferimenti. Con la Legge in commento del 1981, il Legislatore, da un lato, ha proclamato la libertà dell'esercizio dell'attività sportiva, sia essa professionistica o dilettantistica (art. 1) – confermata dagli artt. 5 (durata massima e cessione del contratto), dall'art. 6 (libertà di stipulare un nuovo contratto alla scadenza di quello precedente) e 16 (graduale abolizione del vincolo sportivo) – e, dall'altro lato, ha ricondotto lo svolgimento della prestazione dell'atleta entro il quadro di un rapporto di lavoro che è, a tutti gli effetti, subordinato, con ciò ponendo fine a qualsiasi diatriba – sviluppatasi in particolare in dottrina – in ordine alla qualificazione del rapporto stesso (come di natura associativa, autonoma o subordinata). L'inquadramento giuridico del rapporto di lavoro con lo sportivo professionista ha trovato il suo punto di riferimento primario nell'abolizione del “vincolo sportivo” di cui all'art. 16 l. n. 91/1981, modificato, a seguito dell'emanazione della nota sentenza Bosman (Corte di Giustizia CE 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Union Royale belge de sociétés de football association ASBL contro Jean Marc Bosman), dalla Legge 18 novembre 1996, n. 586, di conversione del d.l. 20 settembre 1996, n. 485 (si veda Spadafora, Diritto del lavoro sportivo, Torino, 2012, 69; per un approfondimento sugli effetti della sentenza Bosmann a distanza di oltre un ventennio si veda Bastianon, La sentenza Bosman vent'anni dopo, Torino, 2015). Come sostenuto da alcuni Autori, il rapporto di lavoro dello sportivo professionista è risultato regolato, oltre che dalla citata l. n. 91/1981, anche dalla legislazione del lavoro con esso non incompatibile, nonché da tutte le disposizioni contenute nel codice civile. Tale rapporto è, inoltre, regolato dalla normativa interna emanata da ciascuna Federazione di riferimento (nonché, in parte, anche dalla normativa internazionale, soprattutto con riferimento alla figura del calciatore professionista). Il d.lgs. n. 36/2021 recante “riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo” - emanato in attuazione della delega di cui all'art. 5 della l. 8 agosto 2019, n. 86 e in conformità dei relativi principi e criteri direttivi - detta norme in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché del rapporto di lavoro sportivo. Le nuove disposizioni in materia di lavoro sportivo trovano applicazione (a seguito della proroga disposta dall'art. 16 del d.l. 29 dicembre 2022, n. 198, convertito con modificazioni dalla legge 24 febbraio 2023, n. 14) a far data dal 1° luglio 2023 e dalla medesima data è disposta l'abrogazione della l. n. 91/1981. L'art. 1 della l. n. 91/1981 precisava che “L'esercizio dell'attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma professionista o dilettantistica, è libero”; l'assimilazione tra forma professionistica o dilettantistica è stata tuttavia soltanto apparente, in quanto il complesso strutturato di norme di cui alla Legge in commento è dedicato essenzialmente al professionismo. Il medesimo principio di cui all'art. 1 citato è stato ribadito dal comma 1 dell'art. 3 del d.lgs. n. 36/2021. L'art. 2 della Legge del 1981 definiva “sportivi professionisti”, in quanto tali assoggettati alle previsioni contenute nella stessa l. n. 91/1981, “gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano l'attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l'osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica”. La detta legge, definendo, quindi, lo “sportivo professionista” e, come si vedrà, circoscrivendo il proprio ambito di applicazione in considerazione delle peculiarità della fattispecie “lavoro sportivo”, escludeva alcune norme cardine del rapporto di lavoro subordinato. Parte della dottrina e della giurisprudenza ha ritienuto che l'elenco delle figure indicate dall'at. 2 l.n. 91/1981 non sia da intendersi come tassativo (Duranti, L'attività sportiva come prestazione di lavoro, in Rivista Diritto Lav. 1983, I, 699 e ss.; Trib. Roma, 12 ottobre 2001). Di diverso avviso invece la dottrina maggioritaria (Sanino-Verde, 187, il quale cita A. e I. Mariani Toro, Problematica della legge n. 91/81, in Riv. dir. sport, 1983, numero speciale, 30; Duranti, L'attività sportiva come prestazione di lavoro, in Riv. dir. lav., 1983, I, 700; De Cristofaro, Commentario alla legge 91/81, in Nuove leggi commentate, 1982, 576; in favore della tassatività Cass. sez. lav., n. 9551/2008; con riguardo alla figura dei massaggiatori, si veda anche Pretura di Venezia, 22 luglio 1998, in Riv. dir. sport., 1998, 164, con nota di Lambo). È facilmente comprensibile come il lavoro sportivo sia caratterizzato da specificità proprie già a partire dall'oggetto della prestazione. A ciò si aggiunga che l'attività viene anche resa nell'ambito delle Federazioni nazionali e internazionali, enti caratterizzati da regole proprie e da una penetrante ingerenza sull'attività e la vita stessa del professionista, tale da indurre alcuni commentatori a ritenere come non sia possibile individuare altri casi, nell'ordinamento giuridico di lavoratori subordinati, sottoposti a ingerenze così penetranti e sistematiche, a volte anche nella vita privata, da parte del potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro (Carmelo, Il lavoro sportivo tra subordinazione e autonomia: il dilemma ordinamento statale o sportivo, in Lav. Giur., 2008, 4, 337). Sono risultate escluse dalla disciplina di cui alla Legge in commento le attività sportive non olimpiche, non regolamentate dal CONI, e quegli sport per i quali, pur esistendo una regolamentazione del CONI, le relative Federazioni non hanno operato una distinzione tra professionismo e dilettantismo. Dalla definizione di atleta professionista sopra riportata si è ricavata, pur in mancanza di una specifica precisazione al riguardo, quella di atleta dilettante, per il quale l'attività sportiva svolta, in assenza dei requisiti previsti dallo stesso art. 2, non costituisce una prestazione di lavoro, da rendersi a dietro percepimento di retribuzione. Muovendo da tale criterio, la distinzione tra le due categorie professionista-dilettante è stata di volta in volta declinata da ciascuna Federazione, che, superando la tradizionale contrapposizione professionismo-dilettantismo, col il passare del tempo non più puntualmente rispondente alla realtà anche in ragione del diffondersi fenomeno del professionismo di fatto, ha accostato ai professionisti i non professionisti; fermo restando che, non trovando applicazione la legge n. 91/1981, la qualificazione del rapporto dei soggetti non definiti dalla Federazione come professionisti, né dilettanti, non poteva che essere operata in forza delle norme di diritto comune ed anche l'art. 2094 c.c. in presenza di tutti gli indici tipici individuati ai fini della sussumibilità del rapporto stesso all'alveo della subordinazione, previsto dalla norma codicistica ed accertati dal giudice in relazione al singolo caso concreto. La legge n. 91/1981 individuava - all'art. 10 - le società autorizzate a stipulare contratti con atleti professionisti. L'art. 3, comma 1, l. n. 91/1981 precisava: “La prestazione a titolo oneroso dell'atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato regolato dalle norme contenute nella presente legge”. Nei riguardi dell'atleta professionista individuato all'art. 2, che rendeva la propria prestazione in favore di società di capitali (Trib. Roma, 7 febbraio 1995) la norma in commento introduceva, quindi, una presunzione assoluta di subordinazione. Sul punto, la Suprema Corte ha ritenuto: “La legge 23 marzo 1981 n. 91, in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti, detta regole per la qualificazione del rapporto di lavoro dell'atleta professionista, stabilendo specificamente all'art. 3 i presupposti della fattispecie in cui la prestazione pattuita a titolo oneroso costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato; per le altre figure di lavoratori sportivi contemplate nell'art. 2 (allenatori, direttori tecnico sportivi e preparatori atletici) la sussistenza o meno del vincolo di subordinazione deve essere accertata di volta in volta nel caso concreto, in applicazione dei criteri forniti dal diritto comune del lavoro” (Cass. sez. lav., n. 16849/2011). Era, tuttavia, possibile che il rapporto di lavoro tra l'atleta professionista e la società sportiva avesse natura autonoma al ricorrere di almeno uno dei seguenti requisiti: a) attività fosse svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo; b) l'atleta non fosse contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento; c) la prestazione oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo non superasse le otto ore settimanali oppure cinque giorni al mese ovvero trenta giorni ogni anno (art. 3, comma 2, l. n. 91/1981). Il rapporto predetto poteva, sussistendone i presupposti, essere svolto anche quale collaborazione coordinata e continuativa (art. 2, d.lgs. n. 81/2015). Il d.lgs. 28 febbraio 2021, n. 36 Ai sensi dell'art. 25, comma 1, del d.lgs. n. 36/2021 (come modificato dall'art. 13, comma 1, lett. a) del d. lgs. 5 ottobre 2022, n. 163) è lavoratore sportivo l'atleta, l'allenatore, l'istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l'attività sportiva verso un corrispettivo. E' lavoratore sportivo anche ogni tesserato, ai sensi dell'art. 15 del medesimo decreto, che svolge verso un corrispettivo le mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti dei singoli enti affilianti, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, con esclusione delle mansioni di carattere amministrativo-gestionale. L'attività può costituire oggetto di un rapporto di lavoro subordinato, autonomo o assumere la forma di collaborazione coordinata e continuativa, salva l'applicazione della presunzione di cui al comma 1 dell'art. 2, lett. d) del d.lgs. n. 81/2015. La disciplina delle società sportive professionistiche è contenuta nell'art. 13 del d.lgs. n. 36/2021. Il riconoscimento, ai fini sportivi, delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche è disciplinato dall'art. 10 del d.lgs. n. 36/2021; si veda l'art. 38 per l'area del professionismo e l'area del dilettantismo, In conformità al comma 2 dell'art. 27 del d.lgs. n. 36/2021, nei settori professionistici, il lavoro sportivo prestato dagli atleti come attività principale, ovvero prevalente, e continuativa, si presume oggetto di contratto di lavoro subordinato. Esso costituisce, tuttavia, oggetto di contratto di lavoro autonomo quando ricorra almeno uno dei seguenti requisiti: a) l'attività sia svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo; b) lo sportivo non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione o allenamento; c) la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno (art. 27, comma 3, d.lgs. n. 36/2021). Nell'area del dilettantismo, ai sensi del comma 2 dell'art. 28 del d.lgs. n. 36/2021, il lavoro sportivo si presume oggetto di contratto di lavoro autonomo, nella forma della collaborazione coordinata e continuativa, quando ricorrono i seguenti requisiti nei confronti del medesimo committente: a) la durata delle prestazioni oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non supera le diciotto ore settimanali, escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive; b) le prestazioni oggetto del contratto risultano coordinate sotto il profilo tecnico-sportivo, in osservanza dei regolamenti delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate e degli Enti di promozione sportiva. E' possibile stipulare anche contratti di apprendistato nei termini di cui all'art. 30 del d. lgs. n. 36/2021. Contratto di lavoro dello sportivo professionista Il rapporto di lavoro subordinato sportivo presenta alcune peculiarità che lo contraddistinguono rispetto all'ordinario rapporto di lavoro subordinato e che lo rendono dotato del carattere della specialità. Il rapporto di lavoro nei settori professionistici si costituisce mediante assunzione diretta (quindi, lo sportivo può negoziare il proprio contratto con la società sportiva direttamente o per il tramite del suo procuratore), con la stipulazione – in deroga al principio generale di libertà della forma tipico del diritto del lavoro, salve specifiche eccezioni – di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto ogni tre anni dalla Federazione Sportiva Nazionale, dalla Disciplina Sportiva Associata e dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, sul piano nazionale, delle categorie di lavoratori sportivi interessate, conformemente all'accordo collettivo stipulato (art. 27, comma 3, del d.lgs. n. 36/2021; art. 4 l. n. 91/1981). In ordine alla forma del contratto di lavoro professionistico nel vigore della l. n. 91/1981, la Suprema Corte ha chiarito che “Nella disciplina di settore posta dagli artt. 4 e 12 della legge 23 marzo 1981 n. 91 per la regolamentazione dei rapporti nell'ordinamento sportivo sono affetti da nullità i contratti – aventi ad oggetto non solo l'assunzione di un giocatore, ma anche eventuali patti aggiunti – ove stipulati in modo non conforme al contratto tipo, atteso che – pur in mancanza di un'espressa previsione in tal senso da parte degli accordi collettivi (e segnatamente dall'art. 5 dell'accordo collettivo F.I.G.C. e A.I.C.) – la mancata osservanza della forma è sanzionata con l'invalidità del rapporto direttamente dall'art. 4 citato. Tale sanzione di nullità – che persegue la finalità di assicurare un immediato ed effettivo controllo del contratto da parte della Federazione italiana gioco calcio (F.I.G.C.) – può anche essere rilevata d'ufficio dal giudice” (Cass. sez. lav. n. 1855/1999). La società ha l'obbligo di depositare, entro 7 giorni dalla stipulazione, il contratto di lavoro presso la Federazione Sportiva Nazionale o la Disciplina Sportiva Associata per l'approvazione (art. 27, comma 5, d.lgs. n. 36/2021); tale obbligo era già previsto dall'art. 4, comma 2, l. n. 91/1981. L'approvazione secondo le regole stabilite dalla Federazione sportiva nazionale o dalla Disciplina sportiva associata è condizione di efficacia del contratto (art. 27, comma 5, d.lgs. n. 36/2021, come modificato dall'art. 15, comma 1, d.lgs. n. 163/2022. (). Ai fini dell'instaurazione del rapporto di lavoro è necessaria la comunicazione ai Servizi per l'Impiego (art. 1, comma 1180, l. n. 296/2006; Nota Min. Lav. 4 gennaio 2007, n. 440). Le eventuali clausole contenenti deroghe peggiorative sono sostituite di diritto da quelle del contratto tipo (art. 27, comma 6, d.lgs. n. 36/2021; art. 4, comma 3, l. n. 91/1981). Nel contratto individuale deve essere prevista la clausola contenente l'obbligo dello sportivo al rispetto delle istruzioni tecniche e delle prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici (art. 27, comma 7, d.lgs. n. 36/2021; art. 4, comma 4, della l. n. 91/1981). È stato ritenuto applicabile anche al rapporto di lavoro sportivo l'art. 2126 c.c.; tale norma, ora sembra però dirsi applicabile nell'ambito delle prestazioni sportive amatoriali (art. 26, comma 2, del d.lgs. n. 36/2021) Nel contratto può essere prevista una clausola compromissoria con la quale le controversie concernenti l'attuazione del contratto, insorte fra la società sportiva e lo sportivo, sono deferite ad un collegio arbitrale. La stessa clausola dovrà contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero degli arbitri e il modo in cui questi dovranno essere nominati (art. 26, comma 5, d.lgs. n. 36/2021; art. 4, comma 5, l. n. 91/1981)). . La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto la validità della clausola compromissoria inserita nel contratto di lavoro degli sportivi professionisti, tanto nell'ipotesi di lavoro subordinato, quanto in quella di lavoro parasubordinato (Cass. sez. lav., n. 20800/2010). Dette clausole sono state fatte salve dalla l. 17 ottobre 2003, n 280 emanata in materia di giustizia sportiva che ha definito i confini tra ordinamento statale e ordinamento sportivo. Non si ritiene incompatibile apposizione anche al contratto in esame del patto di prova di cui all'art. 2096 c.c. Ai sensi del comma 6 dell'art. 26 del d.lgs. n. 36/2021 il contratto non può contenere clausole di non concorrenza o, comunque, limitative della libertà professionale dello sportivo per il periodo successivo alla cessazione del contratto stesso né può essere integrato, durante lo svolgimento del rapporto, con tali pattuizioni. Il medesimo principio era già contenuto nell'art. 4, comma 6, della legge del 1981Si esclude, quindi, l'applicabilità dell'art. 2125 c.c. In conformità all'art. 5, comma 1, della l. n. 91/1981, il contratto di prestazione sportiva a titolo oneroso poteva contenere l'apposizione di un termine risolutivo, non superiore a cinque anni dalla data di inizio del rapporto; era, altresì, ammessa la successione di contratto a termine tra gli stessi soggetti. La durata massima prevista dalla l. n. 91/1981 è stata, peraltro, riprodotta fedelmente anche da alcuni contratti collettivi. Similmente, l'art. 26, comma 2 del d.lgs. n. 36/2021 prevede ora che il contratto di lavoro subordinato sportivo può contenere l'apposizione di un termine finale non superiore a cinque anni dalla data di inizio del rapporto. E' ammessa la successione di contratti a tempo determinato fra gli stessi soggetti. E' altresì ammessa la cessione del contratto, prima della scadenza, da una società o associazione sportiva ad un'altra, purché vi consenta l'altra parte e siano osservate le modalità fissate dalle Federazioni Sportive Nazionali, dalle Discipline Sportive Associate e dagli Enti di Promozione Sportiva. Non si applicano gli articoli da 19 a 29 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. Svolgimento del rapporto di lavoro dello sportivo professionista Ai contratti di lavoro subordinato sportivo non si applicano le norme contenute negli articoli 4, 5, e 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, negli articoli 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, nell'articolo 1, commi da 47 a 69, della legge 28 giugno 2012, n. 92, negli articoli 2, 4 e 5 della legge 11 maggio 1990, n. 108, nell'articolo 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e nel decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 nell'articolo 2103 del codice civile (art. 26, comma 1, d.lgs. n. 36/2021, come modificato dall'art. 14, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 163/2022; si veda anche l'art. 4, comma 8, l.n. 91/1981). . Viene, inoltre, espressamente esclusa (già dall'art. 4, comma 9, della l. n. 91/1981)dall'art. 26, comma 3, del d.lgs. n. 36/2021) anche l'applicazione della procedura prevista dall'art. 7 dello Statuto dei Lavoratori soltanto per le sanzioni disciplinari irrogate dalle Federazioni Sportive Nazionali, dalle Discipline Sportive Associate, dagli Enti di Promozione Sportiva.Le altre disposizioni non espressamente escluse devono ritenersi applicabili ove non incompatibili con la natura del contratto e del rapporto di lavoro con esso instaurato. Rispetto agli obblighi del lavoratore, si ritiene che anche lo sportivo professionista sia tenuto al rispetto dei doveri di diligenza e obbedienza, nonché di fedeltà, previsti dagli artt. 2014 e 2105 c.c., come declinati negli accordi collettivi di categoria, in ragione della peculiarità del rapporto ed anche, come si è detto, della prestazione oggetto del rapporto stesso. Peraltro, in proposito, si precisa che, in conformità all'obbligo previsto dall'art. 4 della l. n. 91/1981 ed agli accordi collettivi e ora dall'art. 27, comma 7, del d.lgs. n. 36/2021, il lavoratore sportivo deve adempiere la propria prestazione sportiva nell'ambito: (i) dell'organizzazione predisposta dalla società e (ii) con l'osservanza delle istruzioni tecniche e delle altre prescrizioni impartite per conseguimento degli scopi agonistici. Lo sportivo è tenuto ad osservare il “dovere di fedeltà nei confronti della società”, evitando comportamenti che arrechino pregiudizio all'immagine della società (disposizioni contenute nei rispettivi accordi collettivi). Il lavoratore sportivo deve altresì attenersi, laddove esistenti, alle regole interne stabilite dalle società. Quale controprestazione per l'attività resa, il lavoratore ha diritto alla retribuzione. Anche nei confronti dello sportivo professionista trovano applicazione i principi costituzionali in materia di retribuzione anche se il rischio di una violazione dei trattamenti minimi può dirsi escluso in ragione del fatto che la determinazione della retribuzione, come indicata nel contratto individuale da predisporsi in conformità al modello tipo, recepirà le pattuizioni a tal fine previste dagli accordi collettivi (per approfondimenti sulla disciplina del rapporto di lavoro dello sportivo professionista, si veda Spadafora, Diritto del lavoro sportivo, Torino, 2012).
Ai sensi del comma 1, dell'art. 32 del d.lgs. n. 36/2021 (come modificato dall'art. 20, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 163/2022), che ribadisce le previsioni dell'art. 7 della l. n. 91/1981, l'attività sportiva dei lavoratori sportivi (di cui all'art. 25) è svolta sotto controlli medici, secondo disposizioni stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell'Autorità politica da esso delegata in materia di sport, di concerto col Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'art. 3 del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281. Tali norme possono prevedere, tra l'altro, l'istituzione di una scheda sanitaria per le attività sportive per ciascun lavoratore sportivo che svolga prestazioni di carattere non occasionale, nonché l'individuazione dei tempi per l'effettuazione delle rivalutazioni cliniche e diagnostiche, in relazione alla tipologia dell'attività sportiva svolta e alla natura dei singoli esami da svolgere (art. 32, comma 2, del d.lgs. n. 36/2021 come modificato dall'art. 20, comma 1, lett. b), nn. 1) e 2), del d.lgs. 5 ottobre 2022, n. 163). Le società sportive, ad esclusione di quelle che abbiano adempiuto all'obbligo di cui all'art. 6 del d.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, sono obbligate a stipulare una polizza assicurativa individuale a favore di ciascun sportivo professionista ad essa tesserato (Valente-Cardone-Rizzardi-Salazar, Lavoro autonomo in ambito internazionale, Disciplina fiscale e giuslavoristica, Milano, 2016, 68-69). Si veda l'art. 33 del d.lgs. n. 36/2021. Per le novità in materia contributiva si rinvia alle previsioni dell'art. 35 del d.lgs. n. 36/2021. La cessione del contratto Il secondo comma dell'art. 5 della l. n. 91/1981 ammetteva espressamente la cessione del contratto di prestazione sportiva a titolo oneroso prima della scadenza, da una società ad un'altra, purché l'altra parte vi consenta e siano osservate le modalità stabilite dalle Federazioni Sportive nazionali. La cessione è ammessa ora dal comma 2 dell'art. 26 del d.lgs. n. 36/2021. Sul tema, particolare importanza riveste la l. n. 586/1996 che, come si è detto, ha recepito nell'ordinamento italiano quanto stabilito dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee nella sentenza Bosman, la quale ha ampliato la libertà contrattuale dell'atleta e la sua circolazione con l'eliminazione – sia a livello nazionale che internazionale – dell'obbligo della nuova società di versare un indennizzo alla società titolare del precedente contratto se il nuovo ingaggio è avvenuto dopo la scadenza del precedente. La cessione prevista dalla norma in commento costituisce una speciale applicazione dell'art. 1406 c.c. Essa può anche essere solo temporanea. Si precisa inoltre che, ai sensi del comma 1 dell'art. 31 del d.lgs. n. 36/2021 (come modificato dall'art. 19, comma 1, lett. a), nn. 1) e 2), del d.lgs. 5 ottobre 2022, n. 163 e, successivamente, dall'art. 16, comma 2, del d.l. 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, dalla l. 24 febbraio 2023, n. 14) le limitazioni alla libertà contrattuale dell'atleta, individuate come vincolo sportivo, sono eliminate entro il 1° luglio 2023. Il predetto termine è prorogato al 1° luglio 2024 per i tesseramenti che costituiscono rinnovi, senza soluzione di continuità, di precedenti tesseramenti. Il predetto termine è prorogato al 31 dicembre 2023 per i tesseramenti che costituiscono rinnovi, senza soluzione di continuità, di precedenti tesseramenti. Le Federazioni Sportive Nazionali e le Discipline sportive associate possono dettare una disciplina transitoria che preveda la diminuzione progressiva della durata massima dello stesso. Decorsi i termini di cui al primo e al secondo periodo, il vincolo sportivo si intende abolito. Il rapporto dello sportivo straniero I lavoratori appartenenti ad uno Stato membro dell'UE hanno diritto di circolare liberamente e di esercitare la professione nel territorio dei Paesi comunitari. Per gli sportivi extracomunitari interessati a rendere la loro attività in favore di società italiane, l'ingresso nello stato è ammesso e consentito previa dichiarazione nominativa di assenso del CONI, su richiesta della società. È esclusa la possibilità di rinnovi della dichiarazione nominativa, così come del visto di ingresso e del permesso di soggiorno; gli stessi non possono neppure essere utilizzati per un diverso rapporto di lavoro in caso di cessazione di quello in essere. I trasferimenti all'estero restano sempre disciplinati dalla legge del Paese di destinazione (Valente-Cardone-Rizzardi-Salazar, Lavoro autonomo in ambito internazionale, Disciplina fiscale e giuslavoristica, Milano, 2016, 69). Provvedimenti in emergenza Si segnala che, con il d.l. 17 marzo 2020, n. 18, in considerazione dell'emergenza legata alla diffusione del Covid-19, sono state previste misure di sospensione dei termini per il pagamento dei canoni di locazione e concessori relativi all'affidamento di impianti sportivi pubblici dello Stato e degli enti territoriali (art. 95, d.l. n. 18/2020) per un periodo sino al 30 giugno 2020 (come stabilito dall'art. 216 d.l. n. 34/2020, e con termini di pagamento o rateazione stabiliti da tale ultimo decreto) ed è stata prevista (art. 96, d.l. n. 18/2020, convertito con modificazioni in l.n. 27/2020) una specifica indennità anche in relazione ai rapporti di collaborazione presso federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, società e associazioni sportive dilettantistiche, di cui all'art. 67, comma 1, lett. m), d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, già in essere alla data del 23 febbraio 2020. Sul punto, si veda anche l'art. 98, comma 5, del d.l. n. 34/2020. Lo stesso cd. Decreto Rilancio (d.l. n. 34/2020) ha inoltre previsto, all'art. 217, la costituzione del “Fondo per il rilancio del sistema sportivo nazionale” e ha introdotto, sempre in considerazione dell'eccezionale situazione determinatasi a causa della emergenza epidemiologica da COVID-19, disposizioni processuali eccezionali (e temporanee) per i provvedimenti relativi all'annullamento, alla prosecuzione e alla conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici (art. 218 d.l . n. 34/2020). Specifiche misure sono state previste a sostegno dei lavoratori sportivi (d.m. 27 agosto 2020 e comunicato del Ministero dell'Economia e delle Finanze, n. 193/2020;), anche nei confronti dei collaboratori, nonché a tutela del professionismo negli sport femminili (art. 12-bis d.l. n. 104/2020, introdotto dalla legge di conversione n. 126/2020). Si vedano l'art. 17 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, e, più di recente, gli artt. 28 del d.l. 9 novembre 2020, n. 149 e 11 del d.l. 30 novembre 2020, n. 157, nonché per le società ed associazioni sportive dilettantistiche anche gli artt. 3 del d.l. n. 137/2020, l'art. 29 del d.l. n. 149/2020 e l'art. 10 del d.l. n. 157/2020; art. 10 del d.l. n. 73/2021 e art. 9 d.l. n. 4/2022. E' stato altresì previsto l'accesso alla cassa integrazione dei lavoratori dipendenti iscritti al Fondo Pensione Sportivi Professionisti (art. 98 d.l. n. 34/2020, conv. con modific. nella l. n. 77/2020; artt. 2 e 9, comma 8, 12 e 12-bis d.l. n. 104/2020, conv. con modific. in l.n. 126/2020; art. 81 d.l. n. 104/2020 come modificato in sede di conversione dalla l.n. 126/2020). Si veda l'art. 10, comma 10, del d.l. 22 marzo 2021, n. 41 (cd. Decreto Sostegni), conv. con modificazioni dalla l. 21 maggio 2021 n. 69, e, più di recente, gli artt. 10 e 44 del d.l. 25 maggio 2021, n. 73 (cd. Decreto Sostegni bis), convertito con modificazioni dalla l. 23 luglio 2021, n. 106. Si veda l'art. 10, comma 10, del d.l. 22 marzo 2021, n. 41 (cd. Decreto Sostegni), conv. con modificazioni dalla l. 21 maggio 2021 n. 69, e, più di recente, gli artt. 10 e 44 del d.l. 25 maggio 2021, n. 73 (cd. Decreto Sostegni bis), convertito con modificazioni dalla l. 23 luglio 2021, n. 106. |