Contratto di lavoro sportivo professionistico Lega Pro

Francesco Rotondi
aggiornato da Alessandra Croce

Inquadramento

Nel nostro ordinamento, è considerato rapporto di lavoro sportivo unicamente quello instaurato tra uno sportivo professionista ed una società sportiva; tale rapporto è assoggettato alle norme contenute nella Legge 23 marzo 1981, n. 91 ed alle disposizioni collettive (oltre che Federali).

Formula

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Commento

La legge n. 91/1981: ambito di applicazione

Il rapporto di lavoro degli sportivi, in particolare professionisti, trova la propria disciplina nella l. 23 marzo 1981, n. 91, rubricata “Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti”.

Trattasi del primo vero intervento normativo che, a valle di un lungo iter parlamentare e sotto l'influenza di un vivace dibattito in ordine alla qualificazione giuridica del rapporto di lavoro, è intervenuto a regolamentare la materia; pur con le peculiarità proprie della fattispecie, connesse anche all'inserimento del lavoratore in un ordinamento speciale, quale quello sportivo, si considera rapporto di lavoro unicamente quello instaurato tra uno sportivo professionista ed una società sportiva.

Prima della legge del 1981 e della introduzione, da parte della stessa, del fondamentale principio di libertà nell'esercizio dell'attività sportiva, di cui si dirà a breve (art. 1) esisteva, in capo agli enti e alle società sportive, un diritto di esclusiva sulle prestazioni agonistiche dello sportivo professionista che comportava anche l'esclusiva in ordine ad ogni decisione in merito alla valutazione dei suoi possibili trasferimenti.

Con la Legge in commento del 1981, il Legislatore, da un lato, ha proclamato la libertà dell'esercizio dell'attività sportiva, sia essa professionistica o dilettantistica (art. 1) - confermata dagli artt. 5 (durata massima e cessione del contratto), dall'art. 6 (libertà di stipulare un nuovo contratto alla scadenza di quello precedente) e 16 (graduale abolizione del vincolo sportivo) - e, dall'altro lato, ha ricondotto lo svolgimento della prestazione dell'atleta entro il quadro di un rapporto di lavoro che è, a tutti gli effetti, subordinato, con ciò ponendo fine a qualsiasi diatriba - sviluppatasi in particolare in dottrina - in ordine alla qualificazione del rapporto stesso (come di natura associativa, autonoma o subordinata).

L'inquadramento giuridico del rapporto di lavoro con lo sportivo professionista trova il suo punto di riferimento primario nell'abolizione del “vincolo sportivo” di cui all'art. 16 l. n. 91/1981, modificato, a seguito dell'emanazione della nota sentenza Bosman (Corte di Giustizia 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Union Royale belge de sociétés de football association ASBL contro Jean Marc Bosman), dalla l. n. 586/1996, di conversione del d.l. n. 485/196 (si veda Spadafora, Diritto del lavoro sportivo, Giappichelli, Torino, 2012, 69; per un approfondimento sugli effetti della sentenza Bosmann a distanza di oltre un ventennio si veda Bastianon, La sentenza Bosman vent'anni dopo, Giappichelli, Torino, 2015).

Come sostenuto da alcuni Autori, al rapporto di lavoro dello sportivo professionista risultano applicabili, oltre alla citata Legge n. 91/81, anche la legislazione del lavoro che non risulti con esso incompatibile, nonché tutte le disposizioni contenute nel codice civile.

Tale rapporto è, inoltre, regolato dalla normativa interna emanata da ciascuna Federazione di riferimento (nonché, in parte, anche dalla normativa internazionale, soprattutto con riferimento alla figura del calciatore professionista).

Ai sensi dell'art. 1 l. n. 91/1981 “L'esercizio dell'attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma professionista o dilettantistica, è libero”; l'assimilazione tra forma professionistica o dilettantistica è tuttavia soltanto apparente, in quanto il complesso strutturato di norme di cui alla Legge in commento è dedicato essenzialmente al professionismo.

In conformità all'art. 2 della detta legge, “sono sportivi professionisti”, in quanto tali assoggettati alle previsioni contenute nella stessa l. n. 91/1981, “gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano l'attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l'osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica”.

La l. n. 91/1981 definisce, quindi, lo “sportivo professionista” e, come si vedrà, circoscrive il proprio ambito di applicazione in considerazione delle peculiarità della fattispecie “lavoro sportivo”, escludendo alcune norme cardine del rapporto di lavoro subordinato.

Parte della dottrina e della giurisprudenza ritiene che l'elenco delle figure indicate dalla norma non sia da intendersi come tassativo (Duranti, “L'attività sportiva come prestazione di lavoro”, in Rivista Diritto Lavoro, 1983, I, 699 e ss.; Tribunale di Roma, 12 ottobre 2001). Di diverso avviso invece la dottrina maggioritaria (Sanino-Verde, 187, il quale cita A. e I. Mariani Toro, Problematica della legge n. 91/1981, in Riv. dir. sport., 1983, numero speciale, 30; Duranti, L'attività sportiva come prestazione di lavoro, in RIDL, 1983, I, 700; De Cristofaro, Commentario alla legge 91/81, in Nuove leggi comm., 1982, 576; in favore della tassativitàCass. lav., 11.04.2008, n. 9551; con riguardo alla figura dei massaggiatori, si veda anche Pret.Venezia, 22 luglio 1998, in Riv. dir. sport., 1998, 164, con nota di Lambo).

È facilmente comprensibile come il lavoro sportivo sia caratterizzato da specificità proprie già a partire dall'oggetto della prestazione.

A ciò si aggiunga che l'attività viene anche resa nell'ambito delle Federazioni nazionali e internazionali, enti caratterizzati da regole proprie e da una penetrante ingerenza sull'attività e la vita stessa del professionista, tale da indurre alcuni commentatori a ritenere come non sia possibile individuare altri casi, nell'ordinamento giuridico, di lavoratori subordinati, sottoposti a ingerenze così penetranti e sistematiche, a volte anche nella vita privata, da parte del potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro (Carmelo, Il lavoro sportivo tra subordinazione e autonomia: il dilemma ordinamento statale o sportivo, in Lav. Giur., 2008, 4, 337).

Restano escluse dalla disciplina di cui alla Legge in commento le attività sportive non olimpiche, non regolamentate dal CONI, e quegli sport per i quali, pur esistendo una regolamentazione del CONI, le relative Federazioni non hanno operato una distinzione tra professionismo e dilettantismo.

Dalla definizione di atleta professionista sopra riportata si ricava, pur in mancanza di una specifica precisazione al riguardo, quella di atleta dilettante, per il quale l'attività sportiva svolta, in assenza dei requisiti previsti dallo stesso art. 2, non costituisce una prestazione di lavoro, da rendersi a dietro percepimento di retribuzione.

Muovendo da tale criterio, la distinzione tra le due categorie professionista-dilettante viene declinata da ciascuna Federazione, che, superando la tradizionale contrapposizione professionismo-dilettantismo, ormai non più puntualmente rispondente alla realtà anche in ragione del diffondersi fenomeno del professionismo di fatto, accosta ai professionisti i non professionisti; fermo restando che, non trovando applicazione la l. n. 91/1981, la qualificazione del rapporto dei soggetti non definiti dalla Federazione come professionisti, né dilettanti, sarà operata in forza delle norme di diritto comune ed anche dell'art. 2094 c.c. qualora sussistano tutti gli indici tipici individuati ai fini della sussumibilità del rapporto stesso all'alveo della subordinazione, previsto dalla norma codicistica ed accertati dal giudice in relazione al singolo caso concreto.

Ad oggi, il professionismo sportivo è riconosciuto dal CONI solo per sei Federazioni Sportive Nazionali: calcio, pallacanestro, ciclismo, motociclismo, pugilato e golf. Da segnalare che dal 2014 la Federazione motociclistica italiana ha soppresso il settore professionistico; un processo di trasformazione del medesimo settore ha interessato, sempre dal 2014, anche la Federazione Pugilistica Italiana (Liotta-Santoro, Lezioni di diritto sportivo, Milano, 2016, 131).

Possono stipulare contratti con atleti professionisti le società individuate all'art. 10 l. n. 91/1981.

L'art. 3, comma 1, l. n. 91/1981 precisa che: “La prestazione a titolo oneroso dell'atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato regolato dalle norme contenute nella presente legge”.

Nei riguardi dell'atleta professionista individuato all'art. 2, che rende la propria prestazione in favore di società di capitali (Tribunale di Roma, 7 febbraio 1995) la norma in commento introduce, quindi, una presunzione assoluta di subordinazione.

Sul punto, la Suprema Corte ha ritenuto che “La legge 23 marzo 1981 n. 91, in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti, detta regole per la qualificazione del rapporto di lavoro dell'atleta professionista, stabilendo specificamente all'art. 3 i presupposti della fattispecie in cui la prestazione pattuita a titolo oneroso costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato; per le altre figure di lavoratori sportivi contemplate nell'art. 2 (allenatori, direttori tecnico sportivi e preparatori atletici) la sussistenza o meno del vincolo di subordinazione deve essere accertata di volta in volta nel caso concreto, in applicazione dei criteri forniti dal diritto comune del lavoro” (Cass.  lav. n. 16849/2011).

E', tuttavia, possibile che il rapporto di lavoro tra l'atleta professionista e la società sportiva abbia natura autonoma, quando ricorra almeno uno dei seguenti requisiti:

a) l'attività sia svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo;

b) l'atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento;

c) la prestazione oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo non superi le otto ore settimanali oppure cinque giorni al mese ovvero trenta giorni ogni anno (art. 3, comma 2, l. n. 91/1981).

Il rapporto predetto può, ove ne sussistano i presupposti, essere svolto anche quale collaborazione coordinata e continuativa ex art. 2 d.lgs. n. 81/2015; si segnala che, per effetto delle modifiche introdotte dall'articolo 13, comma 2 del d.l. 12 luglio 2018, n.87, convertito con modificazioni dalla l. 9 agosto 2018, n. 96, sono stati abrogati, tra gli altri, i commi 355, 358 e 360 dell'art. 1 l. n. 205/2017, con soppressione di ogni riferimento alle “società lucrative” contenute nella detta legge.

Il d.lgs. 28 febbraio 2021, n. 36

Il d.lgs. 28 febbraio 2021, n. 36, recante “riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo”, emanato in attuazione della delega di cui all'articolo 5 della legge 8 agosto 2019, n. 86 e in conformità dei relativi principi e criteri direttivi, detta norme in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché del rapporto di lavoro sportivo (art. 1); pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 marzo 2021, la sua entrata in vigore era stata prevista al 2 aprile 2021. Tuttavia, il d.l. 22 marzo 2021, n. 41 (c.d. Decreto Sostegni) all'art. 30 comma 7, modificando l'art., 51, comma 1, del d.lgs. 36/2021, ha prorogato l'entrata in vigore delle disposizioni del decreto n. 36 (fermo restando quanto previsto dall'art. 31 di quest'ultimo provvedimento) al 1° gennaio 2022, ad esclusione di quelle di cui agli artt. 25, 26, 27, 28, 29, 30, 32, 33, 34, 35, 36 e 37, che entreranno in vigore il 1° luglio 2022 e sostituiranno le previsioni della l.n. 91/1981; tale ultimo termine è stato prorogato al 31 dicembre 2023 in sede di conversione dalla l. 21 maggio 2021, n. 69. Il comma 1 dell'art. 51 del d.lgs. 36/2021è stato più di recente sostituito dall'art. 10, comma 13-quater, lett. a), D.L. 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 luglio 2021, n. 106, come segue: “Le disposizioni del presente decreto si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2023, ad esclusione delle disposizioni di cui agli articoli 10, 39 e 40 e del titolo VI che si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2022”.

Contratto di lavoro dello sportivo professionista

Il rapporto di lavoro subordinato sportivo presenta alcune peculiarità che lo contraddistinguono rispetto all'ordinario rapporto di lavoro subordinato e che lo rendono dotato del carattere della specialità.

L'art. 4 della l. n. 91/1981 contiene la “disciplina del lavoro subordinato sportivo”.

Dispone, in particolare, il comma 1 del suddetto art. 4 che il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso dello sportivo professionista si costituisce mediante assunzione diretta (quindi, lo sportivo professionista può negoziare il proprio contratto con la società sportiva direttamente o per il tramite del suo procuratore), con la stipulazione - in deroga al principio generale di libertà della forma tipico del diritto del lavoro, salve specifiche eccezioni - di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto, conformemente all'accordo stipulato ogni tre anni dalla Federazione Sportiva Nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate.

In ordine alla forma del contratto di lavoro professionistico, la Suprema Corte ha chiarito che “Nella disciplina di settore posta dagli artt. 4 e 12 l. 23 marzo 1981 n. 91 per la regolamentazione dei rapporti nell'ordinamento sportivo sono affetti da nullità i contratti - aventi ad oggetto non solo l'assunzione di un giocatore, ma anche eventuali patti aggiunti - ove stipulati in modo non conforme al contratto tipo, atteso che - pur in mancanza di un'espressa previsione in tal senso da parte degli accordi collettivi (e segnatamente dall'art. 5 dell'accordo collettivo F.I.G.C. e A.I.C.) - la mancata osservanza della forma è sanzionata con l'invalidità del rapporto direttamente dall'art. 4 citato. Tale sanzione di nullità - che persegue la finalità di assicurare un immediato ed effettivo controllo del contratto da parte della Federazione italiana gioco calcio (F.I.G.C.) - può anche essere rilevata d'ufficio dal giudice” (Cass. lav. n. 1855/1999).

La società ha l'obbligo di depositare il contratto presso la Federazione Sportiva nazionale per la relativa approvazione (art. 4, comma 2, l. n. 91/1981).

Ai fini dell'istaurazione del rapporto di lavoro è necessaria la comunicazione ai Servizi per l'Impiego (art. 1, comma 1180, l. n. 296/2006; Nota Min. Lav. 4 gennaio 2007, n. 440).

Le eventuali clausole contenenti deroghe peggiorative sono sostituite di diritto da quelle del contratto tipo (art. 4, comma 3, l. n. 91/1981).

E' stato ritenuto applicabile anche al rapporto di lavoro sportivo l'art. 2126 c.c.

Ai sensi del comma 4, dell'art. 4 l. n. 91/1981, nel contratto individuale in commento dovrà, inoltre, essere prevista la clausola contenente l'obbligo dello sportivo al rispetto delle istruzioni tecniche e delle prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici.

Nello stesso contratto potrà, altresì, essere prevista una clausola compromissoria, con la quale le controversie concernenti l'attuazione del contratto e insorte fra la società sportiva e lo sportivo vengono deferite ad un collegio arbitrale. La stessa clausola dovrà contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero degli arbitri e il modo di nominarli (art. 4, comma 5, l. n. 91/1981).

La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto la validità della clausola compromissoria inserita nel contratto di lavoro degli sportivi professionisti, tanto nell'ipotesi di lavoro subordinato, quanto in quella di lavoro parasubordinato (Cass. lav. n. 20800/2010).

Dette clausole sono state fatte salve dalla l. 17 ottobre 2003, n 280 emanata in materia di giustizia sportiva che ha definito i confini tra ordinamento statale e ordinamento sportivo.

Non si ritiene incompatibile l'apposizione anche al contratto in esame del patto di prova di cui all'art. 2096 c.c.

Ai sensi dell'art. 4, comma 6, della legge del 1981, il contratto non può contenere clausole di non concorrenza o, comunque, limitative della libertà professionale dello sportivo per il periodo successivo alla risoluzione del contratto stesso, né può essere integrato durante lo svolgimento del rapporto con tali pattuizioni. Si esclude, quindi, l'applicabilità dell'art. 2125 c.c.

In conformità all'art. 5, comma 1, l. n. 91/1981, il contratto di prestazione sportiva a titolo oneroso può contenere l'apposizione di un termine risolutivo, non superiore a cinque anni dalla data di inizio del rapporto; è, altresì, ammessa la successione di contratto a termine tra gli stessi soggetti.

La durata massima prevista dalla legge n. 91/81 viene, peraltro, riprodotta fedelmente anche da alcuni contratti collettivi.

Svolgimento del rapporto di lavoro dello sportivo professionista

Oltre a quanto già precisato al paragrafo che precede, in conformità all'art. 4, comma 8, l. n. 91/81, ai contratti di prestazione sportiva a titolo oneroso e, quindi, di lavoro subordinato, non si applicano le norme contenute negli articoli 4, 5, 13, 18, 33, 34 l. 20 maggio 1970, n. 300, con conseguente limitazione del potere di controllo del datore di lavoro, e negli articoli 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8 l. 15 luglio 1966, n. 604. Neppure trovano applicazione l'art. 18 l. n. 300/1970 e il d.lgs. n. 23/2015 (come da ultimo modificato dal D.L. 12 luglio 2018, n. 87, convertito con modificazioni dalla l. 9 agosto 2018, n. 96).

In caso di apposizione di un termine di durata al contratto, non si applicano le disposizioni in materia di contratto a termine di cui, ora, al d.lgs. n 81/2015 (artt. da 19 a 29), modificato dal d.l. 12 luglio 2018, n. 87, convertito con modificazioni dalla l. 9 agosto 2018, n. 96.

Neppure trova applicazione l'art. 2103 c.c.; tuttavia, negli accordi collettivi di riferimento si rinviene la disciplina del potere direttivo del datore di lavoro e, soprattutto nei riguardi degli sportivi professionisti diversi dall'atleta, anche dello jus variandi del datore medesimo.

Viene, inoltre, espressamente esclusa dall'art. 4, comma 9, della l. n. 91/1981 anche l'applicazione della procedura prevista dall'art. 7 dello Statuto dei Lavoratori soltanto per le sanzioni disciplinari irrogate dagli organi di giustizia sportiva delle Federazioni Sportive Nazionali (non impugnabili innanzi al giudice statale, Cass. n. 24610/2019), e non anche per le sanzioni inflitte dalle società sportive; con riguardo a queste ultime, troveranno applicazione le previsioni sul punto contenute negli accordi collettivi.

Le altre disposizioni non espressamente escluse devono ritenersi applicabili ove non incompatibili con la natura del contratto e del rapporto di lavoro.

Rispetto agli obblighi del lavoratore, si ritiene che anche lo sportivo professionista sia tenuto al rispetto dei doveri di diligenza e obbedienza, nonché di fedeltà, previsti dagli artt. 2014 e 2105 c.c., come declinati negli accordi collettivi di categoria, in ragione della peculiarità del rapporto ed anche, come si è detto, della prestazione oggetto del rapporto stesso.

Peraltro, in proposito, si precisa che, in conformità all'obbligo previsto dall'art. 4 della l. n. 91/81 ed agli accordi collettivi, il lavoratore sportivo deve adempiere la propria prestazione sportiva nell'ambito: (i) dell'organizzazione predisposta dalla società e (ii) con l'osservanza delle istruzioni tecniche e delle altre prescrizioni impartite per conseguimento degli scopi agonistici.

Lo sportivo è tenuto ad osservare il “dovere di fedeltà nei confronti della società”, evitando comportamenti che arrechino pregiudizio all'immagine della società (disposizioni contenute nei rispettivi accordi collettivi).

Il lavoratore sportivo deve altresì attenersi, laddove esistenti, alle regole interne stabilite dalle società.

Quale controprestazione per l'attività resa, il lavoratore ha diritto alla retribuzione.

Anche nei confronti dello sportivo professionista trovano applicazione i principi costituzionali in materia di retribuzione anche se il rischio di una violazione dei trattamenti minimi può dirsi escluso in ragione del fatto che la determinazione della retribuzione, come indicata nel contratto individuale da predisporsi in conformità al modello tipo, recepirà le pattuizioni a tal fine previste dagli accordi collettivi (per approfondimenti sulla disciplina del rapporto di lavoro dello sportivo professionista, si veda Spadafora, Diritto del lavoro sportivo, Giappichelli, Torino, 2012).

Il datore di lavoro resta soggetto agli obblighi previsti dall'art. 2087 c.c., stante anche l'assenza di una specifica disciplina applicabile agli sportivi professionisti, che integri le previsioni in materia sanitaria di cui all'art. 7 l. n. 91/1981.

Ai sensi del comma 1 dell'art. 8 della legge n. 91 in commento, le società sportive devono stipulare una polizza assicurativa individuale a favore degli sportivi professionisti contro il rischio della morte e contro gli infortuni, che possono pregiudicare il proseguimento dell'attività sportiva professionistica, nei limiti assicurativi stabiliti, in relazione all'età ed al contenuto patrimoniale del contratto, dalle federazioni sportive nazionali, d'intesa con i rappresentanti delle categorie interessate.

Tale previsione non si applica alle società che hanno adempiuto all'obbligo di cui all'art. 6 d.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38 (art. 8, comma 2, l. n.91/1981).

La cessione del contratto

Il comma 2 dell'art. 5 l. n. 91/1981 ammette espressamente la cessione del contratto di prestazione sportiva a titolo oneroso prima della scadenza, da una società ad un'altra, purché l'altra parte vi consenta e siano osservate le modalità stabilite dalle Federazioni Sportive nazionali.

Particolare importanza riveste la l. n. 586/1996 che, come si è detto, ha recepito nell'ordinamento italiano quanto stabilito dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee nella sentenza Bosman, la quale ha ampliato la libertà contrattuale dell'atleta e la sua circolazione con l'eliminazione - sia a livello nazionale che internazionale - dell'obbligo della nuova società di versare un indennizzo alla società titolare del precedente contratto se il nuovo ingaggio è avvenuto dopo la scadenza del precedente.

La cessione prevista dalla norma in commento costituisce una speciale applicazione dell'art. 1406 c.c.

Essa può anche essere solo temporanea.

Il rapporto dello sportivo straniero

I lavoratori appartenenti ad uno Stato membro dell'UE hanno diritto di circolare liberamente e di esercitare la professione nel territorio dei Paesi comunitari.

Per gli sportivi extracomunitari interessati a rendere la loro attività in favore di società italiane, l'ingresso nello stato è ammesso e consentito previa dichiarazione nominativa di assenso del CONI, su richiesta della società.

E' esclusa la possibilità d rinnovi della dichiarazione nominativa, così come del visto di ingresso e del permesso di soggiorno; gli stessi non possono neppure essere utilizzati per un diverso rapporto di lavoro in caso di cessazione di quello in essere.

I trasferimenti all'estero restano sempre disciplinati dalla legge del Paese di destinazione (Valente-Cardone-Rizzardi-Salazar, Lavoro autonomo in ambito internazionale, Disciplina fiscale e giuslavoristica, Wolters Kluwer, 2016, 69).

Lavoratori sportivi impatriati

Il d.l. n. 34/2019 (c.d. “Decreto crescita”), convertito dalla l.n. 58/2019, all'art. 5 ha modificato l'art. 16 d.lgs. n. 147/2015 ed ha previsto che lo sportivo professionista impatriato che trasferisce in Italia la propria residenza fiscale ha diritto, al ricorrere delle condizioni previste dalla stessa norma, ad un trattamento fiscale agevolato, a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del d.l. n. 34/2019 (1° maggio 2019) e quindi dal 1° gennaio 2020 (art. 5, comma 2, d.l. n. 34/2019).

In tal caso, i redditi da lavoro dipendente prodotti in Italia dallo sportivo concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare.

La durata dell'agevolazione è prevista per 5 anni, estensibile di ulteriori cinque anni nel caso in cui lo sportivo abbia almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo, e di ulteriori 5 anni nel caso in cui diventi proprietario di almeno un'unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento.

L'art. 13-ter  d.l. n. 124/2019 (Decreto Fiscale), convertito dalla l. n. 157/2019, ha stabilito che le suddette agevolazioni si applicano, a partire dal periodo d'imposta 2019, ai soggetti che a decorrere dal 30 aprile 2019 trasferiscono la residenza fiscale in Italia e risultano beneficiari del regime previsto dall'art. 16 d.lgs. n. 147/2015 (si vedano anche, sul punto, le risposte agli Interpelli dell'Agenzie delle Entrate n. 510/2019, n. 492/2019, n. 59/2020 e la risposta ad Interpello dell'Agenzia delle Entrate-Direzione Regionale della Lombardia n. 904-1304/2019).

Provvedimenti in emergenza

Si segnala che, con il d.l. 17 marzo 2020, n. 18, in considerazione dell'emergenza legata alla diffusione del Covid-19, sono state previste misure di sospensione dei termini per il pagamento dei canoni di locazione e concessori relativi all'affidamento di impianti sportivi pubblici dello Stato e degli enti territoriali (art. 95, d.l. n. 18/2020) per un periodo sino al 30 giugno 2020 (come stabilito dall'art. 216 d.l. n. 34/2020, e con termini di pagamento o rateazione stabiliti da tale ultimo decreto) ed è stata prevista (art. 96, d.l. n. 18/2020, convertito con modificazioni in l.n. 27/2020) una specifica indennità anche in relazione ai rapporti di collaborazione presso federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, società e associazioni sportive dilettantistiche, di cui all'art. 67, comma 1, lett. m), d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, già in essere alla data del 23 febbraio 2020. Sul punto, si veda anche l'art. 98, comma 5, d.l. n. 34/2020.

Lo stesso cd. Decreto Rilancio (d.l. n. 34/2020) ha inoltre previsto, all'art. 217, la costituzione del “Fondo per il rilancio del sistema sportivo nazionale” e ha introdotto, sempre in considerazione dell'eccezionale situazione determinatasi a causa della emergenza epidemiologica da COVID-19, disposizioni processuali eccezionali (e temporanee) per i provvedimenti relativi all'annullamento, alla prosecuzione e alla conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici (art. 218 d.l n. 34/2020).

Specifiche misure sono state previste a sostegno dei lavoratori sportivi (d.m. 27 agosto 2020 e comunicato del Ministero dell'Economia e delle Finanze, n. 193/2020;), anche nei confronti dei collaboratori, nonché a tutela del professionismo negli sport femminili (art. 12-bis d.l. n. 104/2020, introdotto dalla legge di conversione n. 126/2020).

Si vedano l'art. 17 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, e, più di recente, gli artt. 28 del d.l. 9 novembre 2020, n. 149 e 11 del d.l. 30 novembre 2020, n. 157, nonché per le società ed associazioni sportive dilettantistiche anche gli artt. 3 del d.l. n. 137/2020, l'art. 29 del d.l. n. 149/2020 e l'art. 10 del d.l. n. 157/2020.

E' stato altresì previsto l'accesso alla cassa integrazione dei lavoratori dipendenti iscritti al Fondo Pensione Sportivi Professionisti (art. 98 d.l. n. 34/2020, conv. con modific. nella l.n. 77/2020; artt. 2 e 9, comma 8, 12 e 12-bis d.l. n. 104/2020, conv. con modific. in l.n. 126/2020art. 81 d.l. n. 104/2020 come modificato in sede di conversione dalla l.n. 126/2020).

Si veda l'art. 10, comma 10, del d.l. 22 marzo 2021, n. 41 (cd. Decreto Sostegni), conv. con modificazioni dalla l. 21 maggio 2021 n. 69, e, più di recente, gli artt. 10 e 44 del d.l. 25 maggio 2021, n. 73 (cd. Decreto Sostegni bis), convertito con modificazioni dalla l. 23 luglio 2021, n. 106.

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