Provvedimento disciplinare dell'ammonizione scritta

Francesco Rotondi

Inquadramento

Il datore di lavoro è titolare, tra l'altro, del potere disciplinare. Tale potere può essere esercitato a fronte di violazioni, da parte del lavoratore, di obbligazioni di fonte legale e/o contrattuale sul medesimo incombenti e nel rispetto di una specifica procedura, che prevede l'elevazione di una contestazione disciplinare, la concessione di un termine a difesa in favore del prestatore di lavoro e l'eventuale irrogazione di una sanzione disciplinare, proporzionata all'infrazione commessa, avente natura conservativa o addirittura, nei casi più gravi, espulsiva.

Formula

RACCOMANDATA A/R Egr. Sig./Gent.le Sig.ra    (oppure A mani) ....

....

....

OGGETTO: SANZIONE DISCIPLINARE AI SENSI DEGLI ARTICOLI .... DEL CCNL ....

Facciamo seguito alla nostra lettera di contestazione disciplinare del ...., a Lei inviata a mezzo .... il .... e da Lei ricevuta il .... (oppure a Lei consegnata in data ....), che qui di seguito trascriviamo integralmente ad ogni effetto, di legge e di contratto:

.... [1]

Facciamo seguito alle giustificazioni da Lei rese il .... a mezzo .... [2], per comunicarLe che le Sue argomentazioni difensive possono solo in parte essere ritenute idonee a far venir meno la fondatezza dell'addebito (o degli addebiti) a Lei contestati, per i seguenti motivi

.... [3]

In considerazione di quanto sopra, ritenendo di accogliere parzialmente le deduzioni difensive da Lei svolte con la detta Sua citata missiva del ...., Le comunichiamo che per la/le infrazione/i a Lei contestata/e, secondo quanto previsto dal CCNL del settore, Le viene comminata la seguente sanzione disciplinare:

AMMONIZIONE SCRITTA

Distinti saluti.

Luogo e data ....

(Firma della Società) ....

[1]Riportare integralmente il testo della contestazione disciplinare inviata/consegnata al/alla lavoratore/trice.

[2]Fare riferimento alla lettera di giustificazioni, in caso di giustificazioni rese per iscritto, e/o all'audizione orale avvenuta a seguito di richiesta in tal senso formulata dal/dalla lavoratore/trice.

[3]Specificare le ragioni per cui l'azienda ritiene soo parzialmente e non integralmente accoglibili le giustificazioni rese dal/dalla lavoratore/trice.

Commento

Tipizzazione della sanzioni disciplinari

Nell'art. 7 della l. n. 300/1970 vengono richiamate unicamente le seguenti sanzioni disciplinari:

a) rimprovero verbale;

b) multa (non superiore a quattro ore);

c) sospensione dal lavoro e dalla retribuzione (per un massimo di dieci giorni, salvo il più breve termine previsto dalla contrattazione collettiva di riferimento).

Il comma 4 dell'art. 7 della l. n. 300/1970 prevede un limite espresso all'applicazione di eventuali altre tipologie di sanzioni, prevedendo che “Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro”.

La contrattazione collettiva ha, negli anni e nella generalità dei casi, individuato le seguenti sanzioni applicabili da parte del datore di lavoro:

a) rimprovero verbale;

b) rimprovero scritto;

c) multa (non superiore a quattro ore);

d) sospensione dal lavoro e dalla retribuzione (per un massimo di dieci giorni, salvo il più breve termine previsto dalla contrattazione collettiva di riferimento);

e) licenziamento per giusta causa, ai sensi per gli effetti dell'art. 2119 c.c., o per giustificato motivo, ex art. 3 l. n. 300/1970 e l. n. 604/1966 (per approfondimenti, si rinvia al Commento alla formula “Lettera di licenziamento per giusta causa” e al Commento alla formula “Lettera di licenziamento per giustificato motivo soggettivo”).

Tale ultima tipologia sanzione, avente carattere espulsivo, non deve dirsi in contrasto con il divieto di mutamento definitivo del rapporto sopra menzionato; sul punto, infatti, la giurisprudenza ha chiarito che «Il licenziamento per giustificato motivo o per giusta causa, costituendo cause di estinzione del rapporto di lavoro, non sono equiparabili al diverso evento giuridico del “mutamento” definitivo del rapporto di lavoro, che, ai sensi del comma 4 dell'art. 7 della l. 20 maggio 1970 n. 300, non è determinabile da sanzioni disciplinari» (Cass. n. 5172/1983).

Alcuni contratti collettivi stabiliscono un termine entro cui la sanzione deve essere irrogata dal momento della ricezione delle giustificazioni da parte del lavoratore, precisando che, ove la sanzione non venga adottata o comunicata entro il detto termine, le giustficazioni medesime saranno considerate come accolte.

Alcuni contratti collettivi (ad es. il CCNL per le aziende elettriche) aggiungono anche, nel novero delle sanzioni applicabili, il trasferimento disciplinare, ammesso e ritenuto legittimo in giurisprudenza ove previsto dalla contrattazione collettiva (Cass. n. 1025/1995) e fermo il rispetto della procedura di cui all'art. 7 della l. n. 300/1970.

Principio di proporzionalità

Il potere disciplinare può essere esercitato, da parte del datore di lavoro, solo nel rispetto del principio di proporzionalità tra infrazione commessa dal lavoratore e sanzione a questi irrogata.

La valutazione, in concreto, dell'inadempienza del lavoratore sotto il profilo della gravità oggettiva e soggettiva e della proporzionalità della sanzione rispetto all'addebito è presupposto ritenuto sempre necessario, anche quando il comportamento sia previsto nella normativa collettiva come fattispecie tipica da sanzionare.

La sanzione dell'ammonizione scritta viene irrogata rispetto alle sanzioni di minore gravità.

Con riguardo al principio di proporzionalità, a seguito dell'entrata in vigore del novellato art. 18 l. n. 300/1970 ed in applicazione del nuovo comma 5 della norma medesima (che prevede una tutela di tipo risarcitorio in caso di licenziamento riconosciuto illegittimo), la giurisprudenza si è orientata nel senso del mantenimento di un rigoroso criterio di applicazione del principio della proporzionalità tra fatto e relativa sanzione, in applicazione delle disposizioni dell'art. 2106 c.c. e nell'ambito dei poteri del giudice (ma nel quadro di una stretta valutazione dei fatti senza margini di discrezionalità). Ciò anche qualora, in ipotesi, il contratto collettivo preveda la sanzione espulsiva che legittimerebbe, in base alla riforma, l'applicazione delle disposizioni del comma 4 del novellato art. 18 (App. Milano, 22 maggio 2013, n. 645; Trib. Taranto, 3 giugno 2013; Trib. Bologna, 22 marzo 2013). In caso di mancato corretto adempimento della prestazione e di non ottemperanza alle direttive aziendali, è riconosciuta la sola indennità risarcitoria poiché il comportamento posto in essere non può dare luogo all'applicazione della massima sanzione (Trib. Milano, 23 aprile 2013; Cass. n. 23669/2014; Cass. n. 25380/2014 e Cass. n. 2692/2015).

Il d.lgs. n. 23/2015 prevede ora una tutela risarcitoria in caso di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo per i quali venga dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore.

Per effetto, quindi, dell'entrata in vigore del citato decreto del 2015 è stato introdotto un criterio fondato sulla circostanza che la tutela di tipo reintegratorio trova applicazione in forza di un criterio di valutazione esclusivamente oggettivo (art. 3, comma 2, d.lgs. n. 23/2015), con esclusione di qualsiasi ipotesi di valutazione discrezionale in merito alla proporzionalità o meno della sanzione da parte del Giudice. Tuttavia, resta fermo il valore di “clausola generale” attribuito all'art. 2016 c.c. dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione (Cass. n. 18418/2016; Cass. n. 20540/2015; Cass. n. 20545/2015; Cass. n. 3416/2016; Cass. n. 10950/2016; Cass. n. 12205/2016; Cass. n. 2007/2017; Cass. n. 13178/2017. Si vedano anche Trib. Milano 15 aprile 2015, n. 11340; Trib. Brindisi 3 gennaio 2017 e Trib. Milano 5 ottobre 2016).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario