Istanza per l'installazione del GPSInquadramentoIl potere di controllo è espressione del potere gerarchico e di quello di direzione e organizzazione dell'impresa. La legge consente al datore di lavoro di organizzare l'attività dei propri collaboratori in posizione di supremazia gerarchica e di verificare il corretto adempimento della prestazione lavorativa. Tale potere incontra un limite nella previsione dell'art. 4 dello Statuto dei lavoratori la quale vieta il controllo occulto e in genere il controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. FormulaScarica istanza autorizzazione installazione Scarica autodichiarazione marca da bollo CommentoIl potere di controllo è espressione del potere gerarchico nonché di direzione e organizzazione dell'impresa (artt. 2086 e 2104 c.c.). La legge consente al datore di lavoro di organizzare l'attività dei propri collaboratori in posizione di supremazia gerarchica verificando il corretto adempimento della prestazione lavorativa. Tale potere incontra alcuni limiti, primo tra tutti quello contenuto nell'art. 4 della l. n. 300/1970, sia nel testo in vigore fino al 23 settembre 2015 sia nel testo novellato dal legislatore per effetto delle modifiche apportate dall'art. 23 del d.lgs. n. 151/2015 e dal successivo decreto correttivo approvato con d.lgs. n. 185/2015. Tale norma vietava in passato e continua a vietare oggi, l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Con la riforma del 2015 il legislatore ha tuttavia voluto operare un importante adeguamento della norma al fine di renderla più aderente alle necessità e agli obiettivi di una moderna organizzazione d'impresa. Il tutto nel fondamentale rispetto della privacy (d.lgs. n. 196/2003). La norma, nel testo novellato, ha così adottato un meccanismo di bilanciamento tra la necessità di rivedere alcune rigidità proprie del periodo in cui è nato lo Statuto dei lavoratori (il 1970) e le necessità di tutela della privacy derivanti dalla potenziale raccolta di dati che deriva dall'uso degli strumenti di lavoro (art. 1 e art. 8 della l. n. 300/1970). Da questo punto di vista la norma, nel testo novellato, ha voluto operare una distinzione fondamentale tra strumenti e apparecchi di controllo in senso stretto (di solito le apparecchiature fisse, quale le telecamere di sorveglianza) e gli strumenti di lavoro. Accordo sindacale e autorizzazione amministrativa Costituiscono limiti di carattere generale al potere di controllo del datore di lavoro l'art. 1 St. lav. che riconosce ai lavoratori il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero nei luoghi lavorativi nel rispetto dei principi della Costituzione (art. 21 Cost.) e dello stesso Statuto e, significativamente, l'art. 8 St. lav. che vieta al datore di lavoro, sia all'atto dell'assunzione che nel corso del rapporto, anche a mezzo di terzi, di effettuare indagini sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore. La ratio della norma è sempre stata quella di impedire che valutazioni non aventi alcuna attinenza con la capacità professionale del lavoratore potessero determinare l'adozione di comportamenti discriminatori nei confronti dello stesso. È per tale ragione che l'interpretazione e l'applicazione della norma, sia nel vecchio testo, sia nel nuovo testo, vengono valutate unitamente alla disciplina speciale relativa alla tutela della Privacy (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e Linee Guida del Garante 4 aprile 2017 – aggiornate il 4 ottobre 2017 sull'applicazione dei criteri per la valutazione di impatto sulla protezione dei dati DPIA – Data Protection Impact Assesment prevista dal Regolamento del Consiglio n. 2016/679). In tale contesto, nulla è cambiato per le istallazioni “fisse”: la norma identifica sempre nelle RSA (o RSU) i soggetti con i quali stipulare gli accordi sindacali (con la particolarità relativa alle aziende con unità produttive in diverse province che possono stipulare gli accordi con le OOSS più rappresentative a livello nazionale). In mancanza di accordo, si procede con autorizzazione amministrativa. In merito alla procedura di richiesta dell'autorizzazione amministrativa il decreto correttivo del 2016 – art. 5 del d.lgs. n. 185/2016 – è intervenuto prevedendo che la competenza al rilascio dell'autorizzazione – in mancanza di accordo sindacale – non sia più affidata alla Direzione Territoriale del Lavoro (che, tra l'altro è Ufficio periferico del Ministero del lavoro) ma alla sede centrale o territoriale del nuovo organismo sorto anch'esso dalla riforma Jobs Act ossia l'Ispettorato Nazionale del lavoro (che con il Ministero del lavoro ha un rapporto di vigilanza e non gerarchico). La competenza ai fini dell'autorizzazione è affidata, rispettivamente, alle strutture territoriali o centrali dell'Ente a seconda che l'azienda interessata abbia un'unica unità produttiva ovvero più unità produttive ubicate in ambiti di competenza di diverse sedi territoriali dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, prevedendo altresì che il relativo provvedimento amministrativo sia definitivo e, quindi, inappellabile. Scelta quest'ultima che è scaturita dalla necessità di voler precisare che avverso il relativo provvedimento amministrativo non è possibile presentare ricorso gerarchico ai sensi del d.P.R. n. 1199/1971 (cfr. sul punto anche la Circ. INL n. 5/2018). I presupposti che obbligano al preventivo accordo con le Organizzazioni Sindacali (RSA o RSU) ovvero alla richiesta dell'autorizzazione amministrativa riguardano l'utilizzo di strumenti dai quali possa derivare, anche solo potenzialmente, un controllo a distanza dei lavoratori e sono caratterizzati da: - esigenze organizzative e produttive; - sicurezza del lavoro; - tutela del patrimonio aziendale. Con riferimento specifico agli impianti di allarme o antifurto dotati di videocamere o fotocamere che si attivano automaticamente in caso di intrusione da parte di terzi nei luoghi di lavoro, l'INL ha precisato che l'installazione di tali impianti richiede l'accordo sindacale o la preventiva autorizzazione amministrativa (nota INL 28 novembre 2017, n. 299). Gli strumenti di lavoro Sul fronte, invece, degli strumenti di lavoro, la norma elimina ogni dubbio in merito alla necessità o meno di una preventiva autorizzazione, senza tuttavia far venire meno quegli obiettivi di tutela della privacy e della dignità morale del lavoratore che costituiscono ancora oggi un presupposto fondamentale di applicazione della norma. Si fa riferimento ad esempio agli strumenti che possano determinare forme di controllo occulto, quali ad esempio i GPS sui quali si è espresso l'INL con la Circolare n. 2/2016 prevedendo che per essi resti necessario il provvedimento di autorizzazione (mentre con riguardo ad una App di rilevazione delle presenze che sfrutti sistemi di geo-localizzazione il Garante della Privacy si è espresso con il Provvedimento n. 350 dell'8 settembre 2016). E ciò in ossequio anche al più ampio divieto di indagine sulle opinioni, intatto nel suo impianto generale perché di matrice costituzionale (art. 21 Cost.) così come intatto è rimasto anche l'art. 113 del Codice della Privacy (d.lgs. n. 196/2003). Va tuttavia considerato che negli ultimi orientamenti giurisprudenziali (cfr. da ultime Cass. n. 26682/2017; Cass. pen. n. 22148/2017) continua ad emergere con particolare vigore che le modalità di controllo attuate con strumenti informatici che provvedano in modo occulto alla raccolta di dati, non possono quasi mai rientrare tra i controlli preterintenzionali “difensivi”, ammessi nel vecchio come nel nuovo regime per le finalità connesse con esigenze organizzative e produttive, per ragioni di sicurezza e, oggi, per ragioni di tutela del patrimonio aziendale (Cass. n. 18302/2016). Si afferma in buona sostanza che, se per l'esigenza di evitare attività illecite o per motivi organizzativi o produttivi, possono essere installati impianti ed apparecchiature di controllo dai quali possano essere ricavati anche dati relativi all'attività lavorativa dei lavoratori, è tuttavia possibile utilizzare tali dati solo in presenza delle garanzie derivanti dall'accordo sindacale o dalla procedura di autorizzazione amministrativa. In mancanza, si realizza in ogni caso una forma di controllo a distanza, vietato, perché lesivo della dignità del lavoratore, in violazione delle disposizioni dell'art. 8, l. n. 300/1970. Ciò coerentemente – peraltro – con gli orientamenti espressi in questi anni dal Garante della Privacy, sempre molto restrittivi, soprattutto alla luce delle potenzialità di controllo occulto derivanti dai nuovi strumenti tecnologici (Sul punto si veda il Provvedimento del Garante 13 luglio 2016, n. 303). In pratica, continua a trovare affermazione il principio per cui l'art. 4 l. n. 300/1970 fa parte di quella complessa normativa diretta a contenere in vario modo le manifestazioni del potere organizzativo e direttivo del datore di lavoro che, per le modalità di attuazione incidenti nella sfera della persona, si ritengono lesive della dignità e della riservatezza del lavoratore, sul presupposto che la vigilanza sul lavoro, ancorché necessaria all'organizzazione produttiva vada mantenuta in una dimensione umana e cioè non esasperata dall'uso di tecnologie che possono rendere la vigilanza stessa continua ed anelastica, eliminando ogni zona di riservatezza e di autonomia nello svolgimento del lavoro (cfr. Cass. n. 22662/2016). Dello stesso avviso anche Cass. pen. n. 51897/2016 la quale afferma che «con la rimodulazione dell'art. 4 dello Statuto dei lavoratori, è solo apparentemente venuto meno il divieto esplicito di controlli a distanza, nel senso che il superamento del divieto generale di detto controllo non può essere predicato sulla base della mancanza nel nuovo art. 4, di una indicazione espressa (com'era al comma 1 del previgente art. 4) di un divieto generale di controllo a distanza sull'attività del lavoratore, avendo la nuova formulazione solamente adeguato l'impianto normativo alle sopravvenute innovazioni tecnologiche e, quindi, mantenuto fermo il divieto di controllare la sola prestazione lavorativa dei dipendenti, posto che l'uso di impianti audiovisivi e di altri strumenti di controllo può essere giustificato “esclusivamente” a determinati fini, che sono numerus clausus (cioè per esigenze organizzative e produttive; per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale) e alle condizioni normativamente indicate, sicché residua un regime protezionistico diretto a salvaguardare la dignità e la riservatezza dei lavoratori, la cui tutela rimane primaria nell'assetto ordinamentale e costituzionale seppur bilanciabile sotto il profilo degli interessi giuridicamente rilevanti con le esigenze produttive ed organizzative o della sicurezza sul lavoro». Particolarità Va esclusa l'applicabilità dei limiti previsti dall'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori in caso di lavoro domestico in ragione della particolare disciplina di tale forma di lavoro. Nell'ambito domestico, il datore di lavoro, anche nel caso di trattamento di dati riservati per finalità esclusivamente personali, incontra i vincoli posti dalla normativa sul trattamento dei dati personali a tutela della riservatezza e in particolare quanto previsto dall'art. 115 del d.lgs. n. 196/2003 (nota INL 8 febbraio 2017, n. 1004). Sanzioni Salvo che la condotta posta in essere dal datore di lavoro non configuri un reato più grave, la violazione dell'art. 4 Stat. lav. comporta la condanna al un'ammenda compresa tra i 154,00 e 1.549,00 Euro o l'arresto da 15 giorni a un anno. Nei casi più gravi la pena pecuniaria e quella detentiva possono essere applicate congiuntamente (art. 38 St. lav. richiamato dall'art. 171 d.lgs. n. 196/2003). |