Verbale di accordo all'installazione di impianti di videosorveglianzaInquadramentoIl potere di controllo è espressione del potere gerarchico e di quello di di direzione e organizzazione dell'impresa. La legge consente al datore di lavoro di organizzare l'attività dei propri collaboratori in posizione di supremazia gerarchica e di verificare il corretto adempimento della prestazione lavorativa. Tale potere incontra un limite nella previsione dell'art. 4 dello Statuto dei lavoratori la quale vieta il controllo occulto e in genere il controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. FormulaOggi ....presso la sede di .... Si sono incontrati per le RSA/RSU .... [1], per l'azienda .... Le parti come sopra indicate hanno raggiunto un accordo per l'installazione e gestione dei sistemi di videosorveglianza/altri strumenti di controllo .... nei termini di seguito riportati. PREMESSO Che presso l'azienda .... Che da tale sistema può derivare anche la possibilità di controlli a distanza dell'attività dei lavoratori; Che specifiche esigenze organizzative/produttive/di sicurezza/tutela del patrimonio aziendale hanno reso necessario il raggiungimento del presente accordo; Che tale sistema avrà le seguenti caratteristiche tecniche .... [2] e permetterà .... ad integrale modifica degli accordi in essere; Che i dati saranno conservati .... con accesso a .... per il tempo di .... Che il sistema presenta un sistema di blocco degli accessi .... .... Tutto ciò premesso Le Parti, come sopra indicate, convengono quanto segue: Le premesse costituiscono parte integrante e sostanziale del presente accordo; Le parti concordano che ..... Gli impianti saranno strutturati in modo da consentire al personale e ai terzi di conoscere l'esatta posizione delle telecamere ed in particolare ..... Le registrazioni saranno accessibili a .... e verranno conservate per ..... La Società opererà nel pieno rispetto della normativa in materia di tutela dei dati personali (d.lgs. n. 196/2003 e successive modifiche e integrazioni). Le Parti si danno atto che il presente accordo avrà efficacia a decorrere dal ..../ha efficacia novativa degli accordi sottoscritti in data ....e in data ....; ....; ..... Letto, confermato e sottoscritto Azienda .... RSA/RSU .... [1]Le organizzazioni sindacali deputate al raggiungimento dell'accordo sono la RSU o la RSA e, per le imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. L'accordo viene ritenuto valido se raggiunto con la sola maggioranza della RSA (nota INL 24 maggio 2017, n. 4691; nota del Ministero del Lavoro n. 2975 del 5 dicembre 2015). Le intese in materia di videosorveglianza derogatorie rispetto alla contrattazione collettiva e alla legge raggiunte ai sensi dell'art. 8 del d.l. n. 138/2011 conv. nella l. n. 148/2011 (accordi di prossimità) debbono trovare il proprio fondamento nei limiti individuati dalla stessa norma. Gli accordi debbono garantire il rispetto della Costituzione, delle norme comunitarie e delle convenzioni internazionali in materia di lavoro. Tali intese possono essere sottoscritte a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda ai sensi della normativa di legge e degli accordi interconfederali vigenti, compreso l'accordo interconfederale del 28 giugno 2011 (nota INL 24 maggio 2017, n. 4691). [2]Fare rinvio alla planimetria e alle altre caratteristiche tecniche dell'impianto. CommentoIl potere di controllo è espressione del potere gerarchico nonché di direzione e organizzazione dell'impresa (artt. 2086 e 2104 c.c.). La legge consente al datore di lavoro di organizzare l'attività dei propri collaboratori in posizione di supremazia gerarchica verificando il corretto adempimento della prestazione lavorativa. Tale potere incontra alcuni limiti, primo tra tutti quello contenuto nell'art. 4 della l. n. 300/1970, sia nel testo in vigore fino al 23 settembre 2015 sia nel testo novellato dal legislatore per effetto delle modifiche apportate dall'art. 23 del d.lgs. n. 151/2015 e dal successivo decreto correttivo approvato con d.lgs. n. 185/2015. Tale norma vietava in passato e continua a vietare oggi, l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Con la riforma del 2015 il legislatore ha tuttavia voluto operare un importante adeguamento della norma al fine di renderla più aderente alle necessità e agli obiettivi di una moderna organizzazione d'impresa. Il tutto nel fondamentale rispetto della privacy (d.lgs. n. 196/2003). La norma, nel testo novellato, ha così adottato un meccanismo di bilanciamento tra la necessità di rivedere alcune rigidità proprie del periodo in cui è nato lo Statuto dei lavoratori (il 1970) e le necessità di tutela della privacy derivanti dalla potenziale raccolta di dati che deriva dall'uso degli strumenti di lavoro (art. 1 e art. 8 della l. n. 300/1970). Da questo punto di vista la norma, nel testo novellato, ha voluto operare una distinzione fondamentale tra strumenti e apparecchi di controllo in senso stretto (di solito le apparecchiature fisse, quale le telecamere di sorveglianza) e gli strumenti di lavoro. Accordo sindacale e autorizzazione amministrativa Costituiscono limiti di carattere generale al potere di controllo del datore di lavoro l'art. 1 Stat. lav. che riconosce ai lavoratori il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero nei luoghi lavorativi nel rispetto dei principi della Costituzione (art. 21 Cost.) e dello stesso Statuto e, significativamente, l'art. 8 Stat. lav. che vieta al datore di lavoro, sia all'atto dell'assunzione che nel corso del rapporto, anche a mezzo di terzi, di effettuare indagini sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore. La ratio della norma è sempre stata quella di impedire che valutazioni non aventi alcuna attinenza con la capacità professionale del lavoratore potessero determinare l'adozione di comportamenti discriminatori nei confronti dello stesso. È per tale ragione che l'interpretazione e l'applicazione della norma, sia nel vecchio testo, sia nel nuovo testo, vengono valutate unitamente alla disciplina speciale relativa alla tutela della Privacy (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e Linee Guida del Garante 4 aprile 2017 – aggiornate il 4 ottobre 2017 sull'applicazione dei criteri per la valutazione di impatto sulla protezione dei dati DPIA – Data Protection Impact Assesment prevista dal Regolamento del Consiglio n. 2016/679). In tale contesto, nulla è cambiato per le istallazioni “fisse”: la norma identifica sempre nelle RSA (o RSU) i soggetti con i quali stipulare gli accordi sindacali (con la particolarità relativa alle aziende con unità produttive in diverse province che possono stipulare gli accordi con le OOSS più rappresentative a livello nazionale). In mancanza di accordo, si procede con autorizzazione amministrativa. I presupposti che obbligano al preventivo accordo con le Organizzazioni Sindacali (RSA o RSU) ovvero alla richiesta dell'autorizzazione amministrativa riguardano l'utilizzo di strumenti dai quali possa derivare, anche solo potenzialmente, un controllo a distanza dei lavoratori e sono caratterizzati da: - esigenze organizzative e produttive; - sicurezza del lavoro; - tutela del patrimonio aziendale. Con riferimento specifico agli impianti di allarme o antifurto dotati di videocamere o fotocamere che si attivano automaticamente in caso di intrusione da parte di terzi nei luoghi di lavoro, l'INL ha precisato che l'installazione di tali impianti richiede l'accordo sindacale o la preventiva autorizzazione amministrativa (nota INL 28 novembre 2017, n. 299). Gli strumenti di lavoro Sul fronte, invece, degli strumenti di lavoro, la norma elimina ogni dubbio in merito alla necessità o meno di una preventiva autorizzazione, senza tuttavia far venire meno quegli obiettivi di tutela della privacy e della dignità morale del lavoratore che costituiscono ancora oggi un presupposto fondamentale di applicazione della norma. Si fa riferimento ad esempio agli strumenti che possano determinare forme di controllo occulto, quali ad esempio i GPS sui quali si è espresso l'INL con la Circolare n. 2/2016 prevedendo che per essi resti necessario il provvedimento di autorizzazione (mentre con riguardo ad una App di rilevazione delle presenze che sfrutti sistemi di geo-localizzazione il Garante della Privacy si è espresso con il Provvedimento n. 350 dell'8 settembre 2016). E ciò in ossequio anche al più ampio divieto di indagine sulle opinioni, intatto nel suo impianto generale perché di matrice costituzionale (art. 21 Cost.) così come intatto è rimasto anche l'art. 113 del Codice della Privacy (d.lgs. n. 196/2003). In definitiva si è determinata una maggiore apertura da parte dell'ordinamento giuridico sulle implicazioni (possibili) del controllo derivanti dall'uso degli “strumenti mobili” (notebook/tablet/Smartphone, etc.) che sono stati negli anni di fatto utilizzati dai lavoratori (e dalle aziende) anche senza accordo con le OOSS ovvero autorizzazione amministrativa (il Ministero del lavoro ha precisato sul punto che gli strumenti tecnologici in uso per rendere la prestazione lavorativa – pc, notebook, tablet, smartphone, blackberry, badge elettronici, etc. sono prima di tutto dotazioni di lavoro e non strumenti di controllo a distanza – Comunicato Ministero del lavoro 18 giugno 2015). È da tale esigenza di tutela della privacy che scaturisce il nuovo comma 3 della norma. Si fa riferimento al richiamo espresso, oggi contenuto nella norma, agli obblighi di corretta informazione al lavoratore in ordine ai rischi del controllo derivanti dall'uso degli strumenti di lavoro, che acquista particolare rilevanza sul piano organizzativo e quale presupposto anche per la revisione dei regolamenti interni, anche ai fini dell'esercizio del potere disciplinare. La norma afferma infatti che “Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196”. I dati lecitamente raccolti possono quindi essere utilizzati dal datore di lavoro “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro”, ivi compreso quello diretto al controllo sull'esatto adempimento della prestazione lavorativa, così come all'esercizio del potere disciplinare, purché la tracciabilità delle informazioni eventualmente raccolte sia opportunamente regolamentata e sia accompagnata, sul piano organizzativo, da strumenti di gestione che assicurino la corretta informazione al lavoratore, ulteriore rispetto a quella prevista dall'art. 13 del d.lgs. n. 196/2003. Va tuttavia considerato che negli orientamenti giurisprudenziali (cfr. da ultime Cass. n. 26682/2017; Cass. pen. n. 22148/2017) continua ad emergere con particolare vigore che le modalità di controllo attuate con strumenti informatici che provvedano in modo occulto alla raccolta di dati, non possono quasi mai rientrare tra i controlli preterintenzionali “difensivi”, ammessi nel vecchio come nel nuovo regime per le finalità connesse con esigenze organizzative e produttive, per ragioni di sicurezza e, oggi, per ragioni di tutela del patrimonio aziendale (Cass. n. 18302/2016). Si afferma in buona sostanza che, se per l'esigenza di evitare attività illecite o per motivi organizzativi o produttivi, possono essere installati impianti ed apparecchiature di controllo dai quali possano essere ricavati anche dati relativi all'attività lavorativa dei lavoratori, è tuttavia possibile utilizzare tali dati solo in presenza delle garanzie derivanti dall'accordo sindacale o dalla procedura di autorizzazione amministrativa. In mancanza, si realizza in ogni caso una forma di controllo a distanza, vietato, perché lesivo della dignità del lavoratore, in violazione delle disposizioni dell'art. 8, l. n. 300/1970. Ciò coerentemente – peraltro – con gli orientamenti espressi in questi anni dal Garante della Privacy, sempre molto restrittivi, soprattutto alla luce delle potenzialità di controllo occulto derivanti dai nuovi strumenti tecnologici (Sul punto si veda il Provvedimento del Garante 13 luglio 2016, n. 303). In pratica, continua a trovare affermazione il principio per cui l'art. 4 l. n. 300/1970 fa parte di quella complessa normativa diretta a contenere in vario modo le manifestazioni del potere organizzativo e direttivo del datore di lavoro che, per le modalità di attuazione incidenti nella sfera della persona, si ritengono lesive della dignità e della riservatezza del lavoratore, sul presupposto che la vigilanza sul lavoro, ancorché necessaria all'organizzazione produttiva vada mantenuta in una dimensione umana e cioè non esasperata dall'uso di tecnologie che possono rendere la vigilanza stessa continua ed anelastica, eliminando ogni zona di riservatezza e di autonomia nello svolgimento del lavoro (cfr. Cass. n. 22662/2016). Dello stesso avviso anche Cass. pen. n. 51897/2016 la quale afferma che «con la rimodulazione dell'art. 4 dello Statuto dei lavoratori, è solo apparentemente venuto meno il divieto esplicito di controlli a distanza, nel senso che il superamento del divieto generale di detto controllo non può essere predicato sulla base della mancanza nel nuovo art. 4, di una indicazione espressa (com'era al comma 1 del previgente art. 4) di un divieto generale di controllo a distanza sull'attività del lavoratore, avendo la nuova formulazione solamente adeguato l'impianto normativo alle sopravvenute innovazioni tecnologiche e, quindi, mantenuto fermo il divieto di controllare la sola prestazione lavorativa dei dipendenti, posto che l'uso di impianti audiovisivi e di altri strumenti di controllo può essere giustificato “esclusivamente” a determinati fini, che sono numerus clausus (cioè per esigenze organizzative e produttive; per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale) e alle condizioni normativamente indicate, sicché residua un regime protezionistico diretto a salvaguardare la dignità e la riservatezza dei lavoratori, la cui tutela rimane primaria nell'assetto ordinamentale e costituzionale seppur bilanciabile sotto il profilo degli interessi giuridicamente rilevanti con le esigenze produttive ed organizzative o della sicurezza sul lavoro». Con riguardo all'attività dei call centre, l'Ispettorato del lavoro ha precisato che il Software che consente il semplice “accoppiamento” fra la chiamata e l'anagrafica del cliente senza ulteriori elaborazioni è strumento che serve a rendere la prestazione lavorativa e non necessita di autorizzazione. I Software che consentono il monitoraggio costante della produttività del lavoratore non rientrano nella definizione di strumento di lavoro e non possono nemmeno essere oggetto di autorizzazione preventiva perché non sono ritenuti indispensabili per esigenze organizzative e produttive (Circolare INL 26 luglio 2017, n. 4). Implicazioni organizzative Nel quadro del nuovo art. 4 dello Statuto dei lavoratori il discrimine tra liceità e non liceità nell'uso a fini disciplinari dei dati raccolti attraverso gli strumenti di lavoro viene dettato da un lato dalla presenza di nuove e più rigorose policy interne e, dall'altro dalla valutazione in ordine alla indispensabilità del device per rendere la prestazione lavorativa, oltre che dalla valutazione della maggiore o minore idoneità del comportamento contestato a ledere il vincolo fiduciario alla base del rapporto di lavoro, anche in assenza di un danno significativo. Tali aspetti assumono poi particolare rilevanza anche con riferimento alle nuova disciplina del Lavoro agile contenuta negli artt. da 18 a 23 della l. 22 maggio 2017, n. 81 (v. sezione Lavoro agile). La legge nello stabilire che l'accordo deve regolare alcuni aspetti di gestione del rapporto di lavoro stabilisce all'art. 21 che all'interno di esso le Parti devono regolare anche l'esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore all'esterno dei locali aziendali nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 4 della l. 20 maggio 1970, n. 300. Molte sono le implicazioni di natura organizzativa che derivano dal nuovo contesto normativo e che governano oggi la revisione delle policy e delle procedure interne in materia di controlli, le quali si sviluppano secondo le seguenti direttrici: - trasparenza; - informazione; - prevenzione; - proporzionalità. Da questo punto di vista, nel nuovo contesto normativo il rispetto della procedura co-determinativa con le OOSS per gli strumenti fissi viene considerata ancora oggi una garanzia per il datore di lavoro. Quanto, poi agli strumenti di lavoro, il loro uso deve essere accompagnato dalle policy e dai regolamenti interni, implementati ad hoc ovvero opportunamente aggiornati proprio in relazione alle modalità implicite del controllo che possa da esse derivare. Particolarità Va esclusa l'applicabilità dei limiti previsti dall'art. 4 dello Stat. lav. in caso di lavoro domestico in ragione della particolare disciplina di tale forma di lavoro. Nell'ambito domestico, il datore di lavoro, anche nel caso di trattamento di dati riservati per finalità esclusivamente personali, incontra i vincoli posti dalla normativa sul trattamento dei dati personali a tutela della riservatezza e in particolare quanto previsto dall'art. 115 del d.lgs. n. 196/2003 (nota INL 8 febbraio 2017, n. 1004). Sanzioni Salvo che la condotta posta in essere dal datore di lavoro non configuri un reato più grave, la violazione dell'art. 4 Stat. lav. comporta la condanna al un'ammenda compresa tra i 154,00 e 1.549,00 Euro o l'arresto da 15 giorni a un anno. Nei casi più gravi la pena pecuniaria e quella detentiva possono essere applicate congiuntamente (art. 38 St. lav. richiamato dall'art. 171 d.lgs. n. 196/2003). |