Comunicazione (informazione preventiva del trasferimento di azienda) del cedente alle Rsu/Rsa - oo.ss (art. 47 l. n. 428/1990; art. 2112 c.c.)

Francesco Rotondi
aggiornato da Alessandra Croce

Inquadramento

Nel caso di trasferimento di azienda (o di un ramo di essa) i rapporti di lavoro dei lavoratori oggetto del trasferimento sono sostanzialmente indifferenti alle sorti dell'azienda; il passaggio dei dipendenti al cessionario è automatico e i lavoratori godono di un'articolata rete di tutele messa a punto dalla legge. Ove si intenda, infine, effettuare un trasferimento di azienda in cui sono complessivamente occupati più di 15 dipendenti, dovrà essere osservata una particolare procedura di informazione e consultazione sindacale.

Formula

La scrivente Società, giusto quanto disposto dall'art. 47, legge 29 dicembre 1990, n. 428 e dal d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, procede a comunicare e informare in via preventiva dell'intenzione di procedere alla cessione dell'azienda consistente in risorse materiali ed umane organizzate e finalizzata/o allo svolgimento dell'attività .... al seguente fine ....

L'azienda viene ceduta alla Società .... e il trasferimento è previsto alla data del ....

Giusto quanto disposto dall'art. 2112 cc. tutto il personale in forza presso la scrivente (per un totale di .... persone) viene trasferito alla suddetta Società ....

Al personale trasferito si applica la contrattazione collettiva, nazionale ed aziendale, nei termini stabiliti dall'art. 2112, comma 3, c.c.

Si dichiara che non sussistono conseguenze sociali ed economiche pregiudizievoli nei confronti dei lavoratori interessati al trasferimento ed allo stato non sono previsti misure nei loro confronti.

La scrivente si dichiara a disposizione per gli incontri di esame congiunto previsti dall'art. 47, legge 29 dicembre 1990, n. 428.

Distinti saluti

Luogo e data ....

La Società cedente ....

Commento

L'attuale disciplina del trasferimento d'azienda (o di un suo ramo) con passaggio del personale dipendente al cessionario è racchiusa principalmente nella legge n. 428/1990 e nell'art. 2112 c.c. e configura un'ipotesi di modificazione soggettiva del rapporto di lavoro; con il trasferimento di azienda si determina la successione a titolo particolare del cessionario dell'azienda (o di un ramo di essa).

La legge, poi, si articola in modo tale da garantire al lavoratore – di massima – la prosecuzione del rapporto di lavoro, che dovrebbe rimanere il più possibile “impermeabile” alle vicende circolatorie; ex art. 2112 c.c., c. 1, infatti, il rapporto di lavoro continua con il cessionario e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. La sostituzione del datore di lavoro non produce alcun effetto sul complessivo trattamento economico-normativo goduto dal lavoratore trasferito (la tutela incide sui diritti soggettivi dei lavoratori e non già su mere aspettative o situazioni in fieri, così Cass. n. 12492/1999; né tantomeno su diritti cd. “esauriti”, nel senso che sono entrati a fare parte del patrimonio del lavoratore).

L'eventuale rifiuto del lavoratore alla cessione non produce alcun effetto (Cass. n. 12919/2017 richiamando sul punto la posizione della Corte di Giustizia europea).

Assicurata anche una garanzia rafforzata dei diritti dei lavoratori in quanto vengono coinvolti sia il datore di lavoro cedente che il cessionario nelle posizioni debitorie nei confronti dei lavoratori medesimi. Ai sensi, così, dell'art. 2112 c.c., comma 2, il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti (aventi fondamento contrattuale) che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 c.p.c. il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro (trattasi di negozio di rinuncia da parte del lavoratore). Sul punto si v. anche Cass. n. 3646/2016 che ha precisato che in caso di trasferimento di azienda, i debiti contratti dall'alienante nei confronti degli istituti previdenziali per l'omesso versamento dei contributi obbligatori ed esistenti al momento del trasferimento costituiscono debiti inerenti all'esercizio dell'azienda e restano soggetti alla disciplina di cui all'articolo 2560 c.c., senza che possa operare l'automatica estensione di responsabilità all'acquirente ai sensi del comma 2 dell'articolo 2112 c.c.

Da annotare altresì che la responsabilità solidale riguarda i soli crediti anteriori al trasferimento vantati dal lavoratore che “passa” al nuovo datore di lavoro (v. Cass. n. 7517/2010).

E per quanto concerne il passaggio del trattamento di fine rapporto, si assume che viene trasferito al nuovo datore di lavoro il TFR accumulato presso il cedente, con responsabilità del cessionario per il TFR che matura dopo il trasferimento e responsabilità solidale fra i due per il TFR per la parte maturata prima. Questo se si accoglie la tesi che vuole la maturazione del TFR in costanza di rapporto e la sua esigibilità alla cessazione del rapporto di lavoro.

Proprio nell'ottica di tutelare al massimo le posizioni dei lavoratori interessati dal trasferimento di azienda, si sono succeduti nel tempo vari interventi normativi interni (v. d.lgs. n. 81/2001, d.lgs. n. 276/2003) anche alla luce di quanto disposto a livello comunitario e in ossequio alla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, tenuto altresì conto del fatto che il fenomeno delle esternalizzazioni è sempre più diffuso.

Nucleo centrale della normativa e passaggio obbligato nella trattazione della materia è la individuazione della fattispecie oggetto della normativa. Fondamentale, infatti, è capire sia la nozione di azienda che di trasferimento (di azienda). A mente dell'art. 2112 c.c., dunque, si ha trasferimento in occasione di qualsiasi operazione in forza della quale muta la titolarità di una attività economica organizzata; ma non solo: infatti, quale ulteriore requisito, si richiede la preesistenza dell'attività economica organizzata oggetto di cessione e l'idoneità di essa, in seguito alla cessione, a conservare la propria identità (dovendosi così prescindere da un rapporto contrattuale diretto tra l'imprenditore uscente e quello che subentra nella gestione, così Cass. n. 11679/2012).

Dunque, in base a quanto contenuto nell'art. 2112 c.c., l'azienda risulta essere “qualsiasi attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità” (si annota che il fatto che le attività svolte dall'azienda subentrante si sovrappongano in parte con quelle prima affidate alla cessante non consente di affermare che siano effettivamente coincidenti: per valutare la coincidenza, anche parziale, bisogna tenere presente non solo l'oggetto dell'attività ma anche il suo svolgimento. Nel caso di specie la corte territoriale ha ritenuto non sussistente il trasferimento d'azienda in ragione della discontinuità oggettiva delle attività imprenditoriali che si sono susseguite; posizione alla quale si allinea la Corte di Cassazione, secondo cui la non coincidenza delle attività imprenditoriali dell'azienda cessante e subentrante esclude che si possa ritenere conservata l'entità della prima. V. Cass. n. 7686/2017); mentre “parte o ramo di azienda” si intendono quale “l'articolazione funzionalmente autonoma, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del trasferimento” e il trasferimento si palesa in “qualsiasi operazione che in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità, a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l'usufrutto o l'affitto”.

Sul concetto di “azienda” l'art. 2112 c.c. non si ferma alla nozione elaborata dall'art. 2555 del codice civile ove si fa riferimento all'azienda intesa quale complesso di beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa; viene, per così dire, accolta una nozione “dematerializzata” dell'azienda. E questo porta a ricordare che in giurisprudenza si fa rinvio anche al concetto di c.d. labour intensive process. Il riferimento, in questo caso, è ad un'entità dematerializzata: si realizza un trasferimento laddove la cessione abbia ad oggetto anche solo un gruppo di dipendenti dotati di particolari competenze che siano stabilmente coordinati ed organizzati tra loro, così da rendere le loro attività interagenti ed idonee a tradursi in beni e servizi ben individuabili; in presenza di detti elementi si realizza, pertanto, una successione legale del contratto di lavoro – e non un'ipotesi di mera cessione – che non abbisogna del consenso del contraente ceduto ex art. 1406 c.c.; non deve, in ogni caso trattarsi di una mera sommatoria di rapporti che passano a nuovo datore di lavoro (Cass. n. 5932/2008; Cass. n. 10761/2002; Cass. n. 7121/2016).

Per quanto concerne, poi, l'operazione che determina il trasferimento d'azienda (o di un suo ramo), come detto sopra, essa si può sostanziare in qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità e, dunque, si farà riferimento non solo alle ipotesi espressamente contemplate della vendita, dell'affitto e della concessione in usufrutto, cessione o fusione. Il riferimento sarà a tutte quelle ipotesi in cui, ferma restando l'organizzazione del complesso dei beni destinati all'esercizio dell'impresa, si abbia la sostituzione della persona del titolare, quale che sia, come detto, il mezzo tecnico giuridico attraverso cui tale sostituzione si attua (Cass. n. 10340/2011; Cass. n. 5992/2004; Cass. n. 10688/1996; nello specifico sulla incorporazione Cass. n. 10614/2011; sulla scissione Cass. n. 9897/1998; sulla cessione del pacchetto azionario, che non si configura quale trasferimento ex art. 2112 c.c. si v. Cass. n. 9251/2007; sulla fusione Cass. n. 7771/1996; sul trasferimento realizzato attraverso una pluralità di atti v. Cass. n. 10688/1996, o sul trasferimento attuato in più fasi Cass. n. 26215/2006).

Sin qui l'analisi del solo comma 5 dell'art. 2112 c.c.; si rinvia alla formula “Comunicazione (informazione preventiva del trasferimento di ramo di azienda) del cedente alle RSU/RSA – OO.SS (art. 47, l. 29 dicembre 1990, n. 428; art. 2112 c.c.)” per l'ipotesi di trasferimento del ramo di azienda.

Inoltre, il cessionario (art. 2112 c.c., comma 3) è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del cessionario. L'effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello.

In merito è stato osservato che potrebbero porsi problemi di coordinamento tra le norme previste in contratti di differente livello ove il cedente disponga di una contrattazione aziendale di cui è, invece, sprovvisto il cessionario (o viceversa). Per porre rimedio a questi inconvenienti, la prassi ha visto la diffusione dei c.d. contratti collettivi di armonizzazione, stipulati n sede di consultazione sindacale ex art. 47, l. 29 dicembre 1990, n. 428.

Per la cessazione del rapporto di lavoro (dimissioni e licenziamenti) si rinvia alla formula “Lettera di dimissioni da parte del lavoratore indirizzata alla società cessionaria (art. 2112, comma 4, c.c.)”.

Prima di passare all'esposizione della procedura da seguire in caso di trasferimento di azienda ex art. 47 della legge n. 428/1990, va ricordato quanto previsto dall'art. 29 del d.lgs. n. 276/2003 per le fattispecie di subentro di nuovo appaltatore: “L'acquisizione del personale già impiegato nell'appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di propria struttura organizzativa e operativa, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d'appalto, ove siano presenti elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa, non costituisce trasferimento d'azienda o di parte d'azienda”.

Venendo ora all'art. 47 richiamato, il dettato normativo prevede che quando si intenda effettuare un trasferimento d'azienda in cui sono complessivamente occupati più di quindici lavoratori (da computarsi in base alle regole generali), anche nel caso in cui il trasferimento riguardi una parte d'azienda, occorre osservare la specifica procedura ivi sviluppata dal Legislatore; l'utilizzo del termine “complessivamente” fa ritenere che il riferimento sia all'intero organico occupato normalmente (anche qualora si tratti di cessione di ramo di azienda). Il dato viene in rilievo in riferimento al datore di lavoro cedente; non ha invece alcun rilievo il dato occupazionale del cessionario. Il coinvolgimento sindacale si articola in due fasi – l'una obbligatoria, l'altra eventuale – entrambe finalizzate a consentire al sindacato un controllo sulla vicenda traslativa.

Si annota subito che gli obblighi d'informazione e di esame congiunto previsti dal nostro ordinamento devono essere assolti anche nel caso in cui la decisione relativa al trasferimento sia stata assunta da altra impresa controllante (Cass. n. 12492/1999); la mancata trasmissione da parte di quest'ultima delle informazioni necessarie non giustifica l'inadempimento dei predetti obblighi.

Il cedente ed il cessionario devono così dare comunicazione del trasferimento per iscritto almeno venticinque giorni prima che sia perfezionato l'atto da cui deriva il trasferimento o che sia raggiunta un'intesa vincolante tra le parti, se precedente,

• alle rispettive rappresentanze sindacali unitarie, ovvero

• alle rappresentanze sindacali aziendali costituite ex art. 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nelle unità produttive interessate,

• nonché ai sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto collettivo applicato nelle imprese interessate al trasferimento.

In mancanza delle predette rappresentanze aziendali, resta fermo l'obbligo di comunicazione nei confronti dei sindacati di categoria comparativamente più rappresentativi e può essere assolto dal cedente e dal cessionario per il tramite dell'associazione sindacale alla quale aderiscono o conferiscono mandato.

L'informazione deve riguardare:

a) la data o la data proposta del trasferimento;

b) i motivi del programmato trasferimento d'azienda;

c) le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori;

d) le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.

Su richiesta scritta delle rappresentanze sindacali o dei sindacati di categoria, comunicata entro sette giorni dal ricevimento della comunicazione, il cedente e il cessionario sono tenuti ad avviare, entro sette giorni dal ricevimento della predetta richiesta, un esame congiunto con i soggetti sindacali richiedenti. La consultazione si intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo inizio, non sia stato raggiunto un accordo.

Il mancato rispetto, da parte del cedente o del cessionario, degli obblighi descritti costituisce condotta antisindacale ai sensi dell'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300. Sul punto pare esservi concordia in dottrina e in giurisprudenza nell'affermare che comunque il trasferimento è valido dato che il rispetto della procedura non costituisce presupposto di legittimità del trasferimento; il Giudice dovrebbe limitarsi ad una dichiarazione di inefficacia (Cass. n. 17072/2005; Cass. n. 5932/2008).

Un caso particolare, infine, è quello contemplato al comma 4-bis: nel caso in cui sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento, anche parziale, dell'occupazione, l'articolo 2112 c.c. trova applicazione nei termini e con le limitazioni previste dall'accordo medesimo qualora il trasferimento riguardi aziende:

a) delle quali sia stato accertato lo stato di crisi aziendale, ai sensi dell'articolo 2, quinto comma, lettera c), della legge 12 agosto 1977, n. 675;

b) per le quali sia stata disposta l'amministrazione straordinaria, ai sensi del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, in caso di continuazione o di mancata cessazione dell'attività;

b-bis) per le quali vi sia stata la dichiarazione di apertura della procedura di concordato preventivo;

b-ter) per le quali vi sia stata l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti.

In base al comma 5 e 6 dell'art. 2112 c.c. che disciplinano le ipotesi nelle quali oggetto del trasferimento è un'azienda che versa in stato di “crisi aziendale” o è sottoposta a procedura concorsuale, qualora il trasferimento riguardi imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento, omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell'attività non sia stata disposta o sia cessata e nel corso della consultazione sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell'occupazione, ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l'acquirente non trova applicazione l' articolo 2112 del codice civile, salvo che dall'accordo risultino condizioni di miglior favore. Il predetto accordo può altresì prevedere che il trasferimento non riguardi il personale eccedentario e che quest'ultimo continui a rimanere, in tutto o in parte, alle dipendenze dell'alienante.

Infine, al comma 6 si dispone che i lavoratori che non passano alle dipendenze dell'acquirente, dell'affittuario o del subentrante hanno diritto di precedenza nelle assunzioni che questi ultimi effettuino entro un anno dalla data del trasferimento, ovvero entro il periodo maggiore stabilito dagli accordi collettivi. Nei confronti dei lavoratori predetti, che vengano assunti dall'acquirente, dall'affittuario subentrante in un momento successivo al trasferimento d'azienda, non trova applicazione l' articolo 2112 del codice civile.

In ultima istanza va annotato che grava sul cessionario l'obbligo di comunicare ai Servizi competenti per l'impiego il trasferimento nei modi e tempi vigenti (comunicazione telematica nei 5 giorni successivi al trasferimento); nessun obbligo grava sul cedente.

In considerazione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, la legge n. 77/2020, di conversione del d.l. n. 34/2002, ha aggiunto il comma 1-bis all'art. 80 del detto decreto legge, stabilendo che fino al 17 agosto 2020 la procedura di cui all'articolo 47, comma 2, della legge 29 dicembre 1990, n. 428, nel caso in cui non sia stato raggiunto un accordo, non può avere una durata inferiore a quarantacinque giorni. 

 Da ultimo, si segnala che le preclusioni alla facoltà di procedere a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ed ai licenziamenti collettivi non si applicano, ai sensi e per gli effetti dell'art. 14, comma 3, d.l. n. 104/2020):

  • nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell'attività dell'impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell'attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d'azienda o di un ramo di essa ai sensi dell'art. 2112 c.c.;
  • nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo. Si precisa che per tali lavoratori sarà comunque riconosciuto il trattamento di cui all'articolo 1 del D.Lgs. n. 22/2015 (ossia la possibilità di accedere alla NASPI).

Sono, altresì, esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l'esercizio provvisorio dell'impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l'esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell'azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso (art. 14, comma 3, d.l. n. 104/2020).

Il datore di lavoro che, indipendentemente dal numero dei dipendenti, nell'anno 2020, abbia proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'art. 3 della l.n. 604/1966, può, in deroga alle previsioni di cui all'art. 18, comma 10, St. lav., revocare in ogni tempo il recesso purché contestualmente faccia richiesta del trattamento di cassa integrazione salariale, a decorrere dalla data in cui aveva efficacia il licenziamento revocato. In tal caso, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, senza oneri né sanzioni per il datore di lavoro.

Si veda per approfondimenti la Formula “Comunicazione preventiva di licenziamento per giustificato motivo oggettivo alla sede territoriale dell'Ispettorato del Lavoro”.

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