Richiesta del lavoratore del periodo di ferie: concessioneInquadramentoIl lavoratore ha diritto ad un periodo di ferie annuali retribuite; si tratta di un diritto irrinunciabile di fonte costituzionale teso a garantire il ristoro psico-fisico del lavoratore e a tutelare la sfera sociale-affettiva del medesimo. Spetta al datore di lavoro, conformemente al potere organizzativo e direttivo dell'impresa che gli compete, decidere l'epoca di godimento delle ferie tenendo tuttavia conto non solo dell'interesse dell'impresa e dell'attività di lavoro, ma anche degli interessi del prestatore di lavoro. FormulaSi fa seguito alla Sua comunicazione del .... per confermarLe che Lei potrà godere di un periodo di ferie dal .... al .... [1] La preghiamo di restituirci l'unita lettera sottoscritta per ricevuta. Luogo e data .... Il datore di lavoro .... [1]Oppure indicare e motivare come segue: “ .... Lei potrà godere solo parzialmente del periodo di ferie richiesto per i seguenti motivi ....”. Il datore di lavoro può anche specificare di conseguenza quanto segue: “In ogni caso restiamo disponibili per un confronto al fine di concordare un diverso periodo di godimento delle ferie”. CommentoLe fonti normative che regolano l'istituto delle ferie si rinvengono già nella Costituzione, art. 36, ove si prevede che il lavoratore ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite e non può rinunziarvi (nullo, dunque, ogni patto contrario e con l'automatica sostituzione della clausola nulla con la disposizione attributiva del diritto giusto quanto previsto dall'art. 1419, comma 2, c.c.; Cass. n. 13937/2002; altresì «nulla ogni pattuizione preventiva tesa a precostituire aumenti retributivi, comprensivi oltre che di lavoro, anche del danno da mancato godimento delle ferie», così Cass. n. 9760/2000). All'art. 36 Cost. si affiancano l'art. 2109 c.c. e l'art. 10 del d.lgs. n. 66 del 2013 e le norme di matrice contrattuale che il datore di lavoro non può trascurare nella gestione del periodo di ferie. Non ultime, le norme di carattere internazionale quali la Convenzione OIL n. 132/1970, ratificata con l. n. 157/1981. La finalità perseguita dalle norme che regolano l'istituto è quella di far sì che al lavoratore (anche in prova, così Corte cost. n. 189/1980, e comunque a tutti i lavoratori subordinati indipendentemente dalla tipologia contrattuale in essere o dall'inquadramento operato) sia garantito un periodo di riposo dopo un anno di lavoro affinché egli sia messo in condizione di recuperare le energie psicofisiche e di disporre di un tempo adeguato per gestire e coltivare relazioni famigliari e sociali. Il diritto alle ferie matura pro-quota in ragione del periodo di tempo prestato in servizio (matura dunque in dodicesimi rispetto ai mesi di servizio prestati ove, in via generale e comunque in ossequio a quanto contrattualmente stabilito, ai fini della maturazione si considerano mese intero le frazioni di mese di almeno 15 giorni, non dando così valore alle frazioni inferiori ai 15 giorni), tenendo tuttavia conto che vi sono dei periodi che, seppure non lavorati, danno luogo alla maturazione dei giorni di ferie (ad esempio nel caso di malattia, congedo di maternità, congedo matrimoniale, ferie etc.; Cfr. Cass. n. 1315/1985; si esclude, invece, la maturazione dei giorni di ferie, ad es. nelle more della fruizione del congedo parentale, di periodi di assenza non retribuiti, della sospensione per CIG a zero ore, dello sciopero etc.; Cfr. Cass. S.U., n. 14020/2001; Cass. n. 408/1991; Cass. n. 1315/1985). In merito al periodo di godimento delle ferie va sottolineato che spetta al datore di lavoro, generalmente a inizio anno e conformemente al potere organizzativo e direttivo dell'impresa che gli compete, decidere l'epoca di godimento delle ferie tenendo tuttavia conto non solo dell'interesse dell'impresa e dell'attività di lavoro, ma anche degli interessi del prestatore di lavoro (Cass. n. 21918/2014; Cass. n. 795/2001). Egli avrà così cura di comunicarlo preventivamente ai dipendenti. In particolare, il datore di lavoro è l'unico soggetto titolato a determinare il numero di giorni di ferie spettanti, potendo il lavoratore, al più, indicare il periodo di godimento. Si ammette che il periodo di ferie determinato e comunicato è comunque suscettibile di modifiche in presenza di fatti sopravvenuti relativi a esigenze aziendali che comunque devono essere comunicate tempestivamente al lavoratore (con congruo preavviso e prima dell'inizio del periodo feriale) (Cass. n. 1557/2000; Cass. n. 27057/2013). Per quanto concerne la durata del periodo di ferie, salvo disposizioni più favorevoli risalenti alla contrattazione collettiva, la legge (art. 10, d.lgs n. 66/2003) prevede un periodo annuale di ferie (retribuito a carico del datore di lavoro, ove per la determinazione della retribuzione feriale si farà riferimento a quanto previsto dal CCNL applicato) non inferiore a quattro settimane. Fatte salve ipotesi eccezionali, il periodo di 4 settimane (che si traduce in 28 giorni di calendario nel caso di fruizione consecutiva, così Circ. Min. Lav. n. 8/2005) va goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell'anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell'anno di maturazione. Il limite di durata così fissato dalla legge è derogabile in senso migliorativo dalla contrattazione collettiva. Da tenere presente, tuttavia, che valgono regole in parte diverse ove si tratti di lavoratori minori di età. In questo caso la disciplina, che prevede un periodo di durata maggiore, è rimessa alla art. 23 l. n. 977/1967. Il datore di lavoro, in caso di mancata fruizione del periodo di ferie entro il termine previsto dalla legge (18 mesi successivi alla fine dell'anno di maturazione) ovvero entro il termine più ampio fissato dalla contrattazione collettiva, sarà tenuto a versare all'Inps i contributi sulle ferie maturate e non godute (circ. INPS n. 134/1998 e ss.). I giorni di ferie maturati e non goduti non possono essere liquidati (vige, infatti, il divieto di monetizzazione) se non alla cessazione del rapporto di lavoro, oppure in caso di giorni di ferie eccedenti il minimo di legge [e fatte salve talune ipotesi individuate dal Ministero del lavoro e concernenti i lavoratori inviati all'estero, non in regime di trasferta (Min. Lavoro interpello 10 giugno 2008, n. 15), nonché i lavoratori che siano titolari di contratti di lavoro a tempo determinato con durata inferiore all'anno (Min. lav., circ. 3 marzo 2005, n. 8) o di contratto di lavoro intermittente (nota Min. lav., 11383/2009)]. Si noti, in particolare, che per quel che riguarda la questione inerente alla prova del mancato godimento delle ferie (quale presupposto in fatto della spettanza della relativa indennità sostitutiva), la giurisprudenza ha affermato che il lavoratore che agisca in giudizio per chiedere la corresponsione dell'indennità sostitutiva delle ferie non godute ha l'onere di provare l'avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati, atteso che l'espletamento di attività lavorativa in eccedenza rispetto alla normale durata del periodo di effettivo lavoro annuale si pone come fatto costitutivo dell'indennità suddetta (Cass. n. 18584/2008; Cass. n. 3619/2007; Cass. n. 12311/2003; Cass. 7445/2000; Cass. n. 935/1999; Cass. n. 8521/2015); mentre incombe sul datore di lavoro l'onere di fornire la prova del relativo pagamento. Si annota, infine, a riguardo dell'indennità per ferie non godute che solo i dirigenti apicali non possono reclamarne il pagamento: confermato il principio secondo cui solo il dirigente effettivamente titolare del potere di attribuirsi il periodo di ferie, senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, non ha diritto alla relativa indennità sostitutiva nel caso in cui non eserciti tale potere e non fruisca quindi del periodo di riposo (Cass. n. 2000/2017; Trib. Rieti, 27 ottobre 2016, n. 327). Per quanto concerne la violazione delle norme che regolano le ferie annuali, la legge prevede l'applicazione di una sanzione amministrativa da 100 a 600 Euro, suscettibile di incrementi in situazioni particolari. La sanzione, infatti, è compresa tra: – 400 e 1.500 Euro, se la violazione riguarda più di 5 lavoratori ovvero si è verificata in almeno due anni; – 800 e 4.500 Euro, se la violazione riguarda più di 10 lavoratori ovvero si è verificata in almeno quattro anni. In questo caso non è ammesso il pagamento in misura ridotta. Non solo: da valutare se a causa del mancato godimento del periodo di ferie, causato da ripetuto, ingiustificato diniego da parte del datore di lavoro, il lavoratore non subisca un danno biologico nonché un danno alla vita di relazione che determini, a carico del datore di lavoro, l'obbligo di risarcimento del danno per inadempimento contrattuale. Sul punto (interpello Min. Lavoro 26 ottobre 2006, n. 5221, ma anche la giurisprudenza v. Cass., n. 1307/2000) si è evidenziato che spetta al lavoratore dimostrare la sussistenza e l'entità del danno da usura psico-fisica e il nesso tra questo e la mancata fruizione del periodo di ferie. Va altresì segnalato che è solo l'irragionevole rifiuto del lavoratore di accettare ogni soluzione offerta dal datore di lavoro -in grado di contemperare il suo diritto al non lavoro retribuito con le esigenze di funzionalità aziendale- l'elemento estintivo dello stesso diritto alle ferie e delle consequenziali pretese risarcitorie in senso specifico o per equivalente (Cass. n. 13860/2000; Cass. n. 10759/2001; Cass. n. 7451/2002; Cass. n. 2326/2003). Da ultimo va segnalato che l'art. 24 del d.lgs. n. 151 del 2015 ha previsto che i lavoratori possono cedere a titolo gratuito i riposi e le ferie da loro maturati ai lavoratori dipendenti dallo stesso datore di lavoro, al fine di consentire a questi ultimi di assistere i figli minori che per le particolari condizioni di salute necessitano di cure costanti. La concreta attuazione della norma è rimessa alle parti sociali che ne dovranno stabilire la misura, le condizioni e le modalità di fruizione. |