Domanda Inps di indennità di maternità /paternità (d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151)InquadramentoLa lavoratrice deve presentare, nei tempi e nei modi stabiliti, la domanda di congedo di maternità che Le consente di accedere alla relativa prestazione economica. FormulaModello Inps CommentoIl nostro ordinamento ha messo a punto un apparato di tutela della lavoratrice madre (e del lavoratore padre) che si basa essenzialmente sulla garanzia della conservazione del posto di lavoro con riconoscimento dei diritti di sicurezza sociale (riconoscimento dei periodi non lavorati ai fini pensionistici) e ad una copertura economica. La legge principale di riferimento - che trova comunque le proprie origini nella Costituzione (art. 37) - e' il decreto legislativo n. 151 del 2001. Rispetto al campo di applicazione delle norme di tutela, si deve osservare come siano interessati tutti i lavoratori subordinati (compresi soci di cooperative, dirigenti e apprendisti) eccezion fatta per i lavoratori domestici, a domicili, autonomi e parasubordinati per i quali sono in vigore norme in parte differenti. Ciò premesso, il Testo Unico di cui al d.lgs. n.151 del 2001 prevede (art. 21d.lgs. n. 151/2001) che la donna benefici di un periodo di astensione obbligatoria (cd. congedo di maternità): è vietato, infatti, pena l'applicazione di norme di carattere penale (oltre a quanto previsto dall’art. 1-bis dell’art. 18 del T.U. come introdotto dall’art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. 30 giugno 2022, n. 105), al datore di lavoro adibire al lavoro la lavoratrice per i 2 mesi antecedenti il parto e i 3 mesi successivi al parto oppure per i 4 mesi successivi al parto qualora la lavoratrice abbia scelto l'opzione per la maternità flessibile (1 mese di astensione prima del parto) cui si aggiungono i giorni compresi tra la data presunta del parto e la data effettiva del parto avvenuto oltre il termine indicato dai sanitari (si annota che ai fini del calcolo del periodo di due mesi si calcola il periodo a ritrovo partendo dal giorno del parto, ma senza che questi venga conteggiato), anche qualora ciò comporti un allungamento del periodo di congedo oltre i 5 mesi (Trib. Cuneo 5 aprile 2016 sull'art. 16 d.lgs. n. 151/2001, così come modificato dall'art. 2 del d.lgs. n. 80/2015). Ciò sempre che non si versi nell'ipotesi di cui al comma 1.1. dell'art. 16 d.lgs. n. 151/2001, come inserito - a decorrere dal 1° gennaio 2019 - dall'art. 1, comma 485, l. 30 dicembre 2018, n. 145, il quale prevede che, in alternativa a quanto disposto dal comma 1, è riconosciuta alle lavoratrici la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l'evento del parto entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro. Si veda anche INPS, Messaggio n. 1738/2019. La lavoratrice non può rinunciare all'astensione obbligatoria in quanto trattasi di un diritto indisponibile (così Interpello Min. Lavoro 5 giugno 2009, n, 51 anche qualora la stessa fosse in possesso di un certificato medico che attesti che non vi sono motivi ostativi alla ripresa del lavoro). Inoltre, secondo quanto dispone il d.lgs. n. 151/2001, durante il congedo obbligatorio non possono essere godute ne' le ferie ne' assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice (art. 22, comma 6 d.lgs. n. 151/2001). Nel caso di adozione e affidamento - situazione che gode di una tutela analoga a quella prevista per i figli naturali - il periodo di astensione obbligatoria è parimenti previsto. Esso è pari, nel caso di adozione, ad un massimo di 5 mesi, anche qualora nelle more di detto periodo il minore compia la maggiore età. In particolare, poi, in caso di adozione internazionale, il congedo può essere fruito prima dell'ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all'estero richiesto per l'incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura adottiva. Ferma restando la durata complessiva del congedo, questo può essere fruito entro i cinque mesi successivi all'ingresso del minore in Italia. Se si tratta, invece, di affidamento il periodo (massimo) di congedo e' fissato in tre mesi. Il periodo di congedo decorre dal giorno dell'effettivo ingresso del minore in famiglia, sia che si tratti di adozione nazionale che internazionale. L'interessato deve presentare domanda di congedo all'Inps nei modi e nei termini fissati dall'istituto allegando a tale fine la documentazione richiesta e attestante la situazione di adozione o affidamento. Da annotare che in caso di adozione e affidamento preadottivo internazionale i genitori possono eventualmente fruire di un periodo non retribuito, senza diritto alla indennità, a titolo di congedo la cui durata corrisponde al periodo di permanenza nello Stato estero richiesto dall'iter di adozione. Detto congedo spetta al padre anche qualora la madre non sia una lavoratrice; la madre lo può utilizzare anche se ha usufruito in tutto o in parte del congedo di maternità. Un altro caso particolare è il seguente: il periodo di congedo puo' comunque essere sospeso, a domanda della lavoratrice, in ragione del ricovero in struttura sanitaria del bambino; ella riprenderà il congedo obbligatorio alle dimissioni del bimbo dal nosocomio. In casi particolari, legati alle condizioni di salute della lavoratrice e/o del nascituro o alla attività svolta o ancora alle condizioni ambientali, è possibile che la lavoratrice sia autorizzata ad astenersi prima dell'inizio del periodo di congedo obbligatorio come sopra richiamato o ad astenersi dal lavoro per un periodo successivo al termine del congedo obbligatorio (periodi comunque indennizzati). Non solo: in via generale il nostro ordinamento prevede una tutela della sicurezza e della salute della lavoratrice che copre il periodo della gravidanza sin dal suo inizio e fino a 7 mesi dopo il parto. Infatti, - e' fatto divieto al datore di lavoro di adibire la lavoratrice in maternità al trasporto e sollevamento pesi nonché a lavori pericolosi, faticosi e insalubri (sul punto si rimanda all'elenco delle attività contenuto nel d.P.R. n. 1026/1976 ove per talune attività il divieto è limitato a tre mesi dopo il parto) - al fine di evitare l'esposizione delle lavoratrici a rischi derivanti dall'ambiente di lavoro o dall'esposizione a sostanze pericolose, il datore di lavoro è tenuto a modificare temporaneamente condizioni e orario di lavoro. Se ciò non fosse possibile a causa di motivi organizzativi o produttivi o quando la lavoratrice sia addetta a lavorazioni vietate o le condizioni di lavoro o ambientali siano pregiudizievoli per la salute della donna, il datore di lavoro, previa informazione resa alla competente Direzione territoriale del lavoro, deve - assegnare altre mansioni alla lavoratrice, anche inferiori (ma con mantenimento della retribuzione e della qualifica oppure - assegnare alla lavoratrice mansioni superiori. Laddove non sia possibile assegnare altre mansioni alla lavoratrice, questa ha diritto all'astensione anticipata dal lavoro o ad una proroga della stessa. Vige, inoltre, anche il divieto di adibire la lavoratrice a lavoro notturno a partire dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino. Il divieto concerne la fascia oraria compresa tra le ore 24 e le ore 6. Inoltre, il datore di lavoro non può obbligare la donna a prestare lavoro notturno quando (i) si tratti di lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a 3 anni o, alternativamente, il padre lavoratore convivente con la stessa, (ii) la lavoratrice (o il lavoratore) che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a 12 anni. La lavoratrice, prima dell'inizio dell'astensione, produce al proprio datore di lavoro il certificato medico attestante la gravidanza e copia della domanda di congedo di maternità presentata in via telematica all'Inps (entro due mesi dalla data presunta del parto), laddove sia il datore di lavoro che anticipa l'indennità economica di maternità per conto dell'Inps (importo che verrà recuperato tramite il flusso Uniemens). Laddove il medico abbia inviato all'istituto di previdenza il certificato in via telematica, così come prescritto dalla legge, la lavoratrice indicherà il numero di protocollo attribuito dal sistema informatico al certificato inviato (Circ. Inps 4 maggio 2017, n. 82). La lavoratrice, inoltre, avrà cura di inoltrare al datore di lavoro e all'Inps - per poter usufruire del periodo post partum - entro 30 giorni dall'evento, o il certificato di assistenza al parto da cui risulta la nascita del figlio o una dichiarazione sostitutiva. Per quanto concerne, poi, l'aspetto economico, la lavoratrice - che abbia in corso un rapporto di lavoro valido all'inizio del periodo di maternità - ha diritto a ricevere un'indennità economica, a carico dell'Inps, in misura pari all'80% della retribuzione media giornaliera moltiplicata per il numero delle giornate indennizzabili comprese nel periodo di congedo. Viene previsto dalla quasi totalità dei CCNL che il datore di lavoro integri la quota dell'80% al 100%. L'indennità, inoltre, e' comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia, e' corrisposta con le modalità e i criteri previsti concernenti l'indennità di malattia. Infine, va menzionato il caso particolare in cui la disciplina generale sin qui descritta trova un'applicazione parzialmente difforme in ragione di situazioni legate alla gravidanza e/o al parto. Il riferimento e' al caso della interruzione di gravidanza e al decesso del bambino. Nel caso di interruzione della gravidanza occorre distinguere a) se avvenuta entro il 180° giorno di gestazione, l'evento si considera come malattia e come tale viene trattato b) se avvenuta in coincidenza o dopo il 180° giorno di gestazione, l'evento si considera come parto con diritto, per la lavoratrice, all'astensione dal lavoro e al relativo trattamento economico (Cass. n. 3993/1984). Nel descritto caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno dall'inizio della gestazione, nonché in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, le lavoratrici hanno facoltà di riprendere in qualunque momento l'attività lavorativa, con un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla loro salute. Deve altresì presentare all'Inps un certificato medico che attesti la data presunta del parto e quella in cui e' avvenuta l'interruzione di gravidanza e attestare con dichiarazione sostitutiva di fatto notorio la data della ripresa dell'attività lavorativa (circ. Inps n. 139/2011). Nel caso, invece, di morte del bambino alla nascita o durante il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, la lavoratrice ha diritto sia all'astensione dal lavoro che all'indennità economica; se intende, invece, rinunciarvi deve presentare all'Inps il certificato di morte del figlio o una dichiarazione sostitutiva di certificazione (circ. Inps n. 139/2011). |