Comunicazione del lavoratore (dirigente provinciale/nazionale) al datore di lavoro di fruizione di permesso sindacale (art. 30 l. n. 300/1970)

Paola Salazar

Inquadramento

I componenti degli organi direttivi, provinciali e nazionali, delle associazioni sindacali di cui all'art. 19 St. Lav. hanno diritto a godere di permessi retribuiti, secondo le norme regolatrici, per la partecipazione alle riunioni degli organi suddetti. Si tratta di un diritto a carattere precettivo e potestativo che determina così una posizione di soggezione in capo al datore di lavoro.

Formula

Con la presente si comunica l'intenzione di godere di un permesso retribuito, per il giorno ...., dalle ore .... alle ore ...., per la partecipazione alle riunioni degli organi direttivi, provinciali e nazionali, delle associazioni di cui all'art. 19 St. lav. di cui sono membro.

Il lavoratore ....

Luogo e data ....

Commento

L'art. 30 dello Statuto dei Lavoratori prevede che i componenti degli organi direttivi, provinciali e nazionali, delle associazioni di cui all'art. 19 del medesimo Statuto – ossia di quelle che aderiscono alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale o delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva – hanno diritto a permessi retribuiti per la partecipazione alle riunioni degli organi suddetti.

Si annota a tale proposito quanto stabilito da Cass. n. 16637/2014: il subentro dei componenti delle RSU ai dirigenti delle RSA nella titolarità dei diritti, permessi e libertà sindacali, previsto dall'art. 4 dell'Accordo Interconfederale del 20 dicembre 1993, è testualmente limitato alle disposizioni di cui al titolo terzo dello Statuto dei Lavoratori, restandone perciò escluso il diritto ai permessi retribuiti contemplati dall'art. 30 dello Statuto dei lavoratori, che è disposizione contenuta nel titolo quarto di tale legge.

E quanto riportato da Cass. n. 5520/1989: sempre con riferimento all'art. 30 dello Statuto gli Ermellini hanno ritenuto che la previsione del diritto a permessi sindacali ha carattere immediatamente precettivo e quindi il rinvio in essa contenuto all'autonomia collettiva non riguarda i presupposti soggettivi ed oggettivi di tale diritto, che ha natura potestativa ed è incompatibile con un contrapposto potere discrezionale del datore di lavoro, ma è circoscritto alla fissazione dei limiti quantitativi (cosiddetto monte ore) ed alle modalità del suo esercizio.

In ragione di ciò ne consegue che l'assenza di tale normativa contrattuale non comporta preclusione all'esercizio di tale diritto, che, senza avere un contenuto illimitato, va regolato da accordi individuali oppure dal giudice in conformità degli usi o dell'equità, tenendo conto del principio di correttezza, nonché di altre normative contrattuali concernenti situazioni analoghe e infine anche del limite che gli artt. 23 e 24 dello Statuto dei lavoratori prevedono per i permessi in favore dei dirigenti delle R.S.A.. Sulla stessa posizione cfr. Cass. n. 15083/2015 che ricorda la consolidata giurisprudenza che afferma il carattere precettivo (e non solo programmatico) della norma de qua (cfr. anche Cass. n. 3430/1989; Cass. n. 11759/2003; Cass. n. 12105/ 2004).

Infine, si afferma come i permessi sindacali costituiscano oggetto di un diritto potestativo del dirigente sindacale: pertanto, ne discende una situazione di soggezione del datore di lavoro, non essendo previsto il suo consenso per produrre l'effetto giuridico di esonero dalla prestazione lavorativa. Spetta al datore di lavoro il diritto al controllo per accertare l'effettiva partecipazione dei sindacalisti, fruitori di tali permessi, alle riunioni degli organi direttivi, nazionali o provinciali. Tale diritto, tuttavia, non può accompagnarsi a formalismi o adempimenti che, per le loro modalità, potrebbero limitare l'attività sindacale e impedire ai dirigenti di svolgere, in piena libertà e autonomia, i propri compiti, sicché, mentre non può essere consentito far dipendere la concessione dei permessi da un preliminare esame della relativa domanda e da una positiva valutazione del suo contenuto, le parti sociali possono stabilire regole comportamentali che, pur agevolando il controllo, non incidano in maniera sostanziale sull'esercizio del diritto (così Cass. n. 11759/2003).

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