Quietanza per anticipo sul trattamento di fine rapporto (legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 1)

Paola Salazar

Inquadramento

Il lavoratore riceve alla cessazione del rapporto di lavoro la somma spettante a titolo di trattamento di fine rapporto maturato con riferimento al periodo di tempo lavorato.

Formula

Con la presente, il / la sottoscritto/a ………….., nato/a a … , il … , residente a … , via … , n … , C.F. ………………………………… , assunto/a presso codesto datore di lavoro dal … ,dichiara di ricevere la somma di € …, a titolo di anticipazione sul trattamento di fine rapporto che viene detratta, a tutti gli effetti, dal Tfr stesso.

Luogo e data…….

Il lavoratore…..

Commento

Il trattamento di fine rapporto (Tfr) si configura quale retribuzione a carattere differito della quota periodica afferente le singole retribuzioni e matura di anno in anno in relazione in relazione al lavoro prestato e all'ammontare della retribuzione. Il Tfr, infatti, matura attraverso il meccanismo dell'accantonamento e della rivalutazione, tant'è che viene pacificamente ammessa - in pendenza di rapporto - l'azione di accertamento del "quantum" e quella di pagamento anticipato di quote percentuali dell'intero, in presenza delle ipotesi di legge (Cass. n. 96/2003).

Esso assolve ad una duplice funzione, retributiva e previdenziale. Retributiva in quanto esso si presenta sotto forma di compenso alla cessazione del rapporto di lavoro e previdenziale in quanto consente al lavoratore di affrontare eventuali difficoltà economiche legate alla cessazione del rapporto di lavoro e della retribuzione. La funzione previdenziale e' ora tanto piu' evidente se si considera che il Tfr viene dirottato sulla previdenza complementare quale strumento di sostegno ai fondi pensione che erogano i trattamenti di pensione ai propri iscritti (d.lgs. n. 252/2005).

Hanno diritto al Tfr, giusto quanto previsto dal nostro ordinamento (art. 2120 c.c.) tutti i lavoratori subordinati che cessano il rapporto di lavoro, indipendentemente dal tipo di rapporto di lavoro in essere e anche in prova, per qualunque causa (compresa la morte del lavoratore nel qual caso il Tfr spetta al coniuge, ai figli e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, ai parenti entro il terzo grado ed agli affini entro il secondo grado, o, in mancanza di essi, secondo le norme della successione legittima. La ripartizione della somma da liquidare, se non vi è accordo fra gli aventi diritto, deve farsi secondo il bisogno di ciascuno ed è nullo ogni patto anteriore alla morte del lavoratore circa l'attribuzione e la ripartizione delle somme spettanti a titolo di Tfr).

Il diritto a percepire Tfr nasce alla cessazione del rapporto di lavoro, anche se sul punto non sempre vi è stata concordia sia nelle posizioni espresse dalle Corti (Cass. n. 9189/1991; Cass. n.12548/1998) che in dottrina.

Il Tfr, ad ogni modo, non può che essere richiesto alla cessazione del rapporto di lavoro (momento dal quale decorre tra l'altro ex art. 2948, n. 5 c.c. la prescrizione estintiva quinquennale), aspetto, questo, da non confondersi con la fattispecie, ammessa e regolata, dell'anticipazione del Tfr (Cass. n. 11470/1997). In relazione a questa affermazione e cioè che il Tfr sia da liquidare solo alla cessazione del rapporto di lavoro, si deve ricordare che - in deroga a quanto previsto dall'art. 2120 c.c. e in via del tutto sperimentale, in relazione ai periodi di paga decorrenti dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018, è stata prevista la possibilità da parte dei lavoratori dipendenti di chiedere la liquidazione di Tfr mensilmente maturato (art. 1, comma 26, l. n. 190/2014). Tutti i lavoratori dipendenti del settore privato, con esclusione del settore agricolo e i lavoratori domestici, che abbiano un'anzianità di almeno sei mesi alla data di entrata in vigore della norma, 1° gennaio 2015 possono optare per la liquidazione mensile del Tfr in busta paga.

Tornando al tema del computo, per le frazioni di anno, la quota è proporzionalmente ridotta e le frazioni pari o superiori a 15 giorni si considerano mese intero (art. 2120 c.c.). Viene così fissato il principio dell'arrotondamento al mese delle frazioni uguali o superiori a quindici giorni; non si dice tuttavia nulla sulle frazioni inferiori a 15 giorni facendo così nascere, sul punto, una serie di tesi interprative differenti (secondo Cass. n. 13934/2002 non può essere condiviso l'isolato precedente di cui alla sentenza Cass. n. 4057/1987, che ritiene che la norma stabilisca anche l'arrotondamento in basso, e cioè che non si tenga conto delle frazioni di mese inferiori 15 giorni, in base ad una presunta logica della norma di arrotondare a mesi l'anzianità).

Salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua comprende tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese (art. 2120 c.c., comma 2). Sul punto si e' aperta una questione non ancora del tutto risolta: il punto critico e' capire cosa si deve intendere per "non occasionale": si discute, cioè, se il significato sia “temporale” ovvero “di causalità” tra compenso erogato e rapporto di lavoro.

Chi aderisce alla “temporalità” attribuisce rilevanza primaria alla periodicità della prestazione resa o delle somme erogate con riguardo a ciascun singolo dipendente e in relazione a ciascun anno lavorativo (Cass. n. 1155/1988).

Chi, invece, aderisce al criterio della “causalità” - tesi maggioritaria - ripone valore sulla circostanza che la legge fa riferimento ad erogazioni legate al rapporto di lavoro da un vincolo di causalità, con esclusione di quanto legato a circostanze eventuali, imprevedibili e fortuiti ("affinché un compenso sìa incluso nella base di calcolo dell'indennità di anzianità (ex art. 2121 c.c. ) o del trattamento di fine rapporto (exl. n. 297/1982, art. 1), non è necessario il carattere di definitività del compenso stesso, ma è sufficiente che di esso (nella specie, indennità di servizio estero) il dipendente abbia goduto in modo normale nel corso ed a causa del rapporto di lavoro, non avendo rilievo l'elemento temporale di percezione del compenso stesso, ove questo sia da considerare come corrispettivo della prestazione normale perché inerente al valore professionale delle mansioni espletate"; così si legge in Cass. n. 24875/2005).

Un altro passaggio che potrebbe offrire spunti di criticità potrebbe essere contenuto nel riferimento alle prestazioni “in natura” anche se non si e' registrato un dibattito annoso e cruciale come quello appena descritto, essendo pacifica l'adozione, ai fini della determinazione del valore della prestazione in natura, del criterio del valore di mercato.

Va rimarcato, infine, come la contrattazione collettiva possa prevedere modifiche sia in melius che in peius (con il limite invalicabile della giusta retribuzione ex art. 36 Cost.).

Riprendendo il meccanismo di calcolo, il TFR, con esclusione della quota maturata nell'anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, accertato dall'ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell'anno precedente (art. 2120 c.c., comma 4).

Ai fini dell'applicazione del tasso di rivalutazione per frazioni di anno, l'incremento dell'indice ISTAT è quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello di dicembre dell'anno precedente. Le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese intero (art. 2120 c.c., comma 5, come modificato dalla l. 29 maggio 1982, n. 297, art. 1, comma 5).

I datori di lavoro devono inoltre detrarre per ciascun lavoratore l'importo della contribuzione aggiuntiva prevista per il finanziamento del Fondo pensioni (0,50 per cento da calcolarsi sull'imponibile previdenziale INPS), dall'ammontare della quota del Tfr relativa al periodo di riferimento della contribuzione stessa. Qualora il Tfr sia erogato mediante forme previdenziali, la contribuzione aggiuntiva è detratta dal contributo dovuto per il finanziamento del trattamento stesso, il cui importo spettante al lavoratore è corrispondentemente ridotto (l. 29 maggio 1982, n. 297, art. 3, commi 15 e 16).

Infine, l'importo erogato a tale titolo (così come anche l'anticipazione del Tfr) è escluso dalla formazione della base imponibile per il calcolo dei contributi di assistenza e previdenza sociale (l. 30 aprile 1969, n. 153, art. 12), mentre fiscalmente concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente (d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 17 e 51) con l'avvertenza che il calcolo dell''imposta avviene applicando l'aliquota media, secondo le modalità previste per la tassazione separata del Tfr (d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 19).

Un altro aspetto non trascurabile è quello legato al calcolo del Tfr nei periodi di assenza dal lavoro, quali possono essere i periodi di malattia, maternità, cassa integrazione e molti altri ancora.

Il problema si pone in quanto il Tfr è legato a filo doppio alla prestazione lavorativa e alla retribuzione dovuta, pertanto, nei casi menzionati, non si dovrebbe avere maturazione del diritto al Tfr. Ma non sempre è così in quanto vi sono delle ipotesi in cui il diritto al Tfr, pure a fronte della sospensione della prestazione di lavoro, viene garantito attribuendo al lavoratore una retribuzione figurativa - utile al calcolo del Tfr - pari a quella che avrebbe percepito in caso di normale prestazione lavorativa. I casi in cui questo viene espressamente affermato sono: la malattia ( art. 2110 c.c.), l'infortunio ( art. 2110 c.c.) , il congedo (obbligatorio) di maternità ( art. 2110 c.c.) e i casi di CIGO, CIGS cassa in deroga e contratti di solidarietà.

I casi di assenza dal lavoro non menzionati si espongono a varie tesi interpretative non sempre convergenti. Anche se si potrebbe sostenere che non essendo stati normati dal Legislatore, il diritto al Tfr (fatte salve diverse disposizioni dei CCNL) non dovrebbe maturare.

Da ultimo, si annota come l'individuazione della retribuzione annua utile ai fini del calcolo del Tfr deve fare riferimento alla normativa legale o contrattuale in vigore al momento dei singoli accantonamenti e non a quella in vigore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, atteso che il Tfr costituisce un istituto di retribuzione differita che matura anno per anno attraverso il meccanismo dell'accantonamento e della rivalutazione (Cass. n. 3079/2001; Cass. n. 12780/2004; Cass. n. 96/2003).

Per i termini di pagamento del Tfr, se il contratto collettivo non prevede nulla, il lavoratore può chiedere che sia immediatamente liquidato. In ogni caso vi provvede direttamente il datore di lavoro eccezion fatta per le quote di Tfr maturate dopo il 31 dicembre 2016 nel caso di aziende con almeno 50 dipendenti. Le quote, infatti, di Tfr di competenza del Fondo di tesoreria presso l'Inps sono anticipate dal datore di lavoro che le recupera successivamente dal fondo stesso.

La legge n. 297/1982 ha inoltre previsto l'istituzione presso l'INPS di un “Fondo di Garanzia” per il trattamen-to di fine rapporto con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del medesimo nel paga-mento del Tfr spettante ai lavoratori o loro aventi diritto.

Secondo quanto previsto, poi, sempre dalla legge (l. 29 maggio 1982, n. 29) il lavoratore che vanta almeno otto anni di servizio (si annoti che l'anzianità matura anche nel corso di eventi sospensivi dell'attività lavorativa quali malattia, infortunio, congedo parentale etc. ) presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70% sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta (art. 2120 c.c., comma 6); fa eccezione a quanto precede la fattispecie delle aziende dichiarate in crisi ai sensi della l. 12 agosto 1977, n. 675 nella quale la disposizione appena richiamata non trova applicazione.

Le richieste sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10% degli aventi diritto e, comunque, del 4 per cento del numero totale dei dipendenti (art. 2120 c.c., comma 7). Di detti limiti si applica il più stretto considerato che essi sono fissati a tutela del datore di lavoro a conservare le fonti di autofinanziamento (Cass. n. 2749/1992).

E' escluso il diritto a chiedere l'anticipazione in quelle imprese che occupano meno di 25 dipendenti, dal momento che la ratio del provvedimento è non privare le imprese di una fonte di finanziamento e, solo in via secondaria, soddisfare una necessità del lavoratore (Cass. n. 2749/1992).

Il diritto del lavoratore all'anticipo del Tfr si configura come un diritto autonomo a percepire una parte delle quote accantonate solo se ricorrono determinate condizioni di carattere soggettivo ed oggettivo; è un diritto che viene esercitato in un momento in cui il diritto al trattamento di fine rapporto non si è ancora perfezionato.

La richiesta di anticipo, dunque, deve essere giustificata dalla necessità di:

a) eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche: le spese, dunque, devono essere necessarie - riconosciute dunque come realmente utili per l'individuo - e straordinarie; sono ammesse anche quelle spese che coperte dal servizio sanitario nazionale ma che il lavoratore esclude preferendo strutture diverse (Cass. n. 3046/1990).

E' necessario che la spese sia attestata da una competente struttura pubblica;

b) acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile (art. 2120 c.c., comma 8). Il termine “acquisto “ va inteso in senso ampio (v. Corte cost. n. 142/1991 che arriva a contemplare anche la costruzione in economia).

L'anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro (e deve essere destinata a soddisfare la necessità declinata dal lavoratore) e viene detratta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine rapporto (art. 2120 c.c., comma 9) (e, dunque, non sarà più soggetta a rivalutazioni future fino alla cessazione del rapporto di lavoro). Qualora non sussistano le condizioni richieste per la concessione dell'anticipazione o la documentazione - prodotta dal lavoratore a sostegno della propria domanda - non sia sufficiente, il datore di lavoro motiva per iscritto il diniego o la richiesta di ulteriore documentazione.

Una volta ricevuta la richiesta di anticipazione, il datore di lavoro, in mancanza di espresse norme contrattuali in materia, dovrebbe evadere le domande di anticipazione secondo un rigoroso criterio cronologico di presentazione, fino a raggiungimento del numero massimo dei beneficiari. Si osservi che nel caso di aziende che occupano almeno 50 dipendenti nelle quali il Tfr viene gestito anche dal fondo di Tesoreria presso l'Inps, il datore di lavoro, nell'erogare le anticipazioni avrà cura di operare entro il limite della capienza degli accantonamenti che sono stati effettuati fino al 31 dicembre 2006; in caso di incapienza, interviene il citato Fondo.

Condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da patti individuali. I contratti collettivi possono altresì stabilire criteri di priorità per l'accoglimento delle richieste di anticipazione (art. 2120 c.c., comma 11).

Nell'ipotesi di erogazione del trattamento di fine rapporto agli eredi (art. 2122 c.c.), l'anticipazione concessa al lavoratore è detratta dal Tfr stesso (art. 2120 c.c., comma 10).

Ulteriori casi di anticipazione del trattamento di fine rapporto sono stati individuati ai fini delle spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi parentali, per la formazione e per la formazione continua.

Gli statuti delle forme pensionistiche complementari possono prevedere la possibilità di conseguire un'anticipazione delle prestazioni per le spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi per la formazione e per la formazione continua (l. 8 marzo 2000, n. 53, art. 7; d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, art. 5).

Si annota, infine, che l'anticipo sul Tfr non va confuso con l'acconto. Infatti, l'acconto può essere sempre chiesto dal lavoratore prima che sia definitivamente liquidato il Tfr e senza che siano presenti particolari condizioni.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario