Licenziamento per inidoneità fisicaInquadramentoL'idoneità fisica del lavoratore a svolgere l'attività lavorativa, ove definitiva e non transitoria, può costituire motivo di licenziamento del lavoratore, se non risultino altre, ed anche inferiori, mansioni cui lo stesso prestatore di lavoro potrebbe essere addetto in considerazione di una eventuale residua idoneità al lavoro, ma non alle mansioni da ultimo svolte. FormulaLettera raccomandata A.R. Egr. Sig./Gent.le Sig.ra .... .... .... OGGETTO: COMUNICAZIONE DI RECESSO L'Ente pubblico (ovvero l'istituto specializzato di diritto pubblico) che ha effettuato i richiesti accertamenti ha rilevato e certificato la Sua inidoneità fisica allo svolgimento delle mansioni per le quali è stato/a assunto/a (ovvero alle quali è adibito/a). Non potendo adibirLa proficuamente a mansioni equivalenti o anche inferiori, compatibili con il Suo stato fisico, Le comunichiamo il recesso dal rapporto con effetto immediato. La esoneriamo dal prestare attività durante il periodo di preavviso, la cui indennità sostitutiva Le sarà corrisposta unitamente alle altre spettanze liquidatorie. Distinti saluti. Luogo e data .... Firma del datore di lavoro .... CommentoL'inidoneità al lavoro, diversamente dallo stato di malattia, ha carattere permanente o quantomeno durata indeterminata o indeterminabile e non implica necessariamente l'impossibilità della prestazione, potendo il lavoratore non essere più idoneo alle ultime mansioni svolte, ma idoneo comunque all'espletamento di diverse mansioni, anche inferiori. Qualora il lavoratore possa essere impiegato in mansioni diverse, il licenziamento intimato dal datore di lavoro è inquadrabile nella fattispecie del giustificato motivo oggettivo, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 604/1996, con conseguente diritto al preavviso o alla relativa indennità sostitutiva. Ove, invece, in ragione del carattere assoluto e permanente dell'infermità, il dipendente non possa svolgere alcuna attività lavorativa, si ritiene configurabile un licenziamento per giusta causa ai sensi dell'art. 2119 c.c. , con mancata applicazione del preavviso (Cass. n. 7351/2010). La giurisprudenza è concorde nel sostenere che, nell'ipotesi di sopravvenuta infermità permanente del lavoratore, l'impossibilità della prestazione lavorativa, quale giustificato motivo di recesso del datore di lavoro, non sia ravvisabile nella sola ineseguibilità dell'attività attualmente svolta dal prestatore di lavoro. Incombe sul datore di lavoro l'obbligo di adibirlo a mansioni equivalenti o anche inferiori, compatibili con il nuovo stato dell'infermità, sempre che la struttura organizzativa dell'azienda e la situazione dell'organico aziendale lo consentano (Cass. S.U., n. 7755/1998; Cass. n. 10347/2002). Nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato per parziale inidoneità fisica alle mansioni, ai fini di dimostrare la legittimità del recesso, il datore di lavoro è tenuto a provare l'impossibilità di reperire nell'organigramma aziendale mansioni compatibili con le residue capacità lavorative del dipendente: ciò a maggior ragione nel caso in cui fin dall'inizio del rapporto di lavoro il lavoratore abbia svolto mansioni diverse da quelle specifiche per le quali era stato formalmente assunto, pur rientrando le stesse nell'ambito delle mansioni proprie della qualifica di appartenenza (Cass. n. 10626/2015). In caso di licenziamento per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore, questi è tenuto ad allegare l'esistenza di altri posti di lavoro presso cui poter essere ricollocato, inclusi quelli determinanti una dequalificazione, e a manifestare la disponibilità a ricoprire le mansioni di livello inferiore, anche in altre unità produttive, mentre sul datore grava l'onere di provare, solo nei limiti delle allegazioni della controparte, l'impossibilità di assegnarlo a mansioni diverse (Cass. n. 10018/2016). In relazione al patto di demansionamento, la giurisprudenza ha chiarito che non si tratta di una deroga al principio di cui all'art. 2103 c.c., che vieta al datore di lavoro di adibire il lavoratore a mansioni inferiori rispetto a quelle per le quali è stato assunto o alle ultime effettivamente svolte, soprattutto dopo le modifiche apportate alla norma dalla riforma del lavoro del 2015. In tema di lavoro subordinato, in caso di licenziamento intimato per inidoneità fisica o psichica in difetto di giustificazione, l'art. 18, comma 7, l. n. 300/1970, come modificato dall'art. 1 l. n. 92/2012, prevede espressamente la reintegrazione del lavoratore, senza attribuire al giudice alcuna discrezionalità (Trib. Roma, 4 maggio 2017, n. 4079). Analoga previsione è contenuta nell'art. 2, comma 4 d.lgs. n. 23/2015. L'Ispettorato Nazionale del Lavoro, con nota n. 298 del 24 giugno 2020 ha ritenuto che la sospensione delle procedure di licenziamento introdotte nel contesto emergenziale legata alla diffusione del COVID-19 riguardi anche i licenziamenti per sopravvenuta inidoneità alle mansioni, in quanto ipotesi da ascriversi alla fattispecie del licenziamento per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'art. 3 l. n. 604/1966.Si veda per approfondimenti la formula “Comunicazione preventiva di licenziamento per giustificato motivo oggettivo alla sede territoriale dell'Ispettorato del Lavoro”. |