Impugnazione del licenziamento   collettivo

Francesco Rotondi
aggiornato da Alessandra Croce

Inquadramento

Il licenziamento, nella forma collettiva, si realizza quando vengano effettuati, da parte di un'impresa che occupi più di 15 dipendenti, almeno 5 licenziamenti, in ciascuna unità produttiva o in più unità produttive nell'ambito della stessa Provincia, nell'arco di 120 giorni, a seguito di una riduzione, di una trasformazione dell'attività o del lavoro, o della cessazione dell'attività. E' previsto il rispetto di una specifica procedura che si articola in una fase cd. sindacale ed una eventuale cd. amministrativa.

Formula

Spettabile

……………….

Raccomandata A/R

OGGETTO: IMPUGNAZIONE DEL LICENZIAMENTO

Io sottoscritto…………….., C.F………….., residente in ………….., Via………….., con la presente impugno e contesto a tutti gli effetti di legge il licenziamento collettivo intimatomi con lettera datata …, pervenutami il successivo …, in quanto nullo e/o illegittimo e/o inefficace.

Luogo e data…..

Firma del lavoratore…….

Commento

Il licenziamento deve essere impugnato dal lavoratore entro 60 giorni dalla comunicazione di recesso con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche mediante l'intervento dei sindacati; l'impugnazione, ai sensi del comma 2 dell'art. 6 l. n. 604/1966, è inefficace se non è seguita, entro il termine di 180 giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del Tribunale del Lavoro o dalla richiesta del tentativo di conciliazione o arbitrato.

Sulle conseguenze ripristinatorie e risarcitorie connesse ai vizi che possono inficiare il licenziamento si veda il commento alla formula "Comunicazione di avvio della procedura”.

Si precisa in questa sede che, in materia di licenziamenti collettivi il controllo del giudice attiene alla sola correttezza della procedura; sul punto, la Suprema Corte di Cassazione ha affermato infatti che, in materia di licenziamenti collettivi per riduzione di personale, la l .n. 223/1991, nel prevedere agli artt. 4 e 5 la puntuale, completa e cadenzata procedimentalizzazione del provvedimento datoriale di messa in mobilità, ha introdotto un significativo elemento innovativo consistente nel passaggio dal controllo giurisdizionale, esercitato ex post nel precedente assetto ordinamentale, ad un controllo dell'iniziativa imprenditoriale concernente il ridimensionamento dell'impresa, devoluto ex ante alle organizzazioni sindacali, destinatarie di incisivi poteri di informazione e consultazione secondo una metodica già collaudata in materia di trasferimenti di azienda. I residui spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa non riguardano più, quindi, gli specifici motivi della riduzione del personale, ma la correttezza procedurale dell'operazione (ivi compresa la sussistenza dell'imprescindibile nesso causale tra il progettato ridimensionamento e i singoli provvedimenti di recesso), con la conseguenza che non possono trovare ingresso, in sede giudiziaria, tutte quelle censure con le quali, senza contestare specifiche violazioni delle prescrizioni dettate dai citati artt. 4 e 5 e senza fornire la prova di maliziose elusioni dei poteri di controllo delle organizzazioni sindacali e delle procedure di mobilità al fine di operare discriminazioni tra i lavoratori, si finisce per investire l'autorità giudiziaria di un'indagine sulla presenza di "effettive" esigenze di riduzione o trasformazione dell'attività produttiva (Cass. n. 3176/2017).

In considerazione dell'emergenza epidemiologica legata alla diffusione del Covid-19, ai sensi dell'art. 46 d.l. n. 18/2020 è stato precluso, dapprima per un periodo di 60 giorni dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto (cd. Decreto Cura Italia) l'avvio delle procedure di cui agli artt. 4, 5 e 24, l. n. 223/1991; nel medesimo periodo sono state, inoltre, sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020. In sede di conversione del d.l. n. 18/2020, sono state fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell'appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d'appalto.

Successivamente, per effetto della modifica apportata dall'art. 80 d.l. 19 maggio 2020, n. 34 (cd. Decreto Rilancio) – in vigore dal 19 maggio 2020 e convertito con modificazioni in l. n. 77/2020 - all'art. 46 d.l. n. 18/2020, convertito con modificazioni dalla l. n. 27/2020, è stata estesa (da 60 giorni) a 5 mesi la durata dei divieti introdotti dal cd. Decreto Cura Italia.  L'art. 14 d.l. n. 104/2020 - in vigore dal 15 agosto 2020 e convertito con modificazioni dalla l. n. 126/2020 - ha precluso ai datori di lavoro, che non avessero integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all'emergenza epidemiologica da Covid-19 di cui all'art. 1 dello stesso decreto n. 104/2020 ovvero dell'esonero dal versamento dei contributi previdenziali di cui all'art. 3 del medesimo decreto di agosto 2020, (oltre all'avvio delle procedure di cui agli artt. 4, 5 e 24 l. n. 223/1991 e ferma la sospensione delle procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi di cui all'art. 14, comma 1, d.l. n. 104/2020),  indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'art. 3, l. n. 604/1966. Il medesimo articolo ha, inoltre, disposto la sospensione delle procedure di cui all'art. 7 della stessa legge del 1966, propedeutiche al licenziamento per giustificato motivo oggettivo (art. 14, comma 2, d.l. n. 104/2020). Nello stesso periodo, ed alle condizioni suindicate (di cui al comma 1 dell'art. 14 d.l. n. 104/2020), è stato inoltre precluso al datore di lavoro l'avvio delle procedure di cui agli artt. 4, 5 e 24 l. n. 223/1991 ed è stata disposta  la sospensione delle procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell'appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto (art. 14, comma 1, d.l. n. 104/2020).

L'art. 12 del cd. Decreto Ristori (d.l. 28 ottobre 2020, n, 137) ha previsto, al comma 1, che i datori di lavoro che sospendono o riducono l'attività lavorativa per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica da Covid-19 possono presentare domanda di concessione dei trattamenti di Cassa integrazione ordinaria, Assegno ordinario e Cassa integrazione in deroga di cui agli artt. da 19 a 22-quinquies d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. con modif. dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per una durata massima di sei settimane, le quali devono essere collocate nel periodo ricompreso tra il 16 novembre 2020 e il 31 gennaio 2021.

Il successivo comma 9 dell'art. 12 d.l. n. 137/2020, conv. con modific. in l. 18 dicembre 2020, n. 176 ha previsto la proroga sino al 31 gennaio 2021 del divieto di licenziamento già previsto dai precedenti e suindicati interventi normativi, confermando per il resto le previsioni già contenute nell'art. 14 d.l. n. 104/2020, come modificato dalla legge di conversione n. 126/2020. L'art. 12 infatti stabilisce che fino al 31 gennaio 2021 resta precluso l'avvio delle procedure di cui agli artt. 4, 5 e 24 l. n. 223/1991 e restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell'appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto.

Il comma 10 del citato art.12 ha previsto che, fino alla stessa data di cui al comma 9, resta, altresì, preclusa al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'art. 3 l. 15 luglio 1966, n. 604, e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all'articolo 7 della medesima legge.

Le preclusioni e le sospensioni di cui ai commi 9 e 10 non si applicano nei casi di cui al comma 3 dell'art. 14 d.l. n. 104/2020 (art. 12, comma 11, d.l. n. 137/2020).

Si veda la Formula “Comunicazione di avvio della procedura di mobilità ai sensi degli artt. 4 e 24 l. 23 luglio 1991, n. 223”.

Le preclusioni e le sospensioni di cui sopra sono state prorogate sino al 31 marzo 2021 dalla Legge di Bilancio 2021 (art. 1 commi 309, 310 e 311 l. 30 dicembre 2020, n. 178); si veda per approfondimenti la voce “Accordo sindacale ex art. 4, legge n. 223/1991”.

Il d.l. 41/2021 (cd. “Decreto Sostegni”), convertito con modific in l. 21 maggio 2021, n. 69, estende ancora una volta il blocco dei licenziamenti, individuali e collettivi, per motivi economici, sino al 30 giugno 2021 e sino al 31 ottobre 2021.

Il d.l. 25 maggio 2021, n. 73, c.d. Decreto Sostegni-bis, all’art. 40, ha previsto che ai datori di lavoro che, non potendo più utilizzare gli ammortizzatori con causale Covid, facciano ricorso dal 1° luglio 2021 al 31 dicembre 2021 alla CIG o alla CIGS senza pagamento del addizionale, restano preclusi, per la durata del trattamento di integrazione salariale fruito entro il 31 dicembre 2021, i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della l. n. 604/1966 e le procedure in corso di cui all’art. 7 della medesima legge del 1966, nonché l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo e le procedure pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto). Anche il nuovo intervento normativo conferma i casi in cui non opera il divieto di licenziamento (art. 40, comma 5, d.l. n. 73/2021). Con il d.l. 30 giugno 2021, n. 99 (art. 4, commi 2 e ss.), lo sblocco dei licenziamenti dal 1 luglio 2021 è stato escluso sino al 31 ottobre 2021 per le aziende del settore tessile, pelletteria e abbigliamento per le quali è stata prevista la concessione di una specifica cassa integrazione Covid mentre sino al 31 ottobre 2021 l’impianto previsto dal decreto Sostegni non ha subito particolari modifiche per le aziende che fruiscono della Cigd, Fis o Cig Covid. Il d.l. n. 99 ha inoltre previsto un ulteriore trattamento di cassa integrazione guadagni in deroga per un massimo di 13 settimane fino al 31 dicembre 2021, senza contributo addizionale; per il periodo di durata della concessione dell’integrazione salariale permane il divieto di licenziamento (art. 40-bis del d.l. n. 73/2021; si veda anche la nota INL n. 5186/2021. L’art. 40 è stato confermato dalla l. n. 106/2021 di conversione del d.l. n. 73/2021, la quale ha anche disposto l’abrogazione del d.l. n. 99/2021.

Si veda per approfondimenti la voce “Accordo sindacale ex art. 4, legge n. 223/1991”.

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